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Paissan Mauro, Pannella Marco - 22 ottobre 1989
Conoscere per deliberare

SOMMARIO: Il giornalista si chiede che senso abbia, in una elezione a carattere amministrativo a Roma, una lista antiproibizionista, che ha a capolista Marco Taradash e Pannella al numero due...Pannella risponde che "quello del proibizionismo" è il "terzo mostro del secolo dopo il socialismo reale e i fascismi", che rischia di fare nascere nuove criminalizzazioni violente. L'antiproibizionismo è "un progetto per la città". La lista antiproibizionista non è una "lista radicale camuffata", è una "lista radicale" proclamata. Rispondendo alle domanda, Pannella sostiene poi che il successo del PCI alle europee precedenti è stato un fatto importante, mentre purtroppo quel partito ha poi finito col riproporre, per le amministrative romane, "la più vecchia delle liste di partito",

respingendo la proposta di una "Lista Nathan". Rivolge precise, serissime accuse anche al PSI di Craxi, il "massimo rappresentante, nella sua disperazione", del sistema partitocrataico vigente, della cultura dominante, che è "ademocratica, aliberale". Si candida infine a sindaco di Roma, perché si sente capace di una "intelligenza della complessa realtà romana più centrale di altre..."Difende e spiega infine le ragioni e il valore della politica transnazionale del partito radicale.

(IL MANIFESTO, 22 ottobre 1989)

Un vecchio stereotipo su Marco Pannella vuole il leader radicale in perenne sciopero della fame. Vecchi tempi, si dirà, gli anni passano anche per lui. Invece no. Pannella in questi giorni sta digiunando. Nel mirino, ancora una volta, ciò che si chiama censure, silenzi, rimozioni, insomma al disinformazione. Ce l'ha soprattutto con la Rai-Tv, ma mette sotto accusa l'intero sistema dei "media". "L'informazione come verità laica e come diritto - dice - non c'è più. Conoscere per deliberare: quando questa possibilità non è data, non c'è democrazia". Pannella pone un problema generale, ma che riferisce anche a se stesso. Fa l'esempio della sua candidatura alle prossime elezioni rimane nella lista antiproibizionista. "Nessuno sa che sono candidato, forse nemmeno i lettori del "manifesto". Sono stato cancellato. In politica l'imagine è l'identità". Pannella è il numero due, dopo Marco Taradash, in una lista che comprende tra gli altri Vanna Barenghi, Luigi Bonito, Roberta Tatafiora, e che al numero tre candida un

sieropositivo, Luigi Cerina.

La prima domanda riguarda proprio il senso di una lista antiproibizionista sulla droga in un'elezione perdipiù amministrativa.

"Non capisco questa corporativizzazione della proposta politica, la politica divisa per fette di problemi: oggi gli antiproibizionisti, domani magari una lista antirazzista o una lista antimaschilista".

Con una differenza: che antirazzisti si dichiarano ormai tutti (perfino Le Pen in Francia), mentre la posizione antiproibizionista è totalmente minoritaria nel potere e nelle aree del potere. Si tratta di organizzare, in materia, una conoscenza popolare da contrapporre alla volontà della classe politica. Nella mia esistenza mi sono fatto volutamente arrestare solo per l'antiproibizionismo, è un vecchio tema nostro, radicale. Si sta verificando la nostra intuizione, il nostro timore, che quello del proibizionismo sia il terzo mostro del secolo dopo il socialismo reale e i fascismi: Bush estende la pena di morte, l'Fbi si arroga il diritto di operare arresti dovunque nel mondo, il panamense Noriega sarà probabilmente assassinato dalla Cia, si dichiara la possibilità di dare l'arrembaggio alle navi al di fuori delle acque territoriali, stanno preparando posti in carcere per centinaia di migliaia di persone, milioni e decine di milioni (letteralmente, se comprendiamo anche chi si spinella) sono criminalizzati co

me lo erano le donne per l'aborto e i fuori-legge del matrimonio. E' un fronte che rischia di ingigantirsi. Questa lista è una presenza di lotta.

