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Pannella Marco - 30 ottobre 1989
Per Roma civica, laica, verde
di Marco Pannnella

SOMMARIO: Appello elettorale nelle ultime battute della campagna per le elezioni amministrative. Denuncia che il PSI sia ormai "un pericolo non più solamente per se stesso, per i valori e gli ideali che sono stati i suoi...ma per l'intero paese", e che i partiti laici, il PLI e il PRI, non abbiano dato vita né alla "federazione laica" cui si erano impegnati né alla "Lista Nathan". Ma le reponsabilità maggiori sono del partito socialista, alla sua politica corrotta e corruttrice, cui non può bastare una candidatura Carraro lanciata come un "detersivo" o un "dentifricio". Chiede agli elettori tre o quattro eletti "in più" per la lista antiproibizionista, per poter subito rilanciare la proposta "Nathan", con Zevi, o Scalfaro o Martinazzoli come "candidati"alla sua guida.

(Dattiloscritto, ottobre 1989)

Per la DC e anche per il PCI, il problema non è quello dei numeri: avranno comunque un mucchio di consiglieri; come sempre, un po' di più, un po' di meno. Per il PSI si tratta di sapere se riporterà una grande vittoria o un trionfo; e vuole, disperatamente, un trionfo. Aveva nel 1986 il 10% dei voti, tre mesi fa ne ha avuto 13,80. Ma il PSI è stato fin qui debole quando vi sono elezioni politiche, fortissimo nelle amministrative dove governo e sottogoverno, la mobilitazione scandalosa di mezzi finanziari, enormi quanto sospetti, l'abuso di televisioni pubbliche e private, clientelismo e cesarismi vari, il serbatoio di voti che trova nell'elettorato di Almirante, grazie alle sue campagne demagogiche e autoritarie, la disperata cecità degli astensionisti, tutto concorre a rafforzarlo. Non è un caso che nel Mezzogiorno, nei luoghi più poveri, oppressi e inquinati, stia diventando inesorabilmente il secondo partito.

Il PSI costituisce ormai un pericolo non più solamente per se stesso, per i valori e gli ideali che nono stati i suoi nei periodi non desolanti e indegni della sua storia, ma per l'intero Paese. Occorre fermarlo, prima che sia troppo tardi. Per tornare ad essere quello di Loris Fortuna, di Sandro Pertini, di Norberto Bobbio, amico e compagno dei democratici e dei radicali. A Roma, la candidatura lanciata come un detersivo o un dentifricio dell'ex presidente del CONI Carraro, perfettamente apolitica, omogenea più alla cultura e alla politica di Giulio Andreotti che a quella del riformismo laico di qualsiasi specie, piena di danaro quanto vuota di contenuti, trasformisticamente aperta a tutto e a tutti (e il PCI lo esorta ad accogliere la sua mano aperta per dare vita insieme ad una ..."alternativa democratica", magari "di sinistra"! roba da matti, che non consentiremo mai, sia chiaro, se ce ne sarà data la forza, si realizzi!) a Roma, dunque, il rifiuto dei laici del PLI e del PRI sia di dar vita alla Federaz

ione laica cui si erano impegnati con gli elettori, sia di dar vita alla lista "Ernesto Nathan", il rifiuto operato anche dal PCI, che non ha accolto nemmeno la nostra proposta di una lista democratica non partitica guidata da Pietro Ingrao, l'emarginazione violenta della nostra lista antiproibizionista "Per Roma civica, laica, verde", così come di quella di Democrazia Proletaria guidata dal generoso sacerdote e militante sandinista Don Giulio Gerardi, hanno creato il vuoto dove il PSI potrà trarre il "pieno", questa volta, per inchiodare (ed esserne inchiodati) Roma e il Paese in brutte, pericolose situazioni e avventure.

Una parte della popolazione emarginata dalla politica, per povertà, per la qualità della sua vita, rischia di essere facile preda di questa pericolosa bomba molotov, fatta di demagogia, di avventurismo, di irresponsabilità, di cecità anche suicida, di protervia e anche di una pericolosissima paura che porta il PSI a temere ormai di poter salvare solamente raddoppiando ogni volta la posta, pretendendo ogni volta qualcosa di più ancora, minacciando sfasci e rotture, intollerante di qualsiasi critica, di qualsiasi dibattito, esterno o interno che sia, usando di mezzi violenti ed arbitrari di convinzione. Per calcoli, illusori e rischiosi, per perpetua transigenza sui principi, unita sempre più solamente dal potere per il potere, la DC sta a guardare, lascia fare, ritiene che il PSI possa toglierle dalle mani castagne bollenti. In questo mercato degli imbrogli, il PSI pensa di poter ripetere la storia che fu poi quella dei rapporti fra Mussolini, da una parte e la classe giolittiana, la monarchia, e i "realisti"

di ogni sponda, ma specie "laica" e "di sinistra", dall'altra.

