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Teodori Massimo - 21 luglio 1987
Il voto radicale del 14 giugno 1987
di Massimo Teodori

SOMMARIO: Analisi del voto radicale alle elezioni politiche del 14 giugno 1987, messo a confronto con il voto in precedenti consultazioni elettorali e con suddivisioni territoriali.

(Notizie Radicali n· 165 del 21 luglio 1987)

Nelle elezioni del 14 giugno 1987 il Partito radicale ottiene alla Camera dei deputati 987.675 voti pari al 2,6%. Questo risultato si colloca nella storia elettorale delle liste della rosa nel pugno, in una posizione intermedia.

La prima volta che i radicali si presentarono ad un'elezione politica nel 1976, ottennero 394.439 voti pari all'1,1%; nel 1979 ebbero 1.264.870 voti con il 3,5%, e nel 1983 809.810 voti con il 2,2%. Tra il 1983 e le attuali elezioni del 1987, alle elezioni europee il Partito radicale ottenne 1.194.935 voti pari al 3,4%.

La distribuzione del voto nelle elezioni del 1976, del 1979 e del 1983 seguiva pressoché lo stesso andamento pur se a più basso livello quantitativo nel 1976 ed a più alto livello nel 1979. esso cioè aveva le seguenti caratteristiche:

a) voto eminentemente settentrionale. Nel 1979 con il 48,2% di voti validi al Nord vi era un 54,4% di voto radicale; nel 1983 con il 47,2% di voti validi al Nord, vi era un 57,8% di voti radicali (scarto +10,6);

b) voto metropolitano-urbano. Con una maggiore accentuazione nel 1979 e una minore nel 1983, la percentuale del voto radicale era in rapporto diretto con la popolazione abitante nel comune. Tanto più grandi le città, tanto maggiore era il voto radicale. Nel 1979 con l'eccezione di Cagliari che è il primo comune, gli altri comuni con maggiori percentuali sono nell'ordine: Roma (7,0%), Milano (6,9%), Torino (6,7%). Nel 1983 nell'ordine vi sono Torino (4,6%), Roma (4,6%) e Milano (4,1%).

c) voto concentrato. Il voto è concentrato nei maggiori comuni e nelle maggiori province. Nel 1979 1/4 delle province ottiene un numero di voti pari agli altri 3/4, e nel 1983 i quattro maggiori comuni (Roma, Milano, Napoli e Torino) rappresentano oltre 1/3 (35,6%) del totale dei voti radicali, mentre i voti validi negli stessi comuni non sono che il 22,7% del totale nazionale.

d) voto di confine. In tutte le elezioni si nota una tendenza a percentuali molto più alte di quelle medie nazionali nelle città periferiche e di confine. Trieste è il primo comune nel 1976 (6,4%) ed il quinto nel 1983 (3,6%); Cagliari è il primo comune nel 1979 (7,6%) e l'ottavo nel 1983 (3,2%); Imperia è ben al di sopra delle medie nazionali (nel 1979 al settimo posto con 4,7%) secondo la sua dimensione e così Savona (4,5%), Belluno (3,9%) ed altrettanto Bolzano (3,6%) e Trento (4,8%).

Se questi sono per sommi capi gli andamenti e le distribuzioni del voto radicale fino al 1983, nelle elezioni europee del 1984 si verifica un vero e proprio rivoluzionamento.

Nelle elezioni del 1979 i radicali ottengono 1.264.870 voti (3,5%), in quelle del 1983, 809.810 voti (2,2%) e nelle elezioni europee del 1984 il Partito radicale raggiunge 1.194.935 voti (3,4%) in una percentuale pressoché uguale a quella del 1979. Ma i risultati del 1979 e quelli del 1984, pari in percentuale, sono assai diversi nelle componenti:

a) in tutto il Nord le percentuali sono nettamente inferiori a quelle del 1979 con la sola eccezione del Piemonte. Esaminando per circoscrizione facendo uguale ad un indice 100 i risultati del 1979 si osservano i seguenti indici percentuali:

Torino 112

Cuneo 119

Genova 79

Milano 83

Como 88

Brescia 100

Mantova 96

Trento 79

Verona 85

Venezia 77

Udine 89

Trieste 91

b) lo stesso accade nelle regioni rosse e nel centro dove nel 1983 vi era stata una particolare depressione di voti. Sempre facendo uguale a cento i risultati del 1979 si hanno i seguenti indici percentuali:

Bologna 79

Parma 83

Firenze 85

Pisa 84

Siena 79

Ancona 91

Perugia 90

Roma 79

c) nel meridione nel 1984 vi è ovunque un incremento rispetto al voto del 1979 con una tendenza inversa a quella del centro nord. Questa tendenza si manifesta in presenza di un sostanziale dimezzamento del voto del 1983 sul 1979. Facendo eguale a 100 l'indice del 1979 nel 1984 si hanno i seguenti valori indici:

L'Aquila 121

Campobasso 115

Napoli 105

Benevento 127

Bari 128

Lecce 116

Potenza 105

Catanzaro 136

Tanto più vi è stata contrazione nel 1983 rispetto al 1979, quanto più si ha espansione del voto nel 1984 in valori assoluti. Caso esemplare la Calabria con i seguenti valori:

1979-100

1983-42

1984-136

d) in Sicilia il fenomeno del sud si accentua in maniera parossistica. Facendo eguale a 100 i voti del 1979 si hanno i seguenti valori:

Palermo 157

Catania 196

Dalle considerazioni che precedono deriva che la composizione in termini assoluti del voto radicale tra il 1979 e il 1984 è profondamente mutata (Tabella B). Le isole danno il 4,0% di scarto rispetto al loro peso geografico; il sud scende da -9,1 di scarto del 1983 a -4,4 di scarto nel 1984 ed il nord scende da +10,6 di scarto nel 1983 a +2,8 di scarto nel 1984. Il peso anche assoluto del sud e delle isole è aumentato notevolmente passando dal 24,4% (1979) e dal 19,3% (1983) al 32,1% del totale nel 1984.

Passando ad esaminare il voto radicale nel 1987, è più difficile individuare un modello complessivo che ne caratterizzi la distribuzione e gli andamenti nel territorio nazionale.

Il voto del 1987 non si colloca né nel modello 1976-1979-1983 né nel modello Europee 1984. In una certa misura esso ha caratteristiche incrociate di entrambi i modelli. Fissiamone alcuni tratti partendo da osservazioni analitiche svolte tuttavia su base largamente empirica e senza far ricorso a procedure di analisi scientifiche. Solo con l'uso del calcolatore e sulla base di dati analitici degli oltre 8000 comuni si potrà in seguito svolgere una più approfondita indagine.

a) Confrontando il voto radicale di due elezioni politiche del 1983 (2,2%) e del 1987 (2,6%), si nota una generalizzata tendenza all'aumento in percentuale sia considerando i dati comunali che quelli provinciali. Vi sono tuttavia alcune eccezioni che in quanto tali vanno valutate:

- Milano comune rimane al 4,1%. Milano provincia rimane anch'essa statica intorno al 3,4%;

- Genova comune è quasi statica dal 3,6% al 3,7% e Genova provincia rimane al 3,4%; anche La Spezia provincia rimane ferma all'1,9%.

- Trento provincia rimane ferma al 2,9%.

Tra i pochissimi arretramenti vi sono quelli di:

- Bolzano provincia che passa dal 2,0% all'1,1%;

- Sondrio provincia che passa dal 2,3% al 2,0%;

- Bergamo provincia che passa dal 2,3% al 2,1%.

Clamoroso è poi il voto a Roma e nel Lazio.

Nella circoscrizione (Roma-Latina-Viterbo-Frosinone) vi è un arretramento radicale dal 3,6% al 3,4%.

