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Bok John - 1 agosto 1991
Il diritto all'autodeterminazione
Intervista a John Bok

SOMMARIO: Questa intervista all'iscritto radicale John Bok, cittadino cecoslovacco, è stata pubblicata nell'agosto 1991 dal settimanale cecoslovacco di informazione televisiva VIZE TELEVIZE.

Questa intervista è adatta ad apparire in questa rubrica soltanto se socchiudiamo gli occhi. Gentile lettore, ti prego di farlo, e ti spiego subito il perché. Succede che andate a fare un'intervista avendo le idee chiare sul suo contenuto. Formulate quindi la prima domanda, innocua, e mettete in moto una slavina che stritola le vostre intenzioni. Nel caso di John Bok la prima domanda era:

Da quale posizione intende rispondere? Da quella di impiegato dello stato?

Risposta: Non mi sento un impiegato dello stato, e così non so perché dovrei parlare da questa posizione. Non sono destinato a rimanere per sempre a lavorare negli uffici del governo; almeno lo spero. Godo di uno status particolare - addirittura hanno dovuto inventare per me una carica che si chiama capo assistente specializzato.

D.: Che cosa vuol dire?

R.: Non lo so.

D.: Perché hanno dovuto inventare per Lei una carica?

R.: Per potermi dare lo stipendio. Fino alla fine dell'aprile scorso mi pagava il ministero dell'interno. Sino al 19 gennaio ho lavorato nell'ufficio per la protezione della costituzione, dopo la sua abolizione sono stato nominato al Servizio federale di informazione. Quindi sono venuto a sapere che la mia nomina non era valida dal punto di vista legale. Il 2 maggio sono venuto a sapere che ero stato licenziato già dal dicembre scorso. Per tre mesi ho figurato, almeno così dicono, nel reparto di riserva. Comunque sino ad oggi non mi è stato ufficialmente comunicato che sono stato licenziato.

D.: Di che cosa si occupa nel governo?

R.: Mi hanno mandato al governo nel gennaio scorso, per partecipare alla soluzione del problema riguardante il patrimonio della SSM (Unione socialista della gioventù durante il passato regime - n.d.t.) Per tutto quel tempo ho pensato di essere sempre dipendente del Servizio federale di informazione. Poi ho cominciato a capire che cercavano di sbarazzarsi di me, che a loro sono scomodo, poiché esprimo critiche. Naturalmente hanno iniziato a dire che sono irresponsabile, che parlo troppo e così via. Non ho mai svelato niente che fosse segreto professionale. E se ho croticato persone singole, o lo stato delle cose oppure la situazione, ... non capisco, perché non potrei farlo. Perché non potrei non essere d'accordo con qualcosa, oppure addirittura essere contro di essa. Ora ho iniziato a mettere in discussione la gestione stessa del ministero dell'interno, la quale si comporta come una banda arbitraria di elementi irresponsabili. Esistono prove sufficienti che documentano che questa gestione non realizza nemmen

o la decima parte dei suoi doveri, che consistono nell'assicurare a questo paese la difesa dei cittadini e del paese stesso. Mi dava fastidio, e continua a darmelo, che i signori Langos e Ruml e altri simili a loro continuino a parlare della ex polizia segreta come di un grande spauracchio. Certo, l'ex polizia segreta non era niente di piacevole e parzialmente si trattava di un'organizzazione criminale - ma parzialmente. Le persone che prestavano servizio nel reparto dei servizi radio di contraspionaggio, oppure coloro che facevano la guardia davanti ai palazzi del governo, non erano dei criminali. Sino ad oggi nessuno ha sentito niente di simile dal ministro dell'interno, si continua a parlare dello spauracchio dell'ex polizia segreta. D'altra parte però, se il ministro dell'Interno dice, che non è necessario preoccuparsi dell'influenza del KGB nel nostro paese, poiché il KGB per noi non è un problena grave, che non si tratta di un problema prioritario, allora inizio ad aver dubbi anche circa il resto. Cert

o che il problema del KGB non è maggiormente prioritario rispetto a numerosi altri problemi, comunque fa sempre parte delle priorità. Così come ad esempio le droghe, il terrorismo e le passioni nazionaliste.

