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Pannella Marco - 11 novembre 1987
»LA SCONFITTA DI PIRRO DEI NOSTRI AVVERSARI
Marco Pannella polemizza con foga contro una campagna di stampa che copre oscuri intrighi

di Marco Pannella

SOMMARIO: Il risultato del voto nei referendum sulla giustizia e sul nucleare, il trionfo di sì va confrontato con il "prestigio" del fronte del no. Un precedente, il voto nei referendum del 1978, con il risultato ottenuto dal solo Partito radicale contro tutti. Nel 1980-81 battuto il progetto di presa del potere grazie alla mancata morte del giudice D'Urso. Il ruolo del Presidente Pertini, che conferì l'incarico di formare il governo prima al repubblicano Spadolini poi al socialista Craxi. I programmi di De Benedetti: commissariare la Repubblica. Il ruolo della Fiat: un patto sull'informazione tra "La Repubblica" e "Il Corriere della Sera", con la Gemina al Posto di Rizzoli; il regalo fatto a De Mita e alla Dc dei giornali del Sud. L'errore gravissimo di Natta e del Pci: consentire alle elezioni anticipate.

(L'AVANTI, 11 novembre 1987)

("Dal copresidente del Partito radicale riceviamo e pubblichiamo:")

Il trionfo dei »sì trova una sua misura, che non è stata ancora sottolineata, con il confronto fra i risultati del »prestigioso quanto violento »fronte dei no , e quelli riportati dal solo Partito Radicale (contro "stampa, rai-tv" e "tutti" i partiti) nel referendum sul finanziamento pubblico dei partiti (il 43%) e - con il solo appoggio platonico del MSI - contro la legge Reale (23%) in pieno periodo di terrorismo e di unità nazionale.

E' anche il trionfo di quella politica "PSI e PR", che si allargò al PLI ed al PSDI, che non vorrei si andasse offuscando da un po' di tempo in qui. Vorrei subito, già in queste ore, cercare di passare ad una analisi di quanto in questo ultimo anno e in queste ultime settimane è accaduto ed ha trovato nei risultati un suo esito più che positivo ed incoraggiante.

"Già allora vedemmo chiaro e battemmo queste forze"

Mentre si scomoda il »quinto potere per gli exploits naifs di Adriano Celentano, che hanno, malgrado tutto, sapore di libertà e perfino di »serietà sostanziale, il quarto potere - quello dei mass media - è sceso in campo in modo massiccio ed esagitato, all'assalto di più potere e del potere. Esattamente come nel 1980-81, quando i soliti editori e giornalisti che vanno, o credono di andare, per la maggiore in convergenza con Tassan Din e Rizzoli (guidati da Gelli - piuttosto - da quel coacervo di forze che si dette la copertura della P2), uniti con gli stati maggiori militari, mentre il PCI si arroccava disperatamente sulla politica dell'emergenza e dell'unità consociativa, e non democratica, cercarono di andare al potere, e non vi riuscirono solo grazie alla mancata morte del magistrato D'Urso che era stata concepita come il detonatore dell'operazione. Nello stesso tempo la parte politicamente più cosciente e feroce delle BR, guidata da Senzani portava allo stesso obiettivo.

Già allora vedemmo chiaro, e per questo battemmo queste forze, animate e coagulate dal quarto potere, nel momento in cui erano ormai certe di avere vinto. Sicché in poche settimane l'intero fronte ed il tentativo furono in rotta e il paese guadagnò un triennio di relativa serenità e stabilità politica e di governo.

Già allora notavamo e notammo ufficialmente che Scalfari e suoi associati (allora anche il vertice del PCI e De Benedetti) avevano tentato di superare e sconfiggere la partitocrazia »da destra , con una soluzione di tipo »efficientista ed emergente, ed un disegno chiarissimo teso a prendere il potere con un »governo dei capaci e degli onesti per arrivare a riforme plebiscitarie sul piano istituzionale ed a nuove elezioni in poche settimane.

Ancora una volta fu il Presidente Pertini, dopo incertezze e dubbi determinati dalla straordinaria forza dell'inganno dello schieramento sfascista guidato dal giornalista Scalfari, così simile al giornalista ed al politico Mussolini fra il "1912 ed il 1921", a rovesciare il senso degli eventi, in pochi mesi arrivando a conferire gli incarichi di Governo a Bettino Craxi ed a Giovanni Spadolini.

