Proposta di legge costituzionale d'iniziativa del deputato Marcello Crivellini, presentata il 16 ottobre 1986.SOMMARIO: Il deputato radicale Marcello Crivellini propone la modifica dell'articolo 81 della costituzione per impedire l'aumento del debito pubblico. Si prevede che il bilancio dello Stato sia di norma in pareggio e che, in caso di ricorso al mercato finanziario, sia necessaria una maggioranza assoluta per approvarlo. La proposta stabilisce infine un vincolo quantitativo e cioè che in ogni caso il ricorso al mercato non possa superare un decimo delle entrate finali.
(CAMERA DEI DEPUTATI - IX LEGISLATURA - DOCUMENTO N. 4075)
ONOREVOLI COLLEGHI ! -- La dimensione del debito pubblico, il costo e i vincoli che esso pone alla politica economica e finanziaria dello Stato e del paese costituiscono ormai uno dei problemi più gravi, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello istituzionale.
Se il Costituente aveva pensato di garantirsi da tale pericolo formulando ed approvando l'articolo 81, governi e forze politiche, soprattutto negli ultimi anni, si sono preoccupati esattamente del contrario. Mediante interpretazioni, violazioni e soprattutto prassi, gli operatori nella politica hanno agito per dilatare la spesa, incuranti dei deficit ricorrenti e del debito crescente. Le forze politiche nel loro complesso hanno finito per modellare la propria organizzazione e la ricerca del consenso sull'espansione della spesa pubblica ed in definitiva sul debito pubblico.
Senza dilungarsi su tale fenomeno basterà citare uno scritto del 1886 dell'economista Vilfredo Pareto che bene può interpretare molti comportamenti, specie degli ultimi anni:
»Supponiamo che in un paese di trenta milioni di abitanti venga proposto, con un pretesto qualsiasi, di far versare a ciascun cittadino un franco all'anno e di distribuire la somma totale a trenta persone. Ciascun contribuente rinuncerà ad un franco l'anno: ciascun beneficiario riceverà un milione di franchi all'anno.
I due gruppi differiranno enormemente nella loro reazione alla situazione.
Coloro che sperano di guadagnare un milione all anno non avranno tregua né notte ne giorno. Essi vinceranno i giornali alla loro causa con allettamenti finanziari e raccoglieranno appoggi in tutti i settori. Una mano discreta ungerà le mani dei legislatori bisognosi, ed anche di ministri...
Dall'altra parte, gli sfruttati sono meno attivi. E' necessario molto danaro per lanciare una campagna elettorale. Ci sono insuperabili difficoltà materiali che ostacolano l'organizzazione della richiesta ad ogni cittadino di contribuire con pochi centesimi. Si deve chiedere a poche persone di dare contributi cospicui. Ma allora per tali persone c'è la probabilità che il loro contributo individuale alla campagna contro lo sfruttamento superi la somma totale che possono perdere a causa del provvedimento in questione.
Quando arriva il giorno delle elezioni, si va incontro a difficoltà simili. Quelli che sperano di guadagnare un milione a testa hanno agenti ovunque che calano a frotte sull'elettorato, suggerendo agli elettori che il patriottismo serio ed illuminato milita a favore del successo della loro modesta proposta. Andranno oltre se ce ne sarà bisogno, e sono ben disposti a spendere danaro per ottenere i voti necessari per eleggere candidati favorevoli ai loro interessi. D'altra parte l'individuo che è minacciato dalla perdita di un franco all'anno, anche se è pienamente conscio della posta in gioco, non rinuncia per una cosa così piccola ad un picnic in campagna e non litigherà con amici utili, né si metterà contro il sindaco o il prefetto ! In queste circostanze l'esito è fuori di dubbio: gli sfruttatori avranno una vittoria schiacciante .
Le parole di Pareto sono state tradotte, nel nostro paese, in cifre che non hanno uguali al mondo, ponendo l'Italia in una posizione a sé rispetto a qualsiasi altro paese industrializzato.
Non solo le forze politiche hanno » contrattato   finanziamenti, agevolazioni (ed a volte privilegi) con gruppi grandi e piccoli in cambio di consenso elettorale, ma, per evitare di far pagare nell'immediato il conto ad altre categorie di cittadini, hanno scaricato i costi al futuro, creando un indebitamento sempre crescente.
La tabella I riporta le stime OCSE per il 1985 e il 1986 del valore del debito pubblico netto in percentuale sul PIL, per i paesi più industrializzati dell'occidente.