D.: Lei è sostenitore della legalizzazione delle droghe?

R.: Sì.

D.: Perché?

R.: Il primo motivo e quello assolutamente diretto è il diritto dell'uomo all'autodeterminazione. Ogni individuo ha il diritto di scegliere da solo se vuole usare la droga. Proibendoglielo oppure punendolo, non gli impedisco do usarla. Inoltre ogni divieto suscita una contropressione. Le cose vietate attirano di più. E ancora: vietando le droghe si crea uno spazio, che la gente può raggiungere. Dove possono assumere un'aria di resistenza e di protesta.

D.: Lei è presidente del Partito radicale transnazionale in Cecoslovacchia (in realtà Bok è Presidente onorario dell'Associazione dei radicali per gli Stati Uniti d'Europa - n.d.t.). Di che partito si tratta?

R.: Sono presidente onorario, e probabilmente soltanto per il fatto di esser stato il primo radicale da noi. Il principale credo politico dei radicali è il diritto dell'uomo all'autodeterminazione.

D.: Ciò assomiglia al credo dei conservatori se non sbaglio...

R.: Il conservatorismo parte da un principio simile, ma prende in considerazione anche le cose materiali, quali ad esempio la proprietà, ciò che per noi non è così importante. Il radicalismo si occupa dei diritti dell'individuo nel senso dell'autodeterminazione. Nei contempo noi partiamo dal fatto, che l'individuo non deve limitare i diritti del prossimo. E in ciò noi intrevvediamo il compito dello stato - esso deve garantire che la gente si rispetti a vicenda e che lo faccia controllando l'osservanza delle leggi.

D.: Quanti sono gli iscritti al Partito transnazionale?

R.: Nell'intera Europa circa ventimila. Da noi, non voglio esagerare, circa duecento.

D.: Lei perché è un radicale?

R.: Io interpreto la parola radicale nel suo significato originario. Radicale vuol dire andare sino alla sostanza della questione. Simbolo dei radicali è la testa di Gandhi. A noi è proprio il suo stile di trattare politicamente. Una lotta attiva, ma senza la violenza. Noi ricorriamo ad esempio allo sciopero della fame. L'ho usato anch'io quando cercavo di far passare l'abolizione della pena di morte in Cecoslovacchia.

D.: Che cosa c'è di male nella pena di morte?

R.: E' in contrasto col principio basilare, che è il rispetto dell'uomo e del suo diritto all'autodeterminazione. Se lo stato fa giustiziare l'assassino, poi lo stato stesso si pone al livello del primo. Anch'esso, cioè, diventa assassino. Se stimo la vita e sono indignato se qualcuno altera questa stima, non posso sfogare questa mia indignazione uccidendo qualcuno con l'aiuto della legge.

D.: Perché fa politica? Le piace?

R.: No.

D.: Potrebbe fare qualcos'altro?

R.: Da sempre volevo essere artista e continuo a sentirmi una persona creativa. In passato ho usato questa mia creatività per riparare alla gente le case, i mobili, per costruire i piani. Ho fatto ad esempio il capomastro di ribalta e ho intagliato alcune statue. Per ultima una grande lingua di legno di noce, che ho dedicato ad Havel in occasione del suo ultimo compleanno pensando che dato che attorno a sé ha così tanti leccapiedi, poteva benissimo avere una lingua in più.

D.: Perché continua a rimanere nella politica, se ciò non la soddisfa?

R.: E' una contraddizione, vero? Certo, a modo mio la politica mi piace, ma non mi dà soddisfazione. Havel disse a suo tempo che la politica è l'arte dell'impossibile. Io affermo, che la politica è solo l'arte del possibile. Anche nel possibile dobbiamo saper usare la tattica e accettare certi compromessi. Compromessi di un certo tipo non costituiscono niente di male. Il compromesso è spesso la condizione che permette alla gente di vivere insieme. Il compromesso però deve essere tale da corrispondere alle richieste di tutti i partecipanti, e non favorire solo qualcuno. Noi siamo testimoni del fatto che i compromessi ai quali si scende da noi, sono a scapito di molti. Sono a vantaggio di determinati trend politici o di gruppi politici. Io li chiamo accordi silenziosi.

