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Arnao Giancarlo - 14 agosto 1987
Sulla via di Amsterdam
Il modello olandese alla Conferenza mondiale su droghe e salute

di Giancarlo Arnao

SOMMARIO: Riferisce delle conclusioni della "Conferenza internazionale sulla riforma della politica della droga", svoltasi a Londra dal 13 al 17 luglio.

Il lungo articolo è suddiviso per argomenti. 1) Funzionalità delle leggi: Il proibizionismo non ha efficacia, e anzi "abbiamo assistito ad un enorme incremento, sia del consumo, sia delle organizzazioni del traffico"; la repressione ha incoraggiato l'uso di sostanze "più tossiche"; l'intensificarsi della campagna antidroga ha "diminuiuto" l'uso della marijuhana e aumentato quello della cocaina e dell'eroina". 2) Guerra alla droga e diritti civili: La strategia di intervento si è trasformata in una strategia "bellica"; tuttavia, i provvedimenti adottati non permettono di "prevedere" la scomparsa o la riduzione nell'uso di droga; la guerra alla droga è ormai una "guerra santa", ma intanto aumentano i disastri provocati "dall'abuso di droghe"; la "limitazione dei diritti civili" si fa ogni giorno più "drastica" e non solo in America, in particolare con l'introduzione dei test. 3) Analisi critica della legge: La prima critica è sollevata sul fatto che si pretende di combattere "l'uso" e non "l'abuso" delle drogh

e; problemi anche più gravi delle droghe sono prodotti dalle cosidette "droghe legali", alcool e tabacco; l'aver proposto esclusivamente la drammatica alternativa tra "uso" e "non-uso" ha fatto dimenticare il problema delle modalità dell'uso, così favorendo l'insorgenza di malattie come l'epatite e l'Aids; d'altra parte, i problemi dell'abuso sono aggravati dalla condizione di illegalità; altro punto critico, quello della disponibilità, per le terapie mediche, delle sostanze "proibite". 4) Il lato politico: Con la Conferenza di Londra "gruppi e individui che si muovono per la riforma della politica della droga sembrano aver trovato una ribalta per venire allo scoperto". 5) L'esperienza olandese: Si riporta una quantità di dati, cifre, statistiche e resoconti sull'esperienza condotta in Olanda, punto centrale della quale è "il rifiuto di qualsiasi concessione alla 'morale'", mentre l'obiettivo è la "prevenzione dei rischi concreti derivanti dall'abuso delle sostanze".

(IL MANIFESTO, 14 agosto 1987)

("Se venisse oggi scoperta una nuova droga, di cui è scientificamente provato che può provocare cancro del retto, reazioni di ansia e danni ai cromosomi, certamente l'opinione pubblica sarebbe d'accordo nel metterla fuori legge; ma questa droga la usiamo tutti i giorni: è il caffè". Questa affermazione del farmacologo australiano Chesser è tipica dell'approccio "relativizzante" adottato dai partecipanti alla "Conferenza Internazionale sulla riforma della politica della droga" tenuta a Londra dal 13 al 17 luglio scorso, diretta da Arnold Trebach e promossa dalla Drug Policy Foundation di Washington, con studiosi e operatori di tutto il mondo.)

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In Cinque giorni di lavoro intenso è emersa una grande

mole di dati difficili da inquadrare nel contesto di un resoconto. Si cercherà di esporli brevemente, suddividendoli per argomento.

"Funzionalità delle leggi". Come è noto, l'obiettivo dell'attuale sistema legislativo (ispirato dalla Convenzione unica dell'Onu) è quello di prevenire la diffusione e il traffico delle "droghe". Ebbene, la Conferenza ha confermato ciò che è ormai chiaro all'opinione pubblica, seppure non venga esplicitato da mass-media e istituzioni; dalle sue origini (più ai 70 anni fa) a oggi, nonostante la continua crescita dell'apparato repressivo, abbiamo assistito ad un enorme incremento sia del consumo di droghe, sia delle organizzazioni del traffico.

Ma c'è più: il carattere indiscriminato della repressione, che non distingue fra tipi e forme di sostanze di diversa pericolosità, ha di fatto incoraggiato il traffico e l'uso di sostanze più tossiche. Come ha fatto notare Henman (GB), la repressione ha contribuito alla scomparsa dal mercato di prodotti vegetali come oppio e foglie di coca, e alla parallela diffusione dei relativi prodotti di raffinazione: eroina, morfina, cocaina, molto più tossici, e iniettabili. Il fenomeno ha avuto riflessi drammatici nei paesi dove oppio e coca venivano usati tradizionalmente: scarseggiando il prodotto vegetale (accaparrato dal mercato nero per la raffinazione), si è diffuso fra quelle popolazioni l'uso (e l'abuso) di eroina e cocaina.

