SOMMARIO: I radicali iscritti al Psdi spiegano, in occasione del Congresso socialdemocratico di Rimini, le ragioni della loro decisione: per costruire una casa comune del riformismo che sappia ospitare e valorizzare le differenti famiglie socialiste.
(Notizie Radicali n· 55 del 13 marzo 1989)
Compagne e compagni del Psdi,
per vostra e nostra decisione abbiamo oggi la tessera del sole nascente.
Ne siamo onorati e la sapremo onorare, se necessario con una difesa intransigente e radicale delle ragioni e delle speranze che essa ha rappresentato e ancor più potrà rappresentare.
E' stata una scelta lungamente maturata, non facile, compiuta in un momento difficile.
Perciò, forse, ha suscitato un'inattesa comprensione e simpatia, non soltanto nel Pr e nel Psdi.
Perciò, forse, si è sin dal primo momento capito quel che oggi ci appare - e ci auguriamo appaia - come un atto limpido, per ciascuno e per tutti.
La nostra tessera non è uno di quegli eccessi di originalità che ci vengono a volte rimproverati, né una mera testimonianza - magari generosa ma limitata - né una semplice buona azione, pure significativa, di solidarietà e amicizia.
Non abbiamo chiesto la tessera del Psdi neppure in ossequio ai troppi trasformismi e opportunismi imperanti, dei quali secondo l'opinione generale difettiamo. Non è una tessera presa "contro" qualcuno: né contro qualcuno del Psdi o del Pr, né contro altri uomini o forze politiche. Consentiteci infine di dirvi che queste tessere non sono il sintomo di una "crisi" del Partito radicale: come tanti altri grandi e piccoli partiti anche il Pr potrebbe onorabilmente sopravvivere per decenni, nutrito da finanziamenti pubblici garantiti e sempiterni, legittimato da modeste ma consolidate percentuali elettorali.
Per noi, per la nostra vicenda personale e politica, questa sarebbe stata e potrebbe essere la via più facile e naturale. Ne abbiamo scelta un'altra. E se la nostra tessera del Psdi non è tutto ciò, allora è un atto di volontà politica, compiuto con una fiducia nel dialogo con voi che è almeno pari alla fedeltà alle nostre idee.
Se dunque ci siamo iscritti al Psdi e siamo pronti ad esserne dei militanti, come siamo e più che mai rimaniamo militanti del Partito radicale; se abbiamo partecipato alla decisione del Partito radicale di "mettere in crisi" se stesso con la scelta di abbandonare i tradizionali panni di "partito nazionale" e conseguentemente di non presentare più liste di partito alle elezioni, lo abbiamo fatto in nome di una più forte speranza, di progetti politici più efficaci e ambiziosi, capaci di far crescere anche con voi le ragioni dell'unità e nuove forme di impegno civile e democratico.
Compagne e compagni del Psdi,
se guardiamo a voi non è per caso.
Se esiste, come esiste, un razzismo violento della politica di potere e dei grandi potentati dell'informazione italiana, voi ne siete una vittima privilegiata.
Almeno in questo conosciamo la stessa violenza, in una certa misura ne siamo perciò vaccinati.
Persino da sinistra vi hanno addebitato tutti i torti, meritati o immeritati che fossero, anche perché quarant'anni fa avete avuto il Grande Torto di avere ragione: e con il coraggio di restare isolati e disprezzati avete salvato la prospettiva democratica di tutta la sinistra, impedendole errori tragici.
A noi oggi non interessa chi in nome delle vostre ragioni e verità esige le altrui revisioni storiche e ideologiche senza saperle chiedere neppure a se stesso. Noi crediamo che le antiche speranze di Gobetti e Salvemini, di Silone e Calosso, del liberalsocialismo e del socialismo democratico siano quanto di più attuale e intelligente vi sia per l'Italia d'oggi.
Non abbiamo alcuna revisione da compiere. Ci tocca il ben più arduo compito di comprendere come queste antiche speranze possano trasformarsi in concreto progetto politico per il nostro tempo, con chi tentare di realizzarlo, quale rinnovato strumento politico possa accoglierlo con rispetto e tolleranza. Perciò guardiamo a chi ha avuto e può avere il coraggio di andare avanti con coerenza, avanti anche per il compagno che abbandona o che sbaglia ed anche al prezzo di restare isolati pur di conquistare - dopo 40 anni - una prospettiva di vera alternativa di governo per tutte le famiglie del riformismo e della sinistra italiana.
Dagli anni nei quali Saragat e il Psdi ebbero fortunatamente ragione è passato molto tempo. In Italia è cambiato tutto. Raramente al mondo si è visto un paese capace di trasformarsi così rapidamente da ogni punto di vista. Ma mentre per affrontare tutte le sfide della nostra epoca occorre ormai ragionare di Stati Uniti d'Europa, il sistema politico italiano è rimasto identico a se stesso.
E' usurato da quarant'anni di sostanziale immobilismo, assurdamente avvinghiato a se stesso dinnanzi a una società che preme, dominato da una logica di autoconservazione sempre più palesemente inadeguata.