TABELLA 1.
Debito pubblico.
(Per cento sul PIL)
------------------------------------
     Paese   1985   1955
------------------------------------
USA                      29,3   31,4
Giappone                 27,6   27,5
Germania                 23,3   23,2
Francia                  17,3   19,3
Gran Bretagna            49,9   51,2
Canada                   36,8   40,9
------------------------------------
I dati e le stime più recenti sul debito pubblico, forniti dalla Banca d'Italia, indicano invece per il nostro paese i seguenti valori: 99,6 per cento ( 1985), 103,7 per cento (1986).
La differenza con gli altri paesi industrializzati è evidente e certifica il » primato   italiano in questo settore.
In valori assoluti, la situazione italiana è illustrata in Tabella 2, ove è riportata la consistenza del debito pubblico, in miliardi correnti, a partire dal 1965, anno in cui è entrata in vigore la legge di riforma del bilancio.
TABELLA 2.
Debito pubblico.
(in milioni correnti)
-------------------------------------------
                            Consistenza del
        Anno                debito pubblico
                                  (1)
-------------------------------------------
1965                            14.630
1966                            16.992
1967                            18.639
1968                            21.385
1969                            23.992
1970                            27.786
1971                            34 185
1972                            42.809
1973                            52.483
1974                            63.848
1975                            82 996
1976                           101.651
1977                           123.685
1978                           157.466
1979                           189 439
1980                            226.798
1981                           281.178
1982                           359.157
1983                           453 439
1984                       (2) 560.200
1985                       (2) 681.703
1986                         (3) 769.620
-------------------------------------------
(1) Da l'»Indebitamento pubblico in Italia   1984   Camera dei deputati.
(2) Relazione del Governatore della Banca d'Italia   Maggio 1986.
(3) Stima Banca d'Italia   Ottobre 1986.
-------------------------------------------
La Tabella 3 riporta, invece, il »peso  del debito pubblico sul solo Bilancio dello Stato.
Sono indicati, anno per anno, sia il valore del servizio del debito (interessi), sia quello del rimborso del capitale.
Quest'ultimo è un dato tradizionalmente trascurato e che qui intenzionalmente è stato evidenziato perché, se è vero che solo gli interessi vanno classificati come costo, è pur vero che anche la restituzione di quote di capitale precedentemente avute in prestito crea dei vincoli economico finanziari, aumentando l'entità delle risorse finanziarie che lo Stato è costretto a reperire sul mercato.
Se infatti analizziamo il » Totale in Bilancio dello Stato   osserviamo che lo Stato, per interessi e per rimborso del capitale, è costretto ogni anno a ricercare sul mercato finanziario somme ingenti e, almeno per ora, crescenti anche in termini reali.
Se è vero cioè che solo gli interessi (ed in particolare quelli a tassi superiori all'inflazione) creano nuovi debiti reali, è pur vero che l'essersi precedentemente indebitato costringe lo Stato a cercare nuovi capitali anche per rimborsare i vecchi, inserendosi nel mercato finanziario e con ciò distraendo (anche per la parte »rimborso del capitale ) risorse da altri settori dell'economia nazionale.
Peso del debito pubblico.
(in miliardi correnti)
---------------------------------------------
           Servizio   Rimborso      Totale
Anno      del debito    del       in Bilancio
          (interessi)  capitale   dello Stato
---------------------------------------------
1965         301         250          551
1966         328         466          794
1967         349         423          772
1968         437         147          584
1969         519         696        1.215
1970         642         479        1.121
1971         746         318        1.064
1972         908         426        1.334
1973       1.131         796        1.927
1974       1.310         961        2.271
1975       1.740       1.796        3.536
1976       3.238       1.644        4.882
1977       5.650       1.173        6.823
1978       8.522       2.805       11.327
1979      12.723      12.704       25.427
1980  cp  15.584  cp  13.553   cp  29.137
      cs  15.599  cs  13.761   cs  29 360
1981  cp  21.313  cp  11.875   cp  33.188
      cs  20.560  cs  11.315   cs  33.875
1982  cp  33.334  cp  26.333   cp  59.667
      cs  34.042  cs  26.948   cs  60.390
1983  cp  43.863  cp  19.014   cp  62.877
      cs  43 891  cs  19.016   cs  62.907
1984  cp  54.216  cp  50.948   cp 105.164
      cs  54.131  cs  50.960   cs 105.091
1985  cp  66.025  cp  33.124   cp  99.149
      cs  65.479  cs  33.126   cs  98.605
1986  cp  70.991  cp  46.012   cp 117.003
      cs  71.008  cs  46.035   cs 117.043
1987  cp  71.272  cp  22.452   cp  93.694
(*)   cs  71 416  cs  22.477   cs  93.893
---------------------------------------------
(*) Valori indicati nei disegni di legge finanziaria e di bilancio presentati alla Camera il 30 settembre 1986.
