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Negri Giovanni, Pannella Marco - 7 luglio 1986
Cessazione delle attività
di Giovanni Negri e Marco Pannella

SOMMARIO: Documento proposto da Giovanni Negri e Marco Pannella per un dibattito pubblico ed "esterno" sul significato del progetto di cessazione delle attività del Partito radicale e sulle prospettive di alternative che dovrebbero imporsi all'attenzione delle forze e dell'opinione pubblica democratiche del nostro paese. Questo documento è stato presentato e illustrato nel corso della conferenza stampa che si è svolta il 7 luglio 1986.

(NOTIZIE RADICALI N. 157, 7 luglio 1986)

1) STATO DEL PROGETTO DI CESSAZIONE DELLE ATTIVITA'

a) "sul piano tecnico-giuridico": Notizie Radicali (distribuito durante la Conferenza) pubblica il parere del prof. Chiola sui problemi connessi alla tutela del nome e del simbolo, del patrimonio, al finanziamento pubblico, all'esistenza degli eletti e del Gruppo. Prima dell'Assembla generale sarà conosciuto anche quello del prof. M. S. Giannini e di un gruppo di esperti. E' sulla base di questi due documenti, e del dibattito che l'Assemblea avrà svolto in proposito, che il Segretario del PR proporrà al Consiglio Federale, prima del Congresso, e per il Congresso stesso, il progetto definitivo;

b) "sul piano politico": è prevalente, pressoché generale, la interpretazione secondo la quale il progetto di cessazione precluda "politicamente" progetti di ``conversione'' del Partito, di qualsiasi ``confluenza'', diretta o indiretta, del partito stesso in altre formazioni fra quelle esistenti, o - allo stato - anche fra altre, nuove; non si tratta, infatti, da parte del PR, di un giudizio negativo sulle propie chances - in assoluto - di serbare e incrementare i suffragi fin qui avuti e il peso di opinione anche ai vertici delle istituzioni e della politica: si tratta di un giudizio sull'impantanamento e la paralisi delle istituzioni e del gioco "democratico" (non di quello ``politico'', sulla crisi del "sistema di usurpazione partitocratico" che si rivela comunque incapace di garantire alle istituzioni, al paese, ai cittadini un governo adeguato della società e delle istituzioni, la certezza del diritto e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, delle forze politiche di fronte al suffragio popola

re. In tale contesto, se accettato, è impossibile immaginare il funzionamento democratico, qualsiasi vera alternanza, qualsiasi vera politica di governo, di riforma, di progresso.

2) IPOTESI PRINCIPALI: ADOZIONE DA PARTE DEL CONGRESSO DEL PROGETTO, CHE COMPORTERA' UN CONGRUO PERIODO PER ESSERE ATTUATO; ADOZIONE DI UNA DIVERSA SCELTA E LINEA POLITICA, IN ALTERNATIVA.

Lo scenario probabile dovrebbe essere il seguente: verifica politica attraverso il grande dibattito dell'Assemblea generale degli iscritti che si terrà a Roma il 25/27 Luglio della prospettiva della cessazione delle attività, dopo più di un semestre dall'apertura del dibattito nel partito sulla relativa delibera congressuale, con una sostanziale apertura del dibattito precongressuale; a settembre, presentazione delle "linee" del progetto da parte del Segretario al Consiglio Federale, presentazione "del progetto" al Consiglio federale nell'immediata vigilia del Congresso (fine ottobre, a Roma); decisione del Congresso. Sin d'ora si può affermare che, se adottato, il progetto (politico e non meramente esecutivo) di cessazione delle attività comporterà/ebbe un congruo periodo (semestrale?) di ``attività di cessazione''. E' evidente che il Congresso, sovrano, potrà esser investito di altre soluzioni, alternative: prosecuzione ordinaria dell'attività, promozione di ``conversioni'' del Partito, di ``intese'' con a

ltre forze, ecc. Ma, "allo stato", nulla consente di considerare probabile iniziative di tal fatta da parte degli organi istituzionali (Segretario, Tesoriere, Consiglio Federale) o di esponenti o gruppi di esponenti del partito con particolari responsabilità attuali o passate. Ovviamente nell'Assemblea potrebbero manifestarsi tendenze di questo tipo; ma, per ora, si tratta di mere ipotesi teoriche.

