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Del gatto Luigi - 14 agosto 1989
Per una politica sanitaria sulle droghe
di LUIGI DEL GATTO

SOMMARIO: La sintesi dell'intervento di Luigi del Gatto alla conferenza stampa del CORA sul tema "Il punizionismo sulla droga di Craxi e Andreotti. Una risposta dall'Europa" che si è svolta a Roma il 4 agosto 1989. Sono intervenuti il segretario del CORA Luigi del Gatto, il deputato europeo eletto in Italia nella lista antiproibizionista Marco Taradash, l'istruttore di polizia della Germania federale George Thamm e il deputato italiano eletto nella lista del Partito Radicale Mauro Mellini.

(Notizie Radicali n.175 del 14 agosto 1989)

Se si può dire una cosa del programma governativo sulla "lotta alla droga", è che si tratta, al meglio, di opinioni basate su luoghi comuni e non provate assunzioni.

Infatti il Governo ribadisce:

1) l'illiceità in sè dell'uso di tali sostanze, rifiutando ogni pretesa a configurarlo come esercizio di diritto di libertà e formulando in tal senso un precetto chiaro e dissuasivo; così esso assume come politica sulle droghe il principio di una necessaria nuova guerra di religione tra l'illiceità di drogarsi e il diritto di libertà;

2) la sospensione di ogni provvedimento sanzionatorio, subordinatamente all'avvio di un programma terapeutico individualizzato, previo accertamento tecnico-sanitario disposto dal giudice, dove la tossicodipendenza è assimilata ad ogni tipo di uso e consumo, definibile in qualche modo come una sorta di malattia per la quale esiste ed è riconoscibile un trattamento terapeutico, che un giudice ha tutte le possibilità di predisporre a sua discrezione;

3) il potenziamento delle strutture socio-sanitarie (anche all'interno della dimensione carceraria) e lo sviluppo delle comunità terapeutiche, da incentivarsi con opportuni aiuti; come se fosse pacifico che codeste comunità possano essere definite con il predicato "terapeutiche" anche quando sono solo luoghi di accoglienza, campi di lavoro e, nel migliore dei casi, strutture di socializzazione;

4) l'azione contro il traffico, come se il sistema poliziesco e militare sia necessario e sufficiente a combattere il grande traffico;

5) la collaborazione dell'Italia alle iniziative delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite, come se finora queste fossero riuscite a far altro che descrivere l'espansione del "flagello" che esse stesse, semmai, hanno favorito.

Il Governo, quindi, fa supporre che si adeguerà alla legge Russo-Jervolino e alle enunciazioni dei 7 Grandi, ancora una volta avallando una politica delle opinioni piuttosto che delle cose, facendo balzare alla memoria il buon detto di Montaigne: "Gli uomini (dice una sentenza greca antica) sono torturati dalle opinioni che hanno delle cose, non dalle cose medesime", assistendo appunto a guerre di religione.

Sulla scorta del disegno di legge governativo, l'attuale Governo s'interesserà non già alla lotta alla droga, bensì ad una politica di vero e proprio espansionismo burocratico, come dimostra il semplice elenco degli organismi previsti:

1. Comitato Nazionale di Coordinamento per l'azione antidroga, istituito presso la Presidenza del Consiglio, alla cui presidenza è delegato il Ministero degli Affari Sociali, affiancato da

1.a) l'Osservatorio Permanente e da

1.b) una Conferenza Permanente per i rapporti tra lo stato, le Regioni e le Province autonome;

2. Servizio Centrale per le dipendenze da alcool e sostanze stupefacenti e psicotrope e per l'alcoolismo (sic!) presso il Ministero della Sanità;

3. Servizio Centrale antidroga del Ministero dell'Interno, con

3.a) Uffici antidroga all'estero.

Non minore appare l'espansionismo burocratico attraverso i dispositivi informativi ed educativi a carico del Ministero dell'Istruzione e il Ministero della Difesa e attraverso le attribuzioni regionali, provinciali e locali, nonché un ulteriore Comitato che dovrà gestire il "Fondo Nazionale d'intervento per la lotta alla droga."

