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Arnao Giancarlo - 5 febbraio 1990
Una legge idiota
Giancarlo Arnao

SOMMARIO: L'analisi critica del disegno di legge sulla droga approvato dal Senato (Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della legge 22 dicembre 1975, n.685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).

(Articolo pubblicato il 7 dicembre 1989 su Manifesto, "Una legge idiota" aggiornato il 5 febbraio 1990)

In un primo bilancio, a caldo, sulla proposta della legge-droga approvata dal Senato, ci sembra vadano riportati alcuni aspetti paradossali.

Il primo sta nel fatto che tutti i commentatori (sia a favore sia contro) sembrano ritenere che la legge riguardi esclusivamente i tossicodipendenti. Il dibattito è stato infatti tutto centrato sulla alternativa fra punibilità e trattamento, senza una sola parola sui consumatori che non hanno alcun bisogno di trattamento, come quelli non-dipendenti e soprattutto i consumatori di droghe leggere. Eppure, questi ultimi, sul piano quantitativo, costituiscono il target più vasto dei potenziali incriminabili, un target almeno dieci volte superiore (due-tre milioni contro due-trecentomila) alla popolazione dei tossicodipendenti.

Il secondo paradosso è la questione della cosiddetta "dose media giornaliera". Ciò che la maggioranza di governo (e anche la maggioranza dei commentatori) hanno dimostrato di ignorare è il fatto che, sul piano pratico, la quantificazione della "dose media giornaliera" costituisce la discriminante decisiva fra le sanzioni amministrative e quelle penali: Che cioè essa equivale di fatto alla "dose minima galera". Poiché tale quantificazione non è fissata dai legislatori, ma è delegata al ministero della Sanità, ci troviamo di fronte al paradosso di assemblee elettive che votano per un provvedimento che criminalizza potenzialmente milioni di persone senza conoscere i criteri in base a cui saranno incriminati.

Sul piano scientifico, il concetto di d.m.g. è del tutto privo di senso. E i Senatori non potevano ignorarlo, visto ciò era emerso (nell'aprile del 1989) da un'audizione della Commissione del Senato a un gruppo di "tecnici", comprendente tossicologhi autorevoli come Bignami, Tempesta e Gori. Al che ci dovrebbe spiegare per quale ragione sono stati consultati i tecnici, visto che si procede come se il loro parere fosse acqua fresca. E soprattutto perché si deleghi ad un ministero "tecnico" la quantificazione di un parametro che non è scientifico ma politico.

Assumere per scontato che la d.m.g. (ancorché sia scientificamente determinabile) costituisca una discriminante efficace ed equa fra spacciatori e consumatori è quindi del tutto opinabile.

Come si è già scritto e detto a suo tempo, gran parte di coloro che usano sostanze illegali (e in particolare di quanti le usano nel contesto sociale-ricreativo, come la maggioranza dei consumatori di droga leggera) detiene quantitativi destinati a durare diversi giorni o settimane, allo stesso modo in cui chi beve vino compra generalmente più di quanto ne usa in una giornata.

E quindi mistificatorio che i fautori della legge, dalla trepida Iervolino in giù, facciano credere all'opinione pubblica che la legge è umanitaria e salvifica; si ammetta apertamente che i consumatori verranno mandati in galera, e si provveda coerentemente a triplicare la capienza del sistema giudiziario e carcerario italiano.

Per non parlare delle dinamiche perverse che verranno messe in atto. Come per es. il fatto di incoraggiare nei consumatori la tendenza a non lasciare in giro "dosi" che potrebbero essere considerate "minime da galera" e a farsi fuori tutta la droga a disposizione; o la necessità per i tossicodipendenti di acquistare la droga giorno per giorno, assumendo quindi eroina di potenza e qualità variabile (e aumentando il rischio di overdose). O il fatto di costringere i consumatori di droghe leggere ad aumentare la loro frequenza al mercato nero, e quindi la probabilità di offerte di altre sostanze più tossiche.

