articoli variSOMMARIO: Le iniziative adottate dal Partito radicale e dai deputati del gruppo federalista europeo per la concessione del visto d'entrata in Italia a Bhagwan.
(Notizie Radicali n· 107 del 24 maggio 988)
Nell'ultimo numero avevamo fatto appena in tempo ad accennare al digiuno che Majid (Andrea Valcarenghi), Segretario federale del Partito radicale aveva iniziato il 26 aprile annunciando che lo avrebbe interrotto soltanto quando il Governo si fosse impegnato a rispondere alle interrogazioni parlamentari e alle petizioni popolari che chiedono si conceda il visto di ingresso in Italia a Bhagwan Shree Rajneesh. Anche in seguito all'iniziativa nonviolenta di Majid, il Governo ha provveduto a rispondere il 20 maggio al Senato, per bocca del sottosegretario Giorgio Postal.
La Camera, intanto, approva in Commissione una Risoluzione sull'argomento, dopo avere esaminato la petizione che chiede libertà di movimento per Rajneesh.
Alla Camera
La Commissione affari costituzionali della Camera ha approvato il 18 maggio una risoluzione con cui si invita il governo a concedere il visto di ingresso in Italia a Bhagwan Shree Rajneesh. Questo il testo della risoluzione.
La 1 Commissione affari costituzionali della Camera,
discussa la petizione popolare presentata il 17 luglio 1987 alla Camera e al Senato;
riconosciuto che l'opposizione e le restrizioni imposte alla concessione del visto al cittadino indiano Bhagwan Shree Rajneesh non hanno alcuna ragion d'essere e violano il principio del diritto e delle libertà di movimento riconosciuto nel nostro paese,
invita il governo italiano
a rilasciare l'ordinario visto di ingresso turistico.
Al Senato
All'ultima delle interrogazioni parlamentari presentate dai radicali -quella che reca la data del 10.5- il 20 maggio per il ministero degli Interni risponde il sottosegretario Postal.
L'interrogazione radicale
Al ministro dell'Interno. Premesso:
che in seguito all'invito di due associazioni culturali italiane, l'Istituto di bioenergetica »W. Reich , presieduto da Guido Tassinari, e l'associazione »Family planning , presieduta da Luigi De Marchi, a tenere un giro di conferenze in Italia, il cittadino indiano Bhagwan Shree Rajneesh chiese un visto di ingresso nel nostro paese, che gli fu rifiutato;
che il Gruppo radicale della Camera dei deputati, durante la scorsa legislatura, presentò un'interrogazione a risposta scritta ai ministri degli Affari esteri e dell'Interno per conoscere i motivi del rifiuto, e che tali motivi furono identificati, a metà del 1986, dal ministro degli Affari esteri in non meglio precisati motivi di polizia e di ordine pubblico, opposti dagli organi di polizia del ministero dell'Interno;
che il Gruppo radicale della Camera dei deputati presentò una nuova interrogazione perché venisse rimosso l'impedimento o, comunque, venisse motivato l'eventuale confermato rifiuto;
che analoghe interrogazioni sono state presentate in questa legislatura da parlamentari di diversi partiti;
che appelli dello stesso contenuto sono stati inviati al governo e petizioni sono state consegnate alle due Camere da autorevoli personalità della cultura, del mondo universitario e del giornalismo;
che tali interrogazioni, appelli e petizioni non hanno avuto finora risposta ufficiale in Parlamento da parte del governo;
che sul piano ufficioso si è appreso, alla fine del 1986, per effetto di articoli di stampa e di alcune delle citate iniziative parlamentari, che l'allora ministro dell'Interno, Scalfaro, aveva ordinato una nuova istruttoria agli organi di polizia;
che a una nuova richiesta di visto presentata all'inizio del 1987 da Bhagwan Shree Rajneesh si rispose (era ancora ministro dell'Interno l'onorevole Scalfaro) con la concessione di un visto di soli dieci giorni, con l'obbligo di sottoporsi a controlli di polizia durante il suo soggiorno in Italia e i suoi eventuali spostamenti nel nostro paese: limitazioni e controlli furono considerati inaccettabili dall'interessato che rifiutò di venire in Italia in tali offensive condizioni;
