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Crivellini Marcello - 15 gennaio 1986
Debito pubblico: relazione di minoranza alla legge finanziaria 1986 di Marcello Crivellini

RELAZIONE GENERALE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE RECANTE DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E PLURIENNALE DELLO STATO (legge finanziaria 1986)

Relazione di minoranza di Marcello Crivellini

SOMMARIO: Nella relazione di minoranza alla legge finanziaria per il 1986 il deputato radicale Marcello Crivellini, dopo aver analizzato l'entità e la composizione del debito pubblico italiano, illustra la proposta del gruppo parlamentare radicale per l'azzeramento del deficit.

(IX LEGISLATURA - CAMERA DEI DEPUTATI - DOCUMENTO N. 3335-A-quinquies N. 3336-A-quinquies)

Colleghi Deputati! - Bilancio di previsione dello Stato e Legge finanziaria sono istituzionalmente gli strumenti base per il governo dell'economia del paese.

Essi non sono gli unici: molti altri atti, legislativi e non, possono assumere nel corso dell'esercizio finanziario un ruolo altrettanto rilevante.

Quest'anno, però, per ragioni che ne superano la definizione istituzionale, sul sistema Bilancio-legge finanziaria, grava la soluzione (o la non soluzione) di un problema che ormai pervade tutta la vita economica del paese, e che rischia di condizionare anche gli aspetti politici, sociali, istituzionali.

E'il problema del debito pubblico.

Composizione, dimensione quantitativa, dinamica, fanno del debito pubblico una grandezza che condiziona e vincola tutte le altre e che è ormai prossima al limite di non controllabilità, almeno in un sistema democratico.

Responsabilità vuole che questa relazione di minoranza sia centrata quasi esclusivamente sul problema del debito pubblico, ritenendo irrealizzabile qualsiasi proposta di merito se non si affronta congiuntamente ad esso.

IL DEBITO PUBBLICO.

In questo ultimo anno l'approssimarsi prima e il superamento poi del 100% del PIL, da parte del valore del debito pubblico, ha fornito a molti autori, se mai ve n'era bisogno, lo stimolo anche psicologico a definire e rappresentare una serie numerosa di elaborazioni in proposito.

In questa sede è sufficiente richiamare due dati: l'andamento nel tempo del valore del debito pubblico e il raffronto con i corrispondenti valori negli altri paesi industrializzati.

La figura 1 mostra dal 1960 ad oggi la consistenza del debito pubblico, in percentuale sul PIL, del nostro Paese (1).

La Tabella A riporta invece le stime OCSE per il 1985 e il 1986 del valore del debito pubblico, sempre in percentuale sul PIL, per i sette paesi più industrializzati dell'Occidente.

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Tabella A

DEBITO PUBBLICO (per cento sul PIL)

Paese 1985 1986

USA........................ 29,3 31,4

Giappone................... 27,6 27,5

Germania................... 23,3 23,2

Francia.................... 17,3 19,3

Gran Bretagna.............. 49,9 51,2

Italia..................... 99,2 107,4

Canada..................... 36,8 40,9

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L'evidenza delle cifre consente purtroppo di trarre due considerazioni:

La crescita del debito pubblico è sempre più rapida, quasi esponenziale;

la situazione italiana non ha paragoni con alcun altro paese industrializzato.

Le conseguenze di questo stato di cose sono note ed ampiamente descritte.

In sintesi si può affermare che, sia pur con modalità diverse e spesso complesse, un tale debito pubblico vincola ed influenza, spesso in modo determinante, tutte le altre principali grandezze economiche.

Si aggiunga poi che una tale situazione riduce fortemente i margini di azione di molti altri tradizionali strumenti di intervento.

Non è dunque pensabile puntare a valori di inflazione accettabili o ridurre i tassi di disoccupazione o ipotizzare sviluppi sino a quando la struttura dell'economia nazionale è gravata da questo debito pubblico e da quello che si annuncia per il prossimo anno.

Non è dunque un crudele destino a causare il sistematico fallimento di tutti gli obiettivi macroeconomici fissati dai governi in questi anni.

