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Stanzani Sergio - 14 luglio 1990
Consiglio generale del CORA - Intervento di Sergio Stanzani

SOMMARIO: [Trascrizione dell'intervento tenuto nel corso del Consiglio generale del Cora - Roma, 13, 14 e 15 luglio 1990] Stanzani interviene, come segretario del partito radicale, per sottolineare da una parte l'importanza che ha il tema antiproibizionista "sulla condizione più generale che sta attraversando il paese" e dall'altra, per la stessa prospettiva radicale, la presenza del CORA. Stanzani ribadisce che il CORA è una associazione radicale, e dunque rispecchia una realtà transpartitica. L'iscrizione al CORA non osta pertanto all'iscrizione ad altro qualsivoglia partito "nazionale".

Il partito radicale si trova oggi - prosegue poi Stanzani - in una condizione di difficile straordinarietà che potrà essere superata solo se interverranno alcuni fatti che non dipendono dal partito: questo ha sancito con estrema chiarezza la mozione del Congresso di Budapest. La realtà, la presenza del CORA assume, in questa situazione, una importanza enorme, pari a quella che ebbe la LID nel salvare il partito in anni lontani: l'associazione antiproibizionista ha infatti tutte le possibilità di esercitare una incisiva azione politica, che potrà contribuire in modo determinante al rilancio del partito. Intanto, l'organo straordinario di gestione del partito (i cd. "quattro") sta operando per un risanamento finanziario che consenta quanto meno di eventualmente attuare la chiusura del partito stesso senza rischi di cadere nella bancarotta fraudolenta.

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Mi guardo bene dall'intervenire nel merito degli argomenti che avete affrontato in questi giorni, perchè qualunque cosa potessi dire - ammesso che la potessi dire - credo non potrebbe aggiungere elementi significativi.

Vorrei solo sottolineare che tutti voi e noi non ci rendiamo conto, ancora, pienamente, dell'importanza che il tema antiproibizionista ha, a prescindere dai riflessi immediati, sulla condizione piu' generale che sta attraversando il paese e sulle sue prospettive.

La proibizione credo si stia sempre piu' affermando come uno dei mezzi attraverso cui i Governi, fra virgolette, tenteranno di governare la fenomenologia del momento contemporaneo, che sta sfuggendo al controllo della società, così come essa è organizzata nei tempi attuali.

Ho sentito che sono stati fatti alcuni riferimenti al rapporto che intercorre, o dovrebbe intercorrere, tra il CORA ed il partito. Non posso non attenermi al fatto che quando si parla del CORA si parla di un'associazione radicale.

Il fatto di far sparire da una mozione il nome "partito radicale" mi ha lasciato un po' perplesso. Forse non si è considerato a sufficienza, in quanto radicali, che l'iscrizione al Partito radicale è proprio il modo vero per chiarire, a chi voglia aderire al CORA, che oggi il CORA, essendo associazione radicale, è un'associazione transpartitica: avendo il Partito radicale deciso di non concorrere piu' alle elezioni in ambito nazionale, l'iscrizione al partito radicale e, quindi, l'iscrizione al CORA, non osta con la qualità e la volontà di ciascuno di essere anche iscritto ad un partito, fra virgolette, nazionale, che proprio non può essere il partito radicale. Anche il richiamo che era stato fatto al transnazionale, mi sembra essenziale e mi sorprende il fatto che nessuno sia intervenuto di fronte alla proposta fatta da un compagno di inserire nella mozione il termine transnazionale.

Sono cose che mi preoccupano, come segretario del partito radicale.

