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Gyari Lodi - 17 ottobre 1989
Vivo il Tibet
Lodi Gyari

SOMMARIO: Viene qui riportata un'ampia parte dell'intervento che Lodi Gyari, ministro degli esteri del governo tibetano in esilio, ha pronunciato al Congresso radicale di Budapest. L'autore ringrazia il Partito radicale per le iniziative prese a favore della causa tibetana, sottolinea la nonviolenza del movimento tibetano e le affinità di obiettivi e di metodo che esistono tra il Partito radicale e il movimento tibetano.

»Siamo qui per esprimere personalmente la nostra gratitudine al Partito radicale per le iniziative al Parlamento Europeo e anche nel Parlamento italiano per la causa tibetana. Noi consideriamo queste azioni del Partito radicale non come azioni anti-cinesi, ma pro-umanità e pro-giustizia. Infatti, signor Presidente e cari amici, vorrei dirvi che il movimento cui abbiamo dato vita è ugualmente non anti-cinese. I nostri legami storici con i nostri amici cinesi sono sempre stati molto stretti. Noi vogliamo coesistere con loro; noi vorremmo vivere insieme a loro. Il nostro movimento, dall'inizio, è stato nonviolento e non è mai stato anti-cinese. Questo è il nostro impegno e l'impegno del nostro leader: egli continuerà la sua lotta per il suo popolo in modo nonviolento e il movimento non diventerà mai anti-cinese.

Quando ho letto alcune delle pubblicazioni del Partito radicale, sono stato sorpreso di trovare così tante similarità fra i nostri modi di pensare e i vostri, la vostra lotta per un'Europa unita. Infatti, nel 1982, quando io e due colleghi siamo andati a Pechino per cominciare i dialoghi preliminari con il governo cinese, era precisamente quello che abbiamo detto ai leader cinesi: c'è una tendenza per cui varie nazioni sovrane tentano di associarsi per formare gli stati uniti; abbiamo preso come esempio il mercato comune europeo. Abbiamo detto ai cinesi che è anche nostre desiderio essere trattati da pari e vivere in pace con loro, far parte di un un'unione di stati dell'Asia centrale. Il nostro scopo, la nostra intenzione, non è la disgregazione della Cina, ma realizzare un più esteso, più vigoroso potere in Asia centrale.

Ciò che non possiamo accettare - e sono sicuro che voi tutti siate d'accordo su questo punto - è di esistere, di vivere come schiavi, in un rapporto fra padrone e servo, governatore e governato. Questo, il popolo tibetano non può accettarlo, e sono convinto che neanche voi potreste accettarlo.

Le speranze dei sei milioni di tibetani trovano riflesso nelle pubblicazioni del Partito radicale; leggendole, questa mattina, ero così sorpreso di trovare così tante similarità. Ho letto la vostra lettera indirizzata a Sua Santità il Dalai Lama, nella quale parlate della vostra difficoltà nel risolvere questioni, per esempio, sui diritti umani, sull'ecosistema, sulle strette limitazioni alle frontiere degli stati nazionali. Ho anche letto la dichiarazione di Sua Santità al Parlamento Europeo e al Consiglio d'Europa, e vi ho trovato espresse quasi le identiche cose. Ho letto - e cito - che nel mondo di oggi, così interdipendente, né le singole nazioni né gli individui possono risolvere da soli i loro problemi. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro; dobbiamo dunque acquisire un senso di responsabilità universale. Questo è ciò che io sto esprimendo dall'epoca della mia prima visita in Europa e in occidente, nel 1973. Mi rallegro che così tante persone sono arrivate a condividere questo punti di vista. E se continua

ssi a leggere il testo del messaggio del Dalai Lama sembrerebbe che leggessi alcune vostre stesse pubblicazioni.

E questo dimostra come noi tutti stiamo tentando di guardare al futuro con un maggiore senso di responsabilità.

 
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