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Pannella Marco - 3 aprile 1988
Governo: Il polo usa e getta
di Marco Pannella

SOMMARIO: Mai come in questo periodo, con la riproposizione della formula pentapartito, si è mostrato di disprezzare totalmente l'esito elettorale, i risultati referendari, ogni impegno e ogni strategia proclamata di volta in volta come dogmi o come speranze irriducibili. I radicali ripropongono l'ipotesi di un "eptapartito" come via per consentire alle forze politiche che lo vorranno di giungere alle prossime elezioni con un grande progetto di riforma, di governo vero dei problemi del nostro tempo.

(Notizie Radicali n· 87 del 28 aprile 1988 - L'Unità, 3.4.88, »La via del governo a sette per aprire la strada alla "grande coalizione" )

La jattura (quanto evitabile!) della fine anticipata della legislatura su diktat demitiano, e errori d'altri, costò lo scorso anno sia un ulteriore colpo alle istituzioni sia l'interruzione di un processo di sicura e grande Riforma politica, non colto dai più ma del quale i radicali potevano sennatamente tesaurizzare premesse e condizioni. In base ai temi di quella campagna elettorale ed ai suoi esiti noi riteniamo fittizia, avventurosa, illusoria una proposta di governo con il Pci; inesistente nel paese e nelle coscienze delle stesse classi dirigenti democratiche laiche (Pci incluso) la forza di un progetto e di un programma di alternativa e d'alternanza, cui occorre dedicarsi urgentemente; senza fretta, ma senza perdere un minuto e un millimetro di altezza e di ambizione.

Dalla scorsa estate ci siamo pronunciati per la sepoltura evidente, emblematica e sostanziale del neocentrismo pentapartitico, per un governo »eptapartitico , fondato su un nuovo, espresso programma, di convergenza fra i cinque partiti di governo tradizionali e le componenti »verde e radicale. Un governo ad alto profilo, come di legislatura, con la garanzia di lealtà ed integrità sperabile se a farne parte fossero tutti i leader delle varie componenti, affrontando con feroce determinazione, se necessaria, l'aggressione contro il tumore dello spaventoso debito pubblico consolidato, la riforma federalista europea, quella dell'amministrazione della giustizia, ed una grande riforma ambientalistica ed energetica. Un »partito del governo , su queste basi, costituirebbe un salto di qualità, un rischio grande da correre per un salto di qualità del confronto con un »partito dell'opposizione , su obiettivi e metodi e strumenti puntualmente contrapposti e democraticamente alternativi.

Proprio da noi, da noi radicali, dunque, senza sosta, è venuto l'invito alla Presidenza del consiglio affidata ad un segretario della Dc, De Mita, che da trent'anni ha rappresentato per noi, con la sua »sinistra di base di componente sudista, e ha finito per rappresentare per molti altri in questi ultimi anni, l'emblema stesso di una forza politica illiberale, di puro e trasformistico potere, estranea e ostile allo Stato di diritto ed a qualsiasi classico sconvolgimento del gioco democratico.

Proprio da noi, è venuto l'invito pressante al Psi, a Craxi, perché egli accettasse di partecipare a questo governo, magari sollecitando la gestione dell'impegno meridionale come propria diretta responsabilità, come scelta del disegno riformistico e riformatore della soluzione della questione meridionale, per l'ultimo decennio del secolo, apertosi con il profetico meridionalismo democratico di Gaetano Salvemini.

Da noi, in questi giorni, viene il rifiuto netto dell'ultima testimonianza dello smarrimento politico di Craxi e del Psi, della »trovata improvvisa della inconsistenza della componente laica in un siffatto governo, perché Pri e Pli sarebbero espressione di un »polo conservatore , al contrario di Psi-Psdi-Pr, ferro di lancia di un polo riformista. Noi affermiamo invece che radicali e verdi, e altri, possono, hanno il diritto pieno di mirare, se lo vogliono, ad una situazione di maggioranza di legislatura e nel governo nella quale sin d'ora, la componente laica rappresenterebbe oltre il 25 per cento della forza elettorale del paese. A conforto di questa nostra posizione e richiesta, dopo luglio, sono venuti gli esiti referendari, e la costosa inutilità del governo Goria e delle mutilazioni politiche che oggi, sembra, si cercano di assicurare anche »contro De Mita.

La vecchia illusione del »tanto peggio, tanto meglio domina: Nella Dc, nel Psi; e la rassegnazione alla ricerca di una qualsiasi forma di sopravvivenza, non fosse altro che di briciole di potere, sembra insidiare Pli e Psdi: De Mita rischia di perire con gli stessi mezzi con cui si è applicato a ferire gli Andreotti e gli Scalfaro, il Parlamento, nella fretta di passare dalla »legislatura Craxi alla »legislatura De Mita .

