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Inzani Giorgio - 16 dicembre 1987
Affermazione di coscienza: (1) individuare e vivere un'obbedienza a leggi future e migliori
di Giorgio Inzani

SOMMARIO: All'interno del "grande corpo radicale" si è andato consolidando un ghetto dorato: quello degli obiettori-affermatori di coscienza. Il gesto di chi oggi decide di andare in galera viene offerto come "testimonianza", a differenza di quanto accadeva nel '72 quando il gesto singolo era gesto militante e chiamava ad una reale, concreta, visibile solidarietà tutti coloro che ne condividevano i principi. Cos'è cambiato nel Partito radicale?

(Notizie Radicali n· 291 del 16 dicembre 1987)

»L'essenziale della tragedia è un conflitto reale tra la libertà nel soggetto e la necessità oggettiva, conflitto che si risolve non per la sconfitta dell'uno o dell'altro, ma perché tutti e due, ad un tempo vincitori e vinti, appaiono nella perfetta indifferenza (Schelling).

Avevo promesso a Olivier Dupuis, durante il 32· Congresso (febbraio '87), un articolo sull'affermazione di coscienza. Ci ho pensato parecchio, parecchio rimuginato, ma non sono mai riuscito a cavare un ragno dal buco. Dell'affermazione di coscienza avrei potuto parlare (ed è »facile parlarne: verba volant...) ma scriverne, proprio no. E invece... a quell'impegno mi inchioda, tirandomi per i capelli (pochi e radi) Paolo Ghersina, attraverso il suo arresto-testimonianza (vedi »Nr n. 228 del 2-10-87). Ma davvero -mi son detto- posso continuare a tacere? Ad essere complice nell'indifferenza generale? E allora, anche a costo di sputtanarmi, voglio mettere su bianco (che poi è il »grigettino di »Nr ) alcune riflessioni.

1. All'interno del »grande corpo radicale , malgrado la volontà contraria della »testa dirigenziale (costituita da quelli che io definisco i »dirigenti di altezza ), si è andato consolidando un ghetto dorato: quello degli obiettori-affermatori di coscienza. Dupuis, Dentamaro, Ottoni ( e poi Sani, Airola, Ghersina, e poi: ecc.) vivono e sopravvivono »ghettizzati in un limite stratosferico e rarefatto. Pagano i loro tributi gravosi (costituiti da »anni di precarietà, in cui la giustizia non mi condanna né mi imprigiona, non mi dà passaporto o certificati per lavorare, ed è peggio della galera, da molti punti di vista, perché condanna chi ci passa ad una continua serie di frustrazioni ed all'impossibilità di "politicizzare" il suo gesto al di fuori della cerchia di amici e compagni ci ricorda lucidamente Paolo Ghersina), e quanto più lucidamente e rigorosamente pagano, tanto più aumenta la loro ghettizzazione.

E qui allora formulo la prima domanda »sputtanante : cos'è cambiato nel corpo radicale dalla stagione solidale di 15 anni fa attorno all'obiezione Cicciomessere, Gardin, Minnella, Peila, Rosa, Suriano, Trevisan, Scapin, Pozzi (manifestazioni, marce, digiuni collettivi, manifestazioni »sotto le mura di Peschiera , ecc.)? E, seconda domanda avvilente: com'è che si è passati dall'affermazione del '72 di Cicciomessere: »questo mio impegno militante non può e non deve ridursi a testimonianza individuale , all'altra di segno completamente opposto di Ghersina: »in questa situazione, compagni, io offro volentieri il mio incerto arresto di qualche giorno per fornire una testimonianza ?

2. Prima di tentare di rispondere (ripeto: tentare) devo fare una lunga citazione. Pasolini scriveva, sul »Corriere del 18.7.1975. Ma qui scusatemi un breve inciso che può servirci a comprendere la scellerataggine del »Corriere nella campagna referendaria appena conchiusa (e, per fortuna di tutti, nella direzione contraria a quella auspicata dal »Corriere ): malgrado le »Lettere luterane fossero, una si una no, dedicate alle lotte radicali, il »Corriere , 12 anni dopo, editando l'inserto »Pasolini e il Corriere ha espunto scientificamente le lettere riguardanti Pannella e i radicali, rendendo illeggibile e incomprensibile il loro autore. Ma ritorniamo al luglio '75. Scriveva Pasolini.

