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Marceraro Andrea, Pannella Marco - 8 marzo 1986
Vi servirò un voto all'inglese
RIVOLUZIONI ISTITUZIONALI/MARCO PANNELLA FONDA LA LEGA PER UN NUOVO SISTEMA ELETTORALE

colloquio con Marco Pannella di Andrea Marceraro

SOMMARIO: Il 14 gennaio 1986 Marco Pannella propone, dalle pagine del quotidiano socialista "Avanti!" la riforma del sistema elettorale italiano: chi vince prende tutto. Chi perde scompare. Come nei collegi uninominali dei paesi anglosassoni. Quaranta parlamentari hanno già detto sì. Riusciranno a trascinare gli altri? Impossibile? "Forse non ricordate che cosa è successo con il divorzio", risponde il leader radicale.

(L'EUROPEO n. 10, 8 marzo 1896)

Per lo storico Ernesto Galli della Loggia il sistema elettorale italiano va buttato a gambe all'aria e sostituito. Gianfranco Pasquino, politologo della sinistra, ha criticato duramente il metodo con cui eleggiamo i parlamentari e ha avanzato le sue proposte di riforma. E Napoleone Colajanni, comunista, ha scritto addirittura che se l'ingovernabilità del paese è ormai divenuta cronica e se l'alternativa di governo è una chimera inafferrabile, gran parte della colpa è di quel vetusto, rigido, arcaico sistema proporzionale.

Ma chi scalpita di più, deciso a dare battaglia per un cambiamento alle radici del modo italiano di eleggere il Parlamento, è Marco Pannella, il radicale. Un Marco Pannella, pimpante, ringiovanito, entusiasta come ai tempi eroici della battaglia sul divorzio. Il cavallo scalpita come per la corsa più importante: "E' la corsa per dare un volto nuovo all'Italia del Duemila", garantisce.

C'è da credergli? La sua proposta illustrata per la prima volta sulle pagine dell'"Avanti!" il 14 gennaio, è secca come un colpo di fucile: sistema uninominale puro, all'inglese, chi prende più voti nel collegio elettorale vince, chi ne prende meno perde e non gli tocca nulla. Niente ballottaggi, come accade invece in Francia, niente secondi turni. Una botta sola, vincere o morire, secondo il sistema anglosassone.

Il leader radicale è talmente convinto, che ha deciso addirittura di creare una Lega per mobilitare Parlamento e cittadini a sostegno della riforma elettorale. E poiché quando Pannella e i suoi si mettono in testa qualcosa poi finiscono sempre per spuntarla in qualche modo, questa battaglia radicale potrebbe diventare il fatto nuovo della politica italiana nei prossimi mesi. Chi ricorda anche vagamente il putiferio che Pannella ha messo in piedi con la Lega per il divorzio forse può avere una pallida idea di ciò che potrebbe succedere finché il leader radicale non avrà ottenuto un suo collegio uninominale con l'accento londinese. O finché sarà morto.

"Allora, Pannella, quali sono i programmi della Lega per la riforma elettorale?"

"La stiamo mettendo in piedi, per adesso. Di programmi parleremo subito dopo".

"Ma chi né farà parte?"

"Ho già parlato con quattro capigruppo parlamentari. Mi hanno assicurato di essere d'accordo. E' un test fra i tanti".

"I loro nomi?"

"Al momento preferisco non farli. Saranno loro stessi a dirlo, spero presto. Ma se ho deciso di parlare per primo, non sono certo il solo, né il ``primo'' per importanza. Lo vedrete presto".

"Chi altro le ha detto sì, finora?"

"Per fermarci al Parlamento, ma non ci fermeremo lì, quaranta parlamentari, almeno. E senza che la battaglia politica fosse ancora partita, senza che gli argomenti a favore della riforma fossero spiegati in dettaglio. E' stato un sì immediato, che spesso è più significativo di qualsiasi altro".

"Ma quaranta parlamentari non sono seicento. Non le sembrano pochini per uno sforzo titanico come questo?"

"Come? Per il divorzio i parlamentari erano uno, il povero, indimenticabile Loris Fortuna: la Lega per il divorzio l'abbiamo varata solo con lui. Questa per la riforma politica ed elettorale che sta per partire le assicuro che sarà ben più robusta di quell'altra".

"Chi dovrà o potrà iscriversi alla Lega?"

"Chiunque sia disposto a fare il giuramento di Pontida: può pensare ciò che vuole credere ciò che vuole, avere l'ideologia che gli piace, ma dovrà battersi con determinazione perché il sistema elettorale uninominale passi".

"Perché mai il popolo italiano dovrebbe desiderare una rivoluzione come questa, onorevole Pannella? Chi le dice che la voglia?"