Vi sono oggi il coraggio, le intelligenze, le risorse per generare una piena e compiuta democrazia italiana, per affermare i principi dello Stato di Diritto e della Costituzione repubblicana, per ripristinare regola e fiducia fra cittadino e potere pubblico?
Occorre lavorare, provare, verificare. Occorre, necessariamente nell'arco di mesi e non di lustri, rendere moderno ed europeo il nostro sistema politico. Ecco perché vanno a nostro avviso incoraggiate - piuttosto che ostacolate o guardate con diffidenza - le spinte che percorrono i partiti laici e il mondo ambientalista, volte a costruire poli politici coerenti con tale obiettivo. Una forte alleanza laica potrà meglio difendere valori che sono anche nostri, un soggetto politico verde maturo e responsabile potrà con efficacia coniugare le esigenze di sviluppo e diritto alla vita avvertite come priorità dalle società contemporanee. Ma soprattutto, in questa direzione, è aperta la prospettiva della rifondazione e di una nuova unità della sinistra. Questo è il vero perno della trasformazione europea del sistema politico italiano. In questo processo il ruolo del Psdi è non solo necessario ma indispensabile, dinanzi alla difficile e affascinante prospettiva della ricomposizione della scissione di Palazzo Barberini
e soprattutto delle fratture storiche di Genova e di Livorno.
A questo processo è indispensabile un partito inequivocabilmente socialista ed altrettanto inequivocabilmente ancorato ai valori democratici e occidentali. Ma, soprattutto, è indispensabile un partito determinato e risoluto a costruire il Rassemblement della sinistra: ossia una casa comune ispirata al modello federativo e laburista, sino ad oggi negato e impedito in Italia dagli schemi leninisti, morandiani, socialburocratici che hanno dominato e asfissiato le organizzazioni della sinistra.
La casa comune del riformismo o saprà infatti ospitare e valorizzare tutte le differenti famiglie che la compongono, nella consapevolezza che le diversità possono essere una grande ragione di forza, o sarà destinata ad una nuova, storica sconfitta.
La sinistra ha necessità di ringiovanirsi per essere adeguata alla nostra era e per assicurare in Italia l'alternativa di governo.
Come potrà farlo se non si libera e non si apre, se non consente il germogliare dei suoi cento fiori e il crescere di mille diverse energie, se non comprende che l'unità si costruisce solo con la tolleranza, sia al proprio interno che nei confronti dei propri compagni di strada?
Solo in questo spirito, in questa casa comune possono trovare il loro posto quanti intendono attualizzare la cultura e l'azione liberalsocialista, che da Salvemini a Rosselli e ad Ernesto Rossi ha saputo proporre soluzioni ancora oggi fra le più attuali e vive per le esigenze di giustizia e libertà di una moderna democrazia.
Certo, nessuno può e deve illudersi di far crescere e unificare la sinistra con la prepotenza che mira a ridurre il proprio partito, i propri alleati, i mezzi di informazione e le stesse istituzioni repubblicane ad aridi deserti di riflessione e di dibattito. Occorre ben altro, per federare i riformisti, per unire la sinistra, per conquistare l'alternativa di governo.
Ecco perché è necessaria la presenza, l'iniziativa del Psdi.
Partito che ha fatto per anni da capro espiatorio della partitocrazia italiana, partito linciato da giornalisti e intellettuali cortigiani muti dinanzi a grandi vergogne di regime, partito che perciò potrebbe trovare in sé la forza di porre in forti termini politici proprio quella "questione morale" in nome della quale lo si voleva immolare, partito che ha saputo in questi mesi resistere ai non limpidi tentativi di liquidarlo sommariamente, oggi il Psdi può guardare a testa alta tanto al suo passato che al suo futuro, alle prospettive che si dischiudono.
E' indispensabile alla sinistra e al dibattito che la percorre un partito anche piccolo, ma tenace e coraggioso per la consapevolezza del proprio ruolo politico.
Un partito che incoraggi il Pci lungo la strada del proprio rinnovamento e dell'abbandono delle prassi consociative e che aiuti il Psi a cogliere questa occasione storica, a non commettere quegli errori altrettanto storici nei quali pare incorrere. Non si costruisce lo schieramento dell'alternativa e l'unità della sinistra isolandosi e trasformando i propri compagni in avversari. Non si compete con la DC solo sul piano del potere: è una lotta vana, pagata col prezzo dell'abbandono degli irrinunciabili valori dell'umanesimo laico e socialista. Non ci si afferma come forza del cambiamento reale se i propri disegni egemonici conducono a un trasformismo ormai pagato dal paese in termini di libertà, di concreti diritti civili a fatica conquistati, di speranze di socialismo piegate e sacrificate sull'altare di esigenze tattiche e interessi di bottega.
E' insomma indispensabile un partito libero e aperto, capace di aiutare gli altri partiti e la sinistra intera a liberarsi ed aprirsi.
E' un compito non meno difficile di quello che ai socialdemocratici toccò quarant'anni fa, e che forse - nell'immediato - comporterà le stesse dolorose conseguenze.
Ma se questa è una pena alla quale il Psdi sembra condannato, possiamo ben dire che è una pena che vale.
E' anzi una pena preziosa. E se questa è la strada che voi, compagni socialdemocratici, intendete intraprendere, non esiteremo a percorrerla insieme.