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Cerquetti Enea - 15 settembre 1986
L'ITALIA E LA CORSA AL RIARMO (9) L'evoluzione della normativa di controllo parlamentare sugli acquisti della Difesa
di Enea Cerquetti

IRDISP-ISTITUTO DI RICERCHE PER IL DISARMO, LO SVILUPPO E LA PACE

SOMMARIO: Va bene la corsa al riarmo, ma che c'entra l'Italia? Non sono gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica i promotori di tale corsa? Che le due superpotenze siano i principali responsabili della corsa al riarmo è vero. I principali, ma non gli unici. Anche l'Italia ha la sua parte di responsabilità. Minore, ma non trascurabile. In cifre assolute la spesa militare dell'Italia è stata nel 1985 l'ottava al mondo. Quanto al numero di uomini alle armi siamo tra i primi quindici. E tra gli esportatori mondiali di armamenti, gli italiani figurano nei primi sei posti. Il peso del settore militare sul complesso dell'economia italiana è ancora piuttosto contenuto: la spesa assorbe il 2,7% del prodotto interno lordo; le armi rappresentano il 2,7% della ricchezza prodotta dall'industria e il 2,3% delle esportazioni. Inoltre le minacce militari alla sicurezza dell'Italia sono meno gravi di quelle che si trovano a fronteggiare numerosi altri attori internazionali - compresi molti nostri alleati. Siamo quindi in una sit

uazione che offre molte opportunità di contenimento della spesa, di sperimentare conversioni al civile delle produzioni militari, di promuovere una politica di sicurezza realista e distensiva. Sfortunatamente queste opportunità non vengono colte. Al contrario nell'ultimo decennio s'è affermata la tendenza all'espansione che è urgente arrestare. E' dalla metà degli anni '70, infatti, che l'Italia comincia a figurare tra i principali esportatori di sistemi d'arma, e che la spesa militare supera i tassi di crescita annuale concordati in sede NATO. Ed è sempre in quelo periodo che cominciano a farsi sentire i sostenitori di un "nuovo ruolo" militare dell'Italia nel Mediterraneo. Il "Libro bianco", presentato dal ministro della Difesa Spadolini nell'inverno 84-85, sintetizza e mette a punto questi sviluppi, ovviamente dalla parte di chi li ha sostenuti e si augura che proseguano. Questo volume, invece, fa emergere i dubbi, gli interrogativi, le proposte alternative rispetto a quello che sinora è stato un monologo

dell'establishment.

("L'ITALIA E LA CORSA AL RIARMO" - Un contro-libro bianco della difesa - a cura di Marco De Andreis e Paolo Miggiano - Prefazione di Roberto Cicciomessere - Franco Angeli Libri, 1987, Milano)

6. L'EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA DI CONTROLLO PARLAMENTARE SUGLI ACQUISTI DELLA DIFESA

di Enea Cerquetti

1. Introduzione

Nel luglio-agosto del 1982 il parlamento venne impegnato nella conversione del decreto-legge n. 428 del 10 luglio 1982, che assegnava al ministro alto commissario della protezione civile la possibilità di compiere tutti gli atti e tutte le procedure contrattuali per la manutenzione di elicotteri dell'Esercito, precettati per spegnere incendi nei boschi, e ciò non attraverso le normali trafile, ma in base all'esperienza del Commissario straordinario in zona di terremoti. Il meccanismo era il seguente:

1. la facoltà dei funzionari dirigenti dello stato di provvedere ad atti contrattuali nell'ambito di determinati limiti di somma era estesa ai colonnelli ed ai generali di brigata, ma soltanto per procedere alla manutenzione dei mezzi aerei per lo spegnimento di incendi;

2. il Ministero della protezione civile - in generale e non soltanto per questi scopi - era abilitato a spendere, saltando via tutti i pareri preventivi e sentito il solo giudizio di un comitato tecnico di natura e composizione già collaudato per gli interventi in zone terremotate;

3. tutti gli atti precedenti sarebbero stati soggetti al controllo a posteriori da parte della Corte dei conti, ottenendo per ciò una procedura di registrazione automatica.

Ci è stato assicurato dall'onorevole Zamberletti che il sistema inventato dal governo, e ampliato dal parlamento in termini di ordinarietà delle norme straordinarie, ha funzionato bene.

Ma era lecito, allora, considerare ``disastrata'' tutta l'area tecnico-amministrativa della Difesa, conferendo peraltro a qualche ministro esterno alla medesima il compito e i poteri di risolvere tutti i mali?

