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Terekhov Nikolaj, Khramov Nikolaj, Browns Arthur - 14 agosto 1989
DALLA RUSSIA CON AMORE

SOMMARIO: In Unione sovietica ci sono settanta iscritti al Partito radicale e, per la prima volta, il 23 agosto, hanno tenuto manifestazioni a Mosca, Leningrado e Riga. Come dimostrano questi documenti che pubblichiamo, ai nostri nuovi compagni non manca sicuramente l'entusiasmo, la forza e la convinzione per intraprendere iniziative. La lotta nonviolenta è una scelta che ad est si è imposta: da Mosca a Praga, da Budapest a Leningrado, digiuni e manifestazioni nonviolente sono la nuova realtà politica di paesi che si accreditavano un'immagine di stabilità e di unanimità apparente in cui solo la forza della violenza poteva avere ragione.

Abbiamo voluto pubblicare questi documenti, i primi che ci giungono da compagni radicali, iscritti al Partito radicale, che militano in Unione sovietica.

Due di questi documenti raccontano delle manifestazioni tenute il 23 agosto a Leningrado, Riga e Mosca per non dimenticare e superare il patto Hitler-Stalin, i patti Molotov-Ribbentrop.

La terza è una intervista ad un iscritto sovietico che è in questi giorni a Roma per partecipare al Consiglio federale.

Ci auguriamo che la lettura di questi documenti aiuti nella riflessione chi per dimenticanza, per inerzia o per mancanza di volontà, non si è ancora iscritto al Partito radicale.

Abbiamo ancora tanto da fare e dipende dalle scelte di ciascuno di noi se quello che riusciremo a fare sarà un Partito radicale più forte e quindi più speranze di libertà e democrazia anche all'est o se, invece, riusciremo a distruggere il patrimonio di lotte nonviolente, per i diritti civili e della persona, che abbiamo conquistato in duri anni di lotta quotidiana, in questo caso anche per noi, dell'ovest, vi sarà meno democrazia e meno libertà.

Forse vale la pena, in questo momento, di iscriversi al Partito radicale. Per la loro e la nostra libertà.

(Notizie Radicali n.175 del 14 agosto 1989)

Nikolaj TEREKHOV

corrispondenza da Leningrado

Il 23 agosto 1989 l'"Unione Democratica", alla quale sono iscritti alcuni membri del Partito radicale, ha svolto un comizio in occasione del cinquantennale del Patto Molotov-Ribbentrop. Nei nostri documenti, distribuiti prima del comizio, avevamo ribadito che questo patto costituiva un reato contro l'umanità, che le sue conseguenze non erano finora state eliminate, che i paesi Baltici, la Bessarabia e l'Ucraina dell'Ovest erano territori occupati e che l'unico esito possibile dalla situazione attuale non poteva che essere la disintegrazione dell'impero sovietico.

I mass-media hanno affermato che i nostri appelli rinfocolavano le polemiche nazionaliste e che, per questo motivo, non ci era stato concesso il permesso di svolgere il comizio. Però la motivazione ufficiale che ci era stata data era diversa: non ci era consentito di svolgere il comizio prima che la commissione, istituita ad hoc, non avesse rese pubbliche le sue conclusioni finali.

Un'ora prima dell'inizio del comizio, fissato per le ore 19 nel centro della città, la piazza presso il Palazzo d'Inverno era già circondata dalla polizia. Nonostante questo alcuni militanti dell'Unione democratica sono riusciti a raggiungere il centro della piazza. Alle 18 e 30 la polizia è intervenuta in modo molto rozzo, afferrando i miei amici e trascinandoli verso le vetture della polizia. Avevamo portato alcuni cartelli sui quali avevamo scritto: "Per la nostra e la vostra libertà", "Urss prigione dei popoli", "Gli obiettivi dell'aiuto internazionale sovietico: 1939: Lettonia, Lituania ed Estonia, 1956: Ungheria, 1968: Cecoslovacchia, 1979: Afghanistan". Purtroppo non siamo riusciti nemmeno ad aprirli. Alla fine 80 persone risultavano arrestate, quasi tutti, donne incluse, sono state picchiati spietatamente. La polizia ha malmenato Ekaterina Podolzeva, Elena Klimenko, Marina Petzova e le altre donne. Personalmente sono stato afferrato alle 18e30 da diversi agenti i quali mi hanno trascinato verso il fu

