Paolo Guzzanti intervista Marco PannellaSOMMARIO: Al termine dei lavori del XX Congresso del Pci (divenuto Partito Democratico della Sinistra), non viene raggiunto il quorum necessario alla elezione del segretario Achille Occhetto. Ora che i partiti della maggioranza si lanceranno contro il vecchio Pci per contendersene le spoglie elettorali, Marco Pannella sostiene che sono necessarie due cose: impedire lo scioglimento anticipato delle Camere e annunciare insieme, Pr e Pds, una grande costituente democratica che persegua gli scopi che il Pds ha abbandonato. Si passa poi al tema del Medio Oriente: la differenza tra pacifismo e nonviolenza; la proposta di una conferenza delle Nazioni Unite sulle condizioni di vita di tutti i popoli del Medio Oriente; la posizione "filo israeliana" e "filo americana".
(La Stampa del 6 febbraio 1991)
Pannella è prigioniero delle descrizioni che gli hanno appiccicato, e anche un po' del suo personaggio, che è come dire la sua storia. Già, ma la sua storia, per quanto possa ai superciliosi apparire sgangherata, o irritante, o scandalosa, è tuttavia la sua storia. Ad un certo punto della nostra intervista mi ha detto: "Se questo Paese ha il divorzio, l'aborto, il servizio civile, l'obiezione di coscienza, un diritto di famiglia e una legislazione sulla donna, a chi lo deve se non a noi?".
La nostra è stata una lunga intervista che qui riassumiamo, rimandando al terzo congresso italiano del pr (14-17 febbraio all'hotel Ergife di Roma), per le questioni che riguardano il suo partito. Ma per puro caso abbiamo vissuto insieme in tempo reale il crack di Occhetto e del pci, pardon pds, e di lì partiamo.
Soffre o le fa piacere lo sfascio degli ex comunisti?
Rifiuto di rassegnarmici, anche se l'hanno voluto. Sia nella vita privata che in quella pubblica, non è mai dalla cenere e dal disastro che nascono cose buone. Che posso dire? Che Achille se l'è cercato? Che lo sfascio è insieme materiale e politico?
Qual è secondo lei l'errore di Occhetto?
Il fatto che lui e i suoi non abbiano creduto abbastanza nella solidità e nella concretezza delle idee: come se le considerassero accessori, orpelli e strumenti. Ed ecco i risultati.
Lei ha vissuto una stagione di grande vicinanza con Occhetto e il suo pci. Fu una sorpresa per tutti. Poi che cosa è successo? E' finito il flirt?
Io ho fatto con loro ciò che di volta in volta ho fatto con tutti i partiti laici e della sinistra in difficoltà. Ho sempre pensato a essergli accanto nel momento della crisi e non a pugnalarli per ramazzare i loro voti. Ho fatto così, nel corso degli anni, con i liberali, con i socialisti e con i comunisti, per restare ai partiti tradizionali.
Tuttavia l'amicizia fra Pannella e Occhetto è durata lo spazio di un mattino.
Ce n'è una, antica, che non è in gioco. L'altra sì, e non per colpa mia. Da marzo in poi i comunisti, anche fisicamente, anche in Transatlantico alla Camera, hanno di nuovo fatto finta di non conoscermi, girano lo sguardo dall'altra parte...
Vedo tuttavia che lei ha appena fatto un nuovo appello al pds...
Ai comunisti. Seguito a chiamarli con il loro nome. Ho voluto lanciare un appello fraterno. Adesso tutti si lanceranno contro il vecchio pci per contendersene le spoglie elettorali.
Lei prevede che lo facciano tutti i partiti o soltanto alcuni?
Lo faranno i due partiti di governo che punteranno ora ad elezioni anticipate e che non vedono l'ora di ingoiare il boccone, le Leghe, dp. Il cielo è nero di corvi.
E lei che cosa propone?
Due cose. Una propositiva e una difensiva. Quella difensiva è un'opposizione strenua, iniziative e contromisure, per impedire lo scioglimento anticipato delle Camere.
E quella propositiva?
E' il mio appello ad Occhetto e al suo partito: propongo di annunciare insieme, per la fine di quest'anno, una grande costituente democratica. Una costituente che persegua proprio gli scopi che il pds ha abbandonato. Io voglio dire ai dirigenti comunisti che la crisi in cui si trovano è esattamente quella che meritano, ma che noi cercheremo di aiutarli a contenerla e ad impedire che avvenga la rapina elettorale da parte dei partiti della maggioranza, chiudendo con il pci il conto alla francese.
Non teme che le rispondano picche?
Staremo a vedere. Intanto io, che sono stato eletto in liste con i comunisti a L'Aquila, ho lanciato in Abruzzo una Lega democratica e il pr è più che mai transpartitico. Altre leghe seguiranno, ma l'importante è che si cominci, e che si invitino ad entrare sia i laici che i cattolici liberali e i liberal-comunisti, la gente, di sinistra e no, non ancora politicizzata. Questo può essere il fatto veramente nuovo per dare uno sbocco non solo alla crisi comunista dopo Rimini, ma a quella con sapore di estinzione o di paralisi degli altri.
Lei non ha fatto altro nella sua lunga vita politica che lanciare leghe. Non si è stancato, specialmente dopo aver visto quanto scarsa sia stata la risposta?