Oppure sarebbe stato lecito, in alternativa, estendere l'affidamento di poteri come quelli dianzi illustrati anche al ministro della Difesa, perché facesse finalmente funzionare, con quelli, i propri apparati arrugginiti? L'urgenza e la necessità possono sempre giustificare deroghe da ``pieni poteri'' o da ``poteri necessari'' come quelle esaminate; tuttavia l'orientamento legislativo delle Commissioni parlamentari della difesa, nel periodo di vita della VIII e IX legislatura, era ed è stato molto più cauto, anche perché non si può applicare a cuor leggero una normativa di sole ``deroghe'' indiscriminate ad una amministrazione che compera da sola oltre la metà dei beni e dei servizi dello stato.

Vediamo dunque le pur caute, ma notevoli innovazioni nel frattempo introdotte e cerchiamone anche la tendenza e le possibilità di sviluppo ulteriore.

2. L'evoluzione della normativa contenuta nelle leggi ``promozionali''

Le normative a suo tempo previste dalle leggi promozionali sono state parte determinante delle innovazioni introdotte di recente e quindi occorre fare il punto per esteso sulle medesime e trarne degli orientamenti.

L'archetipo fu quello della legge n. 57 del 1975 per la Marina, che utilizzava innanzitutto i seguenti meccanismi (artt. 1 e 4):

1. determinazione di un tetto massimo di spesa per realizzare un programma di ammodernamento, scaglionata con importi vari nell'arco di dieci anni;

2. ``comunicazione'' del programma (dimensionato nelle risorse) al parlamento, entro sei mesi;

3. trasmissione al parlamento di una relazione annuale sullo stato di attuazione nonché su enti, società e imprese impegnati.

Con questi meccanismi si introduceva una forma di controllo parlamentare, sia pure a posteriori. Più interessanti, ora, sono i criteri degli articoli 2 e 3, con le loro previsioni procedurali:

4. il Ministero è autorizzato ad avvalersi della ``trattativa privata'' verso enti, società e imprese ``che abbiano particolare competenza ed idonei mezzi tecnici e siano di assoluta fiducia'';

5. l'ente, società od impresa che ottiene l'appalto ha facoltà di avvalersi d'imprese specializzate ``per la produzione, fornitura o montaggio di apparecchiature di particolare natura'', cioè può fungere da capocommessa anche di contratti ``chiavi in mano'', sia pure mediante la stipulazione di appositi contratti da sottoporre al preventivo visto del Ministero della difesa;

6. per i progetti e per i contratti si applicano le norme di cui all'art. 2 della legge n. 825 del 1973 sugli aeroporti e cioè:

- fino a 300 milioni di importo, qualunque sia il modo di aggiudicazione, cioè anche a trattativa privata, i progetti e i contratti sono approvati dalla competente amministrazione, senza obbligo dei pareri richiesti dalle norme vigenti;

- sopra i 300 milioni di importo, in sostituzione dei pareri richiesti, è prescritto quello di un apposito comitato, ridisegnato ad hoc per la legge promozionale della Marina;

7. durante l'esecuzione, l'amministrazione ha facoltà di aggiornare e variare le prescrizioni tecniche e tempi di esecuzione dei contratti con un verbale sottoscritto dalle parti con le forme dell'art. 119 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 (il quale prevede peraltro che ``Variazioni od aggiunte non possono mandarsi ad effetto, se non quando siano autorizzate dall'autorità competente ad approvare il contratto'') mentre in caso di aumento delle spese occorre la stipula di un atto aggiuntivo.

Abbiamo già visto che il punto 4 non sempre è stato utilizzato con una piena assunzione di responsabilità, come nel caso dei cacciamine.

Inoltre la previsione del punto 5 non è stata mai spinta a fondo, tanto da riconoscere esplicitamente una ``ditta capocommessa'' di un contratto ``chiavi in mano''.

Circa il punto 6 abbiamo visto accettare un massimo di 300 milioni, già svalutati nel 1975 e successivamente non più rivalutati, forse per la fiducia riposta nella capacità di lavoro del ``Comitatone'', che - stando alla lettera - tagliava fuori, come è accaduto, anche il Consiglio superiore delle forze armate; la legge sugli aeroporti, infatti, aveva in mente una specificità diversa da quella dei programmi militari e, per ridurre i tempi richiesti dalla Corte dei conti e dal Consiglio di stato, produceva senza volerlo un mutamento - addirittura - nell'ordinamento delle forze armate, perché affievoliva le funzioni del Consiglio superiore. Sarebbe stato necessario, infatti, distinguere tra ``programmi'' da sottoporre al Consiglio superiore, e progetti e contratti attuativi dei programmi, da incanalare per la scorciatoia - testé escogitata - del confronto contemporaneo di tutti gli interessati: riuniti al medesimo tavolo da un contatto diretto e non da una interminabile catena epistolare.