rgone. Sono riuscito solo a gridare "Abbasso l'impero sovietico!". Appena spinto sul furgone, alcuni poliziotti mi sono venuti addosso colpendomi alla testa, alla pancia, su tutto il corpo, prendendomi per il collo. Prima di svenire ho sentito qualcuno dire "Chi si occupa di Terekhov? Procedete!". Nel commissariato, dove sono stato trasportato, hanno chiamato più volte l'ambulanza però, un agente a me sconosciuto, ha detto al medico che non consentiva il mio ricovero. Solo dopo avermi condannato a 15 giorni di detenzione - in contumacia, perché ho rifiutato di partecipare al processo - mi è stato concesso di ricoverarmi in ospedale. La diagnosi: "commozione cerebrale". Ho rifiutato di rimanere in ospedale perché la polizia poteva venire in qualsiasi momento ed arrestarmi. Volevo invece dire tutto quanto era accaduto in questa vicenda. Il detto che vuole che Leningrado sia sempre stato un banco di prova dei mezzi più spietati della repressione è tuttora pienamente valido.

I mass-media di Leningrado hanno reagito in modo diverso a questo avvenimento. Il giornale "Smena" ha giustamente riconosciuto la contradizione flagrante della versione ufficiale: da una parte si affermava che le nostre dichiarazioni rinfocolavano le polemiche nazionaliste, dall'altra si diceva che era stato concesso il permesso di svolgere il comizio, però allo stadio Kizov. Hanno menzionato il numero degli arrestati (85 persone) e pubblicato delle foto fatte durante il comizio. Attualmente 15 persone devono scontare pene variabili da 10 fino a 15 giorni. In prigione c'è anche Ekaterina Podolzeva, che fa lo sciopero della fame. Adesso sono libero. Però appena guarito, dovrò andare in carcere.

Per il 30 ottobre sono previste delle altre manifestazioni a Leningrado. Questa data è ricordata in Urss, naturalmente non dal regime, come il giorno del detenuto politico perché quel giorno, più di venti anni fa, Jurij Galanskov, uno dei massimi esponenti del dissenso sovietico è morto in carcere. Ogni anno, quel giorno chiediamo la liberazione di tutti i detenuti politici e la cessazione delle persecuzioni politiche.

Credo che adesso buona parte della classe dirigente sia un po' sconcertata per non sapere davvero come fermare la lotta così risoluta dei popoli Baltici per la loro indipendenza. L'unica soluzione che si profila sembra essere l'introduzione della legge marziale. Mi sembra che una parte dei dirigenti sia orientata su questa opzione.

Cosa può il Partito radicale in questa situazione?

Potrebbe aiutarci a far interpretare, da parte della stampa straniera, la nostra iniziativa in maniera giusta. D'altra parte, se il punto di vista del Partito radicale coincide con quello nostro, allora non si dovrebbe fare illusioni su Gorbaciov: dare una giusta interpretazione dei fatti all'opinione pubblica sarebbe l'aiuto più consistente.