D.: Non ha l'impressione di essere oggi scomodo a coloro coi quali pochi anni fa eravate sulla stessa barca?

R.: Potrei aggirare la risposta facendo un ballo rituale e rispondere in modo diverso, ma devo dire: sì. Penso che a molti sono scomodo. E penso di rimanere scomodo per sempre. I miei amici possono testimoniare, che sono una persona controversa, in grado di fare baruffa sino al sangue per una stupidaggine, ma se intervengo nei casi che riguardano noi tutti, non lo faccio perché intendo criticare ad ogni costo, bensì perché vi è da criticare. Lo faccio affinché le cose vengano risolte, affinché inizino a ragionare coloro ai quali la critica è indirizzata.

D.: Vuol dire che Lei critica e loro ci pensano su?

R.: No.

D.: Allora a che serve?

R.: Qualche volta ciò serve a far sì che alzino la testa coloro che la sentono nello stesso modo, ma che hanno paura di dirlo, ad esempio per non essere di aiuto a "quegli altri". Chi sono "quegli altri", chiedo, gli ex comunisti? Ma costoro siedono al Parlamento e perseguitati sono coloro che vennero ricattati dal regime comunista, ciò vuol dire sottoposti al controllo se facevano parte dei servizi segreti. Tutto il resto non è che un paradosso. E noi su questo paradosso dobbiamo gettar luce. Secondo me questo controllo porta altrove, addirittura intenzionalmente. Se fossimo coerenti dovrebbero andarsene anche certi ministri. Ma sono rimasti. Se fossimo coerenti, dovrebbero andarsene tutti coloro che hanno dato motivo ai controlli, in altre parole che hanno permesso il formarsi degli agenti. Ciò vuol dire che dovrebbe andarsene anche il signor Calfa, il quale era non solo il capo della sezione del partito al governo, ma in qualità di giurista partecipava alla formulazione delle leggi del regime comunista. A

veva persino il compito di informare il governo sulla causa di Carta 77 e del dissenso in generale. Da ciò possiamo supporre che aveva a che fare anche con la polizia segreta.

D.: Lei ha detto che affinché gli uomini possano vivere insieme, sono necessari dei compromessi. Non è forse la ricerca di un compromesso quanto Lei ha ora menzionato? Non è per caso Lei che altera questo compromesso?

R.: Secondo me il problema va ricercato nel fatto che il principio basilare del nostro compromesso è l'anno 1968. Io penso che il cadavere dovrebbe rimanere nella tomba. Sono favorevole al compromesso. Certo. Ma deve partire dalla necessità e dai fatti.

D.: Che cos'è che La tiene in politica, forse il poter, almeno un po', influenzare l'evolversi dei fatti?

R.: No. L'uomo può avere i potere anche senza fare politica. Parlando per assurdo, potrei avere un potere molto maggiore se fondassi una guerriglia comunale. E avrebbero paura di me coloro che pensano di avere il potere. Certe volte nella fantasia ci penso. Si tratta di un sintomo di incapacità, il senso di incapacità porta l'uomo a soluzioni disperate. Oppure ad arrendersi. Ho paura che abbiamo compiuto qualcosa di tremendo. Dico abbiamo commesso, perché io mi assumo le mie responsabilità. Tempo fa l'avevo detto a Vaclav Havel. Dopo il novembre dell'89 la gente credeva di aver la possibilità di partecipare a qualcosa di migliore, di iniziare a essere migliori loro stessi. Questa è una naturale necessità umana. Sono convinto che gli uomini in sostanza sono buoni, solo qualche volta deboli. Qualcuno può essere maggiormente disposto al male, ma non in generale. Anche i racconti più stupidi e triviali fanno effetto sull'uomo, poiché esso si immedesima con quanto di buono in questi racconti esiste. Io ho l'impre

ssione che nell'uomo noi abbiamo scosso la fede che aveva acquistato. E ciò è tremendo.

D.: Che fare ?