Altrettanto equivoco era il punto 7 perché lasciava nel vago il tema dei pareri preventivi che l'autorità che faceva il contratto doveva raccogliere sulle varianti legittimate con verbale o introdotte con atto aggiuntivo e che, per la indeterminatezza di progetti e per la latitudine delle varianti, potevano determinare meccanismi di grande modificazione dell'oggetto contrattuale originario e dei costi relativi.

E' da notare, infine, che la legge promozionale per la Marina rinunciò a richiamare anche altri utili disposizioni previste dalla legge sugli aeroporti, come ad esempio le due seguenti:

a. l'art. 5 prevedeva che, sentito il comitato, anche in deroga alle vigenti norme, si potesse ``affidare la progettazione e la direzione dei lavori alle società concessionarie e a liberi professionisti''. Si è quindi rinunciato a sperimentare un minor grado di commistione tra Navalcostarmi e organi periferici di controllo, da una parte, e ``servizi industriali'' delle ditte appaltatrici, dall'altra, attraverso gli uffici di progettazione e direttori dei lavori costituiti ad hoc per ogni programma ed anche con forze esterne all'apparato militare: limitazione che - imitata nelle leggi relative alle forze armate, anche se queste erano prive di una tradizione progettistica e di corpi tecnici comparabili a quelli della Marina - ha poi creato difficoltà enormi, in specie all'Esercito;

b. l'art. 7, che stabiliva: ``Per gli atti inerenti all'esecuzione delle opere e delle forniture di cui ai precedenti articoli, il controllo di legittimità è esercitato in via successiva'', è stato stranamente ignorato.

E' anche noto tuttavia che facilitazioni come queste, aggiunte alle precedenti, non hanno salvato il piano della legge sugli aeroporti da enormi ritardi, dovuti non soltanto alla necessità di rifinanziare il programma (legge n. 493 del 1975 e n. 299 del 1979). Nel successivo dibattito sulla legge per la riforma del controllo del traffico aereo, le decisioni assunte sui compiti dell'apposita azienda misero in luce le esigenze ``ordinative'', e non tanto quelle procedurali, necessarie per risolvere i problemi. Nell'art. 2 della legge n. 299 del 1979, tuttavia, si precisò che l'intero arco delle facilitazioni procedurali previste dalla legge n. 825 del 1973 per i programmi straordinari negli aeroporti con essa finanziati, erano estesi per circa due anni e mezzo anche agli altri programmi, finanziati con fondi ordinari del Ministero dei trasporti e di quello della difesa, per gli aeroporti e per l'assistenza al volo.

Si accennava cioè - a tempo - alla trasformazione di norme per i programmi straordinari in norme permanenti ed estese a quelli ordinari: strada poi decisamente seguita, sappiamo e vedremo, per le leggi promozionali.

Fin qui, dunque, il modello della ``legge navale'', non completamente esemplato su quello della legge per gli aeroporti.

La successiva legge n. 38 del 1977 per l'Aeronautica fu ricalcata sulla precedente, ma con alcuni arricchimenti ulteriori:

a. al punto primo - determinazione di un tetto massimo di spesa per dieci anni - venne aggiunto un meccanismo di rivalutazione annuale con legge di bilancio (art. 2, terzo comma) e venne altresì autorizzato il ministro ad assumere impegni pluriennali secondo le previsioni dell'articolo 49 del regio decreto n. 2440 del 1923 per le spese straordinarie come quelle finanziate con apposita legge. Tuttavia la nuova impostazione metteva il programma da realizzare davanti alla determinazione di un tetto di spesa, anche se il programma era genericamente indicato e quindi era di poco più vincolante di quanto già previsto al punto secondo della legge navale;

b. al punto terzo era aggiunto il vincolo che la relazione annuale per il parlamento si occupasse di riportare anche ``pareri e controlli'' sui progetti e sui contratti, in aggiunta alla sola descrizione dello stato del programma;

c. il punto quarto (sulla trattativa privata) era ignorato e non si sa bene per quale motivo, vista la rilevanza di tali disposizioni, mentre il punto sesto (la costituzione dell'apposito comitato sulla base del modello ``Marina'') conteneva una deroga importantissima rispetto a quanto la legge navale aveva mutuato da quella sugli aeroporti: infatti, per l'amministrazione Aeronautica, il parere non era più ``conforme'', ma soltanto ``obbligatorio ma non vincolante''.