che Andrea Valcarenghi, detto Majid, membro della comunità sanyasi italiana, discepolo di Bhagwan Shree Rajneesh e membro della segreteria del Partito radicale, ha iniziato dal 25 aprile 1988 un digiuno, annunciando che lo sospenderà solo quando il governo avrà dato garanzia di rispondere entro una data certa alle interrogazioni parlamentari e alle petizioni presentate al Parlamento;
che in India Bhagwan Shree Rajneesh è un confinato di polizia, senza possibilità di muoversi nel proprio paese; che non risulta che gli siano contestai reati e che siano stati promossi contro di lui dei processi, né in India, né altrove; che dove gli furono contestati, come negli Stati Uniti, le Autorità giudiziarie rinunciarono a perseguirlo processualmente, in cambio dell'allontanamento dal territorio di quel paese; che peraltro dei reati più gravi commessi dalla comunità degli arancioni dell'Oregon, secondo quanto ha riferito la stampa, Bhagwan, lungi dall'essere stato l'autore, risulta essere stato la vittima;
che il rifiuto del visto al cittadino indiano Bhagwan Shree Rajineesh, oltre che una limitazione dei diritti di libera circolazione degli uomini e delle idee, costituisce una limitazione dei diritti dei cittadini italiani che, tramite le loro associazioni e i loro istituti culturali, lo hanno invitato in Italia a tenere conferenze, e dei cittadini italiani che, a torto o a ragione (torto o ragione su cui i giudizi non possono che essere del tutto soggettivi), si considerano suoi discepoli e lo reputano loro guida spirituale e maestro di vita;
che questi provvedimenti di polizia messi in atto dall'India e da altri Stati fra cui il nostro sembrano mossi esclusivamente dalla preoccupazione di limitare il diritto di parola e di diffusione delle idee di Bhagwan, per il fascino che egli esercita sui giovani e per il linguaggio crudo usato nei confronti delle chiese e degli Stati; se così fosse, le democrazie non possono avere paura né delle parole né delle idee e la Repubblica italiana, attraverso il suo governo e la sua polizia, non deve prestarsi ad avvallare l'opinione di una persecuzione politica o, peggio, di un complotto internazionale,
l'interrogante chiede di sapere quando sarà data risposta alle interrogazioni da tempo presentate sia alla Camera dei deputati sia al Senato e, in particolare, se si intende rimuovere gli impedimenti alla concessione del visto per l'ingresso in Italia a Bhagwan Shree Rejneesh e, in caso contrario, se si intenda motivare non in termini generici ma circostanziati e pertinenti l'eventuale rifiuto.
La risposta del Governo
Il senatore Spadaccia ha chiesto di conoscere quando verrà data risposta agli atti di sindacato ispettivo presentati alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica sulla mancata concessione del visto di ingresso in Italia al cittadino Bhagwan Shree Rajneesh e se si intendono rimuovere gli impedimenti al rilascio del visto stesso.
Prima di riferire sugli aspetti sostanziali che formano oggetto della richiesta odierna, ritengo doveroso svolgere qualche considerazione rapida in ordine ai profili di natura formale e procedurale adombrati in alcune parti dell'interrogazione cui mi accingo a rispondere.
E' convincimento dell'amministrazione dell'interno che la risposta agli atti di sindacato ispettivo costituisca un utile momento di riflessione e di verifica sui temi di grande rilievo, generalmente al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica nazionale. Mossa da questo intento, l'amministrazione ha sempre cercato di corrispondere alle richieste che provengono dal Parlamento, consapevole dell'importanza che un tale rapporto può rivestire per le istituzioni complessivamente considerate e per lo stesso rinvigorimento del vincolo fiduciario che deve legare l'Esecutivo alle Camere. Non credo possa muoversi al Ministero dell'interno il rilievo di volersi sottrarre al proprio compito e all'adempimento di riferire doverosamente al parlamento, in uno spirito di correttezza e di verità.