"E chi diceva che voleva il divorzio? Nessuno, ricorda? I partiti ne erano terrorizzati: il popolo è immaturo, dicevano. I grandi giornali anche. Fioccavano proposte sul mini-divorzio civile. E invece il popolo italiano la sparò col cannone, la sua maturità".

"Il divorzio è una cosa, il sistema elettorale che propone lei un'altra: la gente ha le sue abitudini ed è abituata a votare con il sistema proporzionale."

"Sciocchezze: l'elezione diretta dello sceriffo, del magistrato deputato o del deputato come avviene in America, fa interamente parte della nostra cultura popolare".

"La sua affermazione è drastica. Non le sembra un po' azzardata?"

"Ma pensi soltanto ai film che la gente è abituata a vedere da decenni. La gente li capisce, li sente suoi. Il sistema elettorale che affida ai cittadini la scelta tra due o più candidati al posto di sceriffo o di senatore, è comprensibile, immediato. Ma provi a rovesciare la medaglia: quanti film sono stati fatti, che parlassero del nostro sistema elettorale, complicato e sclerotico com'è? E non è cultura popolare questa?"

"Certo, lo è. Ma anche i partiti sono parte della cultura popolare. E lei, con la sua proposta, rischia di distruggerli."

"Di distruggere la partitocrazia, la degenerazione della politica, la logica di spartizione, questo sì. Ma perché i partiti? Loro dovrebbero modificarsi, riformarsi, cambiare, semplificarsi; vivrebbero, insomma, mentre ora sopravvivono, e male, a loro stessi. Certo è difficile immagine un elettorato che vota per l'oscuro funzionamento del partito o del sindacato piuttosto che una persona eminente e stimata. D'altra parte questa riforma va fatta dalla gente e per la gente. I partiti si adegueranno."

"Già, mi vuole spiegare come passare una proposta come la sua se i partiti sono contrari, dal momento che dovrebbero essere loro a votarla, in Parlamento?"

"Io credo che le forze politiche esistenti non potranno non tener conto della forza intrinseca a una novità come questa. E sono fiducioso che i sì supereranno di gran lunga i no."

"Come hanno reagito le forze politiche laiche alla sua proposta?"

"Ne sono le prime e naturali destinatarie, naturalmente, ma, come ho detto prima, non c'è stata ancora una vera consultazione. Perfino il Partito radicale in quanto tale non è stato investito da una scelta formale. I laici hanno un problema fondamentale: diventare consapevoli della loro forza. In otto regioni italiane sarebbero al primo posto già ora, come forza elettorale. E forse, se ci fosse ancora qualche referendum di prova ad aiutarli, capirebbero che possono avere dalla loro parte la maggioranza della popolazione. E' ridicolo, semplicemente ridicolo che devono stare lì a vigilare sull'orticello di un quorum strappato con le unghie. E' che va bene per partitini ideologici, protostorici, questa, non per partiti come il Liberale e il Repubblicano".

"E i socialisti, Pannella? Sono d'accordo con lei?"

"Non lo so. Però so tre cose: che è stato l'"Avanti!" a ospitare l'intervento in cui spiegavo la mie idee; che il loro capogruppo alla camera, Rino Formica, mi ha detto: ``Marco, per una volta sono d'accordo con te''; e che il vicesegretario del partito, Claudio Martelli, avrebbe dovuto scrivere un'intervento, sempre sull'"Avanti!", di rilancio del tema. Non l'ha ancora scritto per mancanza di tempo, penso.

"Già Martelli: c'è chi sussurra che lei l'abbia plagiato. Prima il caso di Enzo Tortora, poi quello di Pierre Carniti alla Rai, che era un'idea sua. Ora la grande riforma..."

"Che volgarità! A Martelli basta e avanza la sua testa, che, le assicuro, è di tutto rispetto. Se per caratterizzare la politica socialista si confronta e discute le idee radicali, questo è un merito e una responsabilità che sono interamente suoi".

"Mi lasci riportare un altra insinuazione: Pannella, con la grande riforma elettorale, si candida a diventare il segretario dell'area laica."

"Io non mi candido a nulla. Candidarsi a fare una battaglia di cultura e di civiltà come quella di cui stiamo parlando non le sembra che basti?"

"Una cultura, per verità, ricopiata pari pari dal modello anglosassone. Non è poi una grande scoperta."

"Ah, il modello! Lei lo sa che anche i pittori dadaisti lavoravano su un modello? Avere un modello è necessario, anche se non è sufficiente. Occorre lavorarci sopra in modo originale, ma gli unici che non vogliono modelli sono proprio coloro che, prima, uno lo avevano: il paradiso in terra. E che è clamorosamente fallito".