Il Governo non solo pecca della più assoluta ignoranza dei problemi sanitari legati al consumo delle droghe e alla stessa tossicodipendenza, ma non prende atto dell'unica e sola reale emergenza alla quale è esposto il paese, l'Europa e il mondo intero, rappresentata dalla SIDA (AIDS). Non ha nemmeno preso atto della Risoluzione fatta approvare dall'attuale Ministro della Sanità nell'autunno 1988, risoluzione che impegnava il Governo:

- ad elaborare, in attuazione dei propri impegni programmatici, entro 60 giorni, un piano nazionale di prevenzione e di lotta contro la SIDA;

- ad impegnare subito i fondi già disponibili per la ricerca scientifica sulla SIDA (AIDS);

- ad attuare, entro 30 giorni, una specifica campagna di prevenzione anche con gli "interventi attivi", indicati sia dalla Conferenza di Londra sia dall'OMS per contenere la diffusione dell'infezione HIV fra i tossicodipendenti in considerazione dell'elevato numero di soggetti colpiti dall'infezione e dalla difficoltà ad ottenere modificazioni nei comportamenti dei soggetti;

- tenere conto delle raccomandazioni dell'OMS e della Conferenza di Londra circa l'uso del profilattico nei rapporti sessuali a rischio;

- istituire strutture e centri per l'assistenza medica e psicologica ai sieropositivi e ai pazienti non ospedalizzati.

Proprio su questo punto, il punto 54 del documento dei 7 grandi, riguardante la "Cooperazione Internazionale contro la SIDA, il Governo non si esprime nemmeno.

Il punto:

"Prendiamo atto della creazione del Comitato Internazionale sull'Etica per le questioni della SIDA, che si è tenuto a Parigi nel maggio 1989, così come deciso al Vertice di Venezia e degli altri paesi della Comunità Economica Europea con l'attiva partecipazione dell'OMS"

non va aldilà dei propositi, ma comunque richiama l'urgenza del gravissimo fatto rappresentato dalla SIDA.

Il Governo, che attraverso il Ministro degli Affari Sociali ha espresso il parere che lo Stato che distribuisce metadone sicuramente non ottempera all'Art.32 della Costituzione di tutelare la salute del cittadino, deve non solo correggere immediatamente una tale gratuita interpretazione, ma realisticamente e urgentemente varare la politica sanitaria sulle droghe, sulla base dei citati pronunciamenti internazionali, oltre a quello più recente della Conferenza di Montreal.

Molteplici sono ormai i programmi, avallati in varie parti del mondo, dall'Australia e la Nuova Zelanda all'Inghilterra e la Scozia, alla più conosciuta Amsterdam, alla stessa New York, programmi che si basano tutti sulla proposta OMS del 1986 per la SIDA e ribadita nel 1989 a proposito della SIDA e STD (Sexually Transmitted Diseases) per il "contenimento del contagio dell'infezione HIV a partire dalla constatazione che per molte persone che ancora non possono o non vogliono smettere di bucarsi, strategie del tipo di scambio delle siringhe e distribuzione di condom possono essere utili nel ridurre il loro rischio d'infezione HIV e la trasmissione ad altri."

Per l'Italia l'urgenza è tale che ogni altra dilazione, aldilà di quelle intrattenute colpevolmente dal precedente Ministro della Sanità, dev'essere considerata irrazionale e irresponsabile, perché proprio l'Italia ha la più alta proporzione di consumatori endovenosi di droghe tra i casi conclamati di SIDA, secondo lo studio del Centro Operativo dell'Istituto Superiore della Sanità, con una sieroprevalenza che passa dal 43,3% del Nord al 30,3% del Centro e 34,3% del Sud, come computati sulla popolazione dei tossicodipendenti che frequentano i centri pubblici e sulla base della popolazione di tossicodipendenti stimata dal Ministero dell'Interno. Val la pena solo ricordare che l'incidenza d'infezione da HIV non solo è sottostimata per la difficoltà di campionatura dei soggetti in studio, ma anche per limiti metodologici, basati sulla sieroprevalenza. Altre tecniche, quali quella dell'ibridazione in situ dei monociti del sangue periferico, dimostrano come soggetti ancora sieronegativi possono essere portatori d

i virus e quindi potenzialmente più contagiati, fino alla rilevazione dopo un periodo di latenza, computabile in 4 anni.