Il Partito radicale probabilmente incontra una grande difficoltà: quella di essere coerente con se stesso. A quale tipo di coerenza mi riferisco? Per noi radicali - e qui richiamo un aspetto che dal punto di vista personale, soggettivo, mi è molto ostico - essere radicale vuol dire dare puntuale e preciso riscontro anche alla terminologia che viene usata e dare particolare valore ai documenti, agli atti formali, ufficiali. Il partito esiste attraverso i suo atti ufficiali, che via via lo connaturano, lo caratterizzano e lo determinano; degli atti ufficiali è estremamente importante il riferimento alla terminologia, alle parole che vengono usate. Questo è stato uno dei dati di forza che, devo riconoscere, ha caratterizato il partito radicale e gli ha consentito, attraverso l'uso della parola, di essere quel partito che era annuale, non ideologico, impegnato nelle cose che dice di fare con riscontro puntuale.

Quindi, quando ci si rivolge al partito come esso oggi è - in definitiva ai quadrumviri, ai quattro, che oggi costituiscono il partito - non si può dimenticare ed ignorare quelli che sono i termini formali, gli unici che hanno valore, in base ai quali si è arrivati a determinare questa situazione.

La situazione attuale è di straordinarietà ed è stata determinata in base alla mozione di Budapest ed in base ai deliberati del Consiglio federale di settembre '89 e di gennaio '90.

Alla base di questo iter, di questo percorso, c'è una valutazione ed un'analisi politica, che, se vogliamo, risale agli elementi che hanno caratterizzato, sempre rispetto alla puntualità formale, la storia del partito radicale degli ultimi sei anni.

La storia del Partito radicale degli ultimi sei anni è la storia di un partito - se analizzata attraverso le parole scritte, le parole dette - che per sei anni, sostanzialmente non ha fatto altro che denunciare le condizioni della democrazia in Italia, l'impossibilità, via via sempre piu' affermata e verificata, per una forza che è e vuole essere democratica, di sopravvivere e di vivere in questo contesto, la ricerca ed i tentativi di superare questi limiti e questi vincoli, che, per consapevolezza, erano tali da segnare la fine del Partito radicale.

Quindi, l'impegno transnazionale e transpartitico, che ha caratterizzato il partito negli ultimi anni e nell'ultimo periodo, è stata la via attraverso cui il partito pensava e riteneva, e ritiene, di poter superare condizioni, che, circoscritte e determinate in Italia, sono condizioni che da sei anni il partito ritiene essere tali da impedire a se stesso di poter continuare ancora ad esistere, se il partito vuole - come sempre ha voluto - continuare a rimanere quello che è stato e non diventare qualcosa di diverso. Ma negli ultimi anni è stato anche denunciato e chiarito, con un'evidenza assolutamente lapalissiana per chi, facendo parte del partito, lo guarda, lo considera con quel minimo di attenzione che è necessario, per continuare ad essere quello che è sempre stato, aveva bisogno anche di liberarsi di condizioni che nel partito erano venute ad accumularsi a seguito dell'inserimento nelle istituzioni in Italia.

Se andiamo a considerare le parole per quello che valgono, per quello che sono, dietro a queste si trovano delle azioni da compiere la cui difficoltà probabilmente si tende a sottovalutare, perchè in effetti il valore vero di quelle parole lo si trascura o lo si considera solo per cose dette tanto per dire, per avere effetto non tanto all'interno del partito, come devono averlo, ma all'esterno.

L'ultima decisione che il partito ha preso nel Consiglio federale di gennaio, a pochi giorni da quando erano stati assunti i pieni poteri, poneva chiaramente, ad esempio, una condizione: riprendeva, in termini assolutamente piu' precisi e puntuali, i risultati delle affermazioni politiche che erano state fatte a Budapest, in quel Congresso che è stato uno dei momenti di maggior successo del partito, perchè, indubbiamente, se andiamo a considerare in quale momento il Congresso di Budapest si è tenuto, è indiscutibile riconoscere che il Partito radicale, tenendo quel Congresso, ha ottenuto un risultato veramente incredibile, impensabile. La mozione di Budapest diceva che la salvezza del partito - che era stata sì messa in evidenza attraverso momenti di crisi economica-finanziaria assolutamente spaventosi, ma mai era stato affidato esclusivamente al dato economico-finanziario il rischio della chiusura del partito, perchè è da cinque o sei anni, come dicevo prima, che il partito ha affermato agli altri e a se st

esso le condizioni attraverso le quali il sistema politico, la partitocrazia in Italia, impediva l'esistenza di un partito che non voleva rinunciare ad essere una forza democratica - diceva chiaramente che se vi erano ancora possibilità di salvezza per il partito, queste venivano individuate nell'intervento dall'esterno di fatti innovativi, che erano rivolti innanzitutto, non solo piu' genericamente agli iscritti, ma agli elementi importanti e significativi della classe politica italiana.

Questa valutazione è stata ripresa in maniera estremamente precisa dal Consiglio federale di gennaio, quando si diceva, nella mozione, dei "cinquantamila iscritti". I "cinquantamila iscritti" erano rivolti al Pci di Occhetto, alla sua presenza nel Consiglio Federale: il Pci, che si proponeva di determinare la nascita di una nuova forza politica - e non la rifondazione di se stesso - sciogliendo se stesso, veniva visto come nuovo elemento per garantire in Italia condizioni di democraticità che noi avevamo da tempo detto che non esistevano. L'intervento del Pci e dei comunisti era visto come intervento essenziale perchè il Partito radicale potesse superare la sua crisi.

Il quadrumvirato che si è costituito a gennaio si è costituito in una situazione di straordinarietà, di eccezionalità, ma in un'ipotesi in cui, non verificandosi questi fatti, il partito, per ragioni politiche, non per ragioni economico-finanziarie, avrebbe tratto la conclusione che doveva chiudere. Quindi noi viviamo, oggi, una situazione eccezionale, straordinaria per quanto riguarda il partito nei suoi rapporti formali, ma che è eccezionale di fronte ad un rischio che è stato detto, ridetto, confermato, riprecisato, attraverso un excursus pluriennale di valutazioni. Solo di fronte a fatti veramente straordinari può essere interrotto. Questi fatti, fino ad oggi, non si sono verificati.

E' qui che acquista un'importanza enorme una realtà come il CORA. Il Partito radicale ha vissuto altri momenti, nella sua storia, di questa natura. Il Partito radicale - che allora non riusciva a garantire neanche il minimo per la sua esistenza - fu salvato dalla LEGA PER IL DIVORZIO: un'iniziativa specifica, che allora aveva particolare riscontro, ha avuto corpo, dimensione, capacità, di salvare anche il Partito radicale, proprio perchè era, allora, in termini ancora diversi, "altro".

Oggi, una delle grosse possibilità che esistono per il paese ed esistono anche per il partito, è proprio la battaglia e l'impegno antiproibizionista, in cui ancora una volta i radicali ed il Partito radicale hanno avuto la capacità di individuare e determinare uno strumento che ha una legittimità ed una capacità di azione e d'iniziativa che non ha oggi il partito, perchè è il partito che vive una condizione di transitorietà e di straordinarietà, vive cioè in condizioni di limitata configurazione anche statutaria. Il CORA no. Il CORA è un'associazione che è nella pienezza delle sue capacità e delle sue possibilità e quindi il CORA è una delle possibilità che il Partito radicale - anche questo è detto negli atti e nei documenti che sono stati approvati in sede congressuale e in sede dei Consigli federali - si è dato: il partito ha affidato al radicale in quanto tale, singolarmente, la capacità e la possibilità di assumere iniziative che fossero tali da consentire, caso mai, di rivedere il giudizio che il parti

to radicale aveva dato della situazione generale e di se stesso. Gli iscritti radicali che fanno parte del CORA rispetto ad altri si trovano in una situazione, diciamo, avvantaggiata, perchè hanno già individuato e precisato lo strumento della loro lotta e della loro iniziativa, rivolta a tutto il paese, ma che parte come iniziativa radicale e che quindi ha la capacità e la possibilità di riflettersi anche positivamente sul partito.

Questo tipo di posizione mentale di aspettare che il partito - e cioè i quattro, perchè oggi il partito è costituito da quei quattro - debba essere la sede capace e in grado di determinare il rilancio del partito radicale, è una contraddizione in termini, perchè a quella condizione ci siamo arrivati, nelle sedi competenti, per prendere atto e nel prendere atto che il partito in quanto tale non era in condizioni di [...] e che quindi ci voleva altro. Ad un certo punto, cari compagni, è necessario riflettere e considerare le cose per quello che sono e non per quello che si vorrebbe che fossero. L'ipotesi della chiusura è l'ipotesi congeniale con il regime dei quattro. Solo quando, e se, saremo in condizione di rimettere il mandato dei pieni poteri in un contesto ed in una prospettiva diversa, si riaprirà il discorso del partito che...

E' vero anche, per fortuna, che sembra - però ancora bisogna che si verifichino alcuni riscontri, che in questo contesto, avendo anche necessariamente dovuto e potuto contenere i costi perchè si sono ridotti gli impegni, e perchè si sta tentando di ripristinare le condizioni del partito non inserito nelle istituzioni - sembra che le condizioni di pressione economico-finanziaria si sono un tantito allentate. Ma è vero quel che diceva Pannella: le condizioni di quando noi lanciavamo gli appelli per la situazione disastrosa e terrificante di carattere economico-finanziario in cui si trovava il partito, erano condizioni che non avrebbero consentito la chiusura del partito, perchè in quelle condizioni chiudere il partito equivaleva alla bancarotta fraudolenta, non in termini astratti, ma concreti. Oggi ci stiamo avviando ad una condizione che se dovessimo mai arrivare a chiudere il partito ci siamo conquistati il diritto di chiuderlo perchè, probabilmente, se si verificano alcune cose, la situazione economico-fin

anziaria del partito sarà tale che consentirà al partito, a se stesso, di chiudere senza avere l'ostacolo della bancarotta fraudolenta.

Ma i termini sono questi. Non me la sento di venire qui, o da qualsiasi altra parte - e probabilmente sarà per questo che negli ultimi tempi intervengo sempre piu' di rado - e parlare illudendo, dicendo che la situazione è diversa.

Certo, noi quattro stiamo cominciando a fare i conti di sei mesi di condizioni di straordinarietà. Certo io, per esempio - a me spettava la prima mossa - in base alla mozione di Budapest ho aspettato sei mesi prima di far scattare i pieni poteri ed ho cercato di rimandare il piu' possibile quella decisione: perchè sapevo che quella decisione, cari compagni, non sarebbe stata una decisione assunta per il rilancio del partito, ma una decisione che preludeva alla chiusura del partito.

Quindi noi oggi siamo in questa condizione, sapendo che i quattro da soli non possono certo fornire al partito, salvo miracoli che possono sempre succedere, la via perchè il partito si ricostituisca e riprenda condizioni di normalità. Sappiamo che vi sono dei dati estremamente significativi, che non possiamo e non dobbiamo sottovalutare: il partito si avvia ad essere un partito di quattromila iscritti, dei quali tremila in Italia; se andiamo a vedere la storia del Partito radicale ed escludiamo i due anni in cui ci fu la campagna dei diecimila iscritti, c'è stato solo un anno, se ben ricordo, in cui abbiamo superato i tremila iscritti. Quindi elementi positivi ci sono e sono nei radicali e nell'iniziativa e nella lotta, negli impegni dei radicali, a cui, esplicitamente, gli organi ufficiali del partito affidano uno degli elementi, una delle possibilità perchè l'evento della chiusura venga evitato. Quindi, torno a dire: il CORA è la condizione privilegiata in questo contesto, perchè è una struttura, un organi

smo di fondamentale importanza, che ha una potenzialità eccezionale, che in termini di iscritti e di aderenti non è un fatto indifferente, e se ha un elemento di crisi e di inadeguatezza lo ha a livello di classe dirigente e di responsabilità di assunzioni politiche.

Se non avessi sentito l'emendamento che è stato ritirato, probabilmente non avrei preso la parola. Ho dovuto scegliere: o star zitto o, se parlare, parlar chiaro.

 
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