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Nadelmann Ethan A. - 1 settembre 1989
Il proibizionismo della droga negli Stati Uniti: Costi, conseguenze e alternative
di Ethan A. Nadelmann

L'autore è docente al dipartimento di Scienze Politiche della Woodrow Wilson School of Public and International Affairs dell'università di Princeton.

SOMMARIO: "Legalizzare la droga" merita sempre di più delle serie considerazioni sia come modello analitico che come alternativa metodologica per affrontare il "problema droga". Gli approcci polizieschi al problema hanno dimostrato i limiti della loro capacità di ridurre le tossicodipendenze. Inoltre si sono dimostrati sempre più costosi e controproducenti. Una politica di legalizzazione della droga attuata correttamente può minimizzare i rischi della legalizzazione, ridurre drasticamente i costi delle iniziative attualmente adottate e affrontare direttamente i problemi delle tossicodipendenze.

Mentre aumenta quotidianamente la frustrazione per il problema della droga e per i metodi adottati oggi per combatterla, un numero sempre crescente di uomini politici, responsabili dell'ordine pubblico, esperti di tossicodipendenze e comuni cittadini insiste perché si prenda onestamente in considerazione una radicale alternativa alle politiche antidroga in atto: la legalizzazione controllata (o decriminalizzazione) delle droghe (1)

Come accadde per "Abrogare il proibizionismo", lo slogan che finì per accomunare tutte le diverse opposizioni al Proibizionismo, così oggi "Legalizzare (o Decriminalizzare) la droga" è diventata una parola d'ordine che significa molte cose per molte persone. L'analista politico vede la legalizzazione come un modello per esaminare criticamente i costi e i benefici delle politiche proibizioniste sulla droga. I libertari, sia in economia che in materia civile, la vedono come un'alternativa politica che elimina le sanzioni penali sull'uso e la vendita di droga che sono costosi sia in termini di libertà sia individuale che economica. Altri la vedono semplicemente come un mezzo per "eliminare il crimine dalla droga". Nel suo senso più ampio, comunque, la legalizzazione unisce le varie argomentazioni e il desiderio crescente di de-enfatizzare il tradizionale ricorso alle risorse penali per trattare il problema della tossicodipendenza e di accentuare invece quello alla prevenzione, al trattamento e all'educazione, a

lle restrizioni non penali sulla disponibilità e l'uso di sostanze stupefacenti e a forme positive di dissuasione dall'abuso di droghe.

Non esiste un'idea unica di legalizzazione. Ad un estremo, alcuni libertari chiedono l'eliminazione di tutte le sanzioni penali e la tassazione della produzione e della vendita di tutti gli stupefacenti, con la possibile eccezione della vendita ai minori. All'altro estremo ci sono varie alternative. Alcuni vorrebbero limitare la legalizzazione ad una delle sostanze illecite più sicure (relativamente parlando) e cioè la marijuana. Altri preferiscono un modello di sorveglianza medica simile a quello degli attuali programmi per il metadone. In mezzo a questi estremi altre posizioni combinano la disponibilità legale di alcune droghe illecite con sforzi decisi per restringerne il

consumo con mezzi diversi da quelli punitivi. Molti sostenitori di questo doppio approccio chiedono contemporaneamente che si facciano maggiori sforzi per limitare il consumo di tabacco e l'abuso di alcool e che si trasferiscano gli stanziamenti governativi dall'applicazione delle leggi antidroga alla prevenzione e al trattamento. Infatti l'esempio migliore di questo modo di vedere la legalizzazione della droga è proprio il modello di controllo del tabacco invocato da chi desidera fare qualsiasi cosa per scoraggiarne il consumo eccetto che criminalizzarne la produzione, la vendita e l'uso.

Chiaramente, né la legalizzazione né la repressione promettono di "risolvere" il problema delle tossicodipendenze. Non c'è dubbio che la legalizzazione presenti certi rischi, Quasi certamente porterebbe ad un aumento della disponibilità di droghe, ne diminuirebbe il prezzo, ed eliminerebbe il potere deterrente della sanzione penale, tutti fattori che invitano all'aumento dell'uso e abuso di droga. Esistono però almeno tre ragioni per le quali vale la pena di correre questi rischi. Primo, le strategie di controllo della droga che si basano principalmente sulle misure repressive sono limitate in modo insito e significativo nelle loro capacità di ridurre la tossicodipendenza. In secondo luogo, molti degli sforzi repressivi sono, oltre che di efficacia limitata, costosi e controproducenti; infatti, molti dei mali legati alla droga che molta gente identifica come parte del "problema droga" in realtà sono i costi delle scelte proibizioniste. Infine, i rischi della legalizzazione potrebbero essere minori di quanto

molte persone si aspettano, specialmente se saranno messe all'opera delle misure alternative intelligenti.

I limiti delle politiche proibizioniste

Sono ormai pochi i responsabili dell'applicazione delle misure repressive antidroga che sostengono che i loro sforzi possano fare di più di quanto è già stato fatto per ridurre l'abuso di droga negli Stati Uniti. Questo vale sia per le iniziative proibizioniste internazionali, che per quelle nazionali, a livello sia di grande che di piccolo traffico.

Gli Stati Uniti cercano di porre dei limiti all'entrata di droghe proibite nel proprio territorio attraverso una combinazione di eliminazione dei raccolti e di programmi di sostituzione degli stessi, allettamenti finanziari ai coltivatori perché si astengano dagli affari illegali e misure punitive contro i produttori, i trafficanti e tutti coloro che sono coinvolti nello spaccio di droga. Queste misure hanno avuto scarso successo nel passato e non mostrano particolari segni di avere miglior fortuna nel futuro. Gli ostacoli sono molti: la marijuana e l'oppio possono crescere in moltissimi posti e persino la pianta della coca può svilupparsi praticamente in qualsiasi regione subtropicale del mondo dove ci sia un tasso di precipitazione tra i 40 e i 240 pollici annui, non ci siano gelate, e il terreno non sia tanto soffice da diventare acquitrinoso. Nell'America del Sud questo corrisponde a un territorio ci circa 2.500.000 miglia quadrate, della quali attualmente meno di 700 sono coltivate a coca (2). In molti

paesi i produttori hanno reagito ai programmi per lo sradicamento delle piantagioni con metodi di agricoltura da guerriglia, coltivando in zone quasi inaccessibili dell'interno e camuffando i raccolti in mezzo a piantagioni legali. Alcune regioni dove si produce droga sono controllate, invece che dal governo centrale, dalle bande dei trafficanti o da ribelli politici, rendendo così i tentativi di eliminare le piantagioni ancora più difficili e rischiosi.

Anche quando in un specifico paese gli sforzi si rivelano abbastanza fortunati, altre nazioni emergeranno come nuove produttrici, come è successo negli ultimi vent'anni con i mercati internazionali della marijuana e dell'eroina e come è lecito attendersi con i programmi per lo sradicamento della coca. Il prezzo della droga al momento dell'esportazione dall'estero è una percentuale talmente esile del suo prezzo al dettaglio negli Stati Uniti (circa il 4% per la cocaina, l'1% della marijuana e meno dell'1% per l'eroina <3>) che questi sforzi internazionali non riescono nemmeno a far alzare il prezzo al dettaglio delle droghe illegali per i consumatori statunitensi.

I tentativi degli Stati Uniti per controllare la droga all'estero si confrontano anche con considerevoli, e spesso ben organizzate, opposizioni politiche dei paesi stranieri (4). I trafficanti di droga più importanti sono spesso in grado di corrompere e intimidire i rappresentanti governativi in modo che ignorino i loro affari, o addirittura vi collaborino (5). In America Latina ed in Asia in modo particolare il traffico di droga è una fonte importante di reddito e di occupazione che porta miliardi di dollari di valuta pregiata ogni anno e procura paghe accettabili a centinaia di migliaia di persone. Il traffico di droga è stato descritto, e non del tutto per scherzo, come il modo migliore mai usato dagli Stati Uniti per esportare l'etica capitalista verso i contadini potenzialmente rivoluzionari del terzo mondo. Al contrario, i programmi di sostituzione dei raccolti sponsorizzati dagli Stati Uniti rischiano di privare quegli stessi contadini dei loro mezzi di sopravvivenza, finendo così per stimolarne l'app

oggio ad insorti comunisti che vanno dal Sendero Luminoso peruviano (6) ad una varietà di organizzazioni

etniche e comuniste attive in paesi narcoproduttori come la Colombia e la Birmania. Inoltre, molti di coloro che all'estero sono coinvolti nel traffico di droga non si sentono affatto moralmente obbligati a impedire l'uso di cocaina o eroina ai decadenti gringos, ma piuttosto a guadagnare il meglio possibile per sé e la propria famiglia. In ultima analisi, c'è assai poco che il governo degli Stati Uniti possa fare per cambiare questo modo di vedere le cose.