---------------------------------------------
IL TEOREMA DEL DEFICIT.
Come ciò è stato possibile in Italia non solo dal punto di vista politico ma costituzionale ?
Il meccanismo a inventato o per aggirare l'articolo 81 è semplice, quasi banale: si è deciso, e soprattutto praticato, che i soldi chiesti in prestito ai cittadini tramite emissione di titoli (ricorso al mercato finanziario) fossero da considerare un'entrata alla stessa stregua, ad esempio, di quella tributaria e dunque costituzionalmente idonea a rispettare l'articolo 81.
In questo modo non c'è limite al deficit di bilancio e al debito pubblico.
Per ogni esercizio finanziario la spesa può superare l'entrata di un valore grande a piacere; è sufficiente »ricorrere al mercato finanziario  dello stesso importo, garantendo interessi sufficientemente elevati e competitivi.
E' l'enunciazione e al tempo stesso la dimostrazione di quello che definirei il Teorema del deficit: »Dato un deficit di bilancio grande a piacere, è sempre possibile aggirare l'articolo 81 della Costituzione ricorrendo di pari importo al mercato finanziario .
E' ciò che è accaduto.
E' quanto mostra la tabella 4.
TABELLA 4.
Evoluzione del ricorso al mercato.
(in miliardi correnti)
---------------------------------------------------
                                     Ricorso
           Entrate     Spese        al mercato
Anno       finali   complessive
            (A)         (B)         (B-A)   B-A
                                            --- 100
                                             A
---------------------------------------------------
1965       6.606       7.347         740    11,2
1966       7.115       8.013         897    12,6
1967       7.784       8.950       1.165    14,9
1968       8.805       8.826       1.171    13,3
1969       9.711      11.418       1.707    17,5
1970      10.923      12.825       1.901    17,4
1971      12.136      14.013       1.877    15,4
1972      13.313      16.482       3.169    23,8
1973      15.419      20.338       4.918    31,8
1974      16.980      24.661       7.680    45,2
1975      22.161      30.373       8.212    37,0
1976      26.014      38.071      12.057    46,3
1977      35.701      47.083      11.382    31,8
1978      49.833      64.443      14.609    29,3
1979      63.600     119.395      55.795    87,7
1980  cp  77.478  cp 150.248  cp  72.770    93,9
      cs  77.247  cs 151.385  cs  74.137    95,9
1981  cp 108.706  cp 189.606  cp  80.900    74,4
      cs 107.101  cs 175.669  cs  68.567    64,0
1982  cp 145.906  cp 235.366  cp  89.459    61,3
      cs 149.907  cs 234.233  cs  84.325    56,2
1983  cp 178.322  cp 273.227  cp  90.904    50,9
      cs 174.311  cs 274.867  cs 100.555    57,6
1984  cp 199.999  cp 345.896  cp 145.897    72,9
      cs 195.918  cs 349.111  cs 153.193    78,1
1985  cp 211.859  cp 390.576  cp 178.716    84,3
      cs 207.675  cs 394.540  cs 186.865    89,9
1986  cp 239.146  cp 448.780  cp 209.635    87,6
      cs 236 529  cs 459.179  cs 222.649    94.1
1987  cp 260.194  cp 428.513  cp 168.719    64,8
(*)   cs 257.131  cs 433.342  cs 176.211    68,5
------------------------------------------------
(*) Valori indicati nel disegno di legge finanziaria e di bilancio presentati alla Camera il 30 settembre 1 986 . I valori del ricorso al mercato scontano la possibilità (articolo 1, comma 2) di ulteriore emissione di Titoli per sostituire quelli in scadenza a breve termine con altri a medio e lungo termine e per l'eventuale rimborso di debiti esteri.
------------------------------------------------
In essa sono riportati a partire dal 1965 per ciascun esercizio finanziario i valori delle entrate finali, delle spese complessive e del ricorso al mercato.