Analogamente, l'intensificarsi delle campagne antidroga in Usa (ai tempi di Nixon come oggi con Reagan) ha diminuito la diffusione della marijuana ma aumentato quello di eroina e cocaina.

"Guerra alla droga e diritti civili". La strategia di intervento sui problemi dalle droghe si è di recente trasformata in una vera e propria strategia "bellica". La "war on drugs" scatenata da Reagan, e seguita da molti altri governi, è basata sull'adozione di misura "straordinarie" che scardinano i fondamenti delle garanzie costituzionali e della convivenza sociale. Con risultati finora dubbi o controproducenti.

In realtà, gli stessi documenti ufficiali ammettono che i provvedimenti adottati non permettono di prevedere, neppure a lunga scadenza, la scomparsa o quanto meno una sostanziale riduzione del traffico e dell'uso di droga. Insomma, la guerra alla droga appare - secondo la felice analogia dell'olandese Leuw come una "guerra santa", in cui "l'importante non è vincere, ma combattere". Ed è così che ogni considerazione di carattere pragmatico, rispetto ad obiettivi concreti, viene trascurata. Aumentano i disastri provocati dall'abuso di droghe, aumenta la potenza economica e politica del mercato nero, aumenta la criminalità indotta, ma la repressione non si può fermare, va anzi aumentata fino all'esasperazione, perché, come si legge spesso anche in Italia, "non ci si può arrendere alla droga".

La limitazione dei diritti civili si fa ogni giorno più drastica, e non è limitata all'America di Reagan. Il canadese Alexander ha riferito che nel suo paese un cittadino che viene sospettato dalla polizia di avere inghiottito della droga per nasconderla può essere strangolato dal poliziotto fino a sputarla: in questo modo è morto nel 1980 un cittadino di Vancouver. Vale la pena di ricordare che i quantitativi di droga inghiottiti possono essere destinati soltanto all'uso personale o al piccolo spaccio. Altro caso limite è quello di una giovane donna, Bloom: arrestata con cocaina per un valore di 32.000 dollari, viene indotta dalla polizia (tramite una riduzione di pena) ad aiutarli a trovare il "pusher"; con la cocaina sequestrata, la Bloom induce un amico a smerciarle la droga, fingendo di avere bisogno di soldi perché affetta da cancro; il disgraziato accetta e viene arrestato. In diversi paesi, la legge permette l'esplorazione degli orifici naturali, o addirittura l'arresto fino a defecazione avvenuta -

il tutto naturalmente grazie a un semplice sospetto.

Ma la più grave limitazione dei diritti civili è quella che si concreta attraverso i test, che vengono praticati oggi in diversi paesi oltre che in Usa. I test colpiscono soprattutto i consumatori di una sostanza poco tossica come la marijuana (di cui ancora non si conosce un solo caso mortale in tutta la letteratura scientifica mondiale); poiché d'altra parte ciò non avviene per l'uso di alcool, che pure ha conseguenze molto più gravi sulla salute e sul comportamento, tale pratica assume il carattere odioso di una censura "culturale", sulla scelta di un intossicante sociale piuttosto che un altro, sul modo di far funzionare il cervello in un modo piuttosto che in un altro, una discriminazione che Sterling (avvocato Usa) ha così definito: "qui si vuole mettere "off limits" il nostro cervello".

"Analisi critica della legge". Molti interventi hanno cercato di individuare i punti critici della legge. Un punto su cui tutti erano d'accordo è il fatto che la legge si pone come obiettivo l'abolizione dell'uso di determinate sostanze, anziché preoccuparsi del fenomeno che provoca effettivi danni all'individuo e alla collettività e cioè "l'abuso".

Se si considera che: a) i consumatori di droghe illegali sono oggi decine di milioni nei soli paesi industrializzati (in Usa, 18 milioni di persone usano correntemente marijuana e 6 milioni cocaina); b) che essi sono in gran parte socialmente integrati e in soddisfacenti condizioni di salute; c) che i problemi con maggiore impatto sociale sono quelli derivanti da sostanze legali come alcool, tabacco e psicofarmaci; è evidente che l'obiettivo di combattere "l'uso" di sostanze illegali con la repressione non è soltanto irrealizzabile, ma anche illogico e incoerente.