Nikolaj KHRAMOV

corrispondenza da Riga (Paesi Baltici)

Il 23 agosto 1989, giorno del cinquantennale della ratifica del Patto Molotov-Ribbentrop, è stato commemorato dal Partito radicale con manifestazioni a Mosca ed in diverse altre città. A Riga l'appuntamento era stato fissato per le ore 19, presso la Statua della Libertà. Questa manifestazione faceva parte integrante dell'azione chiamata "catena Baltica", alla quale hanno partecipato tre milioni di abitanti dei paesi Baltici i quali, tenendosi per mano, hanno formato una catena umana, che si estendeva dal confine con l'Estonia e la regione di Leningrado al Nord, fino al confine tra la Lituania e la Polonia al Sud. Alle 19 alcune centinaia di migliaia di persone si sono radunate nel centro di Riga, vicino alla statua della Libertà. Fra loro c'erano anche sei iscritti al Partito radicale di Riga, di cui due nuovi iscritti, Juris ed Elisora Lonanovskij, militanti del movimento per l'indipendenza nazionale della Lettonia e membri del Fronte nazionale di Lettonia. C'era con me anche un'altra iscritta radicale di M

osca, Asja Leschiver, che è collaboratrice della rivista indipendente "Glasnost". Siamo stati nelle prime file dei manifestanti, tenendo dei cartelli in lingue lettone e inglese: "I tre stati Baltici fanno parte dell'Europa unita". La manifestazione è durata un'ora e mezza. Dopo la manifestazione ho partecipato, quale iscritto al Partito radicale, ad una conferenza internazionale indipendente, organizzata a Riga dal movimento per l'indipendenza nazionale della Lettonia, ed alla conferenza stampa che è seguita.

Non ero presente a Mosca però so come si è svolta la manifestazione del nostro partito. Più di cento persone arrestate, molte delle quali malmenate. La polizia ha fatto uso dei manganelli e gli arrestati sono stati picchiati dalla polizia. Niente del genere è successo a Riga. La manifestazione organizzata dal Fronte nazionale era anch'essa non ufficiale, però le autorità non solo non hanno tentato di impedirla, ma hanno persino bloccato il traffico nel centro di Riga, poiché i partecipanti alla "catena Baltica" potessero svolgere la loro azione e commemorare il cinquantesimo anniversario del soggiogamento dei Paesi Baltici.

Intervista ad Artur Browns

di Giancarlo Loquenzi - Radio Radicale

Artur Browns è un cittadino sovietico iscritto al Partito radicale. In questi giorni è a Roma per preparare il Consiglio federale e la venuta degli altri iscritti russi e di Evghenia Debranskaja, consigliere federale dell'Unione sovietica.

Chi sei, cosa hai fatto nella tua vita, come ti sei avvicinato alla politica, qual'è la tua storia?

La mia vita è comune a quella delle giovani generazioni cresciute nelle grandi città dell'Unione sovietica. Sin da piccolo mi istruivo da solo. Spesso le cose che riuscivo ad imparare e a concepire erano contrapposte all'educazione scolastica ufficiale. Sono nato in una semplice famiglia russa, i miei genitori appartenevano alla classe dell'"intellighencia", la classe degli scienziati e dei professionisti, quando ero piccolo cercavano di istruirmi in uno spirito di libertà e di democrazia. Ho fatto la mia scelta politica quando frequentavo l'ottava, nona classe (equivalente al primo anno superiore -ndr-), quando ho conosciuto e poi studiato la letteratura che era proibita dai circoli ufficiali. Già allora le autorità scolastiche notarono che mi interessavo di cose che non si potevano collocare tra gli interessi di uno studente sovietico. E' in questo periodo che ho scritto un fascicolo e l'ho mandato a tutti gli organi dirigenti della scuola, questo mi ha creato dei problemi nel percorso scolastico. Il siste

ma educativo sovietico, anche scolastico, cerca di collocare tutti in una cornice fissa, rigida, della concezione del mondo. Poiché respingevo una tale concezione mi sono ritrovato, con altri giovani, in una situazione che in inglese si direbbe di "drop ut" cioè di respinto, di marginalizzato. Successivamente la mia vita si è molto complicata al punto che mi è difficile il mio percorso di vita in una intervista.

Da molto tempo cercavo la mia strada politica, viaggiavo molto. Oscillavo da destra a sinistra, ma volevo sopratutto imparare cos'era la vita al di là dell'ufficialità. Ho incominciato a fare "ricerche", ho fatto molti viaggi, incontrato molte persone che rifiutavano il regime, sopratutto di vita, sovietico.