Lo dice lei che la risposta è stata scarsa. La risposta è stata quella che i fatti dimostrano: le leggi civili che abbiamo prodotto, i concetti e le parole che abbiamo immesso nel lessico...
Per esempio?
Per esempio "partitocrazia". Adesso se ne riempiono tutti la bocca, sicché è diventata una parola quasi innocua.
Si, ma non mi riferivo alle sue benemerenze. Chiedevo se non è stanco di proporre leghe e unioni transpartitiche?
Stanco? Ma siamo pazzi! Siamo gli unici ad avere messo in piedi un partito transnazionale che ha più iscritti russi che torinesi, o romani. Siamo legati all'Europa dell'Est nella quale siamo andati ad incatenarci, a denunciare lo stalinismo...
Quindi la formula secondo lei è viva e vitale.
La verità è che noi non facciamo altro che vivere e morire, come sinistra liberale, come radicali, come verdi, come antiproibizionisti. Nasciamo e moriamo, per ora, ogni anno, come l'araba fenice.
E vi accusano per questo di non essere credibili, di fare sempre la stessa pantomima.
Ma sarà vero giusto il contrario: gli altri fanno sempre la stessa pantomima e noi da soli precediamo e accompagnamo la società e le istituzioni. E così fa anche ogni nostro iscritto, che è vivo, come iscritto, soltanto nell'anno per cui ha pagato la tessera. Poi non è più iscritto. E' così, anche grazie a questo stile di vita e di amministrazione, che noi siamo vivi e possiamo proporci ad esempio di una impresa politica dai bilanci chiari e trasparenti, una azienda che è uscita dalla passività e sta per diventare attiva...
Lei governerebbe?
Certo che governerei. Io sono candidato dal gennaio del 1981! Alla presidenza del Consiglio! Se mi considero mi sembra risibile, se mi paragono necessario.
Lei ha sorpreso molti non facendo il pacifista, anzi facendo l'interventista.
No, io non sono interventista. E neanche un pacifista: sono un non violento, che è un'altra cosa. Il non violento rifiuta la violenza e si batte finchè è possibile affinché non si metta in moto la risposta armata. Da quel momento in poi non può fare altro che prendere atto, con dolore, di quel che è successo, e mettersi dalla parte di chi si trova più vicino alla difesa del diritto.
In altre parole lei è per la guerra contro Saddam Hussein.
Ma noi, e soltanto noi, siamo almeno dal 1982 in guerra contro Saddam Hussein e i suoi complici europei, oltre che a tutti gli altri satrapi del Medio Oriente. Noi. da soli, abbiamo depositato in Parlamento ben 77 fra interrogazioni e interpellanze sugli armamenti, le repressioni, le infamie di Saddam.
Lei è favorevole alla conferenza sul Medio Oriente?
Ma neanche per sogno. Escluso! Io non vorrò mai consegnare i palestinesi all'Olp, così come abbiano consegnato i cambogiani a Pol Pot e i vietnamiti agli eredi di Ho Chi Minh.
Lei ha parlato tuttavia di una conferenza...
Io voglio, chiedo, propongo, una conferenza delle Nazioni Unite che passi al setaccio la condizione delle vite umane e delle condizioni civili di tutti i popoli che vivono nel Medio Oriente. Vogliamo sapere quanti oppositori di Assad sono nelle galere siriane, come sono costrette a vivere le donne, i bambini, quale e quanta libertà di esprimersi e di vivere ci sia...Badi bene che noi abbiamo preso, e da sempre, la stessa posizione anche per la Somalia di Siad Barre. Questa è la conferenza, che garantisca i diritti umani e politici a tutte le donne e gli uomini del Medio oriente, che noi proponiamo.
La sua è una posizione filo israeliana e filo americana, dunque.
Gli israeliani sono gli unici che nel Medio Oriente pratichino la democrazia e rispettino in condizioni di normalità le libertà civili. Quanto all'America, beh, mi lasci dire che noi abbiamo bisogno della scoperta dell'America, abbiamo bisogno di recuperare proprio la grande tradizione liberale anglosassone, quella stessa che gli americani ereditarono dall'Europa delle rivoluzioni inglese e francese, e che ritorna in Europa. Noi siamo e siamo sempre stati nella tradizione dell'Europa liberale e proprio per questo io testardamente voglio ricordare che i parlamenti, frutto della libertà civile, servono prima di tutto per controllare la spesa, tenere i conti e spazzare via la corruzione, l'inquinamento di tutti i centri di potere che impediscono al Parlamento di essere un Parlamento e alle forze politiche di uscire dalle secche della partitocrazia, che è frutto e madre al tempo stesso della corruzione.
Torniamo all'Italia. Lei lavora pro o contro l'alternativa alla dc?
Non la voglio. Non più. Non mi interessa. L'alternativa aveva senso quando la dc poteva essere indicata come il centro di un sistema di corruzioni che sono cominciate con Enrico Mattei, l'Eni. e poi con Cefis, la corruzione dei giornali, dei partiti, delle coscienze, con tutto quel che ne segue e si accompagna: i servizi segreti, l'Operazione Gladio, il Sifar, De Lorenzo...
Non è più la dc, dunque, il nemico da battere?
Ma è evidente che no! Che ce ne facciamo, oggi, di una stupida battaglia di alternativa alla dc, se la corruzione passa trasversalmente in tutti i partiti? L'alternativa democratica è alla partitocrazia tutta.