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Pannella Marco - 19 aprile 1987
Eppure io, Marco Pannella, difendo Fanfani
di Marco Pannella

SOMMARIO: L'incarico di formare il governo è stato conferito ad Amintore Fanfani al fine di giungere allo scioglimento delle Camera per impedire lo svolgimento dei referndum sulla giustizia. Intorno a lui, invece della solita ressa di postulanti, il vuoto degli amici e la ressa degli avversari. Bisogna assumersi la responsabilità di sostenerlo: una strada che paradossalmente è stata finora imboccata solo da Democrazia Proletaria e Partito radicale.

(CORRIERE DELLA SERA, 19 aprile 1987)

Per fare il nuovo governo, Fanfani s'è trovato intorno, invece della solita ressa di postulanti, il vuoto d'amici e la ressa degli avversari. La stessa povertà politica della »pesca di ministri dovrebbe far riflettere coloro che la criticano e la scherniscono. Potrebbe anche trattarsi del sintomo di un andare controcorrente, di timori insorti in chi quell'incarico ha voluto, in mancanza di alternative, per farsene scudo e alibi nel suo disegno di scioglimento delle Camere e di evitare i referendum, di rottura del centro-sinistra per schiacciare i partiti laici, di nuovo, nel gioco Dc-Pci di spartizione comune del potere in Italia, e di riformette politico-elettorali volte a scongiurare quella grande Riforma del sistema in direzione classica, anglosassone, che altrimenti rischia di maturare in Italia.

Eppure un qualche credito di indipendenza e di rispetto per le regole basilari della vita delle istituzioni parlamentari, Fanfani l'avrebbe forse meritato. Questo nostro avversario di sempre, sul filo dei decenni, ha consumato la sua ispirazione corporativistica e liberale per acquistare un indubbio senso della legge, della tolleranza civile, dello Stato, cui dà corpo con grande dignità e autorevolezza. Già dal 9 marzo egli si era pronunciato con accenti diversi dagli altri contro ogni eventualità di anticipata fine della legislatura. Nel suo governo sono entrati anche alcuni valentuomini, che danno l'impressione di intendere davvero, démodés e ingenui come i radicali, il loro incarico come »servizio al Paese. Ma non è solo per questo ch'io annuso un qualche odore di forza e di pulizia, e credo di scorgere colori di stagioni finalmente sbocciati sul letamaio di queste settimane.

C'è anche da precisare e ricordare come tutti gli incarichi ufficiali (non parlo di quelli »materiali , più o meno segreti, che ci sono stati) hannno fin qui testimoniato a favore di chi li ha ricevuti e che per questo sono stati colpiti o battuti dal partito della crisi ad ogni costo: Andreotti, che ha tentato di governare politicamente la crisi, che altri gli chiedevano solamente di gestire elettoralmente; Scalfaro, che con nobile ed evidente sofferenza, ha restituito il suo mandato »pieno , dopo che un comunicato stampa, da lui letto sui giornali, lo aveva degradato a mandato liquidatorio; e Nilde Iotti, dalla quale ci si attendeva evidentemente quel che poi è stato assicurato da Natta, e la cui fatica è stata ricompensata pubblicamente con il cestinaggio delle sue oneste e leali proposte o indicazioni.

In tal modo, ormai, coloro che vengono dati per vincenti da un'ossessiva campagna della Rai-Tv a favore delle elezioni anticipate e contro la tenuta dei referendum, si trovano in realtà con le spalle al muro, e i giorni contati. Così devono imporre procedure sempre meno eleganti e corrette, come la convocazione delle Camere per domani, la prevaricazione contro il Congresso repubblicano, il »lancio di proposte »giuridiche come quelle dello scioglimento del Parlamento prima che intercorra un voto sulla fiducia al governo, o del rifiuto di una »sfiducia data con ipocrisia o insincerità (sembra di essere a Teheran, o alla Roma si sessanta anni fa, con le schiere di »consulenti che danno tali consigli al principe, e di giornalisti che li pubblicizzano).

Presupporre che Fanfani accetti di passare per queste forche caudine è, fino a prova del contrario, offensivo e indegno. Ed è il segno di leggerezza e di scarsa capacità per quanti sinceramente non si fossero rassegnati a perdere, a subire il "diktat" contro le Camere e i referendum, la riforma istituzionale e politica e, intanto, contro gli attuali equilibri di governo.

Occorrerebbe invece assumersi la responsabilità di sostenerlo, se questa sarà la strada che domani, fra mille difficoltà, dovesse cercare di imboccare; senza speculare sugli aspetti negativi e ignorare quelli positivi, accingendosi ad un dibattito severo ma ampio, sereno e non strozzato.

E' la strada difficile che finora, quasi paradossalmente, solo Democrazia proletaria e Partito radicale hanno imboccato con decisione, insieme per questo tratto di cammino, profondamente diversi per convinzioni e strategie.

Occorre agire più laicamente e responsabilmente; senza pregiudizi »ad hominem , odiosi e dannosi, ma giudicando le opere ed i giorni, per quel che danno, che non è mai pura ripetizione del passato. Escludiamo, dunque, che Amintore Fanfani possa voler fare, con dolo, quel che Meuccio Ruini fece, più di trent'anni fa, per vecchiaia; e sia pure da poltrone diverse.

I laici, i liberali, i socialisti, i radicali stiano attenti. Finora molti sono stati gli errori, le inadeguatezze. E c'è in questo Paese, ormai, una tal carica di violenza possibile delle istituzioni contro il »conoscere per deliberare proprio della democrazia, che non basta aver solamente buone ragioni: occorre saperle fare valere. Un lungo dibattito parlamentare è opportuno anche per questo.

Una Dc degna di De Gasperi troverà un modo laico degno di Salvemini, di Einaudi, dei Rosselli, di Turati, degli Ernesto Rossi e degli Altiero Spinelli, dei Terracini e dei Croce, per conquistare insieme, per i decenni futuri, una democrazia piena, classica, nella quale confrontarci in alternativa appassionatamente, ma degnamente.

Per questo, da domani, faremo fiducia a Fanfani, al Presidente del consiglio, per superare le scadenze più urgenti. Poi, se necessario, con un secondo governo Fanfani o un secondo governo spadolini, si potrà andare avanti serenamente fino al prossimo anno.

 
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