Le cifre, in miliardi, sono quelle contenute nei bilanci di previsione.
Si è scelto come anno iniziale il 1965 perché prima di tale anno non esisteva una legge di bilancio ma tante leggi quanti erano i Ministeri.
Con la riforma del 1964 fu cambiata tale procedura e a partire dal 1965 si" presentò e approvò ogni anno un'unica
legge di bilancio.
Come è noto le entrate finali sono costituite dai titoli 1, II e III delle entrate (rispettivamente entrate tributarie, extratributarie, alienazione beni patrimoniali) ed escludono il Titolo IV (accensione di prestiti).
Le entrate finali costituiscono le entrate proprie dello Stato e non comprendono l'accensione di prestiti, cioè l'indebitamento.
Le spese complessive rappresentano invece il totale delle spese che per qualsiasi motivo siano iscritte a bilancio.
La differenza tra le spese e le entrate finali è il disavanzo annuale di bilancio, cioè quanto lo Stato è costretto a chiedere in prestito per equilibrare il suo bilancio.
Si è scelto di evidenziare la differenza tra spese complessive e entrate finali, pur sapendo che fra le prime sono comprese anche i rimborsi di prestiti, cioè il rimborso di quote di capitale (e non interessi) avute in prestito in anni precedenti.
Questa parte in effetti non contribuisce a creare nuovo debito ma costituisce comunque un vincolo finanziario notevole.
Il rimborso di prestiti precedenti non costituirebbe un peso, infatti, solo nell'ipotesi di trovare qualcuno disposto a prestare allo Stato una somma equivalente a tasso d'interesse reale nullo.
Nell'ultima colonna della tabella è riportato il ricorso al mercato, come valore assoluto in miliardi correnti e come percentuale rispetto al corrispondente valore delle entrate finali.
Per semplicità di lettura le cifre si fermano ai miliardi di lire e non riportano i valori inferiori (milioni e migliaia): è questo il motivo per cui in alcuni casi la cifra indicata può scostarsi di un'unità dalla somma algebrica delle prime due colonne.
A partire dall'esercizio 1980 per ogni colonna sono riportati i valori di competenza (cp) e di cassa (cs) così come introdotto dalla riforma del 1979.
Sempre a partire dal 1980 fu introdotta anche la legge finanziaria che fissa tra l'altro il livello massimo del ricorso al mercato. Esso costituisce il limite numerico comunque non superabile; il valore indicato in legge finanziaria è generalmente identico alle cifre indicate nella legge di bilancio. In alcuni casi può essere leggermente superiore.
Per ragioni di omogeneità con gli anni precedenti nella colonna »ricorso al mercato  sono stati sempre inseriti i valori riportati dalla legge di bilancio.
· La Tabella 3 mostra dunque l'evoluzione del ricorso al mercato.
Ogni anno, poiché le spese sono superiori alle entrate, lo Stato si è dovuto indebitare verso il sistema bancario ed i cittadini per la cifra indicata.
Come si può vedere, I'applicazione del Teorema del deficit, cioè l'aver innalzato il ricorso al mercato ad entrata propria, (» costituzionale  ) di pari dignità rispetto alle entrate tributarie, è stata l'invenzione, la » trovata   che ha permesso una lievitazione sempre crescente delle spese ed ha creato conseguentemente un indebitamento annuale e complessivo ai limiti dell'incontrollabilità.
Dai 740 miliardi del 1965 si è così passati ai 222.649 miliardi del 1986 !
Anche tenendo conto dell'inflazione si può calcolare, ad esempio, che il ricorso al mercato del 1986 è 33 volte quello del 1965. E per non essere costretti a confessare la consistenza reale dei deficit, si è pensato bene, negli ultimi anni, di non citare più questo dato ma di pubblicizzarne un altro: il cosiddetto fabbisogno del settore statale che è inferiore numericamente (quindi più gestibile all'esterno), di incerta (quantificazione (quindi di più difficile controllo da parte di chicchessia) e non è sottoposto a votazione parlamentare.
Se analizziamo il rapporto percentuale tra ricorso al mercato ed entrate finali (cioè » proprie   dello Stato) possiamo identificare tre periodi:
1965 1971 valore inferiore al 20 per cento;
1972 1978 valore inferiore al 50 per cento (ma superiore al 20 per cento);
1979 1987 valore superiore al 50 per cento.
Nell'ambito di quest'ultimo periodo vale la pena di osservare che negli ultimi anni (dal 1984) tale percentuale è dell'ordine del 70 80 per cento, sfiorando a volte il 100 per cento.
