SOMMARIO: Due anni e mezzo fa, la tragica repressione del movimento per la democrazia e delle manifestazioni di Piazza Tien an Men. Nelle carceri cinesi si trovano ancora decine di migliaia di prigionieri politici, arrestati e condannati per il solo esercizio delle loro libertà fondamentali. Arresti arbitrari, processi iniqui, condanne sproporzionate, duro regime carcerario fanno della Cina un'immensa prigione.
Sabato 25 gennaio 1992, in occasione della prima visita in occidente del premier cinese Li Peng, il Partito Radicale ha organizzato a Roma, e in altri capitali europee, una serie di manifestazioni »per la democrazia in Cina e la libertà in Tibet , alle quali hanno partecipato i rappresentanti dell'opposizione democratica cinese e del governo tibetano in esilio.
(IL PARTITO NUOVO - N. 6 - MARZO 1992)
In Cina vige la prassi del »prima il verdetto, poi il processo . Nei casi in cui lo considerino necessario, i Presidenti delle giurie possono sottoporre le cause più difficili per la trattazione e la decisione a dei »comitati giudicanti : organi istituiti per supervisionare il lavoro giudiziario, spesso composti da membri delle forze di sicurezza e del Partito Comunista. Gli avvocati che con determinazione difendono gli imputati rischiano di passare per loro complici e di incorrere in sanzioni penali. I processi non sono aperti al pubblico.
I prigionieri politici
Amnesty International ritiene attendibile una stima nell'ordine delle decine di migliaia di detenuti. I reati sono i più svariati: danneggiamento di impianti ed edifici pubblici, organizzazione di gruppi di opposizione, »sovversione religiosa , oltre ai tradizionali »crimini controrivoluzionari .
Il Codice Penale prevede che entro dieci giorni dall'arresto debbano essere formulate accuse formali; in caso contrario si deve provvedere al rilascio e fissa in cinque mesi e mezzo i termini per lo svolgimento delle indagini, trascorsi i quali il sospetto dovrebbe essere sottoposto a giudizio penale o liberato: la maggior parte delle indagini sui fatti della primavera 1989 non si sono ancora concluse e gli arrestati sono ancora in carcere.
La detenzione amministrativa
Centinaia di migliaia, se non addirittura milioni di cinesi, vengono sottoposti in maniera arbitraria ed illegale a periodi più o meno lunghi di detenzione amministrativa nei centri di protezione ed investigazione. La stragrande maggioranza dei detenuti è costituita da persone di bassa condizione sociale: vagabondi, disoccupati, immigrati, »devianti sociali .
La tortura
Dal 1988 al 1990 le autorità cinesi, per loro stessa ammissione, si sono occupate di oltre 20.000 casi di »violazione dei diritti dei cittadini , terminologia generica che indica casi di tortura.
Nel periodo di isolamento i prigionieri vengono percossi, privati del cibo e del sonno, esposti a temperature esterne molto rigide, sottoposti ad elettroshock, incatenati in posizioni dolorose ed ammassati in celle piccolissime.
La pena di morte
Non è quantificabile il numero delle esecuzioni compiute in Cina nell'ultimo decennio: a ondate, le autorità cinesi lanciano delle campagne anticrimine che provocano migliaia di condanne a morte. Nel 1983 una di queste campagne provocò oltre 10.000 esecuzioni; nel 1990 sarebbero state emesse migliaia di condanne a morte, la maggior parte delle quali eseguite. Nei soli primi due mesi del 1991 sono state eseguite almeno 120 condanne a morte.
La pena di morte è stata usata in maniera massiccia anche dopo le manifestazioni per la democrazia del giugno 1989: le autorità cinesi non hanno mai reso noto il numero delle condanne a morte; Amnesty International ha raccolto i nomi di oltre 50 persone condannate a morte per reati commessi nel corso delle manifestazioni, ma ritiene che questo numero rappresenti una piccola percentuale del totale.
L'ultima campagna »per stroncare la criminalità è stata lanciata nel maggio 1990: in quell'occasione, le autorità hanno chiesto ai tribunali di procedere senza pietà nell'applicazione della pena di morte.
In alcuni casi vengono organizzate delle »esecuzioni pubbliche di massa : i prigionieri vengono allineati in uno spazio largo, con un cartello al collo su cui è scritto il loro nome e il reato commesso, e vengono fucilati alla presenza di un numeroso pubblico. Questo rito è a volte preceduto da cortei di prigionieri, legati su camion scoperti, che vengono fatti girare nelle vie delle città.
Il Tibet
Diverse centinaia di prigionieri per motivi di opinione sono tuttora detenuti nelle carceri della capitale Lhasa ed in altri centri di reclusione tibetani: le più frequenti accuse nei loro confronti includono il possesso di materiale »clandestino (documenti politici, informazioni non ufficiali, bandiere e simboli tibetani) ed il sostegno all'indipendenza della Regione Autonoma del Tibet.
Alcuni dei prigionieri attualmente detenuti hanno subito processi decisamente iniqui, le cui procedure riflettono il criterio del »xian pan hou shen (prima la sentenza, poi il processo): i prigionieri possono scontare la pena anche mediante la »rieducazione attraverso il lavoro .
Nella Regione Autonoma Tibetana prosegue anche il sistematico ricorso alla tortura dei prigionieri. Le autorità cinesi mantengono un controllo pressoché totale sulle informazioni riguardanti il Tibet. Il Governo di Pechino non ha mai risposto agli appelli di Amnesty International per il rispetto dei diritti umani in Tibet.