E veniamo ora alla legge n. 372 del 1977 per l'Esercito. Essa ovviamente tendeva a copiare quella dell'Aeronautica nella parte relativa alla determinazione dell'assegnazione di fondi per programmi da realizzare in dieci anni, con un meccanismo di rivalutazione annuale con legge di bilancio, tuttavia legata, non soltanto ``allo stato di attuazione dei singoli programmi'', ma anche ad ``esigenze di indirizzi di programmazione militare interforze''; dizione equivoca, ma che determinava la possibilità di rifinanziamento e per svalutazione e per varianti relative ai vecchi programmi da determinarsi nel tempo in quanto sostitutivi o aggiuntivi.

Al punto relativo ai controlli parlamentari era aggiunto (art. 3, ultimo comma) l'obbligo di inviare al parlamento copia dei verbali del Comitato, prima della esecutività o stipula dei contratti autorizzati.

Per il resto, nulla era variato rispetto alle altre deroghe aggiuntive già ottenute dall'Aeronautica sulla Marina.

In generale, dunque, si può notare un progressivo svincolamento dalle norme originarie, relativo soprattutto ai limiti di spesa e alla natura dei pareri espressi dal Comitato per i programmi di forza armata, in cambio di un poco più di informazione parlamentare: una sorta di "do ut des" che aveva una sua logica accettabile, anche se, come abbiamo denunciato in una quantità di occasioni, ha potuto condurre molto lontano dalle assegnazioni di spesa originarie.

E' inoltre da segnalare una disparità di normative per ognuna delle tre forze armate oltre che, ovviamente, tra programmi straordinari e programmi ordinari di ciascuna.

Resta infine da segnalare il caso della legge n. 497 del 1978 sugli alloggi di servizio per il personale militare. Pur venendo dopo le leggi ``Aeronautica'' ed ``Esercito'', essa ritornò di fatto al modello ``Marina'', per l'assenza di previsioni di indicizzazione degli oneri. Per l'accelerazione delle procedure essa venne munita anche del solito comitato (art. 23), ma gli obblighi di informazione parlamentare vennero ridotti alla sola relazione annuale. Soltanto con la legge n. 47 del 1981 (cioè la legge di bilancio) è stata successivamente imposta la consegna dei verbali secondo il modello seguito per l'Esercito (art. 3). Si è cercato quindi di omogeneizzare qualche aspetto dei quattro provvedimenti qui citati, anche se i tentativi maggiori sono stati fatti con le leggi di bilancio.

3. L'evoluzione della normativa delle leggi promozionali, attraverso le leggi di bilancio

L'ampia descrizione contenuta nel paragrafo precedente rende più agevole indicare la natura e i limiti delle evoluzioni successive, ricercate attraverso le leggi di bilancio.

Per l'esercizio 1980 il governo propose un accorpamento dei capitoli di spesa per l'ammodernamento delle forze armate, unificando le disponibilità straordinarie (create con le leggi promozionali e modulate dalla legge finanziaria), con quelle ordinarie (stabilite con la tabella 12, in forza della possibilità data all'amministrazione di dotarsi del necessario per il funzionamento dei propri uffici, giusti i regi decreti n. 1628 del 1926 e 443 del 1927 e in forza delle previsioni di ``rivalutazione'' stabilite con le leggi per l'Aeronautica e l'Esercito).

Il compattamento permetteva di introdurre l'indicizzazione dei fondi per la Marina ``in rapporto alle esigenze''.

Tale indicazione di possibilità, perfettamente intesa dalle minoranze, determinò alla Camera un patteggiamento in fatto di controllo parlamentare, al fine di prevedere l'estensione delle procedure consentite dai comitati delle tre leggi promozionali a tutte le spese dei tre nuovi capitoli per l'ammodernamento (4011, 4031 e 4051): da una parte si sarebbero sveltiti i tempi e, dall'altra, il parlamento avrebbe finalmente saputo qualcosa anche sui programmi di bilancio ordinario.