Né è la "pigrizia" o il "cinismo" del Ministro del Tesoro a tenere alti i tassi di interesse sui titoli di Stato (con le note conseguenze sul costo del denaro).

Quando, infatti, ogni anno si devono reperire centinaia di migliaia di miliardi in prestito dai cittadini, i tassi di interesse vengono determinati dal mercato più di quanto non sembri.

IL BILANCIO E LA LEGGE FINANZIARIA.

In questa situazione il Governo ha presentato al Parlamento il Disegno di Legge di bilancio e la Legge finanziaria per il 1986.

Coerentemente con l'importazione sin qui seguita mi occuperò della proposta del Governo dal punto di vista generale del debito pubblico.

Non che sia difficile occuparsi nel merito dei singoli settori, ma sarebbe magra consolazione.

Dal punto di vista generale il Governo tenta di presentare questi disegni di legge come un'inversione di tendenza sul fronte del disavanzo.

Tale affermazione si basa sul fatto che il valore del fabbisogno di cassa per il 1986 scenderebbe quasi di un punto (dal 15,6 al 14,9) percentuale sul PIL.

Lo sforzo di aver individuato, tra i tanti definibili, almeno un parametro che sul fronte del disavanzo si mantiene praticamente stazionario invece di peggiorare come tutti gli altri, potrebbe suscitare un sentimento di tenerezza, se almeno fosse vero; ma così non è.

Se infatti si tiene presente che:

a) un punto percentuale sul PIL vale circa 7.000 miliardi;

b) 4.000 miliardi circa di nuove entrate sono ancora da definire;

c) in base all'esperienza degli ultimi anni, lo scostamento più basso tra previsioni iniziali e dati consuntivi del fabbisogno è stato di 15.000 miliardi (e spesso di oltre il doppio);

Si deve concludere (purtroppo) che neanche il valore percentuale del fabbisogno di cassa presenterà alcun sintomo di miglioramento.

Ma aldilà delle dichiarazioni di facciata del Governo, è bene invece analizzare il sistema Bilancio-Legge finanziaria dal punto di vista del deficit.

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(Fig. 2)

Legislazione Bilancio 154.085

Vigente

Deficit Totale

188.847

Nuove Legge 34.762

Disposizioni Finanziaria

Legislative

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La figura 2 mostra una prima grande schematizzazione.

Come è noto mentre il Bilancio recepisce (o dovrebbe recepire) solo la legislazione vigente, la Legge finanziaria contiene le nuove decisioni.

In figura sono evidenziati i riflessi sul deficit 1986 del Bilancio e della Legge finanziaria (nel testo pervenuto alla Camera dal Senato).

Il Bilancio (a legislazione vigente) crea un deficit per il 1986 di 154.085 miliardi, mentre la Legge finanziaria modifica tale situazione nel senso di aggravarlo di altri 34.762 miliardi, portando il deficit totale a 188.847 miliardi, che è appunto il ricorso al mercato finanziario.

Se operiamo un'ulteriore e meno sommaria schematizzazione (se cioè andiamo a vedere cosa c'è, dal punto di vista del deficit, dentro i blocchi "Bilancio" e "Legge finanziaria") otteniamo la situazione mostrata in fig. 3.

Per quanto riguarda il deficit del Bilancio a legislazione vigente può effettuarsi, come indicato in figura, una suddivisione in due componenti.

La prima è quella determinata dalla differenza tra entrate e spese (al netto degli interessi). Questa componente, che si può definire "deficit 1986" in senso stretto, è di 36.581 miliardi.

La seconda componente rappresenta il "peso del debito che si è formato in tutti gli anni precedenti. Essa fornisce un deficit di 117.504 miliardi, di cui 46.013 per rimborso del capitale e 71.491 per pagare gli interessi (il cosiddetto "servizio del debito").

In sintesi il bilancio 1986 a legislazione vigente fornisce un deficit di 154.085 miliardi; di questi 117.504 miliardi rappresentano il "peso" del debito complessivo accumulato negli anni precedenti, mentre 36.581 sono i miliardi di deficit 1986 dovuti alle leggi sin'ora in vigore.