3) CARATTERE ESEMPLARE E - ALMENO INDIRETTAMENTE - DI PROPOSTA AD ALTRE FORZE POLITICHE DEMOCRATICHE DELL'EVENTUALE CESSAZIONE DI ATTIVITA', PRODROMO PROBABILE DELLA CHIUSURA DEL P.R. - L'AUTODISTRUZIONE, COME PROSPETTIVA, DEL P.R. QUALE STIMOLO E DETONATORE PER UN NUOVO ASSETTO POLITICO, NUOVE STRATEGIE, CONVERGENTI CON UNA RIFORMA DI TIPO ``ANGLOSASSONE'', DI DEMOCRAZIA POLITICA ANZICHE' CONSOCIATIVA, COSTITUZIONALE ANZICHE' ``MATERIALE'' DEL SISTEMA POLITICO.

Da quando il Partito Radicale (sin dal lontano 1980) ha progressivamente posto al centro della propria esistenza il problema della certezza del diritto, dell'usurpazione e della paralisi partitocratica, della crisi delle istituzioni e del gioco democratico, e l'ha posto in termini di ``non-collaborazione'', di ``disobbedienza civile'', di ``obiezione di coscienza'', di ``sciopero del voto'', di ``codice di comportamento'' di contestazione della legittimità costituzionale e democratica del Parlamento, e delle altre istituzioni, sono maturate progressivamente ampie analisi convergenti, per ora specie a livello di analisi e di teoria politica. Le affermazioni più recenti di un ``padre della democrazia'' come Norberto Bobbio, fino a quelle di lobbies potenti come quella scalfariana, l'esito - clamoroso, per molti versi, di una ``ricerca'' sulla concretezza del diritto e sul gioco democratico che sarà reso pubblico fra breve, confermano ormai che il P.R. aveva visto giusto, ed a tempo. Ma non si traggono ancora c

onseguenze operative, concrete, di fronte alle denunce ed alle analisi di questo tipo, che sembrano condivise da gran parte dell'opinione pubblica, non più accusata per questo di primario qualunquismo e di irresponsabilità civile.

"Se è quindi indubbio il carattere di registrazione di una sconfitta politica del Partito Radicale" come partito dello Stato di diritto e della democrazia politica, il progetto di cessazione delle attività costituisce il tentativo di evitare che questa sconfitta si muti in "fallimento politico" della realtà e della prospettiva di democrazia politica e di Riforma civile e istituzionale per tutti e per ciascuno.

La cessazione della attività, come obbligata per chi non voglia ridursi ad alibi per il regime che avversa e quindi anche a rinuncia alla speranza generica di rivolgimento della realtà e della prospettiva, è quindi certamente un ulteriore aggravamento, inevitabile, e costoso, della situazione. Ma è lecito almeno sperare che in tal modo si riesca a contribuire ad un incardinamento di una maggiore coscienza dei propri doveri e dei propri interessi, oltre che di quelli della democrazia e del diritto, da parte di una parte almeno della classe dirigente, quella che sembra aver scoperto, o essere sul punto di scoprire, il carattere di "sistema", "istituzionale", dell'usurpazione partitocratica, con il seguente onere di impegnarsi concretamente a creare una via d'uscita, a conquistare una diversa realtà, a battere le forze della conservazione - impossibile - del regime esistente.

Se si dovesse - dunque - arrivare alla adozione del progetto di cessazione delle attività, e - nel persistere delle condizioni che ne sono alla base - all'autoscioglimento, all'autodissoluzione del Partito Radicale, sarebbe lecito sperare che da questo atto di rigore morale e di vigore civile si accendano scintille o il detonatore della riforma di sé e del sistema che è per noi necessario provocare in Italia.

4) E' POSSIBILE IMMAGINARE IL SUPERAMENTO DELLA PROPOSTA DI CESSAZIONE DELLE ATTIVITA', FARE L'ECONOMIA DI QUESTO ATTO GRAVE PER LE FORZE DEMOCRATICHE E PER LE STESSE ISTITUZIONI? QUEL CHE IL PR HA AVUTO LA FORZA DI INDIVIDUARE PER SE STESSO ANCHE PER EVITARE CHE UNA SCONFITTA POLITICA DI UNA PARTE SI TRADUCA IN CONTRIBUTO PER IL FALLIMENTO STORICO DI UN IDEALE CONCERNE - A BEN VEDERE - GLI STESSI PARTITI DELLA PARTITOCRAZIA, CHE RISCHIANO DI SCOMPARIRE ANCH'ESSI, DI ESSERE MORTI CHE CREDONO D'ESSERE VIVI.

