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Petrella Carlo - 14 febbraio 1989
Droga: Proibire significa mitizzare.
Carlo Petrella

Sociologo, Comunità BAN, Napoli

SOMMARIO: L'autore racconta la vicenda della chiusura della Comunità BAN di Napoli. L'accanimento sulle sostanze, la persecuzione fanatica non libera nessuno, e proibire la droga significa mitizzarla. Bisogna impegnarsi per "un'era giuridica che ami la tolleranza", che rispetti e tolleri le "droghe" degli altri.

(Atti del Convegno "No alla legge governativa sulla droga, repressiva, illiberale, ingiusta", Roma 14 febbraio 1989)

Io rappresento un'iniziativa distrutta dalla magistratura, e sono qui per raccontarvi cosa succede con la legge nuova: la mia vicenda ha un po' anticipato una tendenza che è già nell'aria. Noi respiriamo un'aria molto pesante. Questo Stato, il nostro Stato comincia ad avere nostalgia di repressione, di persecuzione; ritorna la voglia di fare crociate, di costruire gabbie, c'è una voglia matta di chiudere la gente e c'è voglia di trasformare gli uomini in angeli e madonne.

La distruzione di Ban si può spiegare solo così; Ban è questa mia esperienza di Torre Annunziata, sulla fascia costiera di Napoli; con questa esperienza è prevalsa la legge del metadone sulla legge delle persone. La storia di questo presidio pubblico era una piccola storia di liberazione, di democrazia e di apertura, cercavamo ogni giorno per noi e per gli altri la conquista di piccoli pezzi di libertà.

Credevo e credo che il lavoro a fianco di un giovane "scassato" non sia quello di disintossicarlo, né di scatenare una guerra tra lui e la roba; forse è solo quello di aiutarlo ad aprirsi, a diventare un cittadino del mondo e non il cittadino di una caverna.

Questo accanimento sulle sostanze, questa persecuzione fanatica non libera nessuno, ma crea soltanto i giganti; mitizzare non è e non deve essere il nostro mestiere: la mitizzazione non fa che confermare l'illusione che il drogato si è costruito; proibire uguale a mitizzare.

Ho sentito con rabbia, in un intervista al "Mattino" di Napoli che il ministro Jervolino diceva queste precise parole: "Io odio il metadone". Così parla soltanto una mamma coraggio, non un ministro: non ha senso demonizzare una sostanza per farla diventare protagonista.

Io non ho mai creduto a strategie terapeutiche che fanno il loro perno sulle sostanze benedette o maledette; dico benedette o maledette perché le droghe non si dividono in legali o illegali, ma in benedette o maledette, e a stabilire se sono benedette o maledette, non sono gli spacciatori, ma i nuovi preti, i nuovi religiosi, i nuovi fanatici.

Dobbiamo impegnarci per un'era giuridica che ami la tolleranza, dobbiamo arrabbiarci quando si distrugge una trincea in nome del

metadone. Sì, Ban in fondo è stato distrutto soltanto perché noi non facevamo altro che portare del metadone a casa di ragazzi tossicodipendenti in terapia. Il metadone trasportato - dicono - è un metadone illegale.

Lì, in quella trincea di Torre Annunziata, non ha perduto solo Ban, ma avete perduto anche voi: ha perduto la civiltà, ha perduto la democrazia. Dobbiamo chiedere la tolleranza e il rispetto per la droga degli altri: io non lo so perché ci si droga, ma certamente chi si droga è uno che soffre, che si aggrappa ad una sostanza per sopravvivere; il drogato non è un gaudente, è un sofferente; la droga non è una scelta, ma è un caso, la droga non è nella testa, ma nel cuore.

Il drogato è uno strano innamorato, non di una persona, ma di una sostanza; se è così, a nessuno è permesso, neppure a una legge, di sottrarre ad un naufrago la sua zattera, di proibire ad uno che non sa nuotare il suo salvagente, a chi non riesce a camminare non è possibile, non è giusto, non è corretto proibire la sua stampella.

Se è così non ha senso parlare di carcere, di comunità, di luoghi chiusi, di definizioni morali, di etichette; se è così, c'è spazio solo - uno spazio infinito - per lottare, perché gli uomini, l'umanità sia libera di cercare le sue droghe per sopravvivere; se è così, va immaginata una legge elementare che indichi alvei, contenitori elastici per ospitare chi è portatore di una domanda impazzita di droga.

Tenete conto che è mia convinzione che tutti quanti noi abbiamo dentro una domanda di droga: per i drogati, questa domanda è diventata una domanda impazzita, solo questo.

Dico contenitori elastici, non strutture elefantiache, pesanti, gabbie, ho paura di una legge che costruisce delle gabbie; io sono molto pessimista: noi, anche voi, abbiamo perduto.

Ho visto sotto i miei occhi e sulla mia pelle giudici della Procura di Napoli distruggere un'esperienza pulita, autentica, dove si respirava aria di successo e di democrazia.

Ho visto istituzioni dello Stato distruggere una trincea dove si lottava la criminalizzazione dei drogati, la smitizzazione delle droghe; quella trincea è stata chiusa, con il silenzio complice di molti di quelli che oggi propongono una legge nuova.

C'è una strana ipocrisia che io voglio denunciare: non si è credibili se non si difendono i luoghi di democrazia; per quanto mi riguarda la legge nuova è già stata approvata e messa in pratica, essa ha già realizzato le sue vittime: la mia esperienza ne è un triste segnale.

 
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