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Dell'Alba Gianfranco - 11 marzo 1988
Il vertice di Bruxelles: una crisi solo rinviata
Gianfranco Dell'Alba

SOMMARIO: Il vertice di Bruxelles dell'11 e 12 febbraio '88, presentato come "ultima spiaggia" per i destini dell'Europa comunitaria si è arenato, come tutti i "vertici" che lo hanno preceduto, su questioni del contenzioso contabile. Di fatto, è il sistema stesso su cui è fondato il finanziamento attuale della Comunità (qui descritto) ad essere entrato in crisi e, faticosamente, si è alla ricerca di un sistema più efficiente ed equo.

(Notizie Radicali n· 51 dell'11 marzo 1988)

L'Europa è malata, malata di sé stessa, della sua incapacità a dotarsi delle istituzioni adeguate al rango che le compete nel contesto mondiale, all'importanza del suo potenziale economico e produttivo, all'insieme delle relazioni internazionali che intrattiene. Si può dire oggi della Cee quello che un tempo si sosteneva a proposito della Germania Federale: gigante economico, nano politico. Si ha l'impressione che di fronte allo sviluppo obbligato, naturale, dell'integrazione fra i paesi membri corrisponda, in modo uguale e contrario, una spinta al ripiegamento su posizioni di difesa ad oltranza degli »interessi nazionali , come se essi non fossero poi comunque travolti dalla logica delle cose. Così, in questi giorni, l'intero bilancio della Comunità è tuttora bloccato, malgrado l'esito del vertice di Bruxelles, perché l'Italia contesta di dover un supplemento dei suoi contributi alle casse comunitarie di poco più di 150 miliardi di lire... quando De Benedetti ha già sborsato 1500 miliardi per assicurarsi i

l controllo della Societé Générale. Il divorzio fra potere economico e istanze politiche è ormai assoluto, e solo un grande rilancio della battaglia per l'integrazione politica e la costituzione di istituzioni forti può salvare la Cee dal divenire un contenitore sempre più vuoto di ogni direzione politica.

Ma veniamo ad un commento del Vertice di Bruxelles dell'11 e 12 febbraio, presentato come »ultima spiaggia per i destini dell'Europa comunitaria. Già il fatto che sia il vertice quadrimestrale dei Capi di Stato e di governo a dover dirimere il contenzioso contabile che paralizza a tutt'oggi la vita della Comunità, è il segno della crisi che essa attraversa. I meccanismi decisionali previsti dai trattati sono stati spazzati via da una sorta di »costituzione materiale che si è sovrapposta ai testi originari.

Così sulla tavola del Consiglio europeo si sono concentrati i nodi cruciali della definizione del progetto di bilancio della Cee per il 1988 (l'equivalente della legge finanziaria) e il Piano di finanziamento delle entrate Cee per far fronte allo stato virtuale di cessazione dei pagamenti. Inoltre, i capi di Stato e di governo erano chiamati anche a risolvere il problema agricolo, la voragine di spese incontrollate dovute alla sola politica veramente comune messa in atto dalla Cee, che si è rivelata in questi anni un completo fallimento: al punto che si è giunti alla rivoluzionaria risoluzione di incentivare la ... messa a riposo delle terre, il maggese dell'impero romano rivisitato, con un adeguato rimborso agli agricoltori, per limitare la produzione e mantenere così i prezzi dei prodotti agricoli ad un livello accettabile. Sic!

Su questi tre problemi erano stati incapaci di prendere delle decisioni comuni i ministri responsabili dei vari dicasteri, e soprattutto il Consiglio dei ministri degli esteri, organo di decisione previsto dai trattati: si era così dovuto ricorrere all'arbitraggio del Consiglio europeo che a Copenaghen, nel dicembre scorso si era chiuso con un nulla di fatto. Il presidente in esercizio del Consiglio europeo, il tedesco Kohl, aveva dunque deciso la convocazione di un vertice straordinario a Bruxelles. Analizziamo dunque i problemi in sospeso:

- il finanziamento attuale della Comunità è basato su un sistema detto »delle risorse proprie della Cee in base al quale l'essenziale delle entrate deriva da un lato da un'imposta doganale comune che si applica alle merci che entrano nei dodici Stati membri da paesi terzi e soprattutto dall'1,4% dell'Iva percepita a livello dei singoli Stati che viene trasferita automaticamente nelle casse comunitarie. Il complesso di queste due risorse è però oramai insufficiente a coprire il fabbisogno della Cee. Di qui l'esigenza di concepire un nuovo sistema di finanziamento non più rigido, come la predeterminazione del tasso Iva, ma più flessibile, come una percentuale fissa del Prodotto interno lordo di ogni paese da passare regolarmente alla Cee per compensare gli squilibri esistenti attualmente fra entrate e spese. E' il metodo proposto dalla Commissione esecutiva presieduta da Jacques Delors. Ed è il metodo che, all'inizio, ha scontentato un po' tutti, determinando da prima l'assenza di ogni decisione e la consegue

nte paralisi del bilancio, e quindi il fallimento del vertice di Copenaghen. E questo perché alcuni, come gli inglesi, sostenevano -con qualche ragione, in verità- che »prima di riempire la vasca da bagno occorre assicurarsi che il tappo sia ben chiuso , chiedendo dunque un'ampia ridefinizione delle spese agricole; altri, volendo continuare a mantenere inalterati i benefici agricoli e magari sacrificando le altre spese essenziali per lo sviluppo solidale della Cee come i fondi per le regioni meno sviluppate e per le categorie socialmente più deboli; altri ancora, come l'Italia, temendo che tenendo conto d'ora in poi del Prodotto interno lordo -sotto la presidenza Craxi spettacolarmente rivalutato- si sarebbe sborsato molto di più del previsto per le casse Cee.

E' merito del cancelliere Kohl aver ottenuto a Bruxelles un accordo che consente di veder superare, a prezzo di compromessi reciproci, le resistenze degli uni e degli altri e di liberare il terreno per i problemi ulteriori e molteplici che la Cee si troverà ad affrontare. Così, la Gran Bretagna ha ceduto sulla riduzione molto modesta delle spese agricole, ma ha ottenuto quel che voleva sui suoi rimborsi forfettari annuali e di compensazione: la Francia del duo Mitterrand-Chirac ha ottenuto che la spesa agricola rimanga ad alti livelli; l'Italia ha ottenuto un metodo di calcolo per le entrate meno oneroso del previsto. Per tutti i paesi »poveri è stato deciso l'atteso raddoppio dei finanziamenti per le regioni meno sviluppate.

L'accordo che avrebbe dovuto aprire la strada all'approvazione rapida del bilancio 1988 è però tuttora bloccato. Al momento di chiudere il giornale il Consiglio dei ministri del bilancio non ha ancora fissato il progetto per l'esercizio finanziario: se, infatti, l'Italia ha contestato l'iniziale calcolo di ripartizione delle entrate, ottenendo di veder soddisfatte le sue rivendicazioni, sono ora Francia e Spagna a bloccare l'approvazione definitiva del progetto di bilancio. Ci risiamo dunque. E in tutto questo il Parlamento europeo è completamente tagliato fuori. Gli eurodeputati assistono impotenti alla rissa delle comari comunitarie, aspettando il loro benestare per potere anche loro assolvere ai propri compiti di autorità di bilancio e al loro potere di codecisione sull'argomento.

E' il segno che il sistema non va, che il metodo intergovernativo che ha preso il sopravvento sul sistema previsto dai trattati conduce alla paralisi Cee. Tutto per la mancanza di una volontà politica adeguata a concepire forme nuove di cooperazione e soprattutto di integrazione.

Per risolvere tutto ciò, il metodo dei radicali, dei federalisti, è l'unico »realista e »ragionevole , contro il preteso realismo che ha affossato il progetto Spinelli approvato dal Parlamento europeo: rilancio dell'integrazione politica, nuovo progetto di Trattato per l'Unione europea, ovvero per gli Stati Uniti d'Europa, elezione diretta del presidente del Consiglio europeo, e del presidente della Commissione, referendum consultivi sull'attribuzione di poteri costituenti al Parlamento di Strasburgo. Solo così l'Europa potrà risolvere le sue contraddizioni che il fortunoso esito del vertice di Bruxelles ha solo sospinto qualche mese più avanti, e affrontare le grandi sfide del nostro tempo.

 
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