La Corte dei conti, quando poi criticò la manovra, indicando tali capitoli come coacervi incontrollabili di rate di spesa per programmi incontrollati, colse nel segno, ma non vide due sviluppi interni all'azione dell'amministrazione ed a quella del parlamento:

a. l'amministrazione dovette ripensare i rapporti ``Comitati-Consiglio superiore'' creati dalle nuove disposizioni, giungendo ad una sistemazione interna che salvaguarda il Consiglio;

b. il parlamento finalmente poté intravvedere la realtà dei programmi di bilancio ordinario che la Corte, da parte sua, non gli aveva mai indicato con le proprie relazioni.

D'altra parte, l'anno successivo, cioè con la legge di bilancio per il 1981, il sistema ispirato alla ricerca dell'unificazione procedurale tra i due tipi di programmi (straordinari e ordinari che fossero nel finanziamento) perfezionò con l'introduzione di una maggiore uniformità dei gradi di controllo parlamentare, attraverso l'estensione degli obblighi più penetranti già imposti all'Esercito (art. 70, che oggi corrisponde al 14).

Oltre a ciò venne stabilito che il ``Comitato Esercito'' si occupasse dell'ammodernamento dei Carabinieri e che il comitato degli alloggi di servizio si occupasse dell'ammodernamento di tutte le infrastrutture edilizie delle tre forze armate.

Infine venne aggiunto che i quattro comitati ``esercitano i loro poteri anche sulle revisioni dei contratti già autorizzati''.

L'art. 70 della legge di bilancio per il 1981 è rimasto dunque come una pietra miliare di unificazione e di estensione delle nuove procedure ed è stato ripetuto integralmente nel 1982 e nel 1983 e in tutti gli anni seguenti, senza ulteriori modifiche migliorative, anche a causa dei deterioramenti dei rapporti parlamentari che è derivato da pratiche ostruzionistiche indiscriminate.

Sia pure a posteriori, dunque, il controllo parlamentare sull'ammodernamento della Difesa può dirsi assicurato. Di qui è partita la battaglia per ottenere il controllo preventivo.

4. Ulteriori sviluppi della evoluzione normativa per gli approvvigionamenti della Difesa

Possiamo ora svolgere qualche considerazione sui testi legislativi tuttora in elaborazione presso il Senato o presso la Camera e che danno il senso dell'attenzione dei parlamentari verso i problemi di evoluzione normativa e della necessità di ulteriore innovazione fin qui delineati.

Nella linea evolutiva delle leggi promozionali si collocano per esempio le previsioni procedurali della legge: ``Programmi di ricerca e sviluppo - AM-X, EH-101, CATRIN - in materia di costruzioni aeronautiche e di telecomunicazioni''.

Al di là dei giudizi sul contenuto dei programmi, la presentazione di questi all'autorizzazione parlamentare Sotto forma di atto legislativo sanò il precedente ricorso all'attuazione con soli atti amministrativi, nell'ambito del cosiddetto bilancio ordinario. Ciò costituì di per sé un successo parlamentare perché permise di affermare, sia pure formalmente, il diritto ad intervenire prima della fase di approvvigionamento, legando le determinazioni sullo sviluppo a quelle successive sulla produzione. Comunque se è vero che la decisione sulla produzione è monca e obbligata se non, si è determinato il contenuto della fase di sviluppo, è anche evidente che è problematico determinare una fase di sviluppo che prescinda temporaneamente da ogni riferimento ad una successiva fase di produzione.

Oggi, il governo non presenta un disegno di legge per la fase di produzione, che pure è iniziata. La struttura della legge in questione somiglia a quella della legge originaria per la Marina, senza indicizzazioni, ma integrata dalle norme di controllo parlamentare per l'Esercito.

Due sono invece le novità:

1. i comitati delle leggi promozionali, incaricati di valutare i contratti per questi programmi, sono integrati da altri soggetti: un rappresentante del Ministero della ricerca scientifica, un avvocato dello stato e - un personaggio prima paradossalmente ``sconosciuto'' ai comitati - il segretario generale del Ministero della difesa, direttore nazionale degli armamenti (art. 2, terzo comma), così chiamato nonostante non esista in proposito un atto legislativo. Quest'ultima presenza è un fatto rilevante, dato il cordone ombelicale ancora esistente tra direzioni generali e stati maggiori e l'aleatorietà, quindi, del coordinamento del segretario generale della Difesa entro la sede dell'area tecnico-amministrativa; ovviamente il governo, su istigazione degli stati maggiori di forza armata, ne ha dato la interpretazione ristretta che i comitati siano integrati così soltanto per quei tre programmi;

2. il secondo comma dell'art. 2, su proposta parlamentare, introdusse per la prima volta un'ipotesi di applicazione delle norme contrattuali e di pagamento proprie dei lavori pubblici e, purché più favorevoli agli scopi dell'amministrazione, anche per lavorazioni tipicamente industriali e alle quali si sarebbe dovuto applicare esclusivamente la normativa di fornitura di oggetti e non di servizi, senza quindi - per esempio i meccanismi fondamentali e i poteri-doveri della direzione dei lavori, i meccanismi di pagamento a stati di avanzamento lavori, e via dicendo. Ci sembra che non ne sia stato fatto nulla.