La crisi di governo dovrebbe rendere clamorosamente evidente una evoluzione che il PR indicava da tempo, come anche altri ma senza trarne coerenti previsioni e constatazioni: gli stesso partiti della partitocrazia stanno, nel bene e nel male, scomparendo. Non v'è più DC, ma De Mita; PSI, ma Craxi; MSI, ma Almirante; PRI, ma Spadolini... Le decisioni, le scelte di questi partiti sono apprese dai partiti stessi dai giornali, "la mattina dopo" della loro adozione e comunicazioni da parte del ``leader''. In tal modo, ovviamente, scelte e obiettivi tendono a perdere completamente respiro storico e politico, per divenire di mera amministrazione dell'esistente in termini di potere e di sottogoverno, di voti e di posti.

Paradossalmente la crisi attuale sembra determinata più dalla condanna all'uniformità sostanziale alla quale i ``leader'' tentano di ribellarsi con l'enfatizzazione incattivita di esigenze sempre più bizantine o sempre più di immagine, che da dissensi e differenze di fondo.

Si accelera rapidamente il processo di sterilizzazione di tutto l'esistente politico, dopo quello dell'esistente democratico: il Parlamento, diviene un ingombro inutile e dannoso; poi lo diventa la stessa vita ``democratica'', ``statutaria'' dei partiti della partitocrazia. Privo di questi, ed altri, punti di riferimento, il Governo del paese passa da una ``stabilità'' positiva, favorita da quei voti, a riscontrare il rischio d'esser esso stesso vuoto di possibilità reali, di prospettive drammaticamente necessarie se devono esser adeguate ai grandi rivolgimenti della società.

Lo ``specifico'' radicale ha rappresentato, per oltre un decennio, "anche" un surrogato, un palliativo, a questa crisi: i diritti civili, la messa in crisi dei momenti peggiori della ``democrazia consociativa'' che sembrava esser condannata a darsi un contesto violento per legittimarsi e per funzionare, l'alzare il tiro della politica con gli obiettivi della politica della vita contro lo sterminio per fame e il degrado del diritto e delle istituzioni, sono serviti a tutti, avversari compresi, che ne hanno tratto una sorta di ``legittimità'' della politica e del sistema, per almeno un paio di generazioni di cittadini.

Ma il digiuno di democrazia non può - come ogni altro - esser sopportato a lungo, troppo a lungo, indefinitivamente: l'impossibilità del paese di ``conoscere per giudicare'', la distorsione sistematica dell'immagine radicale, alla lunga, sta portando le conseguenze fatali: se il PR può sempre contare di avere medie fra ``socialdemocratiche'', ``repubblicane'', o anche ``missine'' (il che non lo interessa) deve oggi riscontrare l'impossibilità di produrre quei fenomeni politici di vittorie e conquiste di maggioranze sociali che l'hanno interessato e ``giustificato''.

Gli ``iscritti'' restano sostanzialmente gli stessi, numericamente tendono perfino a contrarsi, con quel che comporta per un partito che vive secondo le indicazioni dell'art. 49 della Costituzione, come associazione privata anche se di interesse pubblico, con l'autofinanziamento delle proprie attività, nella legalità statutaria e pubblica la più esasperata.

I cittadini in grado di giudicarli diventano sempre meno: appartengono a fasce generazionali memori delle battaglie sul divorzio, sull'aborto, sui diritti civili, sulla questione morale, che abbiano memoria intensa e propria di "quel" Partito, sicché è loro ancora possibile comprendere "questo" (identico) Partito. Intanto il Parlamento diviene impraticabile e insignificante, lo scontro ideale e politico inesistente, le ragioni stesse dell'impegno democratico diventano irriconoscibili.

In questo contesto "l'ipotesi di un superamento della prospettiva della cessazione delle attività, come necessità politica e unica opportunità non negativa" appare oggi affidata o ad un'improbabile conoscenza da parte di ampi settori della opinione pubblica delle ragioni della scelta cui il PR si ritiene: riterrebbe costretto, con conseguente salto di qualità del loro sostegno e del loro impegno con il PR, o da una presa in considerazione e in carico da parte di altre forze politiche, o ambienti dirigenti, dello stesso risultato.