Nella provincia di Roma l'arretramento è dal 4,2% al 3,9% mentre a Roma comune l'arretramento è dal 4,6% al 4,4%.

Una prima spiegazione di questi dati in controtendenza (o stasi o arretramento invece che avanzamento) può essere trovata per Milano, Genova, Trento, Bolzano, Sondrio e Bergamo dal particolare successo dei verdi.

Per Roma e la sua circoscrizione, trattandosi di un dato clamoroso che non può appoggiarsi su alcun fattore incidente particolare (tipo di liste, presenza radicale, televisione...) esso deve trovare una spiegazione nell'effetto fortemente negativo della candidatura di Ilona Staller.

b) Nella composizione del voto radicale per grandi aree geografiche (Tabella B) si notano le seguenti tendenze: a) il Nord rappresenta il 55,0% dell'intero voto radicale rispetto al 46,0% del totale dei voti validi e quindi il peso del settentrione è preponderante come nel 1983, più del 1979 e contrariamente al 1984; b) il Centro ha un peso quasi pari al valore complessivo del voto mentre il Sud torna a valori bassi con il 15,0% del voto radicale rispetto al 21,0% del totale dei voti validi (scarto -6,0) come nel 1979; c) le Isole si adeguano alla media nazionale ponendosi esattamente ad un valore intermedio tra il 1984 e il 1983. In conclusione il voto torna ad essere caratterizzato dalla settentrionalizzazione e dalle Isole.

c) Diminuisce complessivamente il valore del voto metropolitano (Tabella C). Le quattro maggiori province (Roma, Milano, Napoli e Torino) che nel 1983 rappresentavano il 35,6% del totale del voto nazionale e nelle elezioni del 1979 ancora di più, nel 1987 scendono al 32,4% del voto nazionale.

Questa tendenza di diminuzione della forchetta tra percentuali alte e percentuali basse in relazioni alle dimensioni urbane si va accentuando. Questa osservazione è valida rispetto a quasi tutte le zone di Italia.

d) La perdita della stretta correlazione fra dimensione urbana e voto radicale è convalidata anche dall'osservazione della graduatoria delle città con più di 250.000 abitanti (Tabella D) che si configura nel modo seguente: 1 Cagliari (6,0%), 2 Torino (5,8%), 3 Palermo (5,8%), 4 Trieste (5,7%), 5 Roma (4,4%). Si accentua quella caratteristica di voto periferico e di confine (Cagliari e Trieste), insulare ma non meridionale (Palermo) e con un Piemonte (Torino) che segue l'andamento siciliano. Le classiche metropoli dall'alto voto radicale compaiono i graduatoria solo al 4· posto (Roma con 4,4%) ed al 7· posto (Milano con 4,1%).

E' probabile che proprio nelle grandi metropoli dove il voto radicale aveva caratteristiche di voto libero, non organizzato e fortemente laicizzato, si sia fatta sentire la presenza verde (Roma, Milano, Genova).

e) Se si tolgono le eccezioni di Cagliari, Torino, Palermo e Trieste, cioè di quello che abbiamo definito l'effetto periferico e di confine, la media di tutte le altre grandi città-metropoli oltre i 250.000 abitanti (Tabella E) è compresa tra il 3,5% di Napoli e il 4,4% di Roma. L'effetto metropoli e di correlazione tra il voto radicale e la dimensione urbana di fatto non esiste più se non in misura molto marginale.

In conclusione il voto del 1987 è settentrionale, meno urbano rispetto al passato, molto periferico e di confine e con minori dislivelli fra centro e periferie. Più che alla Camera, risultati positivi del voto radicale si sono avuti nel 1987 al Senato. Considerando regione per regione, come è corretto e opportuno fare per le elezioni senatoriali in cui non si possono aggregare i valori nazionali, l'aumento del 1987 è stato notevole non solo rispetto al 1983 ma anche, in molti casi, rispetto alle elezioni del 1979 che avevano costituito la punta massima del voto radicale (Tabella F). Ecco le percentuali delle ultime tre elezioni:

1979 1983 1987

Piemonte 2,9% 2,7% 3,7% (+1,0%) (1)

Lombardia 3,0% (1) 2,0% (1) 2,5% (+0,5%) (1)

Veneto 2,1% 1,8% 2,4% (+0,6%)

Lazio 4,4% (1) 2,7% 3,1% (+0,4%) (1)

Campania 2,1% 1,6% 1,9% (+0,3%)

Sicilia 2,3% 1,1% 2,6% (+1,5%)

I dati che precedono consentono le seguenti considerazioni:

a) notevole aumento del 1987 sul 1983 ben maggiore del parallelo aumento verificatosi alla Camera (dato nazionale: dal 2,2% al 2,6%);

b) l'aumento si verifica anche rispetto al 1979 in quattro regioni su sei considerate con l'eccezione di Lombardia e Lazio (regioni nelle quali la contrazione del voto metropolitano a Milano e a Roma incide fortemente);

c) conseguentemente a questo effetto, gli eletti passano da 2 nel 1979 (Lombardia e Lazio) a 1 nel 1983 (Lombardia) a 3 nel 1987 (Piemonte, Lombardia e Lazio).

Si può avanzare un'interpretazione di tale positivo andamento al Senato del voto radicale prendendo in considerazione la natura e la qualità delle candidature radicali che hanno visto concentrati in alcune regioni i nomi di maggior prestigio e influenza. In altre parole ha pesato notevolmente sui risultati l'influenza del buon candidato (con una parvenza di collegio uninominale e cioè con un solo nome in ogni collegio elettorale).

In sette regioni il Partito radicale si è presentato congiuntamente con il Psi e il Psdi (Liguria, Friuli Venezia Giulia, Emilia, Toscana, Calabria), un'alleanza elettorale allargata ai verdi in Trentino Alto Adige ed al Pri e Pli in Sardegna.

L'obiettivo di tale alleanza era di evitare la dispersione dei voti e realizzare il massimo numero di eletti con la somma dei voti dei singoli partiti. Occorreva infatti considerare, per quanto riguarda i radicali, che in nessuna delle sette regioni vi sarebbe stata la ragionevole speranza di conquistare da soli un senatore.

Gli esiti di tale operazione politico-elettorale (Tabella G) sono stati complessivamente positivi. Nelle sette regioni considerate i senatori eletti dai tre (più due) partiti erano 9 nel 1983 mentre nel 1987 divengono 13 (+4). In particolare è stato conquistato un senatore in più in ciascuna delle seguenti regioni: Liguria (da 1 a 2), Trentino (da 0 a 1), Friuli (da 1 a 2), Emilia (da 2 a 3).

Non hanno dato effetti positivi la Toscana (da 2 a 2), la Calabria (da 2 a 2) e la Sardegna (da 1 a 1).

Per quanto riguarda la ripartizione tra i partiti, dei 13 senatori eletti 11 sono del Psi, 1 Psdi (Toscana) ed 1 verde (Trentino).

Il Psi ha dunque beneficiato in gran parte del valore aggiunto dell'alleanza. Secondo i termini dell'accordo elettorale sarebbero dovuti andare al Partito radicale gli eletti in più in Liguria ed in Calabria. In Liguria l'operazione è riuscita ma il secondo senatore è stato anch'esso del Psi (Mariotti) che ha sopravanzato il radicale (Teodori) di poche centinaia di voti. In Calabria invece non si è verificato l'aumento del numero dei senatori eletti rispetto al 1983.

Per compensare tale penalizzazione subita dai radicali, i due senatori eletti con l'alleanza Psi, Psdi, Pr in Liguria (Mariotti) e in Calabria (Petronio) sono entrati a far parte dello stesso gruppo federalista europeo degli eletti radicali in Senato consentendone la costituzione in gruppo autonomo, in cui è entrato anche Marco Boato eletto verde in Trentino Alto Adige insieme con Psi-Psdi e Pr.

 
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