di Emma BoninoSOMMARIO: E' da cent'anni che - ad eccezione del solo Partito radicale - si vieta la militanza politica plurima, la partecipazione alla vita e alle attività di più partiti. Anche il PDS, con il suo nuovo statuto, ha deciso di escludere questo diritto, respingendo una concezione federalista, federale e federata e bruciando il cammino di costruzione del partito della riforma proposto da Marco Pannella. E' vietato iscriversi ad altri partiti, anche al PR, nonostante non sia né concorrente né nazionale ma, già da ora, una internazionale di socialisti, di liberali, di socialdemocratici, di credenti e di laici. E' per questo che i radicali sono ora impegnati nella realizzazione di una vera Costituente Democratica che non abbia come esclusivo attore il PDS, augurandosi di non ricevere dal PDS più insulti e guai di quanto il "vecchio" PCI non abbia riservato alla storia del P.d'Az./PR in un quarantennio.
(L'Unità del 6 marzo 1991)
Se qualcuno, nel nostro paese, per sua radicalissima disgrazia, crede più al bi o al tripartitismo anglosassone, che al "pluralismo proporzionalistico", avrà pure qualche difficoltà, penso, a stare esclusivamente e sempre con questo o quel partito o partitino della sinistra (o della destra).
Sbaglierà, magari. Ma, specie dopo che il nuovo PDS ha scoperto il tesseramento triennale in attesa che altri lo vogliano decennale, questo qualcuno - volendo prefigurare e secondare quella "semplificazione" democratica - potrà anche legittimamente (o no?) stabilire di finanziare, di sostenere non solamente uno di questi partiti ma anche un altro, partecipare alla sua vita e alle sue attività, difendere il suo punto di vista, salvo risolvere come crede le sue, proprie "contraddizioni", se sono tali, al momento del voto o della candidatura?
Questa sola ipotesi deve essere ritenuta vietata e indegna?
Il Partito deve vietarla con una norma che presuppone espulsioni o decadenze di un individuo, tutto intero, dalla "appartenenza" alla sua "ecclesia" istituzionalizzata?
Questa militanza plurima, ricca, contraddittoria nel senso migliore, da cent'anni è stata in genere vietata in forza di una ideologia "laica" che s'è rivelata poco altro che un succedaneo della teologia clericale.
Il solo Partito radicale, da un trentennio, aveva deciso altrimenti. Anticipatore come al solito, mi sia lecito soggiungerlo.
Il PDS, dice Fassino, con il suo "nuovo" Statuto ha deciso recisamente di escludere questo "diritto all'errore", pena il deferimento al CCC o come si chiama adesso.
Francamente avrei abbastanza problemi da risolvere per mio conto per potermi assumere anche questo visto che sembra del tutto irrilevante e/o improponibile all'immensa maggioranza, quasi all'unanimità, del "nuovo" Partito se si tien conto che al massimo un centinaio di Pdsini ha mostrato di interessarsene positivamente in un triennio in cui è stato posto.
E' vero che il PDS, provvisoriamente, per tre (!) anni, ha stabilito che lo Statuto lo "rivedranno" gli organi direttivi e che Fassino s'è limitato ad esprimere la sua propria interpretazione della "norma", che potrà quindi essere anche altra.
E' vero che, forse per meglio assicurare la "riforma della politica", il PDS/PCI ha respinto (nel 1991!) una concezione federalista, federale e federata solo perché la chiedevano i noti girondini, riformatori anch'essi, allergici a qualsiasi centralismo vecchio e nuovo, di "Rifondazione comunista".
E' vero che il cammino federale, federalista, graduale e costituente di costruzione del partito della riforma era stato precedentemente già "bruciato" dal fatto che, dalle colonne di questo giornale, il giorno successivo alla Bolognina, a proporlo era stato Marco Pannella.
E' tanto vero tutto questo che io sono impegnata, come tanti altri radicali, perché si arrivi al più presto ad una vera Costituente democratica che non abbia come esclusivo attore il PDS e una nebulosa di polvere di stelle attorno a lui.