Ma, da allora, grazie all'incultura ed all'inconsistenza politica, democratica, e liberale, del nuovo leader della DC, alle precedenti, probabili complicità e ispirazioni di qualche »cavallo di razza , a titolo individuale a monte della P2, si è venuta sostituendo una »rizzolizzazione effettiva, possente, riuscita dei centri di potere, da quelli amministrativi e finanziari, a quelli editoriali in Italia.

L'accordo editoriale tra Caracciolo e Scalfari, da una parte, Tassan Din e Rizzoli (con Gelli alle spalle) dall'altra franò allora con il mancante assassinio di D'Urso e il rinvenimento degli elenchi della P2 a Castiglion Fibocchi. A De Benedetti e la sua ingenua volontà e speranza, professate, di »commissariare la Repubblica per qualche anno, ed a partire dal 1983, si è poi venuta sostituendo - come alleata oggettiva e spesso consapevole anche nel disegno - la FIAT. Data proprio da quegli anni l'impegno massiccio della famiglia Agnelli, in gravissime difficoltà, nel settore della produzione delle armi, l'interventismo nelle vicende di potere romano, l'insediamento nel Sud, per usufruire di parti sempre maggiori della torta assistenzialista di centinaio di migliaia di migliardi a vario titolo fornite e preannunciate.

In tal modo, in Italia, si è venuto realizzando il patto - che nessun magistrato ha ritenuto meritasse un minimo di attenzione, almeno ai sensi della legge antimonopolio - tra la Repubblica e il Corriere della Sera con la Gemina al posto di Rizzoli con il regalo a De Mita ed alla DC di tutta la stampa del Sud Italia (»Il Mattino e »La Gazzetta del Mezzogiorno anche qui nessun magistrato ha ritenuto che vi fosse da indagare), e l'assorbimento politico della »Mondadori , salvata così dai disastri in cui versava. La RAI-TV gestita nei suoi momenti essenziali dal demitismo più esasperato, pagando il prezzo della Rete 2 al PSI e della Rete 3 al PCI, Berlusconi costretto a demitizzare ed raitivizzare tutti i suoi spazi d'informazione e di politica; Tanzi, TMC, Odeon-tv, ecc... garantendo ormai l'assoluta uniformizzazione del settore audiovisivo del quarto potere...

In questo contesto, di fronte all'incognita di una possibile evoluzione democratico-laico-riformista del PCI, al progredire nello spazio partitocratico di ipotesi di riforme istituzionali non minimalistiche ma radicali (l'evoluzione senza dolore da dittature a democrazie si è rivelato possibile, non si vede perché mai non si debba poter temere una stessa evoluzione partitocrazia-democrazia), in direzione anglosassone, al processo di integrazione laica di PLI-PSDI-PR-PSI ed alla personale nonostilità strategica di Spadolini in questa direzione, all'incalzare dei referendum che i sondaggi davano per popolarissimi e chiari, al record di popolarità di un governo, quello Craxi, nell'opinione pubblica, al formarsi di una »onda verde con caratteristiche ben diverse da quelle dei »grunnen tedesci, ad una giurisprudenza di Cassazione che rischiava di far giustizia della storia e dei valori dell'»emergenza consociativa, l'»Eugenio di De Mita, e De Mita, hanno reagito giocando il tutto per tutto, approfittando anch

e di alcuni errori di per loro marginali di Craxi, come l'intervista a Mixer di fine febbraio.

Da quel momento si sono vissuti momenti folli, che solo la sostanziale dittatura dell'informazione da parte degli imperi editoriali della Fiat, di Scalfari, e sudisti-demitiani, e l'errore gravissimo di Natta nell'accettare le lusinghe fattegli perché consentisse alle elezioni anticipate, ha consentito non si traducesse in una rivolta dell'opinione pubblica e della stessa DC, o di gran parte di essa, contro la politica trasformista e avventurista che si stava realizzando.

"Quello spazio lasciato allo »sfascismo programmato"

Le elezioni costituivano, di per sé, una grave, definitiva sconfitta politica dei disegni demitiani, oltre che un mancato recupero sostanziale rispetto alla debacle elettorale del 1983. La sconfitta comunista, reale ma ingigantita così come la vittoria socialista, ha finito per lasciare spazio allo »sfascismo programmatico, violento, dello scalfarismo e di tutti gli interessi frustrati, in pericolo, nei tradizionali ceti di potere e di sottopotere, nelle clientele che mal possono sopportare il governo effettivo del paese, unica alternativa pericolosa per il sottogoverno necessario alla loro vita ed al loro sviluppo.