A questa situazione si va ad aggiungere il "nuovo" contenuto nella Legge finanziaria.

L'articolato della Legge finanziaria introduce nuove entrate e nuove spese: la loro differenza crea un deficit di 1.832,2 miliardi.

Le Tabelle B e C della Legge finanziaria dispongono inoltre stanziamenti (Fondi Globali), creando un ulteriore deficit di 33.422 miliardi.

Il nuovo Deficit è, a questo punto, di 33.422 + 1.832,2 = 35.349,2 miliardi.

Ad esso si sommano due componenti: la prima è il nuovo debito estero autorizzato per 3.350 miliardi; la seconda proviene da una nuova e diversa modulazione di leggi, la cui decisione spetta alla Legge finanziaria ogni anno.

Questa seconda componente introduce una riduzione del deficit per 3.937,2 miliardi. Tale valore è ottenuto "risparmiando" 5.545,5 miliardi sulla nuova modulazione delle leggi pluriennali, e aumentando le spese per 1.608,3 miliardi per quelle leggi la cui quantificazione di anno in anno spetta alla Legge finanziaria.

La Legge finanziaria, quindi, introduce complessivamente un deficit del valore di 34.762 miliardi.

Sommato a quello del Bilancio a legislazione vigente si riottiene, ovviamente, il deficit totale (o ricorso al mercato finanziario) di 188.847 miliardi.

Questo è, dunque, quanto ci "offre" il progetto governativo di Bilancio e di Legge finanziaria.

E' il tentativo, invero modesto, di lasciare inalterati i problemi nella loro quantità e qualità.

E' il tentativo di prendere tempo, di rinviare, amministrando in qualche modo la sopravvivenza.

In verità è un tentativo di basso profilo, destinato a fallire in partenza: come tutti gli anni, infatti (e quest'anno a maggior ragione), sarà il debito pubblico ed il deficit 1986 a controllare e vincolare il governo dell'economia e non viceversa.

GOVERNARE IL PAESE O ESSERE GOVERNATI DAL DEBITO PUBBLICO?

Appare chiaro che rinunciare al governo del debito pubblico significa ormai essere nei fatti governati e rendersi disponibili perché altri, necessariamente con altre regole politiche sociali, istituzionali (di "commissariamento" o meno), lo facciamo in qualche modo.

Porre sotto controllo e avviare a soluzione il problema del debito è obiettivo che va posto almeno congiuntamente (ma non certo dopo) ad una diversa allocazione delle risorse economico-finanziarie del paese.

Alleggerire il peso del debito o quanto meno non accentuarne i vincoli e i riflessi negativi sull'economia, sull'occupazione, sulla stessa qualità della vita è certo impossibile continuando a creare nuovi ulteriori debiti.

Ha recentemente detto il Governatore della Banca d'Italia (2):

"Nella presente situazione della nostra economia, gli spazi di manovra della politica monetaria sono stretti e limitato è il suo ruolo nell'azione volta a restituire alla nostra moneta la solidità di cui ha goduto in un passato non lontano e che gli altri paesi industriali hanno faticosamente riconquistato. Non è agendo solo sulle leve monetarie che si può completare sul piano finanziario il risanamento che l'economia italiana ha operato nel campo della produzione e così spianare la strada per una nuova fase di sviluppo e di riassorbimento della disoccupazione.

Al cuore del problema sta il crescente disavanzo dello Stato con la conseguente esplosione del debito pubblico. Anno dopo anno lo Stato spende più di quanto incassa, anche se non si tenesse conto del fatto che, come ogni debitore, deve compensare coloro ai quali chiede a prestito. La differenza tra le entrate e le spese viene coperta con nuovi debiti, il cui flusso domina tutto il mercato monetario e finanziario.

Bisogna agire per ridurre il disavanzo pubblico al netto degli interessi, mirando in un orizzonte pluriennale al suo azzeramento. Ciò indurrà l'ulteriore discesa dei tassi di interesse nominabili e di quelli reali, innescando un circolo virtuoso. E' questa una via difficile da imboccare e in forte pendenza nel tratto iniziale, ma è l'unica che conduce alla progressiva riduzione dell'onere reale del debito pubblico che rischia altrimenti di soffocare la potenzialità di crescita della nostra economia".

