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Caggiano Giandomenico - 30 aprile 1992
"STRATEGIA PER UNA LINGUA INTERNAZIONALE"
Giandomenico Caggiano (Italia)

XXXVI CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE

Roma, 30 aprile-3 maggio 1992

I COMMISSIONE

G. Caggiano è Professore di Diritto Internazionale all'Università di Napoli e Responsabile scientifico della Società Internazionale per l'Organizzazione Internazionale.

SOMMARIO: Documento sull'esperanto predisposto per il 36· Congresso del Partito radicale (Roma, Hotel Ergife, 30 aprile - 3 maggio)

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In una societa' caratterizzata sempre di piu' da processi di internazionalizzazione ed in cui l'incessante progresso tecnologico contribuisce alla diffusione delle conoscenze e delle idee in maniera sempre piu' efficiente, bisogna evitare di commettere l'errore di trascurare le peculiarita' culturali e in particolare la lingua (che in fondo ne è l'espressione fonetica) dei vari gruppi etnici.

La mancata conoscenza e comprensione di tali peculiarità, rischierebbe infatti di compromettere, usando le parole della Carta delle Nazioni Unite, le "relazioni amichevoli tra i popoli" e dunque ogni processo di cooperazione e di pace.

La questione della tutela del diritto alla lingua si inserisce nel contesto di questa problematica, ricollegandosi altresi' a quel più vasto diritto umano qual'è il diritto di partecipare alla vita culturale, espressione a sua volta del diritto di autodeterminazione dei popoli.

Da un punto di vista giuridico infatti, gli art. 1 del Covenant sui diritti umani e l'art. 55 della Carta delle Nazioni Unite, configurano la possibilità di coltivare il diritto alla propria cultura (che come tale trova invece espressa menzione nell'art. 27 della Dichiarazione sui diritti umani e nell'art. 15 della Convenzione sui diritti sociali, culturali ed economici) come esercizio del più vasto diritto all'autodeterminazione.

Il diritto alla lingua è invece espressamente contemplato nell'art. 27 del Patto e diritti civili e politici.

E' stato poi soprattutto nell'ambito dell'attivita dell'UNESCO che il diritto in questione ha trovato un suo "promotore".

In vari atti si è infatti sottolineato come ogni cultura abbia la sua dignità e come ogni uomo abbia il diritto di svilupparla, poiche' nella loro diversità e varietà tutte le culture e dunque le lingue che le rappresentano, appartengono ad una comune eredità.

Resta però il fatto che i vari atti in cui si risolve l'attività dell'UNESCO, sono privi di efficacia giuridica vincolante nei confronti degli Stati.

Inoltre gli stessi accordi summenzionati, pur creando un obbligo giuridico a carico degli Stati che li hanno sottoscritti, sono poi privi di procedimenti giudiziari e coercitivi volti a garantirne l'applicazione. In questo modo l'attuazione del contenuto degli articoli e degli atti sopra citati e' rimessa alla "buona volonta'" degli Stati.

In proposito deve sottolinearsi che si sono avute varie conferenze regionali nel cui ambito si è discusso del diritto alla cultura: Helsinki nel 1976 (per quanto riguarda l'Europa), Giakarta nel 1973 (per quanto riguarda l'Asia), Accra nel 1975 (per quanto riguarda l'Africa) e Bogotà nel 1978 (per quanto riguarda l'America Latina). p73

Ponendo mente all'atto che più ci riguarda, vale a dire l'Atto finale di Helsinki, nel capitolo relativo alla educazione, contiene un sottotitolo "lingua e civilizzazione" in cui si raccomanda di promuovere la traduzione della letteratura delle lingue meno diffuse e meno studiate.

La democrazia, di cui tanto oggi si parla, può infatti sussistere solo se è sorretta a una autentica cultura democratica che e' tale nella misura in cui assicura il rispetto delle differenze.

Lo strumento che a tal fine si presenta idoneo è l'uso di una lingua universale.

L'esperanto formulato nel 1887, è infatti promosso da 27 organizzazioni internazionali registrate presso l'Ufficio Internazionale delle Associazioni.

La stessa UNESCO, che iniziò nel 1960 ad elaborare una scrittura ideografica internazionale, si è poi fatta espressamente promotrice, con l'atto della Conferenza Generale dell'adozione dell'esperanto.

Sono questi tuttavia solo dei passi verso la promozione di un linguaggio internazionale che come tale consente il rispetto delle singole lingue nazionali. Permane infatti il vincolo relativo alla loro natura di atti generalemente privi di obbligatorieta' giuridica. Questo vale tanto per gli atti dell'UNESCO quanto per l'Atto finale di Helsinki.

Solo la formazione di una consuetudine internazionale relativa all'uso dell'esperanto nell'ambito dei rapporti multilaterali o bilaterali creerebbe un obbligo generalizzato dell'uso di tale lingua.

Attesa però l'attuale difficoltà oggettiva di raggiungere un tale risultato, un obiettivo che ci si potrebbe proporre per uscire dal mero ambito della promozione dell'esperanto a livello politico sarebbe quello di promuovere la conclusione di accordi internazionale sancenti l'obbligatorietà dell'impiego di tale lingua nei rapporti tra gli Stati sottoscrittori l'accordo.

Si tratta di un risultato che nasce comunque da una certa sensibilizzazione degli Stati al problema.

Conseguentemente le campagne volte a diffondere l'uso e a far conoscere l'utilità dell'esperanto giocano a tal fine un importantissimo ruolo.

 
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