"Si riferisce ai comunisti, Pannella?"

"Sì. Per la precisione non a loro in quanti tali, ma alla logica insita nell'apparato comunista".

"Sarà il PCI il vero, irriducibile avversario della riforma elettorale?"

"Temo di sì, spero di no. Ripeto non questo o quel militante, questo o quel dirigente. No, l'istinto di rappresentanza totalizzante che si nasconde dietro una pletora di funzionari. Come convincerli che se vorranno essere eletti non potranno più basarsi sulle benemerenze di partito, ma sulle loro capacità, sulla loro forza di convinzione sociale, sul loro confronto diretto con altri candidati?"

"Mi spieghi allora perché lo steso ragionamento non potrebbe essere valido per la Democrazia Cristiana."

"Perché la DC è già, in sé, un calderone di tipo occidentale. Certo, non vorrà la riforma perché le conviene una situazione in cui le riesce a tenere ingessata la società italiana. Ma è per natura che può rilevarsi permeabile al cambiamento e alle proposte. Basterebbe che un suo leader facesse questa battaglia, per vincerla".

"Quali proposte, però, Pannella? Sembra che anche tra coloro che sostengono la necessità di un cambiamento del sistema elettorale non ci siano unità di vedute. Pasquino, per esempio, propone un sistema alla francese, con ballottaggio."

"E' la stessa filosofia di coloro che ai tempi del divorzio dicevano: ``Va bene, facciamolo, ma solo per quanto riguarda i matrimoni civili''. Non si rendeva conto che la gente era già oltre. Non solo, aggiungo che se fosse prevalsa quella posizione non sarebbe stato fatto nulla. Assolutamente nulla. Lo stesso ragionamento vale oggi. Il ballottaggio? E perché? Per tenere in vita artificialmente i partiti che, come per esempio lo stesso Pcf, senza di esso sarebbero costretti ad una radicale autoriforma o ridotti al nulla che rappresentano? No, la forza popolare del cambiamento sta nella sua radicalità perfettamente comprensibile e non astrusa. Le altre proposte sono riformistiche, non riformatrici. E manterrebbero la lottizzazione. Se invece chi vince si prende tutto, come in America, il 100 per cento, e risponde dell'uso che ne fa e ne ha fatto per un periodo definito, la stessa idea di lottizzazione muore".

"Non la sfiora neanche il dubbio che tutto questo possa risolversi in una bolla di sapone? In un naufragio?"

"C'è una sola possibilità di fallimento: che restino sbarrati gli accessi alla comunicazione con la gente, col suo diritto di conoscere e di deliberare".

"A quando il grande cambiamento?"

"Dalle prossime elezioni usciranno decine di parlamentari che come prima atto della nuova legislatura depositeranno un progetto di riforma elettorale. Come si fece per la proposta Fortuna sul divorzio. Cinque anni dopo si potrebbe dunque votare con il nuovo sistema, e cominciare a edificare la nuova democrazia italiana".

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Con questo voto, uno solo sarà promosso

Proporzionale e uninominale a confronto

Attualmente, in Italia, si elegge la Camera dei deputati col sistema proporzionale. Ogni partito presenta una lunga lista di suoi candidati in ogni collegio elettorale. E' necessario un certo numero di voti (variante da collegio a collegio in base alla densità di popolazione residente) per eleggere un rappresentante. Ma è sufficiente che un partito riesca a eleggere anche un solo deputato in un qualsiasi collegio perché tutti i voti ottenuti nel complesso del territorio nazionale concorrano, col cosiddetto "sistema dei resti", a eleggerne automaticamente altri. Ogni formazione politica è libera di partecipare. Se non otterrà alcun risultato, non godrà del rimborso sulle spese di

finanziamento della campagna elettorale e non usufruirà del finanziamento pubblico, dovuto dallo Stato ai partiti che sono riusciti a inviare propri rappresentanti in Parlamento.

Il sistema anglosassone, proposta da Marco Pannella, Ernesto Galli della Loggia e altri, prevede invece che in ogni collegio elettorale le forze politiche concorrenti presentino un solo candidato ciascuno (sistema uninominale). Vince e viene eletto il candidato che, al primo e unico turno, ottiene la maggioranza relativa dei voti espressi. Gli altri candidati vengono semplicemente bocciati e il partito di cui sono rappresentanti non ha diritto di conteggiare in altri collegi i voti comunque ottenuti.

E' prevista una soglia di suffragi necessari (il 3 o il 5 per cento, in genere) non raggiungendo la quale il partito che ha presentato il candidato non ottiene la restituzione della cauzione.

 
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