Caro Pannella, tu sei sulle barricate, io nella mia casa di campagna. Tu sei cioè in vantaggio nei miei confronti. Ma sarebbe moralistico se io temessi tale vantaggio (e noi due detestiamo del resto in ugual modo il moralismo). Inoltre tu sai quanto ti amo e quanto sono dalla tua parte. (...) Ora, caro Pannella, c'è gente come noi che continua ad agire sotto la spinta »inerte di necessità civili di cui si è avuto coscienza una decina di anni fa: che lotta cioè per una sincera ansia democratica e in nome di una reale tolleranza. Una decina di anni fa però il significato della parola »obbedienza e quello della parola »disobbedienza erano profondamente diversi. La parola »obbedienza indicava ancora quell'orrendo sentimento che essa era stata in secoli di controriforma, di clericalismo, di moralismo piccolo borghese, di fascismo; mentre la parola »disobbedienza indicava ancora quel meraviglioso sentimento che spingeva a ribellarsi a tutto questo. Tutto questo, peraltro, contrariamente a ogni logica che noi

chiamiamo storica, è stato spazzato via non dalla ribellione dei »disobbedienti ma da una nuova volontà degli »obbedienti (insisti: la prima grande, vera rivoluzione di destra). Controriforma, clericalismo, moralismo piccolo borghese, fascismo sono »avanzi che danno prima di tutto noia al nuovo potere. E' contro questo »avanzi che noi lottiamo? E' alle norme di questi »avanzi che noi »disobbediamo ? Bada che la caratteristica più intransigente della »prima grande, vera rivoluzione di destra consiste nella distruttività: la sua prima esigenza è quella di far piazza pulita di un universo »morale che le impedisce di espandersi. Osserviamo per esempio la criminalità italiana (...) (essa) è un fenomeno imponente e primario della nuova condizione di vita italiana. Non solo i criminali veri e propri sono una »massa : ma, ciò che più conta, la massa giovanile italiana tout court (...) è costituita da criminaloidi: ossia da quelle centinaia di migliaia o milioni di giovani che patiscono la perdita dei valori

di una »cultura e non hanno ancora trovato intorno a sé i valori di una »nuova cultura (come noi ce la configuriamo). Oppure accettano, con ostentazione e violenza, da una parte i valori della »cultura del consumo (che noi rifiutiamo), dall'altra i valori di un progressismo verbalistico. Ebbene, per tutti questi giovani vale la figura o »modello del »disobbediente . Non c'è nessuno di essi che si consideri »obbediente . In realtà, semanticamente, le parole hanno rovesciato il loro senso scambiandoselo; in quanto consenziente all'ideologia »distruttrice del nuovo modo di produzione, chi si crede »disobbediente (e come tale si esibisce) è in realtà »obbediente ; mentre chi dissente dalla suddetta ideologia distruttrice -e, in quanto crede nei valori che il nuovo capitalismo vuole distruggere, è »obbediente - è dunque in realtà »disobbediente . (...) La »distruzione è in definitiva il segno dominante di questo modello di falsa »disobbedienza in cui consiste ormai la vecchia »obbedienza . E' per questo c

he ti scrivo. Tu devi aggiornarti semanticamente sul linguaggio che usi. Non devi più chiamare la tua »disobbedienza ma »obbedienza , o meglio, se vuoi »nuova obbedienza e di tale »nuova obbedienza offrirti come modello. Non devi... Non devi? Scusami, attribuisci a questo dovere e non dovere un senso solo passionale e solidale... E per farmi capire meglio ripiegherò su due »esempi attuali .

3. Prosegue Pasolini. In queste ultime settimane la »massa criminaloide italiana ha avuto due »casi da prendere -inconsapevolmente, sguaiatamente come usa- in considerazione. Il primo è un caso di »disobbedienza : quello del sergente Sotgiu (protesta per le condizioni di vita dei sottufficiali). Il secondo è un caso di »obbedienza : quello del poliziotto Rizzo (suicidio a causa della fuga del detenuto a lui affidato, e a cui egli aveva concesso la sua fiducia). Il primo caso ha goduto della massima popolarità: è stato »riconosciuto da tutti, è stato »approvato da tutti. (...) Si tratta dunque di »disobbedienza ? (...) Ho da obiettare una cosa: Sotgiu ha fondato la sua protesta sull'affermazione che anche »i sergenti dell'areonautica (...) sono »esseri umani come gli altri : ma qui c'è una petizione di principio. I cosiddetti »altri sono davvero »esseri umani ? Il mutamento antropologico in atto non ne sta facendo per caso dei »sottouomini ?