"Insisto. E' una battaglia politica degnissima, non ho dubbio alcuno, ma che non giustifica di per sé la presentazione di una lista elettorale alle amministrative. A Roma non c'è solo il problema droga, e una lista dovrebbe presumere di offrire una proposta di governo complessivo della capitale".

La lista antiproibizionista si chiama "per Roma civica, laica e verde", analogamente ad altre liste che presentammo nelle scorse tornate amministrative. Eppoi il proibizionismo non è solo la tossicodipendenza ma tocca aspetti sanitari, giuridici, di ordine pubblico. E' un modo diverso di guardare alla città, alla sua amministrazione e alla gente. E' un progetto per la città.

"Come partito radicale avete deciso di non presentare più liste di partito. Ma questa non è una lista radicale camuffata?"

No, è una lista radicale non camuffata bensì proclamata. Siamo radicali, molti di noi sono radicali. E' come la Lid, la Lega italiana per il divorzio, che era chiaramente una realtà radicale, ma che consentiva a molti non radicali di esserne esponenti e membri della presidenza. Lo stesso facemmo per l'obiezione di coscienza o per la fame nel mondo. Quindi, una lista smaccatamente di tipo e di ispirazione radicale, con me tra i capilista. Il che vuol dire la lista meno partitocratica, la più antipartitocratica.

"Questo significa che l'anno prossimo, per le amministrative generali, ci saranno 8.000 liste antiproibizioniste in tutta Italia?"

Il congresso del Cora, il coordinamento radicale antiproibizionista, questo ha deciso. Tra il dire e il fare c'è ovviamente di mezzo il mare. Invece che 8.000 magari le liste potranno essere 8, dove si potrà, ma la scelta è quella.

"Ma chi te l'ha fatto fare, dopo tanti anni, di presentarti candidato anche a queste elezioni? Avresti potuto limitari ad appoggiare la lista. Perché ti metti sempre in gioco? Trieste, Napoli, Catania, ora Roma. Non eccedi in presenzialismo?"

Non sono uno che si limita a esprimere solidarietà. La solidarietà deve essere solida. Se io ti dico "ti raccomando di votare per quello", non ha nessun impatto. Mentre se alla gente dici "io mi batto per questo, se hai fiducia votami", allora sei credibile.

"La tua assenza è però ingombrante per l'elettorato di riferimento radicale, prevedibilmente attirato più dal tuo nome che da quello dei radicali presenti tra i verdi".

Ho la capacità e l'intelligenza di dosare le mie forze. Tutti sanno che Rutelli è il numero due dei verdi e pochi sanno che Pannella è il numero due in quest'altra lista. D'altronde, già nell'agosto '83 o '84 (non mi ricordo) scrissi proprio sul "manifesto" che dovevano esserci due gambe per camminare, il partito radicale e i verdi come forza autonoma presente a livello nazionale. Nessuno può ora dubitare che voglia danneggiare i verdi. Nel '75 Mario Signorino, allora radicale, fu incaricato da me, d'accordo con il tesoriere del partito, di acquistare in Danimarca il simbolo del Sole che ride per metterlo successivamente in circolazione in Italia.

"Che giudizio dai dei verdi oggi?"

La caratteristica dei verdi è che oggi vanno nel senso comune della società: ora tutti rischiano di essere antirazzisti da una parte ed ecologisti dall'altra. Io, invece, appena una cosa entra nei valori acquisiti preferisco dedicarmi prevalentemente ad altri temi, ad altri valori. Ma i verdi per me continuano a essere una delle due gambe.

"Chi pratica le liste verdi dice - non so se è vero - che tra i meno carini nel modo di far politica parecchi sono coloro che in passato hanno militato nel partito radicale: personalismo, formalismo esasperato, scelte di campo intercambiabili. Tu saresti il cattivo maestro".