E, per intanto, vorrei limitarmi a sperare di non ricevere dal PDS più insulti e guai di quanto il "vecchio" PCI non abbia riservato alla storia del P.d'Az./PR, in un quarantennio, pressoché senza eccezioni, sia che fossimo maschietti, femminucce o del FUORI.
Invece devo occuparmi e preoccuparmi, da militante e anche da Presidente del Pr, proprio di questo, in persistente supplenza e attesa che si traggano le opportune conseguenze dalle laceranti (si dice così?) revisioni operate verso gli errori... del passato, magari per meglio rimuovere i problemi politici del presente.
Un tempo, fino a metà degli anni settanta, "L'Unità" menzionava il Partito radicale solamente tra virgolette, per ben significare che tale escremento della politica non poteva comunque elevarsi a dignità di partito. Un paio d'anni dopo, le virgolette cadevano per meglio consentire, ad un Congresso del Pci, tesi n.69 se ben ricordo, di indicare i radicali come più pericolosi di fascisti e terroristi. Con un ritorno indietro di quarant'anni esatti: gli stessi complimenti, com'è noto, venivano rivolti, anche post mortem, ai fratelli Rosselli ed ai loro complici.
Sembra folle il dirlo, il constatarlo, ma la stessa storia continua.
Per carità, oggi ci si risponde con molta mitezza, con professioni di civilissima amicizia, di massimo rispetto e tolleranza, con addolorato scandalo se ci permettiamo d'insistere, di "non comprendere" le esigenze del momento... se diciamo che, comunque, con noi non c'è problema di "doppie tessere" perché non siamo un Partito concorrente e nazionale.
Il Partito radicale una Internazionale? Ohibò. I Congressi lo statuiscono? Massì. Il Pr non concorre, in quanto tale, in nessun paese a elezioni, alla presenza nelle istituzioni, anzi lo vieta espressamente? Però!
Rivendica d'essere una internazionale, già ora, di comunisti e di socialisti, di liberali e di socialdemocratici, di credenti e di laici, un "transpartito transnazionale", a cui hanno aderito parlamentari di quasi tutti i partiti italiani o del Soviet Supremo dell'URSS, del Parlamento di Praga, del Parlamento europeo? Ma quante ne inventano! Balle!. Al solito. In realtà si mascherano in verdi, antiproibizionisti, laici, magari anche socialisti e comunisti: si disseminano, brutta o bella copia della IV Internazionale, per fare un po' di entrismo, per non morire.
"Oggettivamente" il Pr è un Partito, eccome, nazionale, concorrente, elettorale. Il Pci aveva dovuto, in punto ormai di morte, far finta di nulla di fronte ai Bordon ed ai Serra, ad un centinaio appena di compagni irresponsabili, se non peggio, iscritti al Pci e al Pr. Ora basta dice il nuovo PDS o chi per lui.
Basta davvero, dico anch'io.
Non possiamo far scadere, proprio noi, tolleranza e rigore laici in complicità con le solite, misere e illusorie realpolitik: Il Pr non avrà rapporti con chi continuasse a offenderne l'identità, l'immagine, la verità.
Qualcuno trarrà un respiro di sollievo a questo punto. E' quasi un anno che non sa come rifiutare qualsiasi incontro e dialogo, ufficialmente richiesti. Ma così facendo dimostra solo paura della propria "diversità", del suo riconoscersi, per adesso solo nel "privato", più all'interno delle grandi battaglie "radicali", dall'Università ad oggi, che nelle ragioni di chi vi si è contrapposto.
Ma torniamo a quello che mi preme: vi sono centinaia di migliaia di comunisti del PDS che condividono, come Bordon, Serra ed altri, la necessità di unire, nelle loro storie, quel che fu tragicamente contrapposto. Non, quindi, il mondo cattolico concordatario o quello comunista ideologicamente antiliberale e antisocialista.
Che fra costoro quasi nessuno abbia risolto politicamente questa difficoltà, questa impasse, assumendosi le proprie responsabilità e le proprie speranze, dando corpo e al PDS e al Pr, con una fedeltà al 100% verso ciascuno dei due partiti, questo, per me e per noi, è il fatto politico. Non l'uso e l'abuso truffaldino di pretese "norme" statutarie per evitare un appuntamento politico con se stessi da parte di pochi, per potenti che siano.