Tuttavia, se in alcuni casi si deve registrare qualche ritardo nei confronti delle Camere, in essi devono leggersi soltanto le difficoltà che l'amministrazione incontra quotidianamente nell'acquisizione degli indispensabili dati informativi -che richiede spesso una onerosissima opera istruttoria- e le difficoltà -da non sottovalutare- di far fronte con tempestività e puntualità all'elevatissimo numero di atti di sindacato ispettivo che le sono rivolti. Venendo all'episodio del cittadino indiano Bhagwan Shree Rajneesh, l'onorevole interrogante fa riferimento alla presentazione di due interrogazioni nella decorsa legislatura. Alla prima di esse, rivolta dallo stesso onorevole interrogante alla Presidenza del Consiglio dei ministri, venne fornita risposta dal Ministero degli affari esteri. La seconda, presentata il 17 febbraio 1987 dall'onorevole Rutelli, non ebbe risposta per l'intervenuta crisi di Governo e per lo scioglimento anticipato delle Camere.
Nell'attuale legislatura sono state presentate dal Gruppo federalista europeo ecologista due interrogazioni, entrambe rivolte al Ministero degli affari esteri, che alle stessi ha fornito risposta scritta l'11 maggio scorso. Al Ministero dell'interno risulta diretta soltanto l'interrogazione odierna, per la quale era già pronta la risposta scritta quando è intervenuta la sua trasformazione in interrogazione orale e ne è stato sollecitato formalmente lo svolgimento. In presenza di tale richiesta, il Ministero dell'interno ha manifestato subito la pronta disponibilità a rispondere all'interrogazione stessa nella prima seduta dedicata allo svolgimento di atti di sindacato ispettivo. Aggiungo che nel frattempo la 1· Commissione della Camera dei deputati ha esaminato, nella seduta di mercoledì 18 maggio scorso, la petizione n. 15, relativa alla vicenda del cittadino indiano. Tale discussione si è conclusa con una risoluzione, accettata dal governo come raccomandazione e approvata dalla Commissione.
Sulla questione sollevata dal senatore Spadaccia riferisco quanto risulta al governo sulla base delle informazioni assunte al riguardo e dagli accertamenti esperiti nei confronti del predetto cittadino straniero. Il 24 gennaio 1986, il cittadino indiano Bhagwan Shree Rajneesh chiedeva, tramite l'ambasciata d'Italia a Katmandu, un visto di ingresso di 30 giorni allo scopo di recarsi a Torino ove avrebbe dovuto tenere una serie di conferenze su invito dell'Istituto di bioenergetica e terapia neoreichiana. Dagli accertamenti allora svolti, erano emersi a carico del predetto precedenti penali in alcuni paesi stranieri; in particolare il Rajneesh aveva subito condanna a pena detentiva negli Stati Uniti ed al pagamento di una pena pecuniaria di 430.000 dollari per aver violato le leggi di immigrazione e naturalizzazione di quel paese.
Per tali ragioni, il 10 febbraio successivo veniva inscritto per respingimento nella rubrica di frontiera, misura di polizia volta ad impedire l'ingresso in Italia di cittadini stranieri a carico dei quali risultino pregiudizi di natura penale.
Nel febbraio 1987 il cittadino indiano presentava alla rappresentanza consolare a Bombay richiesta di un nuovo visto di ingresso per un soggiorno di 4 mesi per partecipare al 33· Congresso del Partito radicale e per tenere seminari e conferenze organizzati dall'istituto »Reich di Milano. Nella prospettiva che Bhagwan Shree Rajneesh potesse giungere in Italia erano pervenute segnalazioni varie, con le quali si chiedeva di evitare l'arrivo del predetto straniero, in considerazione della condotta tenuta dallo stesso nei paesi nei quali aveva soggiornato.
In presenza di tali fatti, venivano effettuati ulteriori accertamenti, che consentivano di verificare l'esistenza di precedenti penali a carico dello straniero in altri paesi ove aveva risieduto in precedenza e da alcuni dei quali era stato espulso.
Occorre precisare in proposito che l'ammissione di un cittadino straniero nel territorio nazionale è di per sè subordinata ad informazioni sulla personalità dello stesso ed è altresì chiaro che il permesso al suo ingresso viene preceduto -o dovrebbe essere preceduto- da una ponderata valutazione discrezionale di tutta una serie di circostanze suscettibili di influire sull'ordinato svolgimento della vita sociale. Nel caso in specie, comunque, nonostante il vasto movimento di opinioni contrastanti, tra le quali si erano dovuti registrare anche segnali di dissenso da parte di alcuni organi di stampa, si è ritenuto di concedere un visto limitato a dieci giorni. Da parte dell'onorevole interrogante vengono sollevate critiche in ordine alle particolari restrizioni che sarebbero state imposte al cittadino indiano durante la permanenza in Italia.