Ancor più »umano di Sotgiu era indubbiamente la guardia di P.S. Rizzo. Ma il suo sentimento del dovere, la sua fiducia negli altri »esseri umani , insomma la sua »obbedienza , non ha avuto alcun consenso: non si è posta in alcun modo come un valore esemplare, o meglio come la »forma universale di un valore. L'»obbedienza non gode di alcuna popolarità, neanche come idea: questo è chiaro. Ma se c'è qualcuno che ha disobbedito, in effetti, a tutto ciò che è oggi la realtà così come il potere la vuole, è proprio il poliziotto Rizzo. Egli si è opposto a tale realtà in nome di tutto ciò che da tale realtà è stato brutalmente distrutto. Perché è la »distruzione , ripeto, il segno dominante del nuovo potere. In conclusione, l'Italia di oggi è distrutta esattamente come l'Italia del 1945. Anzi, certamente la distruzione è ancor più grave, perché non ci troviamo fra macerie, sia pur strazianti, di case e monumenti, ma tra »macerie di valori : »valori umanistici e, quel che più importa, popolari. (...)

E' chiaro che ciò che, oggi, conta individuare e vivere è un'»obbedienza a leggi future e migliori -simile a quella che, dopo piazzale Loreto, è nata dalla Resistenza- e la conseguente volontà di »ricostruzione . Fondare la possibilità di una simile »obbedienza e di una simile »volontà di ricostruzione è il vero nuovo grande ruolo storico del Pci. Ma anche tuo; anche dei radicali; anche di ogni singolo intellettuale, di ogni uomo solo e mite.

4. Fin qui Pasolini. Ma c'era proprio bisogno di questa lunghissima e circostanziata citazione? Purtroppo si, perché in essa sono delineati alcuni contenuti ineludibili per chi voglia ancorare l'affermazione di coscienza al progetto di »obbedienza a leggi future e migliori (che evidenzia i suoi primi pilastri -come ci ricorda Ghersina- in un'offensiva politica a tre livelli: diritti civili e politici a est; lotta contro lo sterminio per fame a sud; unione delle democrazie politiche europee. Unica vera politica di difesa vincente contro tutte le suicide »linee Maginot ). Tentiamo allora di rispondere alle domande poste all'inizio. Cos'è cambiato? Il genocidio culturale ha investito la cittadella radicale con conseguenze non trascurabili.

La prima -di tipo strutturale- riguarda la composizione per classi di età del Pr (si è passati per gli iscritti fino a trent'anni che erano il 61,4% nel 1975 -dei quali al di sotto dei 20 anni il 32%- al 30,7% del 1985 -fino a 20 anni il 4%-. Dati questi, confermati negli ultimi due anni). E' scomparso cioè, quell'humus generazionale indispensabile per questo tipo di lotta politica (perché non sia -appunto- testimonianza).

La seconda conseguenza è di ordine antropologico e concerne i valori di riferimento nei rapporti interpersonali (all'interno e all'esterno del Pr) che, d'un tratto, appaiono ingialliti come una vecchia fotografia. Chi riconoscerebbe infatti come partorita nel 1979 la mozione congressuale che recitava: »E' comunque necessario far nascere e approfondire, rinnovare e consolidare quel profondo sentimento di solidarietà umana e civica, civile e politica che deve legare i radicali a un progetto di vita associata nel quale i valori comunitari siano già di per sé un potente deterrente al consumismo, all'alienazione delle società industriali, alla degenerazione della vita politica tradizionale ?. Perché -malgrado la lotta contro lo sterminio per fame incardinata negli anni successivi- si è finiti nella direzione completamente opposta? (altro che »valori comunitari ...) La risposta può sembrare banale: di fronte al crollo dei valori non si è trovato di meglio che sostituire il moralismo alla moralità politica (per cui

, per esempio, non si riesce a contrapporre -dall'interno del Pr- ad un'operazione esterna di »disobbedienza Repubblica=Staller, una operazione di »nuova obbedienza Pr=Ada Rossi...).

5. L'affermazione di coscienza rimarrebbe -in questo contesto- fiore all'occhiello o testimonianza obbligata. Completamente inutile. E qui termina questo mio -e lo riconosco- faziosissimo e parzialissimo intervento. Ritengo, però, che il Pr abbia al suo interno sufficienti anticorpi per superare, in positivo, questo paralizzante stato di fatto. Ma se, a tutt'oggi, su questo argomento abbiamo avuto solo le elaborazioni teoriche di Cicciomessere, Dupuis, Dentamaro, voglio ancora concludere con un'ulteriore domanda: non è forse ora, compagni, di buttarsi »a corpo vivo in un ampio e approfondito dibattito? Non è forse ora di far uscire i nostri dolci e miti compagni-affermatori dal loro ghetto »tragico (Schelling)?

 
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