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Pannella Marco - 20 settembre 1989
GANDHI IN SUDAFRICA
di Marco Pannella,

SOMMARIO: Denunciando la criminalizzazione in atto nei confronti della "tribù bianca" del Sudafrica e di quelle nere che non sono allineate sulla scelta di "liberazione" violenta, Marco Pannella auspica che sia sostenuto, in particolare dalla Comunità europea, un piano di conversione dal regime attuale di apartheid alla piena democrazia che si ponga come obiettivo la creazione di uno Stato transnazionale e transetnico, fondato sulla tolleranza.

A questo fine occorre respingere tutte quelle organizzazioni politiche che postulano o giustificano l'uso della violenza.

(La Repubblica del 20 settembre 1989)

»Da molti anni tento pubblicamente di contestare il conformismo di sinistra in tema di Sudafrica. Averlo fatto, negli anni 1962-65 per il Vietnam e la Cambogia, senza essere riuscito a farmi ascoltare, di fronte alle »eroiche scelte violente di »liberazione comunista di quei paesi, alle successive vicende che hanno naturalmente portato a tragedie di quei popoli più gravi di quelle naziste e staliniste, non mi consente oltre di adagiarmi in una semplice, anche se difficile, posizione di testimonianza, dinanzi al rischio di eventi altrettanto spaventosi per l'intera Africa. Occorre denunciare il carattere demagogico e letteralmente irresponsabile della criminalizzazione persistente e sempre più grave dell'intera tribù bianca del Sudafrica, e di quelle nere che non sono allineate sulla scelta violenta, ancora una volta di »liberazione .

Occorre denunciare il pericolo del convergere di posizioni rivoluzioniste e di posizioni legate alle multinazionali del crimine e delle guerre, convergenza già evidente per chi abbia occhi per guardare.

Occorre denunciare l'irresponsabilità della risposta massimalista e ricattatoria contro la politica drammaticamente difficile di apertura e di democratizzazione, ogni volta che viene tentata, risposta che si traduce, localmente, con selvagge uccisioni di neri responsabili di »collaborazionismo , in genere di fiducia nel dialogo, nel silenzio dell'opinione pubblica internazionale, tenuta sistematicamente all'oscuro della complessa verità dei fatti.

Occorre individuare quanto in Sudafrica è conseguenza dell'ideologia persistente di apartheid, quanto di realtà economico-sociali che dietro di essa si celano; il lavoro nelle miniere risponde, nel suo sfruttamento inumano, molto più alla situazione europea di mezzo secolo fa, che ai canoni razzisti o pseudo-razzisti. I morti di Marcinelle, in Belgio, non erano che una piccola parte delle vittime di quel lavoro, con i minatori stroncati dalla silicosi che non è stata riconosciuta come malattia professionale se non dopo generazioni e generazioni.

Occorre ammettere se si vuole essere intellettualmente onesti, che qualsiasi regime circostanze quello sudafricano ha in questi decenni costituito elemento di mortalità, di morbilità, di disumanità, di negazione dei fondamentali diritti umani, ben più gravi di quelli giustamente denunciati, e ingiustamente distorti che accadono in Sudafrica.

Occorre vagliare la politica sudafricana anche alla luce degli atteggiamenti delle opposizioni sostenute dall'unanime consenso e angelizzazione pseudo-liberale e pseudo-umanitaria dell'opinione pubblica mondiale.

Occorre responsabilmente comprendere che l'apartheid non si abbate con un decreto, pena tragedie ancora maggiori, un incendio di violenza e di guerre feroci che si estenderebbero ben presto fino al Corno d'Africa, come l'internazionale delle guerre si augura dopo la »chiusura del fronte Iran-Irak. Occorre contribuire al metodo e all'obiettivo di un piano di conversione, il più rapido e tutelato possibile, di passaggio dal regime attuale ad uno pienamente democratico. Occorre comprendere che, probabilmente, in nessun paese africano esistono condizioni culturali, sociali, economiche tali da potere consentire la realizzazione del »sogno di un regime di piena democrazia politica, culturale, economica e sociale.

Occorre smetterla di santificare personalità divenute di immenso prestigio internazionale, le quali sono da difendere sul piano delle aspirazioni e degli obiettivi, ma non necessariamente sul piano della concreta politica che praticano: il loro apocalittismo, il loro massimalismo, la loro visone manichea non hanno infatti nulla a che vedere con la forza della nonviolenza gandhiana, l'unica che oggi possa avere un valore rivoluzionante nella direzione della democrazia, della giustizia, della libertà e della pace in Sudafrica e nell'intero continente.

Occorre un no, seccamente »no , a qualsiasi organizzazione e politica che postuli o giustifichi la violenza come metodo, come »necessità , sia che queste organizzazioni si manifestini dall'aria del potere (con leggi e regolamenti, abusi e provocazioni) sia che lo facciano a partire dall'opposizione, in nome dei diritti dell'uomo.

Occorre offrire alle tribù bianche e nere del Sudafrica, che vogliono insieme giungere ad uno Stato trasnazionale, transetnico, tollerante, democratico, responsabile, a loro ed alle loro classi dirigenti, il massimo aiuto immediato ufficiale e militante.

Occorre evitare quel che é accaduto puntualmente, non solamente in Estremo Oriente, nel medio Oriente, o nel Nord Africa: che le »liberazioni si traducano in milioni di morti, in genere contadini nella militarizzazione delle società, nell'instaurazione di dittature, nell'esodo forzato o di popolazioni »bianche o »nere da secoli radicate in quelle terre. Occorre ricondurre tutto con chiarezza alla lotta contro ordini sociali ed istituzionali ingiusti, come in Europa o ovunque nel mondo é accaduto da secoli, senza criminalizzare chi ha ereditato quest'»ordine , chi vive con paura e terrore, da una parte e dall'altra, la propria vita e quella della propria società.

Occorre, per finire, che la Comunità europea, e l'Italia, per quanto ci riguarda intervengano immediatamente con nuovi, appropriati segnali di dialogo, di rispetto, di assunzione di responsabilità, di volontà di governo della drammatica situazione perché non evolva nella tragedia, come appare purtroppo probabile se si continuerà ad appoggiare la politica violenta, ricattatrice che viene messa in atto con selvaggia volontà difronte ad ogni tentativo di evoluzione rigorosa, ma graduale e controllata, della situazione stessa.

Solamente un inveterato, dominante, moralistico e letale razzismo può continuare ad escludere per l'Africa ed in genere il terzo mondo, quel »realismo che é stato praticato fino ad una criminale irresponsabilità nei confronti dei regimi comunisti (e fascisti) d'Europa.

L'atteggiamento nei confronti di Pretoria non può e non deve più essere ideologicamente diverso da quello tenuto nei confronti di Mosca, di Varsavia, di Belgrado o anche di Budapest. Per non parlare della vergogna del sostegno di fatto, persistente, nei confronti di Pechino, di Hanoi, e dei Khmer rossi in Cambogia.

 
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