Ci si trova dunque di fronte ad anticipazioni, sia pure prudenti e circoscritte, di innovazioni ordinative (il direttore degli armamenti) e ordinativo-procedurali (il riconoscimento di una natura d'acquisto di servizi industriali, entro il rapporto difesa-industria), le quali muovono decisamente verso indirizzi più volte auspicati nel corso delle udienze della Commissione d'inchiesta e che il Ministero non vuole accettare.

Presso la Commissione difesa della Camera, ancora in sede legislativa, nella VIII legislatura giunse a conclusione l'iter del disegno di legge n. 2941-Camera: ``Modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1965, n. 1478, concernente la riorganizzazione degli Uffici centrali del Ministero della difesa'', già approvato dal Senato il 9 novembre 1981. Il testo introduceva semplificazioni ordinative nell'ambito delle direzioni generali e delle competenze di queste: la direzione della motorizzazione e combustibili che si occupa di carburanti, di combustibili e di lubrificanti, doveva scomparire, ogni forza armata e il commissariato avrebbe acquistato in proprio questi prodotti; la direzione degli armamenti terrestri si sarebbe occupata anche dei mezzi del genio e avrebbe assorbito le funzioni relative ai mezzi di trasporto ruotati e cingolati già svolte dalla disciolta direzione della motorizzazione e combustibili.

Tuttavia a tale schema, accettato all'unanimità, venne aggiunto per iniziativa parlamentare un art. 8-bis che conteneva ulteriori innovazioni. Esso venne votato all'unanimità in linea di principio dalla Commissione in sede legislativa e inviato per i pareri alle Commissioni affari costituzionali e bilancio, che si sono espresse a favore. Restava dunque soltanto l'adempimento del voto definitivo e quindi il ritorno al Senato. Poi sopraggiunse la fine anticipata della VIII legislatura e tutto naufragò.

Il testo era il seguente:

Primo comma - ``Per le commesse di armi e mezzi ad uso militare e per gli approvvigionamenti per la Difesa, le Direzioni generali tecniche sono autorizzate, con decreto del Ministero della difesa, ad applicare norme di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni, anche per ciò che concerne le lavorazioni e gli approvvigionamenti industriali, nonché per i relativi servizi e prestazioni di manutenzione, di ricerca e di sviluppo, purché le attività si svolgano sul territorio nazionale o facciano capo a consorzi internazionali costituiti per le esigenze della Difesa e la scelta di queste procedure sia giudicata vantaggiosa per l'amministrazione''.

Si riproponeva dunque in modo più articolato l'applicazione della normativa sui lavori pubblici, già introdotta con emendamento parlamentare nel disegno di legge sull'AM-X.

Secondo e terzo comma - ``Le Direzioni generali tecniche svolgono l'attività contrattuale relativa al rinnovamento e all'ammodernamento dei mezzi e dei beni della Difesa, sulla base di programmi approvati con legge e sui quali il Ministro della difesa abbia acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari''.

``L'attività contrattuale relativa alla manutenzione (ordinaria e straordinaria) ed al reintegro dei mezzi e dei beni della Difesa deve essere comunicata alle competenti Commissioni parlamentari, secondo programmi annuali di massima, in relazione alle quote da impegnare sugli appositi capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa''.

Si formularono qui per la prima volta fondamentali principi di controllo parlamentare sugli approvvigionamenti dei beni e servizi della Difesa, in coerenza coi principi fin qui affermati.

Quarto comma - ``Le normative di cui all'art. 70 della legge 23 aprile 1981, n. 164, si applicano anche agli esercizi finanziari successivi al 1981''.

Si voleva rendere permanente la normativa, già illustrata, prevista all'art. 70 della legge di bilancio 1981, e ciò per le obiezioni sollevate dalla Corte dei conti.

