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Meuwese Stan, Heering Aart - 1 giugno 1989
Droga: Il caso olandese
Stan Meuwese e Aart Heering

SOMMARIO: Gli autori descrivono la politica olandese in materia di droga. Hashish e marijuana sono depenalizzati. La politica in materia di eroina e cocaina è invece un compromesso tra la guerra contro la droga e la legalizzazione della droga, e si basa su due concetti: normalizzazione e prevenzione. I risultati di questa politica sono stati finora positivi: si è stabilizzata la criminalità, mentre il numero dei tossicodipendenti è rimasto stabile e sembra destinato a diminuire.

(Mondoperaio num.6 - giugno 1989)

Nelle discussioni sul problema della droga in Italia si è fatto più volte riferimento alla politica "permissiva" adottata dal governo olandese. Riteniamo utile spiegare al pubblico italiano il contesto e i risultati di questa politica, non perché crediamo di poter insegnare qualcosa, ma solo per apportare alcuni elementi che potrebbero esser utili ai fini del dibattito.

La politica olandese in materia di droga, che gode dell'appoggio dei maggiori partiti politici, è stata elaborata fin dal 1974 da un dipartimento del ministero per il benessere, la salute e la cultura. A partire dal 1982 le attività di questo dipartimento sono state estese al problema dell'alcool e dal 1986 comprendono anche quello del tabacco. Considerando che negli ultimi anni 18.000 olandesi sono morti per motivi legati in parte al fumo, 2.000 per abuso di alcool e solo 64 a causa dell'eroina e della cocaina, si ritiene illogica una campagna che abbia come unica mira la tossicodipendenza.

La politica olandese non è "una crociata contro il flagello della droga" ma è caratterizzata piuttosto dalla ricerca di soluzioni pratiche, partendo dal presupposto che un fenomeno che esiste da una ventina d'anni non può essere sradicato da un giorno all'altro ma può essere arginato. Eddy Engelsman, direttore del dipartimento per la politica in materia di alcool, droga e tabacco, ha recentemente spiegato che "gli olandesi, essendo sobri e pragmatici, preferiscono un approccio realistico e pragmatico ai problemi legati alla droga, piuttosto che un approccio moralistico e drammatizzato all'estremo. Quello della droga non dev'essere considerato come un problema che riguarda aprioristicamente la giustizia e la polizia: si tratta innanzitutto di una questione di salute e di benessere sociale."

L'atteggiamento tollerante nei confronti della canapa è da ricondursi a questa mentalità pragmatica. La legislazione del 1976 in materia di droga distingue tra derivati della canapa (hashish e marijuana) e "droghe che comportano rischi inaccettabili", in primo luogo l'eroina e la cocaina. I primi non sono legalizzati ma le pene massime per spacciatori e consumatori sono basse: per una quantità non superiore ai 30 grammi la pena massima è di un mese di detenzione o una multa di 3 milioni di lire. In realtà l'uso di questi prodotti non viene più perseguito da quando è stata introdotta la legge, e la vendita è consentita in numerosi centri giovanili e caffè. La polizia interviene solo quando esiste il sospetto che in questi locali vengano spacciate anche droghe pesanti - cosa molto rara - o si evadano le tasse. In questo modo, il ministro della giustizia cerca di separare il mercato e anche l'ambiente sociale delle droghe leggere da quelli delle droghe pesanti. Ciò è molto importante perché non si muore fumando

uno spinello, mentre l'uso dell'eroina può essere mortale. Una politica che tende a criminalizzare i consumatori di droghe leggere allo stesso modo di quelli di droghe pesanti rischia di contribuire all'avverarsi della teoria secondo la quale l'uso dell'hashish sarebbe inevitabilmente un primo passo verso l'eroina.