Se per meno carini si intende spiacevoli, i radicali spiacevoli lo sono. La sgradevolezza è preferibile all'essere sempre perbene, perbenisti. Ma la verità è un'altra. Ci sono in giro scorie radicali, parlo non di persone ma di vicende. Nel nostro partito è passato di tutto. Ci sono delle persone che abbastanza presto, avendo appreso a fare un po' di politica e non potendola praticare nel partito in un certo modo, sono andati giustamente altrove. Non è che chiunque sia stato radicale si ispiri ai miei criteri. Non c'è una scuola Pannella. Vale il contrario: c'è chi, incontrando l'azione di Pannella, se ne allontana, perché ama un altro modo di far politica, ed ora eccolo qua, anche tra i verdi.

"In agosto tu lanciasti per Roma la proposta della lista Nathan, una lista unitaria e non di partito. Perché non ha avuto successo?"

Da un anno e mezzo o due sto facendo campagna attiva per il partito comunista: elle europee sono stato molto esplicito, te ne sarai accorto. Il loro successo elettorale del 18 giugno l'ho vissuto come una vittoria comune, nonostante non abbiano avuto il coraggio di inserire un candidato radicale nelle loro liste. Ma all'indomani di quel successo il Pci decide di presentare per Roma la più vecchia delle liste di partito, la mano aperta dal '50 ad oggi.

"Per quali motivi, secondo te, il Pci non avrebbe accolto la tua proposta?"

Bisogna chiederlo a loro. Appena tirato il sospiro di sollievo per l'esito delle europee, sono andati in vacanza. La sconfitta è orfana e la vittoria ha molti padri. Se uno perde se ne può andare in vacanza, ma se uno vince non può mollare un secondo. Invece, tutti al mare. Ti sembrerà strano, ma questa è una delle ragioni per le quali si è perso quell'appuntamento. Ora la lista Reichlin è sostenuta da "Repubblica", ma in un modo così smaccato che finirà col danneggiarla, perché ne accentua l'isolamento. E così una volta di più si dirà, a torto, che "Repubblica" porta scarogna. In realtà porta scarogna perché ogni volta che fa un'operazione politica lo fa malissimo, nuocendo a chi sostiene.

"Le tue critiche al Pci non sono comunque nemmeno paragonabili alle tue critiche al Psi di Craxi, che tu raffronti a Mussolini. C'è chi ti accusa di esagerare nel demonizzare il segretario socialista".

Sui socialisti sto conducendo una riflessione ad alta voce, in coerenza con che pensiamo da 15 anni, da quando dicevamo che non si poteva linciare Almirante e che il fascismo era intimo alle nostre storie. Oggi non c'è più bisogno dei carabinieri e dell'olio di ricino, basta la televisione e l'informazione. La democrazia non esiste più, è morta, al suo posto c'è la partitocrazia, che è ademocratica nella sua concezione e antidemocratica verso le minoranze. Il massimo rappresentate di questa situazione è, nella disperazione, Bettino. In termini di cronaca è patente che Mussolini all'inizio non volesse divenire Mussolini. Ancora dopo il delitto Matteotti, perfino Salvemini e Sturzo (questione di pochi mesi) ancora guardavano a Mussolini come a uno che stava regolando delle cose e che poi se ne sarebbe andato perché troppo fragile. Il fascismo è stato generato dalla mancanza di fede laica nella procedura, nella regola. Ed ecco di nuovo Bettino, con la sua estraneità, conquistata o antica, al dato dei valori, e

con il suo senso assolutamente relativistico verso tutto, e per il quale il mezzo è sempre autoritario. Nel suo partito si sono violati 87 articoli dello statuto per migliaia di volte, ma questo vien ritenuto secondario. Con il 13-14 per cento dei voti, tutto gli è consentito dalle altre forze, che rappresentano l'equivalente della monarchia e di Giolitti rispetto all'ascesa di Mussolini. La cultura dominante, che è ademocratica e aliberale, istiga Craxi a diventare sempre più potere di fatto, e il potere di fatto diventa sempre più timoroso, perché non si fonda su nulla. E allora presenta l'apolitico Carraro a sindaco di Roma e dalla Rai-Tv ci anticipa come intende governare in futuro Roma e l'Italia.