Gli sforzi per impedire l'entrata della droga hanno avuto poco successo nel tamponare il flusso di cocaina e eroina che arriva negli Stati Uniti (7). Infatti, negli ultimi dieci anni, il prezzo all'ingrosso di un chilo di cocaina è calato del 80% anche se la purezza al dettaglio di un grammo della sostanza si è quintuplicata, dal 12 a circa il 60%; per quanto riguarda l'eroina, negli ultimi anni la tendenza è la stessa, anche se meno drammatica (8). Trasportati con facilità da una serie di grandi e piccoli aerei e imbarcazioni, portati attraverso il confine messicano da gente che passa la frontiera legalmente e illegalmente, nascosti dappertutto, nei mobili, nei fiori, nelle macchine, fin nei più nascosti recessi del corpo e dentro i cadaveri, i carichi di eroina e cocaina sono difficilissimi da individuare. A dispetto delle potenti pressioni all'interno del Congresso perché si aumenti il ruolo dell'esercito nella lotta alla droga, i leader militari ripetono di poter fare molto poco di veramente efficace. La

Guardia Costiera e quella di Finanza degli Stati Uniti continuano a moltiplicare gli sforzi in questo senso, ma anche loro ammettono che non saranno mai in grado di catturare più di una ridotta percentuale delle spedizioni totali. Dato che la cocaina e l'eroina valgono più del loro peso in oro, gli incentivi per il loro trasporto negli Stati Uniti sono talmente

alti che possiamo tranquillamente presumere che non mancherà mai chi sarà disposto a correre il rischio.

L'unico successo che il proibizionismo può rivendicare riguarda la marijuana. Dato che la marijuana, per ogni dollaro di valore, richiede una massa molto più grande dell'eroina e della cocaina, è più difficile da nascondere e più semplice da individuare. Gli sforzi crescenti di questi ultimi anni sembrano aver ridotto il flusso di marijuana negli Stati Uniti e averne aumentato il prezzo al consumo (8). Le inattese conseguenze di questo successo sono duplici: gli Stati Uniti sono diventati uno dei più importanti produttori di marijuana del mondo - addirittura si ritiene che i produttori statunitensi forniscano oggi una delle qualità migliori del mondo (8) - e molti trafficanti internazionali hanno convertito la loro attività dalla marijuana alla cocaina. Molti potrebbero sostenere quindi che la conseguenza principale degli sforzi americani per impedire l'entrata della droga è stata una saturazione di cocaina sempre più potente e una penuria di marijuana, comparativamente benigna.

Le iniziative repressive sul fronte interno si sono dimostrate sempre più efficaci nell'arrestare e imprigionare un numero crescente di trafficanti di droga, dai più sofisticati mercanti internazionali fino ai più comuni spacciatori di strada. Il beneficio principale di questi sforzi diretti contro le grandi organizzazioni di spaccio è probabilmente il valore sempre più alto dei patrimoni di trafficanti confiscati dal governo. Esistono, però, segnali scarsi che questo abbia avuto un impatto significativo sul prezzo o sulla disponibilità di droga. Costosissime iniziative intensive di repressione dirette verso lo spaccio al dettaglio come quelle organizzate negli ultimi anni da varie forze di polizia urbana hanno portato all'arresto di

migliaia di piccoli spacciatori e consumatori e hanno aiutato a migliorare la qualità della vita in zone bersaglio (9). Ma nelle città più grandi questi tentativi hanno avuto uno scarso effetto sulla reperibilità complessiva di droga.

La conclusione logica della analisi sopra esposta non è che il ricorso al codice penale per combattere il traffico di droga non funziona affatto; piuttosto, che variazioni anche sostanziali negli sforzi in questo senso hanno un effetto minimo sul prezzo, la disponibilità e il consumo di droghe. La semplice esistenza di leggi combinate con livelli minimi di meccanismi per farle rispettare è sufficiente per dissuadere molti consumatori potenziali e ridurre la reperibilità di droga, aumentandone il prezzo. I responsabili dell'ordine pubblico riconoscono di non essere in grado da soli di risolvere il problema della droga, ma affermano che il loro ruolo è comunque essenziale all'interno del tentativo complessivo di ridurre l'uso e l'abuso di droghe. Quello che sono assai meno pronti a riconoscere, comunque, è che la criminalizzazione del mercato della droga si è dimostrata estremamente costosa e controproducente praticamente come accadde 60 anni fa per il proibizionismo dell'alcool.

I costi e le conseguenza del proibizionismo

Le spese governative totali per l'applicazione delle leggi antidroga ammontano nel 1987 a una cifra minima di 10 miliardi di dollari. Tra il 1981 e il 1987 le spese federali in materia di repressione antidroga sono più che triplicate, passando da 1 miliardo di dollari all'anno a 3 miliardi (10). Nel 1986 le forze di polizia locali e statali hanno speso in queste attività circa 5 miliardi di dollari, circa un quinto delle loro risorse totali (11). I trasgressori delle leggi antidroga rappresentano oggi

intorno al 10% del totale della popolazione carceraria statale (circa 550.000 reclusi), più di un terzo dei 50.000 detenuti federali e una proporzione significativa (benché indeterminata) delle circa 300.000 persone incarcerate nelle prigioni municipali (12). La U.S. Sentencing Commission ha previsto che nell'arco di 15 anni la popolazione delle prigioni federali arriverà a 100-150.000 individui, metà dei quali sarà detenuta per violazioni alle leggi antidroga (13). Nel 1987, tra i 40.000 detenuti delle prigioni dello stato di New York, i reati di droga hanno superato quelli di rapina a mano armata come principale causa di detenzione, raggiungendo il 20% della popolazione carceraria totale (14). In Florida gli 8.506 responsabili di reati di droga incarcerati nell'anno fiscale '87-'88 rappresentano un incremento del 525% rispetto all'anno '83-'84, oltre che il 27,8% di tutte le nuove incarcerazioni dell'anno '87-'88 (15). A livello nazionale, i responsabili di reati di traffico e possesso di droga ammontano a

circa 135.000 (23%) dei 583.000 individui condannati dai tribunali corti statali nel 1986 (16). I governi statali e locali hanno speso l'anno scorso una cifra minima di 2 miliardi di dollari per incarcerare trasgressori alle leggi antidroga. I costi diretti per costruire e mantenere prigioni sufficienti ad ospitare questa crescente popolazione stanno raggiungendo cifre astronomiche. Questi costi, in termini di prevedibili spese sociali alternative e di altri tipi di criminali non incarcerati, sono forse anche più gravi (17).

Durante ciascuno degli ultimi anni la polizia ha eseguito circa 750.000 arresti per violazioni alle leggi antidroga (18). Un po' più dei tre quarti di questi arresti sono stati non per la fabbricazione o lo spaccio di droga, ma per il semplice possesso di una droga, generalmente marijuana (19). (Gli arrestati, vale la

pena di notare, rappresentano meno del 2% dei 35-40 milioni di americani che si calcola abbiano fatto uso illegale di droga durante ciascuno degli anni passati <20>). Da una parte, questi arresti hanno intasato molti dei sistemi giudiziari delle grandi città: a New York i reati antidroga nel 1987 costituivano oltre il 40% di tutti i giudizi, dal 25% del 1985; a Washington, la cifra nel 1986 era del 52%, dal 13% del 1981 (22). D'altro lato, hanno distratto la giustizia dal concentrare maggiori risorse su reati contro la persona e la proprietà. In molte città le azioni di polizia sono diventate praticamente sinonimo di azioni antidroga.

I maggiori beneficiari delle leggi antidroga sono i narcotrafficanti organizzati e non. La criminalizzazione del mercato della droga impone una sorta di tassa sul valore che è stabilita e saltuariamente aumentata dal sistema di attuazione delle leggi e riscossa dagli spacciatori. Si ritiene che oltre la metà di tutti i profitti del crimine organizzato provengano dal traffico di droga; una stima di questo valore in dollari varia tra i 10 e i 50 miliardi all'anno (23). Per contrasto, i profitti annuali del contrabbando di sigarette, che resiste soprattutto a causa delle differenza di tassazione sulle sigarette tra i vari stati, sono stimati tra i 200 e i 400 milioni di dollari (23). Se i mercati della marijuana, della cocaina e dell'eroina fossero legali, i governi statali e federale riscuoterebbero ogni anno miliardi di dollari in tasse. Invece, ne spendono miliardi in quello che poi risulta essere un sussidio ai criminali organizzati.