Quinto comma - ``Il Segretario generale della Difesa, quale Direttore nazionale degli armamenti, nel quadro dei compiti assegnatigli ha la responsabilità di:

- coordinare e controllare le attività di competenza delle Direzioni generali nel campo degli approvvigionamenti;

- seguire l'attuazione dei programmi impostati dagli Stati Maggiori, con particolare riguardo a quelli che prevedono spese all'estero, compensazioni industriali e partecipazioni nazionali, valutandone riflessi di ordine finanziario, tecnico e sociale;

- individuare le azioni correttive e le eventuali modifiche delle priorità nella realizzazione dei suddetti programmi, da proporre nelle sedi competenti''.

Si volle istituire, con legge, la carica di direttore nazionale degli armamenti, oggi non legittimamente del tutto individuata con un decreto ministeriale di evidente precarietà formale.

Sesto comma - ``Le norme contenute nell'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, sono applicabili agli ufficiali generali ed ai colonnelli delle Forze armate e degli altri Corpi armati dello Stato, titolari di organismi militari previsti di autonomia amministrativa, limitatamente al periodo in cui ricoprono tale carica''.

Ciò sistemava le incertezze di interpretazione delle leggi sull'attribuzione delle funzioni dirigenziali di chi è proposto ad organismi decentrati delle forze armate e provvisti di autonomia amministrativa. I benefici della legge sulla dirigenza avrebbero potuto così estendersi anche in periferia.

Si trattava dunque di un ``pacchetto'' di decisioni estremamente rilevanti, ma anche del tutto mature alla luce dell'esperienza svolta dalla nostra Commissione.

Venne infine discusso alla Camera il disegno di legge n. 2268: ``Competenza ed emanare norme nella materia di cui al regolamento per i lavori del Genio militare, approvato con regio decreto 17 marzo 1932, n. 365''.

Finita la discussione generale in Commissione, emerse l'esigenza, avanzata anche nel parere della Commissione Affari costituzionali, di prendere di petto e in generale la questione posta invece in modo limitato dal disegno di legge.

Il ministro chiedeva di poter aggiornare i limiti di somma del regolamento, ma perché allora:

- non affermare la revisione di tutti i regolamenti delle direzioni generali e non soltanto del Genio;

- non affermare la revisione anche degli strumenti normativi impiegati dalle direzioni: cioè i capitoli d'oneri generali e speciali?

Venne suggerito dal Partito comunista un emendamento interamente sostitutivo per affermare queste competenze di revisione in capo al Consiglio dei ministri, per determinare le forme di acquisizione dei pareri parlamentari e di consultazione delle associazioni industriali in materia, nonché per indicare una serie di principi cui adeguare le norme: i tassi d'inflazione verificati dall'Istat annualmente, per i limiti di somma; le innovazioni e semplificazioni delle norme procedurali già ottenute dalla Difesa o di quelle generali e di altri settori pubblici, per deroghe o sveltimenti delle attività contrattuali; la specificità del rapporto difesa-industria, a seconda dei vari tipi di approvvigionamenti e le ``esigenze Mil'', ma da applicare a ragion veduta a seconda delle nuove normative di tutela del segreto.

Insomma: anche in questo caso si porse un'occasione legislativa immediata per sviluppi di grande portata, ma che finirono nelle elezioni anticipate.

5. Ulteriori sviluppi evidenti in altri settori della pubblica amministrazione o nel complesso di questa

Altrettanto interessanti per noi sono inoltre altre normative procedurali, ottenute nel passato recente, da altre amministrazioni, o in generale o per specifiche attività. Ricordiamo qui l'esigenza di far costruire in proposito agli uffici studi della Camera e del Senato uno stralcio delle innovazioni relative al processo decisionale, alla scelta del contraente e alle procedure contrattuali nei settori seguenti:

- azienda per l'assistenza al volo;

- forniture agli uffici giudiziari;

- costruzione di immobili di pertinenza del Ministero della giustizia;

- programmi di ammodernamento dei mezzi delle forze di polizia;

- piano decennale per la grande viabilità e le autostrade;

- ferrovie dello stato;

- costruzioni navali del Ministero della marina mercantile;

- potenziamento dei servizi dei vigili del fuoco;

- aziende del Ministero delle poste;

- legislazione per l'emergenza in caso di calamità e disastri.