E' sembrato nel PR, nel dibattito fin qui svolto, ad es., che un ``salto'' dal tremila e diecimila iscritti per il 1987, acquisito dal Congresso del novembre 1986, costituirebbe un segnale e una situazione di novità sostanziale, quanto meno nella congiuntura immediata, tale da costringerlo a rimettere in discussione la decisione di cessare le attività in quanto un nuovo rapporto di forze fra l'esistente e l'auspicabile ``radicale'' si verrebbe in tal modo così a determinare.

E' pensabile che questo avvenga? Sì. E' probabile? Assolutamente no, specie in considerazione che finora nessun partito, nessun ambiente, nessun ``osservatore'', nessun ``intellettuale'', nessun ``laico'', ``socialista'', ``liberale'', ``democratico'' che dir si voglia, ma proprio nessuno, ha mostrato anche solamente di accorgersi del problema posto a se stessi, ma anche a loro, dai radicali.

I radicali, in questi anni, hanno mostrato di sapersi porre il problema di storie ``altre'', e non solamente quelle più vicine, come direttamente interessanti la loro stessa vita, a volte come proprie. Così, al di fuori e magari contro ogni ``contrattualità'', è accaduto nei confronti del PSI e del PLI, financo del PSDI, in alcuni momenti, e di attese e interessi tradizionalmente propri al mondo dei credenti e dei cattolici.

E' sulla base di questa capacità che - mentre consultano il livello di pericolo come superato anche per i partiti di regime, amici o avversari che siano - non cessano di lanciare segnali e di operare anche concretamente per una Riforma "del" sistema, anziché "contrapposta al" sistema, per indicare agli scontenti di ogni famiglia storica e politica, a cominciare da quelli laici, liberali e socialisti, l'obiettivo della costituzione di una nuova ``prima forza'' e di una speranza per l'oggi, non per un lontano futuro, di democrazia e di progresso, di giustizia e di libertà.

5) ALL'ASSEMBLEA GENERALE DEGLI ISCRITTI SONO STATI O SARANNO INVITATI I SEGRETARI E I PRESIDENTI DEI GRUPPI PARLAMENTARI DI TUTTI I PARTITI, SIA PER ASCOLTARE LA RELAZIONE INTRODUTTIVA SIA PER INTERVENIRE. IL PSI HA GIA' ASSICURATO LA SUA PIENA PARTECIPAZIONE, E - NEL CORSO DELLA RIUNIONE CON IL PLI NELLA QUALE SI DISCUTERA' DI UN PATTO DI CONSULTAZIONE ISTITUZIONALIZZATO FRA I DUE PARTITI - ANCHE QUESTO TEMA SARA' ALL'ORDINE DEL GIORNO DELL'INCONTRO FRA PLI E PR.

6) IL PRESENTE TESTO INTENDE COSTITUIRE UN TESTO DI BASE PER IL DIBATTITO ESTERNO, E NON SOLO INTERNO, SUL PROGETTO DI CESSAZIONE DELLA ATTIVITA' DEL PR, QUALE PROGETTO CHE COINVOLGE E RIGUARDA DIRETTAMENTE QUANTI INTENDONO OPERARE PER IL SUPERAMENTO DELL'ATTUALE CRISI POLITICA E ISTITUZIONALE IN DIREZIONE DI UNA RIFORMA PROFONDA IN SENSO DEMOCRATICO E COSTITUZIONALE DEL SISTEMA ATTUALE. ED IL ``LANCIO'' DI QUESTO TESTO E' L'OGGETTO PIU' SPECIFICO DELLA CONFERENZA-SPAMPA TENUTA IL 7 LUGLIO DA NEGRI E PANNELLA.

7) IL COMPORTAMENTO NEI CONFRONTI DELLA CHIUSURA DELLE TRASMISSIONI DI RADIO RADICALE - CHE SI EVOCA PER ULTIMO ESSENDO FORSE IL PRIMO PER VALORE E PER ESEMPLARITA' - PUO' MEGLIO CONSENTIRE LA RIFLESSIONE E L'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA', IN QUALE DIREZIONE CHE SIA, DA PARTE DELLA CLASSE DIRIGENTE: DA OGNI PARTE DI RICONOSCE ORA CHE RR COSTITUISCE O COSTITUIVA (SE NON SARA' RISOLTA NELLE PROSSIME SETTIMANE LA SUA SITUAZIONE DI CRISI) IL SOLO ESEMPIO DI SERVIZIO PUBBLICO, E DI SERVIZIO DEMOCRATICO PER TUTTI.

 
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