Intervista ad Otto d'Asburgo di Alessandro AmatiSOMMARIO: Otto d'Asburgo, parlamentare europeo e nipote di Francesco Giuseppe, ha accettato di registrare un'intervista per Radio Radicale. L'anziano principe ereditario, nel cui sangue si mischiano le dinastie di mezza Europa, è stato recentemente indicato da una rivista americana come possibile presidente della Repubblica ungherese, una volta che questo paese abbia compiuto il suo percorso verso la democrazia. La notizia è poi stata in qualche modo ridimensionata; resta il fatto però che in una recente visita di Otto d'Asburgo in Ungheria la gente ancora si inginocchiava al suo passaggio.
(Notizie Radicali n· 66 del 25 marzo 1989)
D: La prima domanda è la seguente: il nostro paese ha votato una legge per la quale si indirà un referendum consultivo in occasione delle prossime elezioni europee per dare poteri costituenti al prossimo Parlamento europeo. Come giudica questo fatto?
R: Come lei sa ho firmato la risoluzione del Parlamento europeo a sostegno di questa proposta. Credo che sia una fortuna per tutti noi che l'Italia sia stata la prima a seguire l'idea del mio amico Marco Pannella e la prima a fare qualcosa per questa decisione costituzionale.
D: E qual è l'importanza e il significato dell'unione politica dei Dodici?
R: Credo che dal momento che si dovranno prendere comunque decisioni politiche anche nell'Europa del '92, sia totalmente assurdo procedere come abbiamo fatto sin'ora; questa è una mera illusione e pertanto è una misura di realismo politico da prendersi al più presto.
D: Perché, a suo giudizio, c'è tanto divario fra l'Europa dei mercati e l'Europa dei popoli? Perché l'Europa delle grandi holding finanziarie è così avanzata rispetto all'Europa politica?
R: E' una sorta di debolezza originaria dell'Europa, che era tuttavia indispensabile. Io conoscevo, per fare un esempio, il cancelliere Schumann molto bene prima della Comunità del Carbone e dell'Acciaio. E allora egli stesso fu molto esitante se cominciare con un accordo economico oppure no, ma lo dovette fare perché si era troppo vicini alla II guerra mondiale, le ferite erano ancora sanguinanti, e quindi pensava che la Germania non era ancora matura per essere inclusa in un'unione politica. Da allora molte altre considerazioni sono intervenute e direi che la più importante è che le burocrazie nazionali si sono sempre opposte a un'unione politica, perché le avrebbe - come dire - indebolite nella loro politica interna.
D: L'Europa unita potrebbe avere un ruolo molto importante nel processo di democratizzazione nell'Europa dell'est ma non solo: anche per quello che riguarda il sud del mondo. Non crede?
R: Esatto, sono totalmente d'accordo con lei. Se riusciremo a fare un'Europa politica, l'impatto sull'Europa centrale e dell'est sarebbe enorme. Questi popoli, e lo dico per esperienza personale, hanno il massimo interesse a far parte della Comunità europea al più presto possibile. In un certo senso, e mi riferisco all'Ungheria, sono quasi più europei di qualche stato già membro. Di conseguenza una Comunità politicamente attiva potrebbe avere una tremenda forza di attrazione.
D: Lei dice che c'è qualche Stato membro della Comunità che non è tutto sommato un buon europeo. Si riferisce a qualche stato in particolare?
R: Ce ne sono molti che predicano bene e razzolano male. Non parlo dei popoli ovviamente, ma delle burocrazie nazionali.
D: Cosa pensa del processo di democratizzazione in Ungheria?
R: Il popolo lo vuole e sta fortemente premendo per questo. Vi sono ovviamente alcune strutture del vecchio partito dominante che si oppongono; ma a meno che non vi sia un'ingerenza diretta dell'Unione Sovietica, il processo verso la democrazia è irreversibile.
D: Sembra però improbabile, allo stato, che il popolo ungherese debba temere un intervento diretto, militare da parte dell'Unione Sovietica di Gorbaciov; non crede?
R: Certo. Non dimentichiamo però che ci sono ancora 62.000 soldati sovietici in Ungheria, che pesano sulla bilancia politica; pesano molto. C'è ancora il ricordo del '56 negli ungheresi, che guardano fuori dalla finestra e vedono i soldati sovietici.
D: Il Partito radicale ha deciso - e c'è riuscito - di svolgere il proprio congresso a Budapest. Cosa ne pensa?
R: Penso che sia davvero una grande idea, l'approvo totalmente, ed è un sostanziale passo in avanti per il progredire degli ideali democratici. Gli auguro ogni successo.
D: E' la prima volta che un partito politico di un paese occidentale tiene il proprio congresso in un paese dell'est.
R: Esatto. E' veramente una grande idea e prova che avete una fervida fantasia.
D: Alcune voci di stampa - una rivista americana in particolare - la accreditano come il prossimo, il primo presidente della Repubblica democratica ungherese. Ha qualcosa da dire in proposito?
R: Qualcuno lo vorrebbe, lo so. Ma credo di poter svolgere una funzione migliore come parlamentare europeo, piuttosto di avere ruoli nella politica interna ungherese. Potrei cambiare idea solo se ciò fosse utile per la democratizzazione dell'Ungheria e per la riunificazione dell'Europa. Ma al momento credo che il mio ruolo per questo sviluppo sia essenziale nel Parlamento europeo.
D: Lei si considera tuttora l'erede al trono della dinastia degli Asburgo.
R: Beh no, non nel senso dinastico. Mi sento coinvolto in quanto accade in Ungheria ma solo perché mi sento cittadino d'Europa.
D: L'ultima domanda vuole riguardare il problema droga. Come lei certamente saprà il Partito radicale e Marco Pannella stanno lanciando la proposta di legalizzazione delle sostanze psicotrope. Anche su questo vorremmo da lei un giudizio.
R: Le dirò francamente che per quanto mi senta amico di Pannella e per quanto condivida alcune sue idee, tanto sono in disaccordo con lui su questa proposta.
D: Ma non crede che potrebbe essere l'unico metodo per fermare il traffico illegale della droga con tutto quello che tale traffico comporta?
R: Non lo credo. Alcune misure, specialmente in un'ottica di riunificazione anche giuridica dell'Europa, sono necessarie. Questo disaccordo con Pannella non significa che non sia amico di Pannella.