LA MODIFICA DELL'ARTICOLO 81 DELLA COSTITUZIONE.
Indipendentemente dal merito della spesa, su cui varie possono essere le opinioni, non v'è dubbio che il metodo, cioè il meccanismo di creazione della spesa, va rivisto profondamente.
Se si vuole che l'articolo 81 venga rispettato esso va esplicitato ed arricchito, agendo proprio sul ricorso al mercato finanziario.
Vanno inserite norme che impediscano di lasciare aperto un tale rubinetto o, quanto meno, ne regolino la portata.
In sintesi, vanno create condizioni che rendano inapplicabile il Teorema del deficit.
La presente proposta di modifica costituzionale è composta di due parti: una che agisce direttamente sull'articolo 81 e l'altra che prevede un periodo transitorio di cinque anni.
L'impostazione adottata prevede che il bilancio sia di norma in pareggio. senza ricorrere al mercato finanziario, prevede cioè che le entrate (escluso l'indebitamento) siano pari alle uscite.
Il caso di ricorso al mercato finanziario è considerato straordinario e quindi sottoposto a vincoli particolari.
Essi sono sostanzialmente due: il primo riguarda l'approvazione della legge di bilancio e di quella recante l'eventuale ricorso al mercato finanziario (attuale legge finanziaria), prevedendo per entrambe la necessità di maggioranza assoluta dei componenti i due rami del Parlamento.
Il secondo vincolo è di natura quantitativa e prevede che (salvo il caso di dichiarazione di guerra) il livello massimo del ricorso al mercato finanziario non debba superare un decimo delle entrate finali.
E' parso opportuno legare il ricorso al mercato alle entrate finali (e non ad esempio al PIL o alla spesa) per due motivi. Il primo è di omogeneità: entrambe queste grandezze sono per lo Stato delle entrate. Il secondo è che appare giusto legare e misurare la quantità di indebitamento sul mercato con la quantità delle »risorse proprie  dello Stato.
Le norme che qui s'introducono paiono preferibili a possibili vincoli di altra natura, ad esempio solo sulle spese o solo sulle entrate.
Si impedisce, è vero, di creare deficit e debiti all'infinito, ma si lasciano liberi Governo e Parlamento sulla scelta del modo di agire: sulla spesa mediante »tagli  o sulle entrate con un aumento del carico fiscale o su entrambi.
Il legame introdotto tra ricorso al mercato e entrate finali appare opportuno anche da un altro punto di vista.
Alla luce del citato ragionamento di Pareto (e dell'esperienza italiana) un legame tra quantità del ricorso al mercato e spesa, ad esempio, sarebbe deleterio.
Il rapporto con le entrate finali, invece, poiché la pressione fiscale per i meccanismi di ricerca del consenso e di controllo elettorale, caratteristici di ogni democrazia, non può essere aumentato più di tanto, garantisce che deficit e debito debbano essere per forza contenuti. Non è cioè pensabile, per quanto possano essere distorti i meccanismi di una democrazia anche » conoscitiva  , che al fine di aumentare il ricorso al mercato Governo e Parlamento aumentino più di tanto la pressione fiscale.
I benefici elettorali che le forze politiche avrebbero da un aumento del ricorso al mercato (e dunque della spesa) sarebbero di certo inferiori ai danni, in termini di consensi, provocati dai necessari aumenti delle entrate.
Per quanto riguarda l'entità del vincolo tra ricorso al mercato ed entrate finali il valore proposto (dieci per cento) può essere sottoposto a discussione come d'altronde qualsiasi scelta. Esso peraltro è stato scelto anche valutando la situazione negli altri paesi e nel tempo.
Il valore del rapporto percentuale in altri paesi europei e negli USA è mostrato in Tabella 5.
TABELLA 5.
Rapporto ricorso entrate proprie (*).
(valori percentuali)
-------------------------------------------------------------
                                     Anni
            -------------------------------------------------
Paese       1965  1970  ('61 '70)  1975  1980  ('71 '80) 1985
Danimarca    5,7    5    (  3,9)    2,9   6,2   (  1,8)   5,1
Germania     1,6    0,5  (  1,0)   13,1   6,8     (4,8)   2,5
Francia      1,8    2,3  (  1,0)    5,3   0,4   (  0,7)   6,5
G.Bretagna   6,0    6,1    (1,7)   11,5   9,3     (8,1)   7,7
Olanda       2,1    1,8    (2,0)    4,2   7,8     (1,9)  10,8
Eur 8        3,4    0,2    (1,4)   13,3   8,4     (7,3)  10,7
USA          --     1,5      --    19,1  14,4      --    29,0
-------------------------------------------------------------
(*) Valori ottenuti mediante elaborazioni di dati contenuti nella Rassegna economica annuale 1985 1986, a cura della Commissione delle Comunità.