Il legame tra droga e crimine continua a resistere a un'analisi coerente sia perché causa ed effetto sono molto difficili da distinguere, sia perché il ruolo delle leggi antidroga nel provocare ed etichettare "i reati di droga" è spesso

ignorato. Ci sono cinque connessioni possibili tra droga e crimine, e almeno tre di esse sarebbero molto ridotte se fossero abrogate le leggi proibizioniste. Primo, produzione, vendita, acquisto e possesso di marijuana, cocaina, eroina ed altre sostanze strettamente controllate o proibite sono dei crimini di per se stessi, che vengono commessi miliardi di volte ogni anno nei soli Stati Uniti. In mancanza di leggi proibizioniste, queste attività cesserebbero in gran parte di essere considerate criminali. La vendita di droga ai minori continuerebbe naturalmente ad essere perseguita, così come altre evasioni alle norme governative sul mercato legale, ma nel complesso il legame tra droga e crimine al quale si devono oggi tutti i costi della giustizia sopra esposti verrebbe troncato.

In secondo luogo, molti tossicodipendenti commettono crimini come rapine, furti e molti altri reati dallo spaccio di droghe alla prostituzione, per procurarsi il denaro necessario a comprare eroina, cocaina e altre droghe proibite, droghe che costano molto più dell'alcool e del tabacco non perché ne costi di più la produzione, ma perché sono illegali (24). Dato che la legalizzazione porterebbe inevitabilmente ad un calo del prezzo delle droghe che ora sono illegali, provocherebbero anche una riduzione significativa di questo rapporto droga-crimine. Nello stesso tempo, gli attuali programmi di mantenimento col metadone rappresentano una forma limitata di legalizzazione che cerca di interrompere questo legame tra droga e crimine fornendo gratis o quasi un oppiaceo a dei tossicodipendenti che, diversamente, potrebbero ricorrere al crimine per soddisfare il proprio bisogno di eroina. Nonostante le loro molte limitazioni, questi programmi si sono dimostrati utili per ridurre i comportamenti criminali e migliorare

la vita di migliaia di tossicodipendenti (25);

dovrebbero essere diffusi maggiormente, in parte adattando i metodi di contatto con i tossicodipendenti individuati in Olanda (26). Un'altra strada alternativa, il sistema britannico di prescrivere oltre al metadone per via orale anche quello per endovena, va avanti nonostante le continue pressioni contro la prescrizione di sostanze iniettabili. Anche questa metodica meriterebbe di essere applicata negli Stati Uniti, specialmente se si accetta il presupposto che l'obiettivo principale di una politica antidroga dovrebbe essere la riduzione dei danni che le droghe provocano ai non dipendenti (27).

Il terzo legame tra criminalità e droga è di natura più coincidente che casuale. Nonostante che molti tossicodipendenti non commettano altro reato al di fuori dell'uso di droga, e che molti criminali non siano né tossicodipendenti né alcolizzati, l'abuso di sostanze stupefacenti è senza alcun dubbio più elevato tra i criminali che tra i non criminali. Un'indagine del 1986 sui detenuti statali ha rilevato che il 43% aveva fatto uso di droga quotidianamente o quasi nel mese precedente ad aver commesso il reato per cui erano stati incarcerati; inoltre è stato rilevato che circa la metà dei detenuti che facevano uso di droga avevano contratto quest'abitudine solo dopo il loro primo arresto (28). Forse molti degli stessi fattori che spingono verso il crimine portano anche verso la tossicodipendenza. E' probabile che la legalizzazione riduca questo rapporto eliminando dalla sottocultura criminale quelle lucrose opportunità che oggi vengono fornite dal mercato clandestino della droga. Si può però anche affermare co

n sicurezza che nell'ambiente criminale continuerà ad esserci un numero sproporzionatamente alto di tossicodipendenti sia che le droghe siano legali o meno.

Il quarto legame tra droga e crimine è l'attuazione di

violenze o altri reati da parte di persone sotto l'influenza di una droga. Questo legame è quello che colpisce di più l'immaginazione della gente. E' ovvio che alcune droghe "spingono" alcune persone a commettere dei reati riducendone le normali inibizioni, scatenando tendenze aggressive e antisociali, e diminuendo il senso di responsabilità. La cocaina, in particolare sotto forma di "crack", in questi ultimi anni si è guadagnata questa reputazione, come era successo per l'eroina negli anni 60 e 70 e per la marijuana in quello ancora precedenti. Può darsi che la reputazione della cocaina come ispiratrice di comportamenti violenti sia più meritata di quelle dell'eroina e della marijuana, anche se devono ancora arrivare delle prove che giustifichino le descrizioni della stampa (29). Nessuna droga illegale, comunque, è associata a comportamenti violenti quanto l'alcool. Secondo le statistiche del Ministero della Giustizia, il 54% di tutti i detenuti per atti di violenza nel 1983 dichiarava di aver assunto alcoo

l appena prima di commettere il reato (30). Un'indagine del 1986 sulla popolazione delle carceri statali rilevava ugualmente che la maggior parte dei detenuti per incendio doloso o reati come l'omicidio, l'omicidio colposo e lo stupro, avevano commesso il crimine in linea di massima sotto l'influenza di alcool, o di alcool e droghe proibite, che non di droga solamente (31). L'impatto della legalizzazione della droga su questo aspetto del rapporto criminalità-droga è il più difficile da determinare, in gran parte perché è molto difficile prevedere quali saranno i cambiamenti del livello complessivo e della natura delle tossicodipendenze.

Il quinto legame è costituito dalle violenze, intimidazioni e corruzioni operate dai narcotrafficanti. In molti paesi latinoamericani, specie in Colombia, è questo legame a costituire

virtualmente il "problema droga". Ma anche negli Stati Uniti gli atti di violenza dei narcotrafficanti stanno diventando rapidamente una delle maggiori preoccupazioni sia della polizia che dell'opinione pubblica in generale. Questo legame non è difficile da spiegare. I mercati clandestini tendono a produrre violenza, sai perché attirano persone con tendenze criminali e violente, sia perché chi partecipa al mercato non ha sedi legali in cui risolvere i propri conflitti. Durante il Proibizionismo le lotte violente tra bande di contrabbandieri e i dirottamenti di camion e imbarcazioni che trasportavano liquori erano all'ordine del giorno. Il loro moderno equivalente sono le mine che circondano alcune coltivazioni di marijuana, i pirati dei Caraibi che assaltano le navi delle droga dirette alle coste degli Stati Uniti, le battaglie a colpi di mitra e le esecuzioni di molte delle più abbiette bande di narcotrafficanti, ed in generale gli alti livelli di violenza che intervengono in molti rapporti con le droghe il

lecite; le vittime non solo spacciatori, ma testimoni, passanti e poliziotti. Molte autorità di polizia concordano che l'aumento drammatico del tasso di omicidi nelle città degli ultimi anni può essere spiegato quasi completamente dall'aumento degli assassini di spacciatori (33). Nello stesso tempo, la potente lusinga dei narcodollari è responsabile dell'aumento della corruzione non solo nei sistemi giudiziari dell'America Latina e dei Caraibi, ma anche in quelli federali, statali e locali di tutti gli Stati Uniti. Una strategia di legalizzazione della droga darebbe sicuramente un serio colpo a questa connessione tra droga e crimine.

Forse le vittime più sfortunate delle politiche antidroga sono stati gli abitanti poveri e obbedienti alla legge dei ghetti urbani. Queste politiche hanno ampiamente dimostrato la propria inutilità come deterrente per la diffusione della

tossicodipendenza nei ghetti, ma sono responsabili di buona parte di quello che gli abitanti dei ghetti identificano come problema della droga. In molte zone è il comportamento degli spacciatori armati di pistola a sconvolgere la vita dei normali cittadini, non quello dei tossicodipendenti che ciondolano nei portoni (35). Altri abitanti dei ghetti, al contrario, vedono gli spacciatori come degli eroi e dei modelli di successo. Nelle zone più povere di Medellin e Rio de Janeiro fino alle più importanti città americane, spesso essi sono dei simboli di successo per bambini che non vedono altre alternative. Inoltre, l'inasprimento delle pene imposte agli spacciatori adulti ha portato a un diffuso reclutamento di giovanissimi per lo spaccio della droga (36). Mentre prima i ragazzini cominciavano a vendere droga solo dopo averne fatto uso per alcuni anni, oggi il processo spesso è invertito. Molti bambini cominciano a usare droga solo dopo aver lavorato per un po' per spacciatori più anziani di loro. E il sistema

giudiziario per i minori non offre alternative realistiche per affrontare questo crescente problema.

I costi che è forse più difficile valutare sono quelli derivanti dalla diffusa trasgressione alle leggi sulla droga: gli effetti di etichettare come criminali decine di milioni di persone che usano droghe proibite, sottoponendoli al rischi di sanzioni penali, e obbligando molte di queste stesse persone ad entrare in rapporti con gli spacciatori (che possono essere dei criminali in molti sensi della parola) per procurarsi la droga; il cinismo che queste leggi provocano verso altre leggi e la legge in generale; e il senso di ostilità e di sospetto che molte persone, altrimenti rispettose delle leggi, provano verso la polizia. Sono questi i costi che influenzarono di più molti degli oppositori più conservatori del Proibizionismo.