E' ovvio che la decriminalizzazione dell'hashish e della marijuana non significa un invito a farne uso. Al contrario, in tutte le scuole elementari e secondarie gli alunni vengono informati in modo sobrio e realistico circa i rischi del consumo di droghe pesanti e leggere, di alcool e di tabacco, e si è visto che la liberalizzazione di fatto dell'hashish e della marijuana non ha condotto a un aumento del consumo. Al contrario: se nel 1976 il 3% dei quindicenni e sedicenni olandesi e il 10% dei diciassettenni e dei diciottenni fumava ogni tanto uno spinello, nel 1985 queste cifre erano scese rispettivamente al 2% e al 6%. Diminuisce anche il consumo del tabacco; quello dell'alcool purtroppo non dà segni di flessione. Ciò dimostra non solo che i frutti proibiti sono quelli più ambiti, ma anche e soprattutto che in genere i giovani hanno abbastanza senso di responsabilità per poter gestire la libertà di scelta di cui dispongono. Contrariamente a quanto si ritiene spesso all'estero, la politica olandese in mater

ia di hashish e di marijuana non è una semplice politica di "laissez faire", ma una scelta pratica e ben ponderata che si è rivelata efficace.

La politica in materia di eroina e di cocaina è basata sullo stesso approccio pragmatico, ed è in fondo un compromesso tra la guerra contro la droga e la legalizzazione della droga. Finora non esiste una maggioranza in Parlamento a favore della legalizzazione di tutte le droghe, da un lato per motivi di natura morale, dall'altro perché l'Olanda è vincolata da accordi internazionali e perché la legalizzazione unilaterale potrebbe comportare un'ondata di turismo non gradito. Una politica spietata che consideri illegale ogni forma di uso di stupefacenti potrebbe invece condurre all'aumento dei furti, della violenza, della paura e di malattie come l'Aids. Per questo motivo l'interpretazione della legge è molto più elastica per i consumatori rispetto ai trafficanti. La polizia e la giustizia cercano di paralizzare il traffico degli stupefacenti e le pene previste per i (grossi) trafficanti non sono molto più leggere rispetto a quelle inflitte nei paesi vicini. Si tende invece a lasciare indisturbati i consumatori

purché non trasgrediscano la legge in un altro modo. In molti casi, un tossicodipendente che ruba - e dimostreremo in seguito che non è una cosa inevitabile - può scegliere tra la detenzione e il ricovero in una clinica di disintossicazione; nel caso sia recidivo, invece, non gli verrà più offerta questa scelta. Del resto, il governo olandese rigetta ogni forma di ricovero coatto, che gli esperti considerano in genere come uno spreco inutile di denaro e di energia.

Gli obiettivi principali della nostra politica si possono riassumere in due concetti: la "normalizzazione" e la "prevenzione". Engelsman ha chiarito in modo efficace il legame tra questi due aspetti: "Uno dei paradossi della criminalizzazione è quello di idealizzare i consumatori di droga. Ci sono giovani che sono attratti dall'eccitazione provocata da uno stile di vita deviante. E' difficile trovare una condizione che attiri tanto l'attenzione della società quanto quella del drogato. La polizia lo bracca; gli assistenti sociali si contendono i metodi migliori di trattarlo; chi lavora nel campo dell'informazione e della prevenzione cerca o di metterlo in guardia o di fargli paura; alcuni politici considerano il tossicodipendente come il flagello del XX secolo e la popolazione ha paura di lui. Come ottenere più attenzione di così? La prevenzione, per essere efficace, deve invece eliminare il fascino e l'idealizzazione infondata che suscita il drogato. Il fenomeno della droga dev'essere spogliato dei suoi aspe

tti sensazionali ed emotivi per prestarsi meglio ad una discussione aperta. La vita del tossicodipendente va demistificata, e la sua attrattiva ridotta."

Secondo il principio della normalizzazione, la tossicodipendenza non va quindi vista come un fenomeno sensazionale, ma come un problema sociale al pari di tanti altri. Negli anni settanta, l'assistenza mirava soltanto alla disintossicazione, e chi non voleva o non poteva far a meno della droga finiva per essere sempre più isolato. La speranza che ogni tossicodipendente potesse essere "guarito" si è rivelata vana; per questo motivo, la politica governativa degli anni ottanta mira sempre di più a consentire ai tossicodipendenti di funzionare all'interno della società. Ciò significa che la prevenzione primaria è stata sostituita da quella secondaria e terziaria, cioè da un'assistenza finalizzata a evitare ulteriori danni per l'individuo e per la società.