Il confronto fra i danni delle sostanze legali e quelli delle "droghe" è stato al centro del dibattito londinese. L'opinione pubblica è allarmata alla percezione della punta di un iceberg (la "droga"), la cui enorme massa nascosta è rappresentata dal problema delle droghe legali. Come ha fatto notare Trebach, alcool e tabacco uccidono in Usa ogni anno fra 450 e 500 mila persone, le droghe meno di 2000. Ciononostante, governi e mass-media non manifestano alcuna preoccupazione anzi ammettono che questi prodotti vengano pubblicizzati. In Usa, come ha fatto notare Mikuriya, lo stato sovvenziona addirittura le piantagioni di tabacco; inoltre gli introiti delle tasse sugli alcoolici non vengono destinati all'assistenza e alla prevenzione dell'alcoolismo, ma vanno a finire nel calderone del bilancio dello stato: di conseguenza, lo stato ha tutto l'interesse ad aumentare e non a limitare il consumo di alcoolici. Nell'opinione corrente, lottare contro l'"uso" equivale necessariamente a lottare contro l'"abuso". In re

altà i due obiettivi sono spesso in contraddizione.

Sul piano della prevenzione, la repressione indiscriminata

dell'uso di qualsiasi droga in qualsiasi circostanza privilegia

e drammatizza l'alternativa "uso/non uso"; tale approccio e in contrasto con l'esigenza di fornire strumenti conoscitivi per prevenire le conseguenze negative che possono concretamente derivare dalle "diverse" modalità di uso delle "diverse" sostanze - strumenti che sono essenziali ai fini della salvaguardia sanitaria: basti pensare ad esempio a quanto abbia contribuito alla diffusione dell'epatite e dell'Aids la scarsa informazione sulla enorme diversità di rischio fra uso endovenoso e uso per altre vie.

D'altra parte, i problemi dell'"abuso" sono quasi sempre aumentati dalle condizioni di illegalità. Di qui l'importanza di tutelare il benessere sociale e sanitario dei consumatori rispetto a quello di raggiungere una condizione di astinenza. E' stata quindi confermata la validità del mantenimento con metadone o altri sostitutivi, laddove esso permetta ai tossicodipendenti di condurre una esistenza produttiva e di evitare i più gravi rischi della droga di strada.

Altro punto critico è quello della disponibilità delle sostanze proibite per terapie mediche. Attualmente l'eroina (pur avendo qualità superiori alla morfina come antidolorifico) è disponibile per uso medico soltanto in Gran Bretagna (da sempre) e in Canada (dal 1984). Sappiamo d'altronde che i medici (anche in Italia) usano con riluttanza la stessa morfina, anche in casi di cui mancano rischi oggettivi per i pazienti. Interessante anche il caso della cannabis, che si è confermata utile e spesso indispensabile per i malati di glaucoma; ma il suo uso medico è proibito in gran parte del mondo (fanno eccezione alcuni stati Usa).

"Il lato politico". Con la Conferenza di Londra gruppi e individui che si muovono per la riforma della politica della droga sembrano aver trovato finalmente una ribalta in cui venire allo scoperto e collegarsi a livello internazionale. Le tendenze riformatrici si collegano, a livello scientifico, con lo sviluppo di "una ricerca sulle conseguenze effettive della politica attuale", finora ignorate da gran parte delle istituzioni nazionali e internazionali.

E' particolarmente significativo che l'iniziativa sia partita dall'Università di Washington, dal "cuore" cioè della strategia reaganiana, e da una persona di grande rispettabilità accademica come Arnold Trebach. A Londra mancavano purtroppo rappresentanti di paesi europei in cui pure qualcosa si muove; occorre per esempio ricordare che iniziative analoghe sono state prese recentemente (settembre 1986) dal gruppo Arcobaleno del Parlamento europeo, con contributi particolari dei Verdi tedeschi. Ma il dato più interessante è stato nell'incontro di chi sostiene la "riforma" sul piano di progetti ed ipotesi con gli studiosi olandesi, cioè i rappresentanti di chi la riforma ha concretamente attuato a livello governativo.

Dell'esperienza olandese ci occupiamo in articolo a parte. Segnaliamo intanto che in Italia si sta elaborando la creazione di una lega per riformare la legge sulla droga. Chi è interessato può rivolgersi a: Jolanda Casigliani, via Oneglie 6, 13065 Sagliano Micca (VC), tel. 015/471837.

"L'esperienza olandese". La posizione del governo olandese è stata presentata da interventi di Leuw, Engelsman, Van Santen, Cohen, Van de Wyngaart, Ruter, Sengers. Punto centrale è il rifiuto di qualsiasi concessione alla "morale": come tale viene considerato l'obiettivo dell'astinenza completa da parte dei consumatori; l'obiettivo privilegiato è la "prevenzione dei rischi concreti derivanti dall'abuso delle sostanze".