Tra le conseguenze più pericolose delle leggi antidroga ci sono i danni derivati dalla mancanza di un regolamento della produzione e della vendita delle droghe (37). Molti fumatori di marijuana stanno male per aver fumato cannabis coltivata con fertilizzanti pericolosi, irrorata con l'erbicida paraquat, o mescolata con sostanze più pericolose. Gli eroinomani e i consumatori delle varie sostanze sintetiche vendute nelle strade vanno incontro a conseguenze ancora peggiori, comprese overdose fatali e avvelenamenti dovuti a partite di droga improvvisamente troppo potenti o impure. In pratica, non esiste niente di simile ad una Food and Drug Administration clandestina per imporre un controllo qualitativo al mercato della droga e fornire ai consumatori informazioni precise su quello che prendono. In linea di massima, la qualità della vita di un tossicodipendente dipende più che altro da quanto riesce a rifornirsi di droghe sicure. Le operazioni di polizia che distruggono temporaneamente le reti di distribuzione di

ventano così un'arma a doppio taglio: incoraggiano alcuni tossicodipendenti a cominciare trattamenti di disintossicazione, ma obbligano gli altri a cercare nuove e meno sicure fonti, con il risultato di avere un numero maggiore, e non inferiore, di emergenze e morti legate alla droga.

Oggi si ritiene che circa il 25% di tutti i casi di AIDS negli Stati Uniti e in Europa, oltre che la maggioranza degli eterosessuali, bambini e neonati sieropositivi, abbiano contratto la malattia direttamente o indirettamente dall'uso di droghe iniettate per vena (IV) (38). Nell'area urbana di New York la percentuale di sieropositivi tra i consumatori di droghe IV è superiore al 50% (39). Esistono rapporti secondo i quali gli spacciatori stanno cominciando a dare insieme alla droga anche siringhe pulite (40). In Inghilterra, la recente crescita del

numero di tossicodipendenti sieropositivi ha condotto ad un rinnovato sostegno per la distribuzione libera di metadone o eroina per endovena da parte dei medici impegnati nei trattamenti antidroga; questa inversione della decisa preferenza dimostrata dai clinici fin dagli anni 70 verso il metadone per via orale è stata capeggiata da Philipp Connel, presidente dell'Home Office Advisory Committee on the Misure of Drugs (41). Ma anche se i governi di Inghilterra, Scozia, Svezia, Svizzera, Australia e di molti altri paesi si stanno impegnando attivamente per limitare la diffusione dell'AIDS da parte e tra i tossicodipendenti eliminando le restrizioni alla vendita di siringhe e promuovendo programmi di libero scambio di siringhe (42), i governi statali e municipali degli Stati Uniti hanno rifiutato di seguire questa linea, obiettando, a dispetto della crescente dimostrazione del contrario (43), che così si "incoraggia" o "condona" l'uso di droghe illecite (44). Solo alla fine del 1988 hanno preso piede nelle citt

à americane dei programmi di scambio di aghi, generalmente da parte di istituzioni non governative. Verso la metà del 1989 questi esistevano o stavano per essere attuati a New York City; Tacoma, Washington, Boulder, Colorado e Portland, Oregon (45). Nello stesso tempo, i programmi di cura sono rimasti notoriamente sottofinanziati, allontanando così migliaia di tossicodipendenti alla ricerca di aiuto, mentre aumentavano i miliardi di dollari investiti per arrestare, processare e incarcerare spacciatori e drogati.

Altri costi delle attuali politiche di proibizione della droga comprendono le restrizioni all'uso di droghe illecite per legittimi scopi terapeutici (46). E' dimostrata l'utilità della marijuana per placare i dolori di alcune vittime della sclerosi multipla, per ridurre la nausea provocata dalla chemioterapia e si

sta dimostrando efficace nella cura del glaucoma (47-49); nel settembre del 1988, il giudice amministrativo della Drug Enforcement Administration ha di conseguenza raccomandato che la marijuana fosse resa legale per questi scopi (49), nonostante che il capo dell'agenzia avesse già approvato il cambiamento. L'eroina si è dimostrata molto efficace nell'aiutare i malati ad affrontare dolori gravi; alcuni ricercatori l'hanno trovata più efficace della morfina e di altri oppiacei nel trattare il dolore di alcuni pazienti (50). E' prescritta legalmente per questi scopi in Inghilterra (50) e in Canada (51). La stessa cosa potrebbe valere per la cocaina, che continua ad essere usata da alcuni medici negli Stati Uniti per curare i dolori nonostante la proibizione imposta di recente (52). Le droghe psichedeliche, come l'LSD (acido d-lisergico e dietilamide), il peyote e il MDMA (noto come Ecstasy) hanno mostrato di poter essere usate nelle psicoterapie e nella riduzione di tensione, depressione, dolori e paura della m

orte nei malati terminali (53); inoltre hanno dimostrato di avere delle potenzialità, ancora non confermate, nella cura dell'alcolismo (47,53). La legislazione attuale in materia di droga è di intralcio ai ricercatori che tentano di studiare questi ed altri potenziali usi terapeutici delle droghe illegali; rende praticamente impossibile a chi potrebbe ottenerne dei benefici procurarsi in modo legale alcuna delle droghe proibite, specie quelle nella tabella I, e contribuisce in modo determinante a quello che tutti ritengono lo scarso impegno della classe medica americana nella lotta contro il dolore (54).

Una delle argomentazioni più forti a favore della legalizzazione è di ordine morale. Da un lato, il ritornello sull'immoralità dell'uso di droga va in frantumi di fronte alla tolleranza che la maggior parte degli Americani ha verso l'uso

dell'alcool e del tabacco. Solo i Mormoni ed altre poche sette di simile mentalità, che ritengono immorale qualsiasi assunzione di sostanze che possono alterare lo stato di coscienza o provocare piacere in qualche altro modo, sono coerenti a questo proposito; essi evitano non solo le droghe illegali, ma anche l'alcool, il tabacco, il caffè e il tè, e persino la cioccolata. La condanna "morale" della maggioranza degli americani di alcune sostanze piuttosto che di altre non è niente di più che un pregiudizio passeggero che preferisce alcune droghe alle altre.

D'altro lato, il proibizionismo della droga ha in sè le sue forme di immoralità. Dato che le violazioni alle leggi in materia non creano vittime che abbiano interesse ad avvertire la polizia, gli agenti antidroga devono appoggiarsi pesantemente a operazioni clandestine, sorveglianza elettronica e a notizie fornite da informatori. Nel 1986, quasi la metà delle 754 autorizzazioni dei tribunali per il controllo dei telefoni negli Stati Uniti riguardava indagini sul mercato di droga (55). Queste tecniche sono sicuramente indispensabili per un efficace attuazione delle leggi, ma sono anche tra gli strumenti meno desiderabili tra quelli a disposizione della polizia. La stessa cosa vale per le analisi sull'assunzione di droga. Possono essere utili e perfino necessari per accertare le responsabilità in caso di incidente, ma minacciano e indeboliscono quel diritto alla privacy al quale molti americani ritengono di avere moralmente e costituzionalmente diritto. Esistono ottimi motivi per chiedere che queste misure sia

no usate con parsimonia.

Altrettanto preoccupanti sono le crescenti denunce anonime di gente che denuncia non solo gli spacciatori, ma vicini, amici e persino familiari che usano droghe vietate. L'intolleranza verso l'uso di droghe vietate non è sventolata semplicemente come un

elemento indispensabile nella guerra alla droga, ma come il segno del buon cittadino. Certo qualsiasi società ha bisogno dell'aiuto dei cittadini per far rispettare le leggi, ma una società, specialmente se è democratica e pluralista, si appoggia in modo determinante anche ad un'etica di tolleranza verso chi è diverso ma non fa male agli altri. Un'applicazione troppo zelante delle leggi antidroga rischia di indebolire questa etica e di sostituirle una società di informatori. In realtà l'applicazione delle leggi antidroga si fa beffe di un principio essenziale in una società libera, quello per cui chi non fa del male agli altri non ne deve ricevere dagli altri e in particolare dallo stato. La maggior parte degli oltre 40 milioni di americani che ogni anno consumano illegalmente droga non provoca un danno diretto ad alcuno, anzi, molti provocano un danno piuttosto piccolo persino a se stessi. Indirizzare verso di loro sanzioni penali o di altro genere, e razionalizzare la giustizia di questi provvedimenti, può

diventare il maggior costo sociale dell'attuale sistema di proibizionismo della droga.