Molte di queste persone erano pressate dal regime. Chi esprimeva apertamente il suo punto di vista politico-morale rischiava sempre di andare in galera perché esprimeva delle opinioni cosiddette antisocialiste. Altre persone, che esprimevano in un modo passivo il loro punto di vista, sono state perseguitate in un altro modo, sono state mandate negli ospedali psichiatrici. Anch'io sono stato sottoposto a questo tipo di punizioni, una volta mi hanno ricoverato in un ospedale psichiatrico perché seguivo un modo di vita che mi piaceva. In seguito ho cercato un lavoro, benché avessi il diploma di pittore e di tappezziere, per un lungo periodo non l'ho potuto trovare. Ero segnalato come una persona sospetta. In quel periodo non potevo agire, non avevo la possibilità di agire come un soggetto politico.

In quell'epoca mi capitò un fatto molto importante: camminavo in una strada centrale di Mosca, Via Gorki, ad un angolo feci conoscenza con due persone del "gruppo fiducia": Nikolai Kramov e Alexander Rubcenko. Questa gente ha giocato un ruolo molto importante nella mia vita perché, al contrario di altri militanti e di altri gruppi, era gente molto pura e di grande convinzione. Queste persone, quando ogni attività politica era perseguitata, raccoglievano le informazioni sui detenuti politici.

Sono così entrato nel "gruppo fiducia", scopo principale era quello di creare la fiducia tra l'Ovest e l'Est, questo implicava la distruzione del muro artificiale creato dallo stalinismo. Durante il periodo brezneviano gruppo è stato perseguitato molto severamente, alcuni militanti sono stati arrestati e hanno perso il lavoro, altri hanno dovuto emigrare. Risale a quel tempo l'idea, propria dell'ala sinistra del gruppo - rappresentata da Evghenia Debranskaya, Nikolai Kramov, Alexander Rubcenko - di creare un movimento nuovo ispirato a idee nuove, un movimento che non fosse condizionato dai luoghi di nascita, dalla nazionalità dei suoi membri. Allora non sapevamo ancora dell'esistenza, in Italia, di un partito di questo tipo, lo abbiamo appreso dopo che alcuni militanti italiani ci hanno consegnato lo statuto e dei documenti con gli scopi di questo partito, il Partito radicale "italiano", tutte cose che hanno fatto grande impressione su di noi. La cosa più stupenda e più meravigliosa era che alcuni momenti d

i questo progetto coincidevano con le tesi del "gruppo fiducia": la nonviolenza, l'obiezione di coscienza, il superamento dei blocchi militari, la difesa dei diritti delle minoranze sociali e nazionali, il rifiuto di utilizzare l'energia nucleare sia per scopi militari che pacifici, il rifiuto non generico dell'ideologia comunista, dell'ideologia fascista, delle ideologie totalitarie.

Tutti questi sono problemi che si sentono molto in Unione sovietica, nell'impero sovietico. Adesso mi è difficile ricordare a chi è venuta in mente l'idea di creare questa associazione radicale nella città di Mosca. So che una lettera è stata scritta e mandata a Roma, al Partito radicale. Dopo sono venuti a Mosca Antonio Stango e Lorenzo Strik-Lievers, era l'aprile di quest'anno. Abbiamo avuto dei colloqui molto lunghi, che talvolta sono durati più di dodici ore. Dopo questi colloqui ci siamo ritrovati in un gruppo più ristretto, dove abbiamo continuato a discutere. Alla fine siamo arrivati alla seguente conclusione: a Mosca bisogna, è assolutamente necessario creare proprio questo partito. E' necessario proprio per le condizioni esistenti in Unione sovietica e particolarmente per le difficoltà ed i problemi nazionali esistenti in Unione sovietica. In questo quadro, la tesi e l'idea del Partito radicale di creare un'Europa transnazionale, l'idea del superamento dei blocchi, erano molto attraenti per noi.