Inoltre, la discriminante basata sulla d.m.g. costituisce un paradossale incentivo ad usare eroina anziché droghe leggere. Infatti, la dose media giornaliera di eroina varia secondo il livello di tolleranza dei singoli tossicodipendenti, con escursioni di valori molto ampie: una ricerca di Lewis a Roma e Verona ha riscontrato dosaggi oscillanti fra i valori estremi di 5 e 500 mg, cioè da 1 a 100! Qui, delle due l'una: o le dosi saranno mantenute basse, e rischieranno di escludere dall'opzione del trattamento proprio i casi più gravi; o verranno fissate dosi più alte - che in qualche caso potranno abbondantemente superare il fabbisogno giornaliero. Anche se ci si risolvesse a determinare la d.m.g. ad personam, le tecniche di rilevamento dello stato di dipendenza non consentono una quantificazione esatta del dosaggio giornaliero. Per la cannabis, le caratteristiche farmacologiche della sua assunzione (che non determina dipendenza ed ha una scarsa tolleranza) non consentono margini di contenzioso. Una volta st

abiliti i dosaggi, basterà un centigrammo in più perché il consumatore venga incriminato. Questa sperequazione si riflette anche sullo spaccio: uno spacciatore di eroina che è o pretende di essere tossicodipendente ha la possibilità di detenere decine di dosi destinate allo spaccio, correndo meno rischi di incriminazione di un consumatore di cannabis. La sperequazione è aumentata dalle caratteristiche fisiche delle sostanze: un grammo di eroina in polvere è molto più facilmente occultabile della stessa quantità di hashish, ed è 30 volte più conveniente in termini di profitto. Non a caso, la repressione dell'uso di marijuana ha coinciso in USA con il boom del crack.

Un'altra caratteristica del testo di legge governativo approvato dal Senato è la sua impostazione fortemente ideologica e la sua conseguente incongruenza fattuale.

Una incongruenza che si concreta nel considerare la "droga" (con tutte le sue obbligatorie connotazioni di "illiceità", "disvalore", ecc.) come un qualcosa di intrinsecamente e oggettivamente diverso da altri intossicanti sociali legali, come ad esempio l'alcool. Una incongruenza che diventa contraddizione clamorosa, quando si considera il confronto fra la illegale cannabis e il legale alcol.

Nella seduta del 30 novembre, il senatore Zito del PSI ha tuonato che la droga deve essere vietata perché è un "disvalore". OK. Che dire allora dell'alcol? Un comportamento che determina decine di migliaia di morti all'anno e almeno un milione di tossicodipendenti è un valore o un disvalore? In quest'ultimo caso il Sen. Zito dovrebbe spiegarci perché allora non ne è vietato l'uso, ma addirittura neppure la promozione pubblicitaria. Una pubblicità che vediamo tutte le sere in tv, che accosta ambiguamente l'uso di alcoolici e superalcolici alla vita sana, al prestigio, alla mondanità, alla promozione sociale e sessuale. Una pubblicità che, irresponsabilmente, mostra giovani sani e robusti che tracannano cognac sotto il solleone, evocando modalità di uso da alcolizzati. Una pubblicità che la maggioranza si è rifiutata di vietare, come era stato proposto dall'opposizione, nel corso della discussione sulla legge-droga al Senato. E questo è o non è un atteggiamento "permissivo" che incoraggia la "cultura della d

roga"? O forse il PSI intende che il "disvalore" sia un dato etico, astratto - che sia appunto soltanto o soprattutto una "cultura"? E che la legge "tutela" i cittadini non tanto da rischi concreti per la salute e per il benessere, quanto da scelte che i dirigenti del PSI giudicano esistenzialmente sbagliate?

Perché, sul piano dei fatti, delle cose concrete, nessuno (neppure i parlamentari del PSI) può nascondersi dietro un dito. I dati farmacologici ed epidemiologici dimostrano che, sul piano dei rischi medici e comportamentali, l'abuso di alcoolici ha conseguenze enormemente più gravi dell'abuso di cannabis. Una differenza che è esemplificata da un fatto incontestato: che "di cannabis non è morto mai nessuno", come aveva detto il vice presidente del Consiglio Claudio Martelli (Repubblica, 10 novembre 1988), il quale aveva infatti coerentemente proposto (assieme alla FGS di Svidercoschi) che la droga leggera venisse regolamentata come gli alcoolici (Corsera, 10 novembre 1988). La posizione di Martelli è stata scientificamente accreditata da un documento di fonte non sospetta: la Drug Enforcement Agency (DEA) del governo USA. La DEA affronta il problema della tossicità della cannabis sulla base del cosiddetto "indice terapeutico", cioè il rapporto fra dose efficace e dose letale; in termini pratici, l'indice

terapeutico quantifica i margini di sicurezza fra i dosaggi efficaci e i dosaggi a rischio.

Ebbene, tale indice è stato valutato per il THC (principio attivo della cannabis) nella misura di 1 a 20.000-40.000; vale a dire che per provocare una overdose mortale occorrerebbe fumare da 20 a 40 mila spinelli tutti in una volta. E in effetti, afferma il documento, "in termini strettamente medici, la marijuana è molto più sicura di molti alimenti che vengono abitualmente consumati [...]. è fisicamente impossibile mangiare abbastanza marijuana per arrivare alla morte" (US Department of Justice - DEA - Marijuana rescheduling petition , Docket no. 86- 22, Sept. 6 1988, cit. da "The Florida Law Weekly", 14 FL W1, Jan. 27, 1989).

Per l'alcol, i dosaggi efficaci vengono attribuiti mediamente ad una concentrazione ematica dello 0.05% (un terzo di litro di vino a 15 gradi); i dosaggi mortali variano (secondo le circostanze, il sesso e il peso dei consumatori) fra il 35 e il 60%; occorre inoltre considerare che il rapporto fra alcool ingerito e livello ematico non è lineare, in quanto crescendo i dosaggi diminuisce la capacità di smaltimento (cfr. Kuschinsky G.: "Pharmacologie", Thieme, Stuttgart 1978, pp 404-408). Il rapporto fra dose efficace e dose letale è stato valutato fra l'1/4 e l'1/10.

Queste cifre non hanno un valore puramente teorico. In Italia, i casi di morte per overdose di alcol sono stati 324 nel 1970 (Annuario di Statistiche Sanitarie, 1973). Qualche mese fa, nel Napoletano, un bambino di 6 anni è morto per overdose di superalcolici. La notizia è apparsa soltanto sulla cronaca cittadina del Mattino (27 novembre, p.5). Non risulta che nessun altro giornale ne abbia parlato: evidentemente, la vita di un bambino di sei anni, in termini di cronaca, è un "valore" soltanto se stroncata dalla droga; se c'è di mezzo l'alcol, è un banale fatto di cronaca.

Limitare il confronto tossicologico fra cannabis e alcol a questo dato è peraltro assai riduttivo. Occorrerebbe quanto meno ricordare che l'alcol provoca lesioni irreversibili ai tessuti epatico, nervoso e cerebrale. E il legame con comportamenti violenti o pericolosi (vedi TABELLA). Se si considerasse la questione dal punto di vista sanitario e non ideologico, vorremmo chiedere al Ministro della Sanità: quale dovrà essere la dose "media giornaliera" (e "minima da galera") di una droga la cui potenzialità letale è da 2 a 4mila volte superiore a quella della marijuana?

Tornando alla questione dei "disvalori", sarebbe il caso di porre una questione che finora è stata pudicamente taciuta anche dai più tenaci oppositori della legge. Perché si da per scontata le credibilità dei "valori" e "disvalori" propugnati da una legge imposta da questi partiti, da questo governo? E quali valori si contrappongono ai disvalori della droga? Quello della lottizzazione fino all'ultima USL? Quella della gestione economica "permissiva" che ha innescato una dilatazione esponenziale del debito pubblico ? Quello delle notti in discoteca, immortalate da un manuale scritto da un autorevole ministro socialista?

Ma soprattutto, chi ci assicura che questa affermazione di "disvalore", proprio perché formulata da questa classe politica e in questa maniera violenta ed arrogante, non attribuisca, per reazione, alla droga un "valore aggiunto" simbolico, un modo di essere "contro" - un equivalente del progressivo astensionismo elettorale, anch'esso, non a caso, "proibito" dalla legge?

Giancarlo Arnao

TABELLA DEI VALORI E DISVALORI

ALCOL CANNABIS

dipendenza fisica si no

sindrome astinenza delirium no

tremens

tossicodipendenza 4% -

% di tossicodipendenti sui

consumatori (in Italia)

intossicazione acuta narcosi,coma nausea, vomito,

(sintomi) ansia, svenimento tachicardia

overdose mortale si no

intossicazione cronica cirrosi,atrofia disturbi (sintomi principali) cerebrale, nevrite, polmonari

psicosi (x fumo)

comportamento aggressivo si no

indice di sicurezza da 1 / 4 da 1 / 20.000

(dose efficace/dose letale) a 1 / 10 a 1 / 40.000

 
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