-------------------------------------------------------------
Oltre ai valori relativi agli anni sono riportati, per i paesi europei, anche quelli relativi ai due ultimi decenni (1961 1970 e 1971 1980).
Con la dizione » Eur 8   si è inteso il dato aggregato dei paesi aderenti alla CEE nel 1965.
Ricordo che negli altri paesi europei il valore quantitativo del debito pubblico è enormemente minore di quello italiano, come è stato già visto in Tabella 1.
Le situazioni dei vari paesi non sono sempre facilmente comparabili e a maggior ragione confrontando un unico parametro. Ma è pur vero che il problema del debito e del deficit pubblici è di grande attualità proprio negli USA dove il rapporto ricorso entrate è maggiore, come mostra la tabella, che negli altri paesi. Proprio negli USA recentemente sono state introdotte norme costituzionali (note come Gramm Rudman) per diminuire automaticamente il deficit di bilancio.
In quel caso si è scelta la via di utilizzare l'Ufficio di bilancio per diminuire le spese, secondo schemi preordinati, in caso di non raggiungimento degli obiettivi di rientro dal debito.
E' un'impostazione da noi difficilmente applicabile per più di una ragione: se non altro perché non esiste il corrispondente dell'Ufficio di bilancio americano.
E' vero invece che l'unico modo per sottoporre a controllo reale deficit e debito pubblico è l'introduzione di norme costituzionali che non possono, per loro natura, essere eluse da semplici disposizioni legislative (come, ad esempio, articoli della legge finanziaria).
La Tabella S indica, dunque, che per il rapporto ricorso/entrate il valore del dieci per cento è realistico ed auspicabile per un paese che non voglia essere soffocato dal debito pubblico.
Anche dall'osservazione dei valori del parametro di Tabella 5 e dei corrispondenti valori per il nostro paese (ultima colonna di Tabella 4), emerge l'anomalia del caso Italia e la necessità di ricondurlo al più presto a valori fisiologici.
LA DISPOSIZIONE TRANSITORIA.
Rendere straordinario, nei meccanismi di approvazione parlamentare, il deficit di bilancio e legare l'eventuale ricorso al mercato ad una quota del valore delle entrate finali è l'unico modo, in un paese a democrazia parlamentare come l'Italia, per impedire il formarsi di un debito sempre crescente.
Non è però proponibile introdurre direttamente e immediatamente questo vincolo.
L'attuale situazione è stata creata in decenni ed è giusto prevedere un adeguato periodo transitorio.
Si propone pertanto l'applicazione di una disposizione transitoria.
Essa non riguarda la procedura di approvazione né il tipo di vincolo tra ricorso al mercato ed entrate finali. Riguarda invece il valore percentuale delle entrate finali che definisce il limite superiore del ricorso al mercato.
Posto che attualmente tale valore è circa del settanta per cento, appare necessario un periodo transitorio di cinque anni, affinché esso venga fatto scendere in modo lineare sino al dieci per cento.
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART 1
1. All'articolo 81 della Costituzione, dopo il quarto comma, sono aggiunti i seguenti:
»Se il pareggio di bilancio è ottenuto mediante ricorso al mercato finanziario, la legge di bilancio e quella recante l'autorizzazione al ricorso sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.
Per ciascun esercizio finanziario, sia per la competenza che per la cassa, il livello massimo del ricorso al mercato finanziario non può comunque essere superiore al dieci per cento delle entrate finali, salve le condizioni di cui all'articolo 78 .
ART 2
1. Le norme di cui al secondo capoverso del precedente articolo 1 si applicano a decorrere dal quinto esercizio finanziario successivo all'entrata in vigore della presente legge costituzionale.
2. Per i primi quattro esercizi il livello massimo del ricorso al mercato finanziario non può superare i seguenti valori percentuali delle entrate finali: settanta per cento nel primo esercizio; cinquantacinque per cento nel secondo; quaranta per cento nel terzo; venticinque per cento nel quarto.