Disponendo di un potere senza alcun rapporto con la sua forza elettorale e popolare; governando con chiunque sia più forte, con il PCI nelle regioni rosse, con la DC e le amine morte che le fanno corona, a Roma e dovunque possibile; esercitando una corrusca, altezzosa, continua azione di ricatto; esasperando l'antidemocraticità dell'informazione per ingannare il Paese e meglio mentire agli elettori; stringendo patti leonini con le maggiori forze economiche pubbliche e private; cercando sempre di dare l'impressione che senza il suo consenso nessuno può contare su niente; criminalizzando gli avversari che non riesce a eliminare o a clandestinizzare; progressivamente raccogliendo attorno a sé una legione straniera di arrivisti, di affaristi, di clienti, di zeloti e di pentiti della democrazia riformista, di intellettuali nostalgici di assetti giacobino-autoritari, di "commis" voraci e senza scrupoli; cercando di raccogliere una qualsiasi briciola di premio per aver voluto ed imposto il desolante ed inutile nuov

o Concordato fra Stato e Chiesa; governando anche se stesso contro ogni rispetto delle regole e della propria istituzionale legalità; così attrezzandosi e condannandosi a governare istituzioni e potere, questo partito sta dunque per cogliere a Roma, e sfruttare, un successo dovuto solamente alla debolezza democratica degli altri partiti, o delle loro proposte elettorali romane.

Ormai quasi tutti sono psicologicamente o anche culturalmente subalterni ad una tale politica. Il proibizionismo autoritario, letale per le istituzioni, per il diritto e per la società, viene oggi impugnato come arma ideale e pratica dal PSI, mutuando dai nemici delle riforme sul divorzio e sull'aborto, cultura, argomenti, intolleranza e letali confusioni e illusioni; con l'occasione e l'alibi del flagello proibizionista sulla droga.

Una partitocrazia, un ceto intellettuale, quasi un intero paese, che non riescono nemmeno ad accennare a rimettersi dalla intossicazione emergenzialista, il cui relativismo finisce per essere storicamente e, culturalmente senza difese e senza certezze, senza regole e senza rispetto per le più classiche conquiste della civiltà giuridica e di democrazia politica, stanno insomma precipitando verso il caos, accecati da visioni irenistiche ed economicistiche della realtà socio-economica italiana.

La nostra costituzione è divenuta un colabrodo. Chi dovrebbe restaurarne il rispetto sembra rassegnato a non farlo, assistendo imbelle all'eliminazione del residuo metallo.

Unica nota sicuramente e fortemente positiva è l'affermarsi della forza elettorale (e politica, speriamo) verde. Il suo insediamento procede e si estende rapido. Il nuovo umanesimo, che non può che essere ambientalista e democratico, permea parti importanti di questo movimento, che trae la sua forza più immediata dalla reazione che finalmente il corpo sociale trae dalla progressiva invivibilità della terra. I radicali ne sono non tanto una componente quanto uno dei connotati essenziali e non eliminabili; così come tanti di loro, a cominciare da Francesco Rutelli, stanno dimostrando (e - spero - comprendendo). Altri hanno per ora scelto con convinzione di esserlo "in partibus infidelium", a partire dalla necessità assoluta di non perdere contatto con la pericolante realtà dei corpi e delle istituzioni tradizionali della politica, siano essi di democrazia o di socialismo reali. Questo successo, per intanto, a Roma, deve e può essere, grande, e ci auguriamo di assistere ad un vero e proprio "rush" il 29 ottobre

a favore dei verdi per Roma.

Ma questa forza così nuova e ancora politicamente fragile, immatura, per ragioni assolutamente naturali, obbligate, inadeguata a raggiungere da sola l'impatto di una lotta politica, di scontri istituzionali e politici gravissimi che richiedono grande iniziativa e preparazione, su temi e circostanze che non sono mai stati finora nemmeno affrontati al proprio interno, che per il momento li trovano ancora, a volte, divisi o distratti. Penso, in particolare, al grande tema della vita del diritto in relazione al diritto alla vita, e al diritto alla democrazia e al suo effettivo esercizio. Penso, ancora, a quella "intimità" consapevole e coltivata con le ragioni più profonde delle diverse storie politiche e partitiche, senza la quale non può esservi la forza di concepire e di realizzare le nuove, vastissime, urgenti unità di struttura e di azione cui - inclusi i verdi e noi stessi - tutti dobbiamo tendere e che - a Roma - dobbiamo ora cercare di realizzare all'inizio della prossima consigliatura, la penultima prim

a del 2000.