"Visti i candidati in lizza, chi è per te il sindaco ideale, o il meno peggio?"

Francesco Rutelli, Gianfranco Amendola, o io stesso per un periodo di un anno o due. Ho il dovere di porre anche la mia candidatura. Il problema è di rottura e di continuità nello stesso tempo. Credo di avere un'intelligenza della complessa realtà romana più centrale di altre, con la possibilità di agire con intransigenza, senza settarismi e senza fumetti. Per esempio la criminalizzazione di Sbardella è una angelizzazione involontaria del resto della Democrazia cristiana e di liberali, repubblicani e socialisti. Io penso si debba essere capaci di agire anche verso questa realtà con la possibilità di composizioni, compromessi, opportunità al limite anche con loro. O altrimenti si deve teorizzare il non dialogo e il non compromesso con tutto il mondo pentapartitico romano, comprese le forze pentapartitiche romane esterne alla Dc, che sono sempre servite a far prevalere nella Dc gli interessi bruti.

"Quale impressione ti ha fatto l'invito del cardinal Poletti a votare Dc seppur con ripugnanza?"

Come si fa a parlare di ripugnanza e nello stesso tempo invitare a rendere omaggio a ciò che ripugna? Un pastore o è un uomo di profezia, di speranza e di carità o non è. E penso al dolorosissimo silenzio di persone come il vescovo ausiliare Clemente Riva e di tanti altri. I cattolici che vogliono dare un voto da fedeli, c'è Democrazia proletaria che presenta a queste elezioni una delle più belle tonache (Giulio Girardi, "ndr"). Su questo vorrei dire un'altra cosa. Se si fosse fatta la lista Nathan, si sarebbe potuto avere nella testa di lista qualche esponente della "fraternità" di Cl, persone magari non note ma staccate dal Movimento popolare di Giancarlo Cesana.

"Hai letto l'ultima intervista di Norberto Bobbio?"

Sì. Quando io affermo che Craxi, consapevole o no, ripropone gli accenti, i temi e gli obiettivi che furono di Almirante, si dice che sono eccessivo, esagerato. Ora Bobbio dice che il Psi va a destra. E' semplicemente vero.

"Volevo riferirmi, in verità, a un altro passo di Bobbio, dove dice che la democrazia non è necessariamente connaturata al capitalismo".

Vecchia querelle. Rispondo con Croce contro Einaudi. Di per sé un regime di diritto e di libertà è teoricamente compatibile con situazioni sia liberistiche che protezionistiche che d'altro tipo. Ti scandalizzerò, ma io ritengo che l'adozione da parte di Pinochet della ricetta economica di Friedman abbia posto le condizioni del superamento del suo stesso regime. Comunque, sulla possibile evoluzione di incompatibilità tra una certa fase capitalistica e le esigenze di democrazia, si sfonda con me una porta aperta. Altra cosa, ovviamente, è dare per scontato che capitalismo e democrazia sono incompatibili.

"Un'ultima domanda sul partito radicale. Mi pare che la sua transitorietà si sia ridotta alla battaglia sulla droga".

Quand'anche fosse... Per l'America latina, per l'America del Nord, per noi stessi la droga sta diventando un problema che si ripercuote sulla vita privata, sulla vita pubblica, sul diritto. Ma non è tutta qui la nostra dimensione transnazionale. Nessuno l'ha scritto, ma al recente congresso del Posu a Budapest è stato invitato il segretario del partito radicale, unico rappresentate di un partito straniero, in quanto partito transnazionale presente anche in Ungheria. A Madrid, dove alle elezioni politiche di domenica prossima è presente una lista antiproibizionista, sono in corso scioperi della fame sul tema dell'informazione. A Mosca, Praga, Budapest e Varsavia si manifesta davanti alle ambasciate di Italia e di Spagna perché nella democrazia reale i diritti democratici all'informazione siano rispettati. Cos'è tutto ciò se non transnazionalità?

 
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