In proposito bisogna osservare che se riconoscere ad uno straniero libertà di movimento nel territorio nazionale corrisponde ai principi di uno Stato di diritto, qual è l'Italia, non meno rilevante, per esigenze di tutela dell'ordine pubblico, è svolgere attività di prevenzione e di vigilanza nei confronti degli stranieri, senza che questo rappresenti alcuna compressione della libera manifestazione dei relativi diritti.
D'altra parte è lo stesso testo unico della legge di pubblica sicurezza che attribuisce agli organi di polizia la facoltà di invitare in ogni tempo lo straniero ad esibire i documenti di identificazione di cui è provvisto.
Tanto premesso, debbo precisare che il permesso rilasciato non è stato utilizzato. Soggiungo che ad oggi non risulta pervenuta alcuna ulteriore richiesta di ingresso in Italia. Qualora, comunque, tale richiesta dovesse essere prodotta ritualmente, essa non mancherebbe di essere attentamente valutata dagli organi responsabili. La questione prospettata ripropone il problema della compatibilità dell'ingresso e della permanenza dello straniero nel territorio nazionale, con le indefettibili esigenze di salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica, concetto che deve essere inteso nel senso più ampio e comprensivo del termine.
E' bene precisare che non esiste in alcun caso un diritto soggettivo perfetto dello straniero ad entrare e a permanere in Italia, ma solo una facoltà riconosciuta allo Stato di concedere il permesso relativo. In tutti i casi, comunque, si tratta sempre di provvedimenti discrezionali, che possono presupporre ampie valutazioni, anche di ordine politico, per evitare e prevenire situazioni di pericolo.
In questa linea di condotta non può e non deve in ogni caso intravvedersi alcun intento di compressione dei diritti dello straniero, semmai è vero il contrario, come risulta dall'ampia elasticità con la quale il Ministero dell'interno ha sempre applicato in modo flessibile e duttile una legislazione, certamente carente, risaliente all'ormai lontano 1931.
In conclusione, ritengo piuttosto di dover sottolineare come sia sempre più indifferibile la necessità di disporre di aggiornate ed articolate misure legislative che regolino la materia dell'ingresso e del soggiorno degli stranieri in Italia, colmando i vuoti ed aggiornando il quadro normativo. Il problema costituisce un argomento sul quale si viene sempre più appuntando l'attenzione dell'opinione pubblica e degli organi di informazione divenendo ogni giorno di più un punto appassionante ed a volte caldo del dibattito politico e culturale presente nel paese anche in questi giorni.
E' quindi urgente ed indispensabile che venga ricondotto nelle sedi istituzionali, ove solo può essere trovata una regolamentazione volta a conciliare due opposte esigenze: quella di garantire il soggiorno e la permanenza in Italia di quei cittadini stranieri che risultino in regola con la legge, e quella, non meno indefettibile e rilevante, di inquadrare e risolvere con il dovuto rigore il problema di quanti giungano illegalmente nel nostro paese.
A questo compito tutti siamo chiamati con un impegno di sempre maggior responsabilità, richiamando la assoluta necessità di armonizzare la legislazione italiana a quella vigente nell'ambito comunitario, in vista anche delle scadenze del 1992, e nella più ampia società internazionale, e di adeguarla tempestivamente alle convenzioni internazionali liberamente sottoscritte dal nostro paese.
La replica
Spadaccia. Signor Presidente, mi dichiaro insoddisfatto della risposta, anche se ringrazio il sottosegretario per la puntualità e lo sforzo compiuto nel fornire una risposta motivata.
Sono insoddisfatto perché il sottosegretario ha dichiarato che esistono a carico del Rajneesh precedenti penali in diversi paesi e poi fa riferimento ad un precedente penale cui io stesso mi ero riferito nell'interrogazione: quello degli Stati Uniti d'America, seguito da un procedimento che non è stato -e qui correggo il sottosegretario- di espulsione, ma, secondo le modalità e le procedure del diritto penale americano, un procedimento concordato e contrattato fra l'imputato e l'autorità giudiziaria statunitense.