Questa forza intrinseca, invece, ci appartiene, appartiene alla Lista che abbiamo costituito, a partire dal contributo della Lista Antiproibizionista e della "terza" componente della Lista laica, federalista, ambientalista presentatesi entrambi alle elezioni europee.

Dipende ormai dalle ultime ore, di una campagna elettorale disperatamente povera sul piano del confronto politico e programmatico, dove ciascuno - ci sembra - ha recitato il proprio monologo (ricco e attuale quello dei Verdi, vecchio, frusto quello degli altri con l'aggiunta delle "novità" socialiste che sopra tentato di descrivere e denunciare).

Da una analisi ragionata delle cifre elettorali, la Lista Antiproibizionista "per Roma civica, laica e verde", posta in rapporto con la sua clandestinità obbligata sino ai giorni scorsi, all'eliminazione conseguente di un forte e vero dibattito politico (già operata ad agosto e settembre contro il nostro "progetto Nathan", e contro la "Lista Ingrao") sulla caratteristica e la valenza di queste elezioni, noi ci troviamo in questo momento a poter contare su un 2% scarso di voti. Probabilmente insufficienti per due eletti, due su 80. E in tal caso, ovviamente, li riterrò bocciati politicamente e ne trarrò le conseguenze.

Non rivolgo appelli a nessuno. Abbiamo la consapevolezza, la certezza che non abbiamo nulla da chiedere, ma solamente da dare.

Ma ciascuno consideri, ora, che tre, quattro eletti in più o in meno per la DC, e anche per il PCI, non muteranno la sostanza del problema, la qualità dello scontro, che - nelle circostanze attuali - non può essere quello "sinistra-destra", ma ha da essere del tutto nuovo, non solamente per Roma ma anche per l'Italia.

A meno che il "trionfo" del PSI non assicuri allo squallore pentapartitico capitolino la possibilità di una nuova riedizione, o la prospettiva di giochi trasformistici e immobilistici del "partito laico" che si trovasse a poter essere "determinante" per conquistare una posizione di "alternanza cronologica" con Carraro o Portoghesi (se non - come si propone Mammì - addirittura come Sindaco "unitario" per cinque anni).

Al contrario tre, quattro eletti "in più" della nostra Lista, ci consentirebbe, ne sono certo, di riproporre immediatamente, al momento stesso della costituzione dei gruppi consiliari, la proposta "Nathan" (se non quella "Ingrao"). E, per la Lista Nathan, oltre alla candidatura di Bruno Zevi, non a caso avevo aggiunto anche le ipotesi Scalfaro e Martinazzoli. Fra i cattolici e democristiani potrebbero non mancare fra gli eletti (perché non tutti?) del 29 ottobre persone con cui discutere della possibilità di non costituire gruppi partitici o solo gruppi partitici in Consiglio. E il PCI potrebbe alla fine dimostrare, fin da allora, che è davvero in procinto di divenire "nuovo", di superare cioè se stesso, assieme a molti altri, per costituire con loro, con pari dignità, una nuova forza democratica.

Solamente se molti elettori saranno capaci, aiutati, indotti a non votare per il loro partito abituale (in primo luogo, in questo contesto, elettori socialisti, così come democristiani, comunisti, oltre agli elettori laici fedeli ai traditi impegni e alle speranze della scorsa primavera) per votare per noi, per me e per Taradash annunciandolo pubblicamente, subito, la difesa dal pericolo cui si rischia di essere travolti tutti e la ricerca di un estremo tentativo di immediata riforma politica capitolina (e nazionale) potranno realizzarsi.

E' per questo che chiediamo loro di interrogarsi e di comprendere se non sia il caso di sacrificare un po' di "averi" dei "grossi" loro partiti, per una volta per l'"essere della determinazione, della chiarezza, della legittima e ragionevole speranza.

Passare, in queste circostanze, per una volta, a votare questa lista davvero "civica", potrebbe dunque esser l'unico voto "efficace", anziché voto all'ammasso, o disperso nell'ammasso per indeterminatezza e debolezza di progetti e di ambizioni, e di coraggio.

 
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