Se teniamo d'occhio gli interessi del paese, e i valori istituzionali e democratici, sentimenti e risentimenti si logorano subito: ed eccoci, da radicali, decisi a rifiutare l'ostilità socialista a nostre assunzioni dirette di responsabilità di governo, a respingere la mutilazione che la direzione della Dc ha, per riflessi partitici e partitocratici, operato contro l'incarico »pieno conferito dal capo dello Stato al presidente incaricato.

La crisi sta intristendo e rovinando nella mestizia di risultati che già si intravvedono, sulla scia del gioco al massacro iniziato in quel maledetto marzo 1987, dalle staffette alle risse, dalla strumentalizzazione di tutto e del contrario di tutto. Mai come da luglio ad oggi si è mostrato di disprezzare totalmente l'esito elettorale, i risultati referendari, ogni impegno e ogni strategia proclamata di volta in volta come dogmi o speranze irriducibili.

Il tema, l'obbligo del »buon governo del nostro tempo e della nostra società attraverso il »buon governo del paese e delle proprie idee sono più che mai elusi, e nel Psi -lo ripeto, smarrito e minimalista- tensioni e tentazioni liquidatorie, contingenti, sembrano continuare a prevalere; tentazioni confermate -e non contraddette- dall'evidente strumentalismo di qualche strizzata d'occhio a sinistra, al Pci, per compensare il temuto strabismo demitiano. E' facile prevedere che, messa la toppa al governo, subito ci si preoccuperà di non perdere punti e immagine alle amministrative di fine maggio e di giugno...

Non basterà a nulla. E l'autunno della stagione grande dovuta quasi tutta alla straordinaria importanza della presidenza Pertini, diventerà inverno già prima dell'estate.

Unità estesa e approfondita, da subito, dalla componente laica in un governo »eptapartito (con progetto e programma che lo legittimino) è interesse, ci pare, generale a suggerirlo. E' comunque quanto torniamo a chiedere, indisponibili ad altro, ormai, perché la pazienza doverosa non può tradursi in subordinazione e complicità, nel momento in cui sembrerebbe invece che ci si trovi di già nella fase delle glosse a un non-programma e a un anti-progetto, e della spartizione delle spoglie degli »interessi di sottopotere di ciascuno.

»Eptapartito , ricordiamolo, precisiamo, come via per giungere alle prossime elezioni con un grande progetto di riforma, di governo vero dei problemi del nostro tempo, che esplicitamente postuli un governo di grande coalizione democratica, dove la Dc potrebbe avere il posto che le compete, se lo volesse e sapesse accettare. A questo progetto, a questo New Deal, non è vero che le componenti repubblicane e liberali siano necessariamente estranee; semmai è vero l'inverso.

Senza mancare alla piena, assoluta lealtà istituzionale e politica di un vero governo fondato oggi sui risultati elettorali e politici e su quelli referendari, impegnarsi subito, ufficialmente, formalmente, organicamente se possibile, a quest'opera, per comunisti, socialisti, verdi, demoproletari, socialdemocratici, radicali, recuperando appieno i più classici e antichi schemi e valori della democrazia politica, dello Stato di diritto, e l'acquisizione della riforma federalista degli Stati Uniti d'Europa, scegliendo con chiarezza e coraggio costi e interessi da sacrificare per rimuovere il tumore da Terzo mondo del nostro debito pubblico, guidando e costringendo nei binari e nelle obbligazioni democratiche la rivoluzione tecnologica e sociale che stiamo comunque vivendo come in una giungla; dobbiamo, possiamo operare insieme.

Altro che questo assicurarsi, consenziente la vittima, il »funerale politico di De Mita, sacrificando magari dopo il buon Amato a Goria, l'ottimo Martelli; o il »rifondare il »pluralismo Dc sui nuovi equilibri di baroni vecchi e nuovi, nemici e complici. Non solo strapuntini, ai quali sappiamo che si pensa, ma nemmeno poltronissime di prima fila potrebbero consentirci di stare al gioco: e non più solamente in Parlamento, ma ovunque, nel paese, nei comuni, nelle coscienze.

Quando Occhetto, in un suo intervento su »Repubblica , rivendica l'integrità del metodo e del progetto di democrazia politica, e la »nonviolenza (non più solamente il »pacifismo ) come dimensione storica di una forza progressista, speriamo di trovarci dinnanzi ad un segno, ed a un segnale, che impone attenzione, e immediata disponibilità, speranza del possibile nuovo dell'oggi, non solamente per domani.

E questo varrebbe, varrà, ne sono certo, per tutta la famiglia laica, liberal-socialista, riformista, socialista, radicale, democratica, dove comunque (ed è un impegno e una convinzione) la mortificazione di ogni dibattito interno, di ogni procedura democratica non potrà, in ogni caso, non cessare. E, almeno di questo, sono certo, oltre che determinato ad ottenerlo.

(Dall'Unità del 3 aprile 1988)

 
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