Anche da questa esperienza legislativa può uscire infatti un migliore dimensionamento dell'insieme delle proposte che dovrebbero consentire ulteriori passi in avanti rispetto alle acquisizioni già descritte nei precedenti paragrafi, che hanno cercato di illustrare in retrospettive e in prospettiva l'attività delle nostre Commissioni parlamentari ordinarie nella materia studiata dalla Commissione di inchiesta, prima che questa concludesse i propri lavori.

Ma veniamo alla IX legislatura, cominciando dalla fine. Alla data odierna (primavera '86), la Camera ha approvato un disegno di legge governativo sulle procedure contrattuali delle amministrazioni dello stato in materia di ricerca e sviluppo, ed anche acquisti, di ``prodotti di alta tecnologia''. Originariamente il testo del disegno era stato pubblicato nella relazione della Commissione di inchiesta sulle forniture militari, come oggetto dei desideri del segretario della Difesa, ma sul quale sembrava impossibile avere il concerto dei ministri. Successivamente, il testo venne presentato come proposta di legge entro l'atto Camera 1197 della IX legislatura ``Provvedimenti per l'area tecnico amministrativa della Difesa'' (Alberini, Cerquetti, Di Re, Zamberletti) Si trattava di una proposta di legge imposta da me ai colleghi del Partito socialista, del Partito repubblicano e della Democrazia cristiana, quale contropartita della concessione della sede legislativa in Commissione alla legge per lo AM-X, EH-101, CATR

IN. Il testo, votato all'unanimità, conteneva tutto quanto di urgente era stato giudicato necessario dalla Commissione di inchiesta e, nella seconda parte, riproduceva integralmente la seconda parte dell'atto Camera 2941 della VIII legislatura che dianzi è stato ampliamente commentato e tutto quanto riferito nel capitolo precedente.

Al Senato, la ``proposta Alberini'' è stata affossata temporaneamente a causa delle gelosie, fatte valere nella Commissione affari costituzionali, dagli altri Ministeri. Ciò è comunque servito a far raggiungere il concerto dei ministri sopra un disegno identico al titolo primo della ``legge Alberini'' e che ora, come s'è detto, arriva al Senato per la dirittura finale. Ciò dovrà sbloccare il resto della proposta e quindi mettere le Commissioni difesa in grado di esprimersi su tutti i programmi della Difesa, allineando così il nostro paese a quelli più evoluti dell'area della Nato. D'altra parte, nel corso della IX legislatura, l'informazione parlamentare è cresciuta per due ragioni:

- il ministro Spadolini ha accettato la proposta comunista di produrre un ``libro bianco della Difesa'' con cadenza triennale. Lo stesso ministro, inoltre, di suo ha ritenuto di produrre una nota aggiuntiva annuale al "Libro bianco", in occasione della discussione del bilancio;

- il parlamento è entrato formalmente nella compagine della Assemblea atlantica, l'organo parlamentare consultivo della Nato; di qui si è aperto un canale fondamentale di informazione tempestiva su tutto ciò che ``bolle in pentola'' nella programmazione militare dell'Alleanza, occasione che non risultava invece tanto efficace attraverso la partecipazione alla Assemblea Ueo, in quanto ridotta all'ambito dell'Europa dei sei.

Sempre nella IX legislatura, infine, un piccolo passo nella direzione della informazione parlamentare è stato compiuto anche con una piccola legge che ha ristrutturato il contenuto della Gazzetta Ufficiale: ivi è infatti stabilito che venga pubblicato il testo anche degli accordi internazionali stipulati in forma semplificata e che, nel passato, divenivano di fatto segreti. Rispetto alle proposte della Commissione Bozzi, relativo all'art. 80 della Costituzione, si tratta di poca cosa, ma è purtuttavia significativa.

Insomma: concludiamo dicendo che tutto quanto è stato conquistato finora risale ad evoluzioni concernenti le tre leggi promozionali: il processo potrebbe dirsi completato solo il giorno in cui venissero approvati definitivamente la ``legge Alberini'' ed il testo sul controllo del commercio di armi, oggi in lavorazione alla Camera, il quale si muove nell'ottica precedente in fatto di controllo parlamentare.

Una prospettiva nuova, invece, potrebbe essere aperta dagli sviluppi inerenti la ridefinizione del processo decisionale in materia di Difesa, contenuto in una proposta del Partito comunista (Cerquetti ed altri: ``Norme sulla organizzazione, preparazione e impiego delle forze armate'') ed in un disegno di legge Spadolini sul vertice della Difesa. Purtroppo vi è difficoltà a procedere sulla strada nuova, mentre non risulta ancora concluso il processo precedente.

 
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