Dal 1982, quando l'Italia ha cominciato a contare il primo caso di SIDA, l'incidenza è andata sempre più aumentando, per superare allo stato attuale le 4.000 unità, su una popolazione di sieropositivi superiore alle 200.000 unità. Tra i 56 casi di bambini, 40 sono figli di madri tossicodipendenti, 5 sono trasfusi, 4 emofiliaci e 3 da cause non determinabili.

Dinanzi a questo quadro, che non potrà non peggiorare se lasciato a sè stesso, sono urgenti alcune misure qui di seguito indicate:

- adozione degli schemi di distribuzione delle siringhe sterili in cambio di quelle usate, secondo i metodi già positivamente sperimentati e che vanno dalla distribuzione con macchine automatiche e contatrici alla distribuzione attraverso i diversi punti sanitari: le farmacie, i centri per le tossicodipendenze, i centri celtici, i medici di famiglia, i servizi di pronto soccorso e guardia medica;

- distribuzione di condom sia attraverso macchine automatiche che i diversi punti sanitari sopraindicati;

- distribuzione mobile, attraverso pulmini che, girando per i punti di incontro, possono non solo distribuire siringhe e condom, ma anche apprestare le prime cure di pronto soccorso e l'offerta di cibo ed altre cose di prima necessità;

- programmi d'informazione diretti a gruppi particolari, per esempio prostitute e prostituti, per un accesso al "sesso più sicuro";

- l'istituzione degli Osservatori Farmacologici Regionali, come organi tecnico-scientifici, con funzioni di farmacovigilanza e d'informazione scientifica sulle specialità medicinali messe in commercio, funzioni da estendersi alle cosiddette droghe.

La politica sanitaria sulle droghe, che affronta con realismo, piuttosto che con moralismo, il "problema droga", si dovrà basare sui seguenti criteri:

1. scegliere la necessaria priorità dell'epidemia di SIDA, a salvaguardia della salute del singolo e della collettività;

2. non precludersi nessuna opzione, compresa quella del trattamento di mantenimento con la distribuzione controllata delle droghe a quanti non vogliono o non possono smettere, come constata la stessa OMS;

3. affermare il principio dell'autonomia terapeutica del medico, nel rispetto della responsabilità deontologica e professionale dello stesso;

4. utilizzare, per i casi d'intossicazione acuta e cronica anche delle tossicodipendenze, i Centri Ospedalieri e Universitari Tossicologici, gli unici ad avere la qualificazione professionale specialistica e le strutture strumentali per essere effettivamente di aiuto, potenziandone eventualmente la capacità di assistenza e di pronto soccorso;

5. considerare che tutti i centri ad hoc istituiti sulle tossicodipendenze non hanno giustificazione nè scientifica, nè assistenziale e richiederne la riconversione in funzioni più adeguate;

6. trasferire sociologi e psicologi a funzioni più adeguate, quali possono essere quelle delle comunità di accoglienza, nell'ambito dei loro sforzi di socializzazione e recupero esistenziale o anche nell'ambito di un qualificato modello psicanalitico e psicologico;

7. vigilare affinché tutte le strutture rispondano ad un piano programmatorio, predeterminato nel tempo e verificabile secondo indicatori che ne valutino la rispondenza;

8. richiedere la necessaria riforma della disciplina pubblicitaria di tutte le sostanze psicotrope, psicofarmaci, alcool e tabacco;

9. adottare la non più procrastinabile correzione dell'informazione, che dev'essere la più completa, da quella farmacologica a quella antropologica ed etnologica, dell'uso delle droghe, con particolare considerazione a programmi per i soggetti a rischio;

10. avviare programmi d'informazione diretti a quanti, giornalisti, pubblicisti, professionisti e politici, si trovano nella necessità di esprimere opinioni e prendere decisioni.

 
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