L'occasione referendaria è giunta, dunque, come gravissimo rischio di una vittoria di uno schieramento, indeciso, contraddittorio, debole nell'immediato quanto si vuole, ma comunque esplosivo, in caso di vittoria dei »sì .

PCI, PSI, PSDI, PR, convergenti nei cinque »sì mentre perfino il PLI era stato sul punto di arrivare ad una analoga decisione - apparivano a tal punto pericolosi e vittoriosi politicamente (e non solo sul piano dei voti), che la DC li raggiungeva, così come il MSI. C'era il rischio di un riproporsi della situazione sciupata in primavera.

Diveniva quindi fatale la necessità da parte del »terzo potere di linciare i referendum in quanto tali, e per quel che potevano determinare di alternativa riformista e di ordine democratico nel paese.

Ma oltre alla FIAT, a De Mita, era pronta l'arma pressoché assoluta: ed era l'alleanza fra le testate dell'emergenza, della »fermezza , gli interessi e le culture che l'avevano consentita e che ne erano usciti rafforzati. L'alleanza fra un certo potere giudiziario (quello del 7 Aprile, dei maxiprocessi napoletani, dell'amministrazione oculata del caso Cirillo, degli eredi dei Gallucci e dei giacobinismi, del corporativismo del CSM, senza dimenticare la giurisdizione partitocratica della Corte Costituzionale) e »la stampa alleanza volta a fare della quarantennale irresponsabilità civile del giudice la bandiera della difesa dello Stato e dell'onestà giudiziaria contro la disonestà politica.

Quel che è accaduto, in queste settimane, è sotto gli occhi di tutti. I referendum erano quelli che la Corte Costituzionale, con i suoi sbarramenti anticostituzionali, con la sua guerra per conto della vecchia partitocrazia contro ogni forma di democrazia costituzionale, ha reso possibili. Quesiti »puntuali , in termini tecnico-giuridici, necessariamente iniziatici. Ma come per referendum precedenti. Gli obiettivi erano chiari e chiarissimi al paese.

Una campagna selvaggia, densa di falsità, di ignoranza, di politicismo, di accuse apocalittiche, è stata condotta per imporre ed imponendo sconcerto, nausea, timori agli elettori.

Lo scontro è stato fra terzo potere, fra »stampa e politica; fra il potere della stampa e degli interessi che ha saputo collegare e suscitare, e quelle delle idee e degli ideali della politica. Non a caso il Partito Radicale, l'unico partito promotore di tutti i cinque referendum, è stato cassato non solo nell'informazione ma neanche nelle analisi e nelle cronache.

In tal modo ci si appresta a speculare sulle percentuali d'astensione: quando nel Sud, in particolare, esse sono state imposte, preparate, rese ineluttabili dalla DC e dalla stampa che nei fatti la dirige e la copre. E' la stampa del »caso Tortora , ma ancor più del »caso Cirillo , della »corrente del Golfo e dell'Irpinia , del Banco di Napoli e dell'infrastruttura camorristica che domina e rende esangue il Sud dalla Campania alla Calabria.

"Un condensato selvaggio di falsità e di ignoranza"

Una DC che in aprile giunge all'episodio del governo Fanfani e dello scioglimeto delle Camere; che prende a settembre posizione ufficiale per il »sì e opera per il »no nel referendum e si allea clamorosamente con il quarto potere »laico degli Scalfari e di Agnelli, che anch'essa è allo sfascio di tutto come un gruppuscolo estremista a caratteristiche congiunte di estrema destra e di estrema sinistra, non esiste in quanto partito. E' terra di conquista - con la sola eccezione della »resistenza Andreottiana, ed è tutto direi! - conquistata dal partitino scalfariano e dai Fattori di Romiti. Com'è giusto avendo loro fatto il dono della crisi di governo e di governabilità, della ritrovata esasperazione sociale e psicologica del paese. Come con il caso D'Urso, dunque, i nostri sfascisti sono arrivati quasi a farcela.

Ma anziché quella »vittoria di Pirro che tutt'al più erano disposti ad accreditarci, sono i nostri avversari a riportare la loro sconfitta, di Pirro, quella definitiva, dopo illusorio successo psicologico di queste settimane, scritto sui loro propri giornali. Ora occorre, però, non addormentarsi sugli allori, come forse abbiamo fatto dopo la prova elettorale di giugno. Occorre battere il ferro fin che è rovente ed è nelle mani di chi stava per adoperarlo come un manganello contro la civiltà giuridica e politica del nostro paese .

 
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