Carduccio ParizziPresidente della Lega Ecologica e primo firmatario dei referendum anticaccia.
SOMMARIO: Per la prima volta in una regione a statuto ordinario i cittadini andranno alle urne per votare contro la caccia: il 28 gennaio 1990 si voterà in Emilia Romagna un referendum che chiede di abolire l'utilizzo di richiami vivi e di impedire ai cacciatori di invadere i terreni in attualità di coltivazione.
(Notizie Radicali n.248 del 14 novembre 1989)
Nell'autunno del 1988, per la seconda volta in Emilia Romagna, diverse associazioni ambientaliste (Lega ecologica, Lipu, Wwf) e la Federazione Regionale degli Agricoltori, riunite in un "Comitato Promotore", depositarono le firme necessarie (oltre 35.000 per ogni proposta) ad indire due referendum su alcune delle norme che andavano a regolamentare l'attività venatoria in regione. Dopo varie traversie, il Presidente della Giunta Regionale, Luciano Guerzoni, con decreto n.763, ha fissato la data di svolgimento dei referendum: in Emilia Romagna si voterà il 28 gennaio 1990. Con le richieste referendarie il COmitato Promotore chiedeva di abolire l'uccellagione e l'utilizzo di richiami vivi, di introdurre il "domicilio venatorio" e impedire ai cacciatori di invadere i terreni in attualità di coltivazione. Per tentare di evitare il referendum, nell'agosto scorso la Regione Emilia Romagna ha approvato una legge di modifica delle norme. Il nuovo articolato (L.R. 18 agosto '89, n.28), aboliva definitivamente l'uccell
agione, introduceva il divieto di caccia all'interno delle colture specializzate, consentiva la caccia di appostamento solo con il consenso del conduttore del fondo agricolo; rimaneva senza risposta la richiesta di non utilizzare animali come richiamo che, con deroga, venivano "legalizzati" per altri 5 anni; si demandava alle province la regolamentazione del nomadismo venatorio all'interno dei Tgsc (Territori Gestione Sociale Caccia).
Memore dell'ingloriosa fine decretata da Consiglio Regionale alla precedente proposta referendaria, fatta decadere - a referendum ormai indetto - dall'approvazione di una legge (L.R. 15.5.87, n.20, chiamata "legge truffa") che non dava alcuna risposta positiva alle questioni sollevate dai referendum, ma era stata comunque dichiarata idonea (!) a superarli, il Comitato Promotore, pur identificando le nuove modifiche come "un primo passo per arrivare ad una più moderna normativa", con apposita memoria depositata nello scorso settembre, richiese di andare a referendum per le parti che non erano state recepite.
Questa volta la "Commissione Consultiva per i Referendum" (Commissione della Regione) accolse le ragioni del Comitato Promotore: la nuova normativa non recepiva le richieste referendarie in materia di richiami vivi e di accesso ai Tgsc; su queste questioni i cittadini (per la prima volta in una regione a statuto ordinario) andranno alle urne.
Ora bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare per vincere la scadenza del 28 gennaio. Con l'inizio del nuovo anno (quanto manca? pochissimo) saremo già in campagna elettorale. Tre milioni di cittadini dell'Emilia Romagna dovranno esprimere il loro voto in pieno inverno (mai successo, di solito si vota in primavera) con il rischio che la maggioranza della gente non vada a votare ("La proposta soggetta a referendum abrogativo è approvata se alla votazione ha partecipato la maggioranza degli elettori e se è raggiunta su di essa la maggioranza dei voti validamente espressi" art.18 L.R. 13 maggio '80, n.34).
Per noi - che materialmente abbiamo promosso, raccolto le firme e difeso o referendum - è importante vincere questa prima scadenza referendaria sulla caccia.
Per questo occorre costituire un ampio schieramento che comprenda tutti i soggetti che vogliono essere compresi. Il 28 gennaio bisogna che la gente sappia che è importante andare a votare e che contro la caccia bisogna votare SI.
Sarebbe un peccato sprecare questa occasione.