Inoltre non esiste alcun riferimento; certo, sappiamo delle espulsioni dalla Gran Bretagna e dalla Grecia, ma la caratteristica di queste espulsioni è che non sono state motivate da questioni di carattere giudiziario. So che esiste un'ampia istruttoria, ordinata a suo tempo dall'onorevole Scalfaro, presso gli uffici del Capo della polizia dello stesso Ministero dell'interno; se ci fossero state questioni di carattere giudiziario sarebbero state citate nella mia interrogazione. Questa è una conferma che ci troviamo di fronte all'assenza -tranne lo specifico caso americano, ricordato nella mia interrogazione e di cui lo stesso Rajneesh fu la vittima e non l'autore, di gran parte dei reati che gli vennero imputati negli Stati Uniti- di provvedimenti giudiziari.
Il sottosegretario si è riferito al dibattito avvenuto su una petizione presentata alla Camera dalla Commissione affari costituzionali, la quale ha approvato una risoluzione, accettata dal governo solo come raccomandazione, di cui la Commissione ha riconosciuto che l'opposizione e le restrizioni imposte alla concessione del visto al cittadino indiano Bhagwan Shree Rajneesh non hanno alcuna ragione di essere e violano il principio del diritto della libertà di movimento riconosciuto nel nostro paese.
Se il problema è formale, è chiaro che, appena ripresentata la richiesta del visto di entrata in Italia -il precedente visto di dieci giorni non è stato accettato, con una chiara motivazione politica: infatti, sia il Partito radicale, che aveva invitato il cittadini indiano Rajneesh a partecipare al suo congresso, che lo stesso cittadino indiano Rajneesh ritennero che la limitazione a dieci giorni e i controlli di polizia fossero offensivi- ci adopereremo perché ciò avvenga.
Tuttavia avrei voluto che lei chiarisse che nel procedere si ottempererà alla risoluzione della Camera e questa volta non si opporranno limitazioni e controlli che sono inammissibili e intollerabili in questo paese perché -a torto o a ragione- i discepoli di Bhagwan e una parte della cultura italiana che si oppone all'ingresso di Bhagwan in Italia, perché mettono paura le sue opinioni, il suo linguaggio dissacratorio e -soltanto il linguaggio- a volte violento nei confronti delle autorità dello Stato e della chiesa e la sua capacità di attrazione sui giovani. Se una democrazia ha paura delle idee e della parola, è una democrazia molto debole e non credo che sia questa la situazione dello Stato italiano e neppure della chiesa italiana che certamente non può avere paura di parole di dissenso e di critica, per quanto aspre.
Sono più preoccupato per le espressioni generali in cui lei ha voluto inquadrare la situazione specifica. Come purtroppo è vero, lei ha voluto sottolineare che siamo ancora fermi alle leggi fasciste ed è grave che ci accingiamo a rivedere queste leggi nel momento in cui un'ondata del tipo razzista dalla Francia sta infettando l'Italia. E' molto grave. Quando lei sottolinea -giustamente in base a un diritto fascista, ma non in base alla Costituzione- che i cittadini stranieri non hanno diritto, ma soltanto facoltà soggette ad una indiscriminata volontà discrezionale dell'autorità di pubblica sicurezza, lei dice una cosa grave perché ciò contrasta con la Costituzione e i principi fondamentali dei diritti dell'uomo nei quali tutti dovremmo riconoscerci.
Lei sente il bisogno di chiarire che questo non comporta una compressione di tali diritti, ma si contraddice necessariamente perché poco prima ha detto che non di diritti si tratta, ma di facoltà sottoposte al potere discrezionale e insindacabile dell'autorità di pubblica sicurezza. Certamente nel sostenere che questi diritti non sono molto complessi, lei vanta l'elasticità con cui l'amministrazione si comporta, ma l'elasticità è caratteristica di ogni discrezionalità e contrasta con la certezza e con la garanzia dei diritti.
Mi auguro, e mi auguro davvero, che le interrogazioni vengano accolte e questa volta il governo possa comportarsi come un governo che non ha paura delle persone, delle parole e delle idee. Io stesso, nel sollecitare questa battaglia che interessa da vicino anche iscritti al mio partito, ho detto che non condivido molte delle idee di Bhagwan. Mi trovo però in difficoltà a combattere idee di una persona che oggi è al confino di polizia in Italia, e ho fatto prima riferimento a Voltaire perché credo che le idee si possano non condividere, ma che bisogna comunque battersi perché si possano esprimere.