R.: Soprattutto ogni uomo deve sforzarsi a favore della sua sorte. Non può lasciarla nelle mani dei politici. Costoro forse per ciò vennero scelti, ma lo sappiamo tutti come si sono svolte le elezioni. Erano sì libere, ma era inesistente una vera possibilità di scelta. Se qualcuno di tanto in tanto afferma, che questi uomini politici li abbiamo scelti e quindi eletti, ciò non è del tutto vero. Siamo stati costretti a farlo. Costretti dalla realtà, dalla situazione. Forse molte cose di quelle che dico hanno un sapore di pessimismo, comunque io sono ottimista. Questo è il motivo per cui critico e mi sforzo affinché alcune cose cambino. Anch'io ho dei momenti di depressione, e li ha, credetemi, anche il capo dello Stato...

D.: Lei pensa che oggi il presidente della repubblica sia meno pulito rispetto a quando assunse la carica?

R.: Non vorrei parlare di pulizia o non pulizia, poiché ciò porta altrove. Penso che oggi si trovi in una situazione molto più complessa di quanto si aspettava. Certamente sapeva immaginare a che cosa avrebbero portato certi fatti, comunque la realtà ha superato tutte le sue aspettative. Oggi purtroppo è handicappato anche dalle persone che ha scelto per circondarsi. Anche se la parola scelta va messa tra virgolette. Se andate in qualche posto e attorno a sé avete determinate persone e nient'altro e loro vanno con voi, si tratta forse di scelta?

D.: Forse no.

R.: Vede. Un altro fatto è che dopo un anno e mezzo poteva allontanare alcuni di loro. Purtroppo, questa è una questione che riguarda il suo carattere. Il fatto che da lui le persone rimangono, corrisponde alla sua natuara.

D.: E' buono?

R.: Penso che un ruolo lo sostenga la sua convinzione interna, la sua capacità di avere un effetto sulla gente così come lo ha sempre avuto. Ciò grazie alle sua personalità, al suo esempio. Quando lui tratta con la gente, non va mai giù da loro, ma li pone sempre al suo livello. Queste disposizioni le ha sempre avute e spero che le abbia anche ora. Per dirlo in parole molto semplici: ispira nella gente il migliore di loro stessi.

D.: Come lo sa?

R.: Ho vissuto anch'io questa esperienza. Ma anche con altre persone. Ma non sono certo che questo effetto lo sentano anche coloro che gli sono attorno.

(Suona il telefono, John Bok dice a qualcuno: Sono pronto a testimoniare che in questo paese vengono violati i diritti dell'uomo.)

D.: Com'è possibile che da noi siano violati i diritti umani? Non esistono le leggi?

R.: Di fatto le leggi esistono. Numerose di quelle che sono rimaste dai tempi del regime comunista, vi difendono come cittadino. Però in passato l'interpretazione era contorta e oggi... ciò naturlmente è negli uomini. Chi si trova negli uffici, nei tribunali, nelle procure? Chi lavora nella polizia? Il nostro problema fondamentale e la nostra tragedia è che non possiamo cambiarli tutti.

D.: Ma Lei aveva detto di credere che in sostanza tutti gli uomini sono buoni.

R.: Il contrasto non va ricercato in ciò. Gli uomini in sostanza sono buoni, i problema è il modo di pensare, il modo di vedere le cose. Ad esempio mia suocera è una signora abbastanza buona. In passato mi gridava che non mi avrebbe permesso di toccare il socialismo, e oggi adora Havel. Mi diceva, sii contento dove sei e non criticare... e lei per interi decenni insegnava ai bambini.

D.: Posso pubblicare queste cose?

R.: Perché no? Mi piace usare esempi tratti dalla mia vita. Sono una persona empirica, io.

D.: A conclusione Lei potrebbe dirci cosa ne pensa della televisione.

R.: La televisione è estremamente importante. Non le voglio bene, ma sono realista. Che mi piaccia o no, si tratta di un fenomeno di estrema importanza. Dipende solo dal modo e dallo scopo per cui viene usata. Numerosi miei amici occidentali parlano piuttosto del fatto che la TV ha un effetto devastante sulle genti. Ma penso che dipenda da loro stessi cosa scegliere - è come con la droga, si tratta della loro libertà.

 
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