Il fatto che il governo consideri la tossicodipendenza come una realtà (provvisoria) non significa che abbandoni i tossicodipendenti; al contrario, questa politica consente di mettere a punto un variato programma che comprende consultori medici e sociali, centri di ricovero, d'incontro e di disintossicazione, assistenza nella ricerca di lavoro e di alloggio, distribuzione di siringhe pulite (contro l'Aids) e di metadone. Da otto anni esistono in Olanda i sindacati dei drogati, riconosciuti dalle autorità locali e nazionali come partner nelle trattative. Essi hanno accesso a gruppi che non possono esser raggiunti da nessun organo ufficiale, fatto che assume particolare importanza nell'ambito della lotta contro l'Aids,. Il ministero del benessere accorda a questi sindacati sussidi per la diffusione di materiale informativo sul "sesso sicuro" e sull'uso "senza rischio" (non endovenoso) di droghe. Il numero relativamente basso di tossicodipendenti sieropositivi - circa il 30% ad Amsterdam e solo il 3,6% nelle ci

ttà minori - va attribuito tra l'altro a questa collaborazione tra le autorità e i drogati organizzati.

I risultati della politica di normalizzazione com'è stata condotta finora sono prevalentemente positivi. Non solo si è stabilizzata fin dal 1984 la criminalità registrata, ma anche il numero di tossicodipendenti (tra 15.000 e 20.000 su una popolazione totale di 14 milioni, di cui fra 4.000 e 7.000 nella sola città di Amsterdam) è rimasto stabile da una decina d'anni e sembra perfino destinato a diminuire. Solo tra le minoranze etniche e gli stranieri che soggiornano illegalmente nel nostro paese il numero di tossicodipendenti continua ad aumentare, ma, più ancora che per la popolazione autoctona, la tossicodipendenza per questa categoria va considerata come una conseguenza piuttosto che come una causa della situazione in cui vive; la soluzione di questa problematica va quindi cercata prevalentemente fuori dal quadro della lotta contro la droga. Altro fatto importante è la variazione dell'età media dei tossicodipendenti. Ad Amsterdam, l'età media è passata da 24 a 31 anni tra il 1978 e il 1988, mentre la perc

entuale di tossicodipendenti di età inferiore ai 21 anni è scesa dal 14,4% nel 1981 al 4,8% nel 1987. L'uso di cocaina è relativamente basso: solo lo 0,6% degli abitanti di Amsterdam ne usa qualche volta (1987), e il "crack" è praticamente inesistente. Considerati anche gli sviluppi preoccupanti in altri paesi europei, sembra che la politica di normalizzazione e di oculata tolleranza in Olanda non abbia condotto all'aumento dell'uso di stupefacenti.

Il fatto che la politica "permissiva" sopra descritta abbia dato i suoi frutti in Olanda non significa automaticamente che essa potrebbe esser attuata tal e quale in altri paesi. Infatti, la politica olandese è ancorata in un sistema di sicurezza sociale efficiente e in una tradizione secolare di tolleranza nei confronti di chi vive o pensa diversamente. Inoltre, il tossicodipendente olandese "sta relativamente bene",. Vogliamo dire che il ristagno della domanda di eroina ha determinato un prezzo più basso e una qualità migliore di questo prodotto rispetto ad altri paesi europei. Per procurarsi la dose quotidiana bastano 30-40 mila lire, cifra non proibitiva per chi lavora e perfino per il disoccupato che riceve un sussidio minimo di 700.000 lire al mese: basta quindi per permettersi di comprare la droga senza esser costretti a rubare o a spacciare. Inoltre, l'eroina non tagliata si può fumare invece di iniettarla - il 60% dei tossicodipendenti olandesi usa questo sistema (si tratta di droga che viene riscal

data fino al momento in cui evapora, dopo di che si respira il fumo) -, il che consente di evitare il rischio dell'overdose o dell'Aids.

Alla luce di quanto esposto, appare ancor più degno di attenzione il fatto che per la maggior parte dei giovani la droga abbia perso da noi il suo fascino.

 
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