ALTERNATIVE ALLA POLITICA PROIBIZIONISTA

L'abolizione delle leggi che proibiscono la droga promette con chiarezza enormi vantaggi. Tra la riduzione delle spese per la repressione e le nuove entrate fiscali derivanti dalla produzione e dalla vendita legali della droga, il tesoro pubblico godrebbe di un beneficio netto di almeno 10 miliardi di dollari all'anno, se non di più; questi miliardi di nuove entrate sarebbero disponibili, e idealmente dedicati, al finanziamento dei tanto necessari programmi di disintossicazione e a quei programmi sociali e pedagogici che si sono spesso dimostrati il migliore incentivo per impedire ai bambini di usare droghe. La qualità

della vita nelle città migliorerebbe di molto. Il numero degli omicidi diminuirebbe come quello dei furti e delle rapine. I gruppi di criminalità organizzata, specialmente i più intraprendenti che si sono già diversificati in aree non di droga, subirebbero un tracollo. La polizia, i giudici e i tribunali impegnerebbero le loro risorse nella lotta contro crimini da cui la gente non si può staccare. Molti abitanti dei ghetti abbandonerebbero la'ttività criminale per cercare fonti di reddito legittime. E la salute e la qualità della vita di molti consumatori di droga e tossicodipendenti migliorerebbe in modo significativo. Sul piano internazionale i politici degli Stati Uniti potrebbero occuparsi di obiettivi più importanti e realistici e i governi stranieri recupererebbero quell'autorità che hanno perduto a favore dei narcotrafficanti.

Tutti i benefici della legalizzazione, però, finirebbero nel nulla se milioni di persone diventassero tossicodipendenti. La nostra esperienza con l'alcool e il tabacco ci dà ampi avvertimenti in proposito. Oggi l'alcool è usato da 140 milioni di americani e il tabacco da 50 milioni. I costi di salute associati all'abuso di droghe illecite impallidiscono rispetto a quelli derivanti dall'abuso di tabacco e alcool. Nel 1986, per fare un esempio, l'alcool è stato identificato come un fattore determinante nel 10% degli incidenti sul lavoro, 40% dei tentati vi di suicidio e di circa il 46% delle 46.000 morti in incidenti stradali del 1983. Gli americani alcolizzati o che fanno uso eccessivo di alcool sono stimati in circa 18 milioni. Il costo totale dell'abuso di alcool per la società americana è ritenuto superiore ai 100 miliardi di dollari all'anno (56). La stima dei decessi legati direttamente o indirettamente all'uso di alcool varia da un minimo di 50.000 a un massimo di 200.000 all'anno

(57). I costi di salute del tabacco sono diversi, ma di grandezza simile. Nei soli Stati Uniti, circa 320.000 persone muoiono prematuramente ogni anno come conseguenza del tabacco. Per fare un confronto, il National Council of Alcoholism ha riferito che solo 3.562 persone sono state dichiarate morte nel 1985 per l'uso di tutte le droghe proibite (58). Anche se diamo per scontato che ci siano state altre migliaia di morti legate in un modo o nell'altro all'uso di droghe illegali, resta comunque il fatto che tutti i costi di salute della marijuana, cocaina e eroina messe insieme ammontano ad una piccola percentuale di quelle causate da una qualsiasi delle altre due sostanze lecite. In ultima analisi, questo contrasto sottolinea la necessità di un approccio onnicomprensivo alle sostanze psicoattive che comporti sforzi molto più grandi per scoraggiare l'abuso di tabacco e di alcool.

E' impossibile prevedere con certezza l'impatto della legalizzazione sulla natura e il livello del consumo delle droghe che oggi sono fuori legge. Da un lato, la legalizzazione implica maggiore disponibilità, prezzi più bassi e l'eliminazione, (specie per gli adulti) del potere deterrente delle sanzioni penali, tutti fattori che suggerirebbero un livello maggiore di uso, e quindi la paura che l'estensione dell'abuso di droga raggiungerebbe quella del tabacco e dell'alcool (59). D'altro lato, ci sono molte ragioni di dubitare che una politica di legalizzazione ben delineata ed applicata porterebbe a queste conseguenze.

La logica della legalizzazione dipende in parte da due assunti: che la maggior parte delle droghe fuori legge non siano così pericolose come le si ritiene in genere, e che quei generi di droga e di consumo che sono più rischiosi difficilmente attraggano molte persone proprio perché sono così chiaramente pericolosi. Consideriamo la marijuana. Dei circa 60 milioni di americani che hanno fumato marijuana, nemmeno uno è morto per un'overdose (49), in forte contrasto con l'alcool che provoca circa 10.000 morti per overdose ogni anni, metà delle quali in combinazione con altre droghe (57). Anche se ci sono ottimi motivi medici per non fumare marijuana tutti i giorni, e per non fumarla affatto nel caso di bambini, donne incinta e qualche altro caso, non esiste alcuna prova certa che l'uso saltuario di marijuana provochi alcun danno.

Certamente, non è salutare inalare marijuana nei polmoni; infatti il National Institute of Drug Abuse (NIDA) ha dichiarato che "il fumo della marijuana contiene più sostanze cancerogene di quello del tabacco" (60). D'altra parte, però, il numero di spinelli fumati dalla maggior parte dei consumatori di marijuana è solo una frazione minima delle 20 sigarette al giorno fumate in media da un consumatore di tabacco: anzi, la media potrebbe essere più prossima a uno o due spinelli a settimana che a uno o due al giorno. Notare che la NIDA definisce consumatore "pesante" di marijuana chi fuma almeno due spinelli al giorno. Un fumatore di sigarette "pesante", invece, ne fuma circa 40 al giorno.

La marijuana non è neanche identificata con certezza come una sostanza che provoca assuefazione. Un'indagine del 1982 sull'uso di marijuana da parte di adulti giovani (da 18 a 25 anni) ha rilevato che il 64% aveva provato la marijuana almeno una volta, che il 42% l'aveva usata almeno dieci volte e che il 27% l'aveva fumata nel mese precedente. Inoltre è risultato che il 21% aveva passato un periodo in cui ne faceva un uso "quotidiano" (inteso come 20 o più giorni in un mese), ma che di questi solo un terzo la fumavano ancora con questo ritmo e e solo un quinto (circa il 4% del totale) avrebbe potuto essere definito un fumatore "pesante" (in una media di uno o due spinelli al giorno) (61). Questi dati indicano che l'uso quotidiano di marijuana è generalmente solo una fase che la gente supera, dopo la quale

l'uso diventa molto più moderato. Al contrario, quasi il 20% degli studenti degli ultimi anni di liceo fumano sigarette tutti i giorni.

I pericoli associati alla cocaina, all'eroina, agli allucinogeni e alle altre sostanze illecite sono maggiori di quelli presentati dalla marijuana, anche se non sono nemmeno lontanamente gravi quanto molta gente sembra ritenere. Prendiamo il caso della cocaina. Nel 1986 un rapporto del NIDA affermava che oltre 20 milioni di americani avevano provato la cocaina, che 12,2 milioni l'avevano usata almeno una volta durante il 1985 e che quasi 5,8 milioni ne avevano fatto uso nel mese precedente. Tra le persone di età compresa tra i 18 e i 25 anni, 8,2 milioni avevano provato la cocaina, 5,3 l'avevano usata nell'anno precedente e 2,5 il mese precedente all'indagine; infine 250.000 persone la usavano con una media settimanale (20). Da queste cifre si potrebbe stabilire che un quarto di milione di giovani americani sono dei tossicodipendenti potenziali. Se ne potrebbe però anche concludere che rientrano in questa categoria solo il 3% di coloro che, tra i 18 e 25 anni, hanno provato una volta la cocaina, e che solo i

l 10% di quelli che la usano mensilmente sono a rischio. (Va sottolineato che l'indagine NIDA non comprendeva i residenti delle caserme, dei dormitori studenteschi, i detenuti e i senzacasa).

Con questo non si vuole sostenere che la cocaina non sia una droga potenzialmente pericolosa, specialmente se iniettata, fumata sotto forma di "crack" o consumata insieme ad altre droghe. Chiaramente, decine di migliaia di americani hanno subito gravi sofferenze a causa dell'abuso di cocaina e una piccola percentuale ne è morta. Ma esistono anche prove schiaccianti che molti consumatori di cocaina non si mettono nei guai con la droga. Così, l'attenzione della stampa si è concentrata sulla percentuale

relativamente bassa di consumatori di cocaina che sono diventati tossicodipendenti in modo tale che le idee dell'opinione pubblica su come la maggioranza delle persone usano la cocaina è stata gravemente distorta. Durante un'indagine sull'uso di droga tra gli studenti degli ultimi anni dei licei, i ricercatori chiedevano a chi aveva fatto uso recente di cocaina se gli era mai capitato di cercare di smettere senza riuscirci. Solo il 3,8% ha risposto affermativamente, al contrario del 7% di fumatori di marijuana che dichiaravano di non essere riusciti a smettere, e al 18% di fumatori di sigarette che avevano risposto allo stesso modo (62). Anche se un'indagine sui consumatori di crack e di cocaina per vena darebbe sicuramente una percentuale di assuefazione più alta, ricerche come queste indicano che solo una piccola parte di chi sniffa cocaina finisce con avere problemi con essa. Da questo punto di vista, molta gente differisce dalle scimmie da laboratorio, che hanno mostrato durante gli esperimenti di essere

capaci di farsi morire di fame se provviste illimitatamente di cocaina (63).

