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Piron Claude - 30 aprile 1992
"LA 'SINDROME DI BABELE' "
Psicanalisi della comunicazione internazionale

Claude Piron (Svizzera)

XXXVI CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE

Roma, 30 aprile-3 maggio 1992

I COMMISSIONE

C. PIRON, Professore alla Facoltà di Psicologia e Scienza dell'Educazione dell'Università di Ginevra; già traduttore e resocontista alle Nazioni Unite e all'Organizzazione