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Mellini Mauro - 17 aprile 1986
In nome della consociazione
di Mauro Mellini

SOMMARIO: L'autore risponde alle critiche rivolte ai referendum sulla giustizia dall'Associazione Nazionale dei Magistrati (ANM).

(Notizie Radicali n· 89 del 17 aprile 1986)

L'Associazione nazionale magistrati ha dichiarato guerra ai referendum sulla giustizia. Anatema all'abolizione del privilegio dell'irresponsabilità dei giudici. Anatema alla proposta di abrogazione del sistema di elezione dei componenti »togati del Consiglio superiore della magistratura con ripartizione proporzionale tra le »correnti , anatema anche all'abolizione della Commissione inquirente (una volta bersaglio di polemiche e di contese di giurisdizione con i magistrati ordinari: ma se si comincia ad abolire i privilegi corporativi dove si va a finire?). Anatema, soprattutto, allo strumento del referendum: non sono cose da dare in pasto al popolo. Si può giudicare in nome del popolo italiano, ma non si può permettere che sia il popolo a dire la sua sul modo in cui si giudica e sulla responsabilità di chi giudica.

Da un anno a questa parte l'Associazione nazionale magistrati ha avuto modo di proclamare tutta la sua insofferenza per ogni pur timido tentativo, per ogni ipotesi di intervento, di indagine, di »interferenza circa i modi, anche aberranti, in cui la funzione giurisdizionale viene esercitata, denunciando interferenze, condizionamenti e pressioni, attentati all'indipendenza della magistratura, addebitandoli di volta in volta a partiti, ministri, presidente del Consiglio, presidente della Repubblica. Ora è la volta del popolo, ed ancora una volta la tesi dell'associazione è che »il problema è un altro , altra è la sede in cui vanno dibattuti e risolti certi problemi.

Ma, a ben vedere, questa volta l'Associazione nazionale magistrati vuol negare non solo al popolo, ma ai giudici stessi di »interferire sulle cose della giustizia e su certe sue storture. Di tutte le proposte referendarie quella che ha suscitato reazioni più accese è stata infatti quella relativa alle abolizioni dei limiti e degli ostacoli per le azioni di risarcimento del danno illecitamente arrecato dai magistrati nell'esercizio della loro funzione. Secondo l'associazione basterebbe questa prospettiva per privare i giudici della necessaria serenità e dell'indipendenza. Siamo al grottesco: la mera possibilità di essere chiamati avanti a dei loro colleghi (non davanti ai tribunali del terrore!) non farebbe stare tranquilli i giudici! Ancora una volta l'associazione identifica la libertà ed indipendenza del giudice nella soggezione alla legge, così come voluta dalla Costituzione, con l'indipendenza e la chiusura della magistratura intesa in senso corporativo.

D'altro canto l'Associazione nazionale magistrati in tutte le sue componenti, assai prima dell'iniziativa referendaria, ha mostrato chiaramente di scegliere la difesa delle posizioni oltranziste di certi suoi componenti in fatto di dichiarato antigarantismo, di »pentitismo , di »supplenza di altri poteri, di »giustizia per campagne . Non è un caso che nelle ultime elezioni per il Consiglio superiore della magistratura, grazie anche al sistema elettorale correntocratico ed alle sue implicazioni (le norme che regolano quelle elezioni sono oggetto di un'altra delle proposte referendarie), ha in tutte le sue componenti favorito sia nella formazione delle liste, sia nel sostegno dato per l'elezione, molti dei protagonisti di questa cosiddetta »giustizia dell'emergenza , sponsors di pentiti, sostenitori di leggi »premiali , eccetera eccetera.

Attorno al sostegno di questi metodi e di questi »protagonisti l'associazione tende a coagulare ogni tendenza corporativa, ostile, nel nome dell'»indipendenza e del »timore di condizionamenti ad ogni forma selettiva nelle carriere, ad ogni controllo che, assieme a certe disinvolture della giustizia dell'emergenza, vada a sindacare le lentezze, le sonnolenze, i ristagni, le dimenticanze e le noncuranze cronici.

Non c'è dubbio che alcuni magistrati, che non brillano per particolare operosità, sono convinti che parlare di responsabilità dei loro colleghi dal mandato di cattura facile e dal pentito disponibile potrebbe aprire un discorso destinato ad estendersi alle sentenza che tardano, alle udienze non tenute, alle residenze fuori circondario, eccetera eccetera. Ma è anche vero che un gran numero di magistrati equilibrati, assidui e solleciti, che esercitano con grande competenza e senza protagonismi funzioni non meno delicate di quelle dei loro colleghi che amano definirsi »impegnati in questa o quella »campagna , non avrebbero nulla da temere sia per un diverso trattamento delle responsabilità dei giudici, sia da un più puntuale contenimento del ruolo dei giudici stessi secondo i principi costituzionali. Essi semmai hanno il torto di affidare la loro rappresentanza sul piano associativo ed istituzionale a chi è espressione di una concezione del magistrato assai lontana, in realtà, da quella cui essi si ispirano n

ell'esercizio delle loro funzioni.

E' vero anche che molti di questi magistrati non fanno mistero del loro dissenso rispetto all'oltranzismo ed al corporativismo dell'associazione, così come non sono mancate voci di adesione agli stessi referendum. Voci ancora sommesse ed isolate, ma estremamente significative, che di per sé sono un risultato non trascurabile dell'iniziativa referendaria. Dar voce alle »maggioranze silenziose è del resto funzione essenziale dei referendum.

 
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