Per quanto riguarda sostanze allucinogene come l'LSD e i funghi il potenziale di assuefazione è praticamente nullo. I pericoli provengono principalmente da un uso irresponsabile in occasioni specifiche (53). Anche se molti di coloro che hanno usato allucinogeni hanno avuto "brutti viaggi", un numero ancora maggiore ha avuto esperienza positive e pochissimi ne hanno avuto danni a lungo termine (53). Per quanto riguarda infine tutto l'assortimento di stimolanti, antidepressivi e tranquillizzanti prodotto illegalmente o deviati dai canali legali, ciascuno mostra capacità variabili di provocare assuefazione, danni al consumatore o di essere usato senza problemi.

Fino a poco tempo fa nessuna droga era vista con tanto orrore

quanto gli oppiacei, l'eroina in particolare. Come nel caso di molte droghe, l'eroina può essere ingerita, annusata, fumata o iniettata. L'abitudine generalizzata in America, purtroppo, è quest'ultima, anche se la paura crescente dell'AIDS sembra stia spingendo i consumatori più giovani verso l'assunzione per via nasale (64). Non c'è discussione sul fatto che l'eroina abbia un potenziale altissimo di assuefazione, forse quanto la nicotina. Ma, a dispetto della generale associazione dell'eroina con gli abitanti più disperati dei ghetti urbani, l'eroina provoca al corpo umano un danno fisico relativamente minore. Se viene consumata casualmente o regolarmente sotto controllo sanitario, l'effetto peggiore che provoca, a parte l'assuefazione, è la costipazione (65). Questo è il motivo per cui negli anni Venti in America molti medici ritenevano che l'assuefazione agli oppiacei fosse preferibile all'alcolismo e li prescrivevano come cura per quest'ultimo quando l'astinenza non sembrava un'alternativa realistica (66

,67).

Pensare alle droghe illegali come pensiamo al tabacco e all'alcool è sia importante che intelligente. Come il tabacco, alcune sostanze proibite sono fortemente additive, ma possono essere consumate regolarmente per decenni senza nessun danno dimostrabile. Come l'alcool, molte di queste sostanze possono essere, e sono, usate dai consumatori con moderazione, con scarso rapporto con i loro effetti dannosi; ma come l'alcool possono essere abusate da una minoranza di persone che si assuefanno e di conseguenza danneggiano se stessi o gli altri. E come nel caso di entrambe le sostanze legali, gli effetti psicoattivi di ciascuna delle droghe proibite varia profondamente da una persona all'altra. Per andare sul sicuro, è importante la farmacologica della sostanza, la sua purezza ed il modo in cui è consumata. E

molto dipende non soltanto dalla fisiologia e dalla psicologia del consumatore, ma anche dalle sue aspettative rispetto alla droga, dal suo milieu sociale e dal più generale ambiente culturale, da quello che lo psichiatra dell'università di Harvard Norman Zinberg chiamava "la cornice e lo sfondo" della droga (68). Sono fattori come questi che potrebbero cambiare radicalmente, anche se in modo non determinabile, se le droghe illecite fossero legalizzate.

Non è possibile prevedere se la legalizzazione provocherebbe o meno un aumento dell'uso di droghe. Gli esempio che ci vengono da altre società sono controversi. L'esperienza cinese, quando gli inglesi diffusero l'oppio nel XIX sec. e milioni di persone diventarono tossicodipendenti, rappresenta il caso peggiore. Un altro esempio negativo viene dalla distruzione di molte tribù pellerossa americane a causa dell'alcool. D'altra parte, la decriminalizzazione della marijuana in 11 stati degli Stati Uniti alla metà degli anni Settanta non ha portato a un incremento dell'uso della marijuana (69). In Olanda, dove negli stessi anni la decriminalizzazione della cannabis andò ancora più avanti, si registra oggi un significativo decremento dell'uso; nel 1976 il 3% dei ragazzi tra i 15 e 16 anni e il 10% di quelli tra i 17 e 18 usavano cannabis occasionalmente; nel 1985 le rispettive percentuali erano scese al 2 e al 6% (70). La politica seguita è riuscita, come voleva il governo a "rendere noioso l'uso di marijuana". In

fine, l'America della fine dell'Ottocento ci da' un altro esempio di società in cui non esistevano quasi leggi antidroga e neppure regolamenti in materia, ma l'uso della droga era più o meno allo stesso livello di oggi (71). L'abuso di droghe era visto come un problema relativamente grave, ma il ricorso alla repressione non era ritenuto parte della soluzione (72).

Esistono comunque forti motivi per pensare che nessuna delle

sostanze attualmente illecite diventerebbe, se legalizzata, popolare come l'alcool o il tabacco. L'alcool è da molto tempo la causa principale di intossicazione in molte società, comprese quelle in cui altre sostanze sono disponibili legalmente. Presumibilmente, sono le sue svariate proprietà che lo rendono così popolare: disseta, si accompagna bene al cibo, spesso soddisfa il palato, stimola l'appetito e la socialità, e così via. La diffusione dell'uso del tabacco deriva probabilmente non tanto dalle sue forti qualità additive, quanto dal fatto che i suoi effetti psicoattivi sono abbastanza sottili da poter integrare le sigarette con molte altre attività dell'uomo. Nessuna delle sostanze che sono fuori legge oggi negli Stati Uniti possiede allo stesso grado qualcuna di queste proprietà, né appare possibile che le possa acquistare una volta resa legale. Inoltre, nessuna delle sostanze proibite può competere con il ruolo speciale che l'alcool occupa nella cultura e nella storia americane, un ruolo che ha mant

enuto anche durante il Proibizionismo.

Molti dei danni causati oggi dalle droghe illegali derivano dal loro uso in modi particolarmente potenti e pericolosi. Ci sono buone ragioni per dubitare che molti americani si inietterebbero per vena la cocaina o l'eroina anche se avessero modo di farlo legalmente. Così come la drammatica crescita della popolazione di eroinomani negli anni Sessanta si è poi livellata per ragioni che avevano poco a che fare con le leggi antidroga, ci si può aspettare, se pure non è già successo, che accada altrettanto oggi con i consumatori di crack.

Forse la ragione più rassicurante per credere che l'abolizione delle leggi antidroga non porterebbe ad un aumento drammatico dell'uso delle droghe ci viene da quanto abbiamo imparato dalle nostre esperienze passate con l'abuso di tabacco e

di alcool. Adesso sappiamo, per esempio, che tassare i consumi è un metodo efficace per limitarne l'uso e i costi relativi, specialmente tra i più giovani (73). Prove sostanziali indicano anche che restrizioni e divieti nella pubblicità, e promozione di pubblicità negative, possono modificare le cose (74). Lo stesso appare vero per altre misure governative, comprese le restrizioni sugli orari e i luoghi di vendita (75), i divieti sulla macchine distributrici, la proibizione di consumare in luoghi pubblici, i criteri di confezionamento, le modifiche sulle polizze assicurative, le restrizioni severe per la guida sotto l'influenza della sostanza, e le leggi che rendono responsabili i proprietari dei locali e i padroni di casa per il bere dei clienti e degli ospiti. E' stato dimostrato anche che alcuni programmi pedagogici sui pericoli del fumo di sigarette hanno trattenuto molti bambini da cominciare a fumare (77). Contemporaneamente, abbiamo anche cominciato a capire quali danni possono derivare dalla minaccia

agli strumenti di controllo sulle droghe da parte di gruppi di potere come quelli che oggi bloccano gli sforzi per diminuire i pericoli derivanti dall'abuso di alcool e tabacco.

La legalizzazione ha quindi maggiori opportunità di controllare l'uso e l'abuso di droga di quante non ne abbiano le attuali politiche di criminalizzazione. La strategia attuata oggi è tale che il tipo, il prezzo, la purezza e la potenza delle droghe illecite, oltre che i partecipanti all'affare, sono largamente determinati dagli spacciatori, dalle dinamiche competitive peculiari di un mercato illegale, e dall'interazione perversa tra strategie repressive e tattiche del mercato di droga. Durante gli ultimi dieci anni, per esempio, la purezza media di cocaina ed eroina al dettaglio è molto aumentata, i prezzi all'ingrosso sono crollati, i bambini coinvolti nello spaccio sono

aumentati, e il crack è diventato economico e facile da trovare in un numero sempre più grande di città americane (8). Per contrasto, la marijuana è diventata relativamente rara e più cara, in parte perché molto più vulnerabile ai controlli di polizia della cocaina e dell'eroina: il risultato è stato di allontanare sia gli spacciatori che i consumatori dalla marijuana, relativamente più sicura, avvicinandoli alla cocaina, al confronto molto più pericolosa (8). Sempre per contrasto, mentre l'efficacia media di molte sostanze proibite è aumentata nel corso degli anni Ottanta, quella di buona parte delle sostante psicoattive legali è andata diminuendo. Spinti in genere dalla preoccupazione per la loro salute, gli americani stanno passando dai superalcolici alla birra e al vino, da sigarette forti a sigarette con un basso contenuto di nicotina, tabacchi senza catrame e chewing-gum alla nicotina, e persino dal caffè ai decaffeinati, al tè e alla soda. E' possibile che queste tendenze divergenti siano meno un rif

lesso della natura delle droghe che del loro status legale.