La via obbligata è dunque quella di ridurre il deficit annuale (al netto degli interessi) sino ad azzerarlo.

Qual'è, infatti, quell'azienda, quel sistema, quella famiglia o quel singolo che può allentare (o solo mantenere) il peso di vecchi debiti continuando non solo ad indebitarsi per pagare gli interessi ma anche a contrarre nuovi ed ulteriori debiti per la sua normale gestione?

Sino a quando non verrà azzerato il deficit corrente (al netto degli interessi) sarà inutile definire alcuna operazione di ingegneria finanziaria o di consolidamento del debito.

l'obiettivo numerico viene fornito dall'analisi effettuata del sistema Bilancio-legge finanziaria dal punto di vista del deficit.

La figura 4 ripropone l'analisi di tale sistema alla luce delle considerazioni ora svolte.

In questo caso viene evidenziato il deficit corrente 1986 di provenienza dal Bilancio (36.581 miliardi) e dalla Legge finanziaria (34.762 miliardi) che assommano quindi a 71.343 miliardi.

- Separatamente, invece, è rappresentato il deficit (117.504 miliardi) di provenienza dal debito presistente.

L'obiettivo deve essere dunque l'abbattimento di questi 71.363 miliardi, sino al loro azzeramento.

Una forza politica, di maggioranza o di opposizione, che si ponga il problema di governare ha il dovere di rapportarsi a questo dato.

Certo ogni forza politica ha contenuti, tradizioni, battaglie, proposte proprie e caratteristiche; ma in questa situazione i contenuti di merito devono calarsi nello schema di metodo che è stato sommariamente descritto.

Si rischia, altrimenti, l'astrattezza o la demagogia.

La Proposta Radicale.

La IX legislatura è giunta a metà della sua scadenza naturale. Mancano tre esercizi finanziari, cioè tre sistemi Bilancio-Legge finanziaria, al rinnovo delle Camere.

Se il problema del debito pubblico e del deficit corrente è problema fondamentale che coinvolge e vincola molti altri problemi, ogni forza politica ha il dovere di fornire un'ipotesi di soluzione in questi tempi.

La proposta che i radicali avanzano a tutte le forze politiche è quella di assumere lo schema di metodo indicato: l'azzeramento del deficit corrente (al netto degli interessi) nei prossimi tre esercizi finanziari.

Ogni forza politica riempirà di contenuti di merito, propri e diversi questo schema e i radicali non si sottraggono a questo impegno.

Tenendo presente i tempi indicati e il riflesso positivo che la riduzione del deficit ha anche sul servizio del debito, è ragionevole indicare in circa 20/21.000 miliardi l'obiettivo annuo di riduzione del deficit.

Può essere, inoltre ragionevole ipotizzare per l'esercizio finanziario attuale interventi di tagli di spesa o, in parte, di rinvio e di tassazioni di emergenza, mentre per i due esercizi successivi è più logico ipotizzare interventi legislativi atti a a modificare meccanismi di riproduzione del deficit, interventi di razionalizzazione di settori specifici e di riequilibrio del rapporto tra tassazione indiretta e diretta.

Alla luce di questa considerazione i radicali hanno presentato un pacchetto di emendamenti che traducono l'impostazione di metodo illustrata e la riempiono dei contenuti, delle convinzioni, delle idee e delle battaglie radicali.

Parallelamente, in via subordinata, sono comunque state presentate proposte emendative che traducono le tradizionali battaglie radicali.

Ma anche in questo secondo caso si è comunque seguito il criterio di non creare nuovi fabbisogni: ogni proposta è cioè fornita di copertura compensativa.

L'insieme delle proposte e del loro effetto sulla riduzione del deficit per il 1986 è sintetizzata in Tabella B.