Ma cosa i cittadini sovietici iscritti al Partito radicale si aspettano da questo partito e che cosa pensano di poter offrire "in cambio", che cosa pensano di poter dare di nuovo al Partito radicale in termini di proposte, di battaglie, di partecipazione?

A questo proposito vorrei dire che a Mosca, il 3 maggio 1989, abbiamo stilato un documento che abbiamo voluto titolare "memorandum", e che sarà probabilmente stampato in italiano. Il nostro ideale sarebbe la creazione di una Europa nuova, con un sistema economico unito, fondata sui valori universali, intellettuali, morali. Un'Europa non divisa dai movimenti culturali nazionali e dalle opposizioni dei blocchi militari. Ed in questo modo cerchiamo la comprensione reciproca. Abbiamo bisogno dell'aiuto morale del mondo libero. Ci potrebbe aiutare ad avere maggiori informazioni indipendenti, libere, sulle quali appoggiarci nelle nostre attività, molto difficili nelle condizioni esistenti di regime totalitario.

Riteniamo che la conservazione dell'impero sovietico, così com'è, è la causa principale della divisione culturale, intellettuale, spirituale dei popoli d'Europa. Per questo ci pronunciamo per la riorganizzazione in senso federale dell'attuale impero sovietico. Per questo riteniamo che la dissoluzione, il sciogliersi della classe dirigente dell'Unione sovietica sia l'unico modo per superare i perduranti problemi economici, politici e culturali. Altri obbiettivi da raggiungere: la creazione di un nuovo Parlamento, libero e democratico, eletto sulla base della libera concorrenza di tutte le forze politiche, l'organizzazione del referendum popolare, la creazione di un governo provvisorio, transitorio, se possibile sotto il controllo internazionale.

Qual'è la tua opinione e quella dei radicali sovietici sullo sviluppo della perestroika?

La mia opinione è che questi cinque anni di Perestroika non hanno portato a nessuna svolta, a nessun cambiamento radicale nell'Unione sovietica. Per di più in questi anni si sono creati nuovi problemi e nuove difficoltà economiche e politiche. In modo astratto potrei paragonare Gorbaciov al capitano di una nave che va giù, e che cerca invano di salvarla con dei metodi già conosciuti. Potrei ricordarvi ancora una volta che la salvaguardia del sistema, della gestione del sistema economico esistente in Unione sovietica, non è possibile, anzi è molto pericolosa. Dentro questo sistema non potremmo realizzare nessun obiettivo, nessuna idea del Partito radicale. In un'intervista, Yelsin dice di ritenere che se non avranno luogo in modo molto urgente dei cambiamenti economici, politici e sociali, allora il paese si ritroverà sull'orlo della guerra civile. Riteniamo che i tentativi per consentire al regime sovietico di integrare elementi umanitari e civili non cambiano in nessun modo la sua natura anti-umana.

In questi giorni Marco Pannella ha cominciato un sciopero della fame per convincere le autorità sovietiche a concedere i visti agli altri iscritti russi, anche ad Evghenia Debranskaja, per venire qui a Roma al Consiglio federale. Come giudichi questo tipo di azione politica, questo modo di intervenire su problemi di questo genere ?

Questo modo di esprimere la sua opinione, le sue convinzioni politiche è molto buono. La nonviolenza è sempre il miglior modo per esprimere un'opinione. Lo ritengo come un segno stupendo di solidarietà. Ma è anche un forte colpo contro il sistema burocratico dell'Unione sovietica. Ho parlato ieri al telefono con Evghenia Debranskaja, ho parlato con i miei compagni sovietici e mi hanno detto che erano veramente colpiti da questo suo gesto. Si sono meravigliati perché pensavano che una persona, una persona non molto giovane e forse anche con dei problemi di salute, non poteva fare questo tipo di azione politica. Credo e spero che un giorno potrà accadere una situazione inversa, cioè che potremo aiutare noi, da Mosca, il Partito radicale.

 
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