Una politica di controllo della droga che si basi principalmente su approcci diversi da quello penale offre quindi vantaggi significativi rispetto all'attuale concentrazione sulla criminalizzazione. Trasferisce il controllo della produzione, della distribuzione e ,in misura inferiore, del consumo, dalle mani dei criminali a quelle del governo. Permette ai consumatori di essere informati molto meglio di adesso prima di decidere di comprare droga. Riduce notevolmente la possibilità che i tossicodipendenti siano danneggiati da droghe impure, inaspettatamente forti o non identificate. Corregge l'idea ipocrita e pericolosa che il tabacco e l'alcool siano in qualche modo più sicuri di molte droghe proibite. Riduce di miliardi di dollari le spese governative per il controllo repressivo sulla

droga e contemporaneamente aumenta di miliardi aggiuntivi le entrate fiscali. E dà al governo l'opportunità di rimodellare i consumi orientandoli verso sostanze psicoattive e metodi di consumo relativamente più sicuri.

Verso la fine degli anni Venti, quando il dibattito sull'abolizione del Proibizionismo prese rapidamente piede, molti studiosi, giornalisti, gruppi privati e governativi, cercarono di dare una valutazione del Proibizionismo e delle sue potenziali alternative. Tra questi i più importanti furono la Commissione Wickersham nominata dal presidente Herbert Hoover e lo studio sulle leggi estere sull'alcool diretto dal maggiore studioso di scienze politiche degli Stati Uniti, Raymond Fosdick e finanziato da John D. Rockfeller (78). Questi gruppi di studio esaminarono i successi e i fallimenti del Proibizionismo negli Stati Uniti e valutarono l'ampio spettro di regimi alternativi per il controllo della distribuzione e dell'uso di birra, vino e liquori. Essi giocarono un ruolo fondamentale di stimolo ad un pubblico ripensamento sul Proibizionismo e ad una ricerca di alternative. Si tratta esattamente dello stesso genere di iniziative che sono necessarie oggi.

La scelta della legalizzazione controllata della droga non è un'alternativa o-tutto-o-niente alle attuali strategie.. Anzi, le realtà politiche assicurano che qualsiasi transizione verso la legalizzazione si evolverà gradualmente, con ampie opportunità di pause, rivalutazioni e riorientamenti di quelle scelta che inizino a dimostrarsi troppo costose o controproducenti. Non è necessario che sia il governo federale a guidare la ricerca delle alternative; deve solo sgombrare la strada per dare ai governi statali e locali il potere legale di attuare le loro proprie forme di legalizzazione. I primi passi sono abbastanza privi di rischi:

legalizzazione della marijuana, maggior disponibilità di droghe proibite o strettamente controllate per combattere il dolore o per altri scopi terapeutici, politiche più dure di controllo del tabacco e dell'alcool e un arco più ampio e facile da raggiungere di programmi di disintossicazione.

Rimediare i mali causati dalla droga nei ghetti americani richiederà misure più radicali. I rischi derivanti da una strategia di legalizzazione controllata della droga più ampia - maggiore disponibilità, prezzi più bassi e eliminazione del potere deterrente delle sanzioni penali - sono relativamente minori nei ghetti che in altre parti degli Stati Uniti, in buona parte perché la diffusione della droga vi è già così alta, i prezzi così bassi e le sanzioni penali tanto inefficaci come deterrente alla tossicodipendenza che la legalizzazione potrebbe difficilmente peggiorare la situazione. Al contrario, la legalizzazione darebbe proprio nei ghetti i suoi maggiori benefici, tagliando la maggior parte delle connessioni tra droga e criminalità, togliendo il mercato dalle mani dei delinquenti, demitizzando la figura degli spacciatori, aiutando a riorientare l'etica del lavoro dagli impieghi illegali a quelli legali e a contrastare il contagio dell'AIDS da parte dei tossicodipendenti, e migliorando in modo sostanzial

e la sicurezza, la salute e il benessere di chi fa uso e abuso di droghe. Per dirla in parole povere, legalizzare la cocaina, l'eroina e le altre droghe cosiddette pericolose può essere l'unico modo per capovolgere l'impatto distruttivo delle droghe e dell'attuale politica repressiva della droga nei ghetti.

Non c'è dubbio che la legalizzazione sia una scelta rischiosa. che può certamente condurre ad un aumento dei tossicodipendenti. Ma questo rischio non è affatto una certezza. Invece, le strategie di controllo della droga che sono attualmente

usate stanno facendo pochissimi progressi e le nuove proposte promettono solo di essere più costose e più repressive. Noi sappiamo che l'abolizione delle leggi proibizioniste eliminerebbe o ridurrebbe di parecchio molti di quei mali che la gente individua di solito come parte integrante del "problema droga". Eppure questa ipotesi è già stata rifiutata ripetutamente e a gran voce senza nessun tentativo di valutarla pienamente e obiettivamente. Gli ultimi vent'anni hanno dimostrato che una politica della droga imperniata sulla retorica e la diffusione del panico può portare solo al disastro che abbiamo davanti oggi. Se non ci mettiamo onestamente a studiare tutte le alternative, comprese le varie strategie di legalizzazione, ci sono buone possibilità che non riusciremo mai a trovare la soluzione migliore per il nostro problema di droga.

NOTE E RIFERIMENTI

(1) I termini "legalizzazione" e "decriminalizzazione" sono usati qui in modo intercambiabile. Alcuni interpretano quest'ultimo come una forma più limitata di legalizzazione che preveda l'eliminazione di sanzioni penali verso i consumatori ma non verso i produttori e i venditori

(2) dichiarazione del senatore D.P. Moynihan, riferita a un rapporto del U.S. Department of Agriculture, in Congr. Rec. 134 (n.77) p.S7049 (27 maggio 1988)

(3) Drug Enforcement Administration, Departement of Justice, Intell. Trends, 14 (n.3), 1 (1987)

(4) vedi, p.e., K. Healy, J. Interam, Stud. World Aff. 30 (n.2/3), 105, (estate/autunno 1988)

(5) E.A. Nadelmann, ibid, 29 (n.4), 1 (inverno 1987-88)

(6) C. McClintock, ibid. 30 (n. 2/3) 127 (estate autunno 1988); J. Kawell, Report on the Americas 22 (n.6), 13 (marzo 1989)

(7) P. Reuter, Public Interest (n.92) (estate 1988) p. 51

(8) vedi i rapporti annuali del National Narcotics Intelligence Consumers Committee pubblicati dalla Drug Enforcement Administration, Departement of Justice, Washington, D.C.

(9) "Street Level Drug Enforcement: Examining the Issues" M.R. Chaikon Ed. (National Institute of Justice, Departement of Justice, Washington, D.C., settembre 1988)

(10) National Drug Enforcement Policy Board, "National and International Drug Law Enforcement Strategy",(Departement of Justice, Washington, D.C., 1987)

(11) Anti Drug Law Enforcement Efforts and Their Impact (rapporto preparato per la Guardia di Finanza degli Stati Uniti da Wharton Econometric Forecasting Associates, Washington, D.C., 1987) pp. 2 e 38-46

(12) Sourcebook of Criminal Justice Statistics, 1987 (Bureau of Justice Statistics, Departement of Justice, Washington, D.C., 1988), pp. 490, 494, e 518; e "Prisoners in 1987" Bur. Justice Stat. Bull. (Aprile 1988)

(13) U.S. Sentencing Commission, "Supplementary Report on the Initial Sentencing Guidelines and Policy Statements" (U.S. Sentencing Commission, Washington. D.C., 18 giungo 1987) pp. 71-75

(14) R.D. McFadden, New York Times, 5 gennaio 1988, p. B1

(15) Annual Report 1987-88 (Florida Departement of Corrections, Tallahasee, FL, 1988) pp. 26, 50 e 51

(16) "Felony sentences on state courts, 1986" Bur. Justice Stat. Bull. (febbraio 1989)

(17) è necessario sottolineare che le cifre citate non comprendono i numerosi detenuti condannati per crimini connessi alla droga come i reati di violenza commessi dagli spacciatori, di solito nei loro conflitti, e le rapine effettuate per trovare il denaro necessario a pagare la droga