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TABELLA B

Riduzioni di spesa

Spese militari 3.000

Legge pluriennali (tabella A) 1.060

Fondo globale di parte corrente (tabella B) 2.640,5

Fondo globale di conto capitale (tabella C) 2.350

Quantificazione di legge (tabella D) 1.219

Chiusura progetti PEC e Cirene 600

Capitoli bilancio 200

Maggiori entrate

Esatta valutazione delle entrate 8.800

Anticipazione autotassazione 1.500

Disciplina "auto blu" 375

Tassa sulle armi 100

Tabacchi 800

_____________

Totale 22.644,5

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Dal punto di vista delle entrate si propone una diversa anticipazione dell'acconto, un aumento dei tabacchi, della tassa sulle armi ed una incisiva disciplina sulle auto-blu.

Si propone infine con la prudenza necessaria, un'esatta stima delle entrate, interamente finalizzata alla riduzione del disavanzo.

Dal punto di vista della spesa si propone innanzi tutto una moratoria nelle spese militari. La relazione di minoranza della VII Commissione Difesa a cura del collega Rutelli dimostra con ricchezza di dati come sia non solo possibile ma anche doveroso operare tagli di spesa per oltre 3000 miliardi.

Negli ultimi otto anni, infatti, la spesa reale per la Difesa ha superato almeno di questa cifra le richieste NATO. Alla citata relazione, comunque, si rimanda per i necessari approfondimenti.

Un'analisi attenta dei Fondi globali, delle Leggi pluriennali e della quantificazione di leggi (Tab. A,B,C,D della Legge finanziaria) porta alle riduzioni indicate.

Si è trattato di operare tagli, riduzioni o rinvii distribuendoli un po' in ogni settore: da quello industriale (fiscalizzazione degli oneri sociali, ad esempio), al Mezzogiorno, ai molti (troppi) progetti autostradali.

Si propone così l'abolizione del progetto del ponte sullo stretto, che sta suscitando da una parte molte perplessità e dall'altra troppi appetiti; così come si propone di rinviare di un anno una parte consistente degli stanziamenti per la Regione Calabria sino a quando la Giunta Regionale ed il Consiglio non siano rientrati nella legalità costituzionale (non sono mai stati approvati bilanci consuntivi dal 1970 ad oggi).

La chiusura dei progetti PEC e CIRENE oltre a provocare un significativo risparmio è un atto doveroso verso una vicenda che sa poco di scienza e molto di interessi di singoli gruppi economici e di pressione.

Non sono stati ancora previsti, invece, interventi di razionalizzazione in settori come quello della sanità, della previdenza o dell'assistenza, da cui molto nei prossimi due anni sarebbe possibile ottenere.

CONCLUSIONI

La dimensione e la dinamica delle cifre pone tutte le forze politiche, indistintamente, di fronte ad una scelta non più differibile: continuare a considerare le risorse pubbliche (e quindi Bilancio - Legge finanziaria) uno strumento per mantenere e riprodurre, con difficoltà sempre crescenti, la propria percentuale di consenso e di controllo del potere oppure un terreno sul quale misurare le proprie capacità di progetto e di governo.

Tale scelta ha ormai conseguenze politiche, sociali ed istituzionali rilevanti: nel primo caso i numeri ci dicono che, non essendoci più margini di alcun genere, si è disponibili nei fatti a subire soluzioni "forti" o "commissariali" di varia natura; il secondo caso implica, invece, un rinnovamento dello stesso modo di fare politica che sin qui è stato costruito, e un rapporto diverso con i cittadini, meno mediato da interessi corporativi e di settore.

La proposta radicale è chiara: offre un metodo, l'unico, ci sembra, che non sia demagogico o velleitario.

Il merito con cui si dà corpo a questa impostazione metodologica può essere discusso, approvato modificato o respinto.

Ma in quest'ultimo caso va sostituito con altro, di pari rilevanza politica e numerica.

NOTE

(1) »L'indebitamento pubblico in Italia - Quaderni di studi e legislazione, 34 - Camera dei Deputati, Roma.

I dati relativi al 1985 e 1986 sono in base a stime e previsioni della Relazione Prev. e Programmatica.

(2) Audizione innanzi alle Commissioni bilancio del Senato e della Camera, Roma 2 ottobre 1985.

 
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