Questa posizione è basata sulla teoria che i problemi determinati dall'uso di droghe sono da distinguersi fra "problemi primari", derivanti dalla azione farmacologica, e "problemi secondari" derivanti dal contesto sociale dell'uso (aghi infetti, criminalità indotta, malnutrizione, emarginazione sociale, ecc.), in gran parte legati allo stato di illegalità. Laddove non è possibile eliminare l'uso di droga (e i problemi primari), è necessario prevenire gli effetti secondari. In termini pratici, ciò significa che i tossicodipendenti che non possono giovarsi del trattamenti di disintossicazione vengono inseriti in programmi di mantenimento con metadone "a bassa soglia", vale a dire senza porre condizioni troppo severe, come l'impegno a descalare o a non fare eroina. Unica limitazione è quella relativa all'obbligo di registrarsi per evitare doppie somministrazioni. Il dosaggio medio è di 40-60 mg. Sui circa 8000 tossicodipendenti di Amsterdam (di cui soltanto 3200, per lo più stranieri, per via endovena), 2400 ri

corrono ai programmi di metadone: 1400 presso i servizi del comune, 1000 presso 300 medici privati.

Fra gli utenti dei programmi, il 4% ogni anno raggiunge l'astinenza volontariamente. I medici privati prescrivono il metadone una o due volte la settimana, e smistano ai centri comunali i casi più problematici. Il comune fornisce anche servizi di trattamento. Essi vengono attualmente utilizzati da 160 soggetti, l'incidenza di successi è del 4% (Van Santen).

Nel contesto della prevenzione sanitaria, un programma di "scambio aghi" (ago nuovo gratis in cambio di ago vecchio, per evitare che materiali infetti rimangano in circolazione) è stato adottato dal 1983 attraverso strutture sanitarie e assistenziali diverse. Il numero degli aghi scambiati è aumentato dai 24 mila del 1984 ai 600 mila del 1986, attualmente lo scambio viene adottato da 2 mila iniettori su 3200. Una percentuale alta, che pure le autorità non ritengono soddisfacente.

La grande tolleranza per le esigenze dei tossicodipendenti è finalizzata ad evitare i "problemi secondari", ma, a parte questo, i tossicodipendenti sono considerati pienamente (e legalmente) responsabili dei loro eventuali crimini.

Altra caratteristica fondamentale della esperienza olandese è la classificazione delle sostanze. Superando i rigidi schemi della Convenzione unica, il governo olandese ha operato fin dal 1972 una distinzione fra "droghe a rischio accettabile" (derivati della cannabis) e "droghe a rischio inaccettabile" (altre sostanze illegali). A partire dal 1976, la legge riflette questa classificazione:

- il possesso di cannabis per uso personale (fino a 30 grammi) è reato minore punibile con una multa;

- il traffico di cannabis è reato minore fino a 30 grammi, reato penale per quantità superiori;

- possesso e uso di altre sostanze è reato penale.

Fin qui la legge, che rientra nelle obbligazioni internazionali.

Ma il lato più originale della situazione olandese sta nel fatto che l'applicazione della legge non avviene secondo criteri di automaticità (che poi nei fatti diventa discrezionalità), ma seguendo "indicazioni operative" dettate dal governo, che stabiliscono criteri di "priorità" per le operazioni di polizia. In base a tali indicazioni, sono tollerati il possesso e il traffico di cannabis fino a 30 grammi; per quantitativi superiori, che restano reato penale, il processo si conclude con pene limitate o multe. Per le altre sostanze, il possesso è tollerato per piccoli quantitativi (per l'eroina, 0,5 gr), e il traffico viene perseguito molto severamente.

In questo contesto legislativo sono sorti in Olanda numerosi "coffee shops", piccoli bar in cui la cannabis viene venduta a chiunque abbia compiuto 16 anni. Il loro status legale è piuttosto ambiguo: i proventi delle vendite vengono tassati, ma i gestori vengono sottoposti a una speciale sorveglianza affinché non circolino altre droghe. Infatti, il motivo principale per cui le autorità olandesi hanno accettato questa soluzione è l'esigenza di "separare il mercato della cannabis da quello delle droghe pesanti". In che misura tale obbiettivo sia stato raggiunto è difficile stabilirlo. Sta di fatto che il numero di tossicodipendenti da eroina in Olanda (circa 20 mila) ha, rispetto alla popolazione, un'incidenza inferiore a quella italiana, e tende a caratterizzarsi. Ma il dato più sorprendente è un altro: il regime di libera vendita ha coinciso con una "diminuzione anziché un aumento del consumo".

Secondo dati del Ministero della Sanità, l'uso di cannabis ha registrato negli ultimi dieci anni la seguente evoluzione:

- 1976: la sostanza è stata provata almeno una volta dal 2% dei soggetti di 15-16 anni, dal 10% dei 17-18enni;

- 1985: la sostanza è stata provata almeno una volta dal 2% dei 15-16enni, dal 6% del 17-18enni;

- fra coloro che usano correntemente la sostanza (circa la metà di coloro che l'hanno provata) solo uno su mille la usa giornalmente.

 
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