(27) un esperimento sotto controllo nel quale 96 eroinomani accertati che avevano richiesto una prescrizione di mantenimento di eroina erano stati casualmente assegnati a trattamenti con eroina o metadone per endovena ha dimostrato che "il rifiuto (da parte dei medici) di prescrivere eroina è... associato ad un tasso notevolmente alto di astinenza, a spese di un aumento del tasso di arresti e del livello di uso di droga e di attività criminosa da parte di chi non è diventato astinente" R.L. Hartnoll e al., Arch. Gen. Psychiatry, 37, 877 (1980)

(28) "Drug use and crime", Bur. Justice Stat. Spec. Rep. (luglio 1988)

(29) vedi discussione in P.J. Goldstein, P.A. Bellucci, B.J. Spunt, T. Miller, "Frequency of cocaine use and violence: a comparison between man and women" ) in NIDA- National Institute of Drug Abuse, Res. Monogr. Scr. in corso di stampa

(30) Sourcebook of Criminal Justice Statistics, 1986 (Bureau of Justice Statistics. Departement of Justice, Washington, D.C., 1987) p.398

(31) Sourcebook of Criminal Justice Statistics, 1986 (Bureau of Justice Statistics. Departement of Justice, Washington, D.C., 1988) p.497

(32) P.J. Goldstein, Pathways to Criminal Violence, N.A. Weiner e M.E. Wolfgang Eds. (Sage, Newbury Park, California, 1989) pp. 16-48

(33) "A tide of drug killing", Newsweek, 16 gennaio 1989, p.44

(34) P. Shenon, New York Times, 11 aprile 1988, p. A1

(35) W. Nobles, L. Goddard, W. Cavil, P. George, The Culture of Durgs in the Black Community (Institute for Advanced Study of Black Family Life and Culture, Oakland, California, 1987)

(36) T. Mieczowski, Crimonology 24, 645 (1986)

(37) C.L. Renfore e T. Messinger, Semin. Adolescent Med. 1 (n.4), 247 (1985)

(38) D.C. Des Jarlais e S.R. Friedman, J. AIDS 1, 267, (1988)

(39) D.C. Des Jarlais e al., J. Am. Med. Assoc., 261, 1008 (1989)

(40) S.R. Friedman e al. Ins. J. Addict, 32 (n.3), 201 (1987)

(41) T. Bennet, Law Contemp. Prob. 61, 310 (1988)

(42) R.J. Batties e R.W. Pickers, Eds., NIDA Res Monogr. Ser. 80 (1988)

(43) D.C. Des Jarlais e S.R. Friedman, J. AIDS 2 (suppl.1), 865, (1988)

(44) M.Marriot, New York Times, 7 novembre 1988, p. 81 (ibidem, 30 gennaio 1989, p.A1)

(45) Int. Work Group AIDS IV Drug USe Newsl. 3,3 (dicembre 1988)

(46) vedi, p.e., P. Fitzgerald, St. Louis Univ. Public Law Rev. 6, 371 (1987)

(47) L. Grinspoon e J.B. Bakalar, in "Dealing with Drugs: Consequences of Government Control", R. Harmowy Ed. (Lexington Books, Lexington, MA, 1987) pp. 183-219

(48) T.H. Mikuriya, Ed. "Marijuana: Medical Papers", 1839-1972 (medi-Comp Press, Oakland, CA, 1973)

(49) "In the Matter of Marijuana Rescheduling Petition", Docket n. 82-22. 6 settembre 1988, Drug Enforcement Administration, Departement of Justice

(50) A.S. Trebach, "The Heroin Solution" (Yale Univ. Press, New haven, CT, 1982) pp. 69-84

(51) L. Appleby, Saturday Night, novembre 1985, p. 18

(52) F.R. Lee, New York Times, 10 febbraio 1989, p. B3; F. Barre. Headache 22, 69 (1982)

(53) L. Grinspoon e J.B. Bakalar, "Psychedelic Drugs Reconsidered" (Basic Books, New York, 1979)

(54) M.Donovan, P. Dillon, L. McGuire, "Pain" 30, 39 (1987); D.E. Weissman, Narc Officer (n.1), 47 (gennaio 1989); D. Goleman, New York Times, 31 dicembre 1987, p. B5. Il Controlled Substances Act, 21 U.S.C. art. 581 e segg. inserisce una droga nella Tabella I se a) ha un forte potenziale di abuso, b) non è usata al momento per alcun tipo di trattamento medico negli Stati Uniti e c) esiste una mancanza di sicurezza accertata nel suo uso sotto controllo medico. La legge federale proibisce ai medici di prescrivere ai pazienti una droga della tabella I per scopi terapeutici.

(55) Sourcebook of Criminal Justice Statistics, 1986 (Bureau of Justice Statistics. Departement of Justice, Washington, D.C., 1988) p.417

(56) "Towards a national plan to combat alcohol abuse and alcoholism: A report to the United States Congress" (Departement of Health and Human Services, Washington, D.C., settembre 1986)

(57) D.R. Gestein, in "Alcohol and Public Policy: Beyond the Shadow of Prohibiton", M.H. Moore e D.R. Gestein Ed. (National Academy Press, Washington, D.C., 1981) pp. 182-224

(58) Citato in T. Wicker, New York Times, 13 maggio 1987, p. A27

(59) M.M. Kondracke, New Repub. 198 (n.26), 16 (27 giugno 1988)

(60) "Marijuana" (National Institute on Drug Abuse, Washington, D.C., 1983)

(61) J.D. Miller e L.H. Cisin, "Highlights from the National Survey on Drug Abuse", 1982 (National Institute on Drug Abuse, Washington, D.C., 1983), pp. 1-10

(62) P.M. O'Malley, L.D. Johnston, J.G. Bachman. NIDA Monogr. Ser, 61 (1988), pp. 50-75

(63) T.G. Aigner e R.L. Balster, Science 201, 543 (1978); C.E. Johanson, Nida Monogr. Ser. 50 (1984), pp. 54-71

(64) J.F. French e J. Safford, Lancet, 1,1082 (1989); D.C. Des Jarlais, S.R. Friedman, C. Casriel, A. Kort, Psychol. Health 1, 179 (1987)

(65) J. Kaplan "The Hardest Dyrg: Heroin and Public Policy" (Univ. of, Chicago Press, Chicago, IL, 1983) p. 127

(66) S. Siegel, Res. Adv. Alcohol Drug Probl. 9, 279 (1986)

(67) J.A. O'Donnell, "Narcotics Addicts in Kentucky" (Public Health Service Publ. 1881, National Institute of Mental Health, Chevy Chase, MD, 1969) discusso in "Licit and Illicit Drugs" (E.M. Brecher and the Editors of Consumer Reports Little, Brown, Boston, 1972), pp8-10)

(68) vedi N. Zinberg, "Drug, Set and Settings: THe Basis for Controlled Intoxicant Use (Yale Univ. Press, New Haven, CT, 1984)

(69) L.D. Johnston, J.G. Bachman, P.M. O'Malley, "Marijuana decriminalization: the impact on youth 1975-1980" (Monitoring the Future, Occasional Paper 13, Univ. of Michigan Institute of Social Research, Ann Arbor, MI, 1981)

(70) "Policy on drug users" (Ministry of Welfare, Health, and Cultural Affairs, Rijswijk, Olanda, 1985)

(71) D. Courtwright, "Dark Paradise: Opiate Addiction in America Before 1940" (Harvard Univ. Press, Cambridge, MA, 1982)

(72) E.M. Brecher and the Editors of Consumer Report, "Licit and Illicit Drugs" (E.M. Brecher and the Editors of Consumer Reports Little, Brown, Boston, 1972) pp.1-41

(73) vedi P.J. Cook in "Alcohol and Public Policy: Beyond the Shadow of Prohibiton", M.H. Moore e D.R. Gestein Ed. (National Academy Press, Washington, D.C., 1981) pp. 255-285; D.Coate e M.Grossman J.Law Econ., 31, 145 (1988); vedi anche K.E. Warner in "The Cigarette Excise Tax" (Harvard Univ. Institute for the Study of Smoking Behaviour and Policy, Cambridge, MA, 1985) pp. 88-106

(74) J.B. Tye, K.E. Warner, S.A. Glantz J. Public Health Policy 8, 492 (1987)

(75) O.Olsson e P.O.H. Wikstrom, Contemp. Durg Probl. 11, 325 (autunno 1982); M. Terris, Ann, J. Public Health 57, 2085 (1967)

(76) M.D. Laurence, J.R. Snortum, F.E. Zimming, Eds "Social COntrol of the Drinking Driver" (univ. of Chicago Press, Chicago, IL 1988)

(77) J.M. Polich, P.L. Ellickson, P.Reuterm J.P. Kahan. "Strategy for Controlling Adolescent Drug Use" (RAND, Santa Monica, CA, 1984) pp. 145-152

(78) R.B. Fosdick e A.L. Scott "Toward Liquor Control" (Harper, New York, 1933)

 
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