LEGGE GOZZINI E INFORMAZIONE: da giornalista a giornalista
(I pareri che seguono sono stati espressi a Radio Radicale, l'8 novembre '90, durante una trasmissione no-stop sulla legge Gozzini).
GIOVANNI BIANCONI, giornalista de "La Stampa":
"E' vero che in molte occasioni si scrive, ingiustamente, commettendo errori clamorosi, che Morucci la Faranda ecc... sono usciti per la Gozzini. Ma questo secondo me vale più per i titoli che per il contenuto degli articoli. Cosa infatti succede nelle redazioni dei giornali: arrivano i commenti dei politici che dicono che l'attuale situazione è colpa della Gozzini. Nel giornalismo politico spesso non è importante se la notizia è vera oppure no, ma il problema è se l'argomento fa notizia come nel caso della Gozzini. Ormai si tratta di cambiare la Gozzini perchè è la cosa più semplice che è rimasta ai politici".
TIZIANA MAIOLO, giornalista de "Il Manifesto":
"I politici sono diventati dei grandi esperti di comunicazione e sanno bene l'effetto delle loro dichiarazioni o delle loro disinformazioni se hanno a disposizione un veicolo che le amplifica. I giornali però spesso prendono tutto per oro colato senza cercare altre fonti".
MAURO PAISSAN, giornalista de "Il Manifesto":
"I giornalisti in queste ultime settimane hanno messo in campo un meccanismo perverso. Prima contribuiscono a provocare un fortissimo allarme sociale tra la gente, aizzando le reazioni più elementari contro i detenuti. E poi giustificano l'informazione forcaiolo sulla base della reazione che loro stessi hanno provocato".
CHIARA GALLI, giornalista di Radio 3 ("Filo d'Arianna"):
"Le responsabilità della stampa sono molto più gravi di quello che si può pensare perchè i giornalisti stessi non sono informati. Non è questione di titoli. E' questione di pigrizia mentale. Siamo inondati di dichiarazioni e non abbiamo più la curiosità di andare a trovare notizie. Non si verifica più niente".
PAOLO GRALDI, giornalista del "Corriere della Sera":
"I giornalisti spesso si fanno interpreti della parte più bieca e forcaiola dell'opinione pubblica. Sono d'accordo con chi afferma che alcuni di essi non hanno la dovuta competenza. Sembra che gli addetti ai lavori abbiano perso la capacità di manovrare gli strumenti di base di questo mestiere".
CARMEN BERTOLAZZI, giornalista di "Panorama"
"Nella nostra stampa si è continuato a parlare del carcere soltanto nei momenti caratterizzati da episodi negativi. Questa è unagrossa responsabilità, perchè dare del carcere sempre e solo un'immagine negativa, significa trasmettere un messaggio ad un'opinione pubblica che ha un consume della notizia e che ovviamente non può essere informata in modo appropriato. In questi mesi siamo stati subissati da una marea di dati spesso tra loro contrapposti, forniti da un ministero e smentitti da un altro. Questo avrebbe dovuto portare noi giornalisti almeno a protestare, perchè come minimo dovrebbe venirci il dubbio di essere strumentalizzati per certe operazioni di potere, per suscitare nell'opinione pubblica un clima di allarme. Il problema vero della sicurezza sociale è la qualità della attività di prevenzione dello stato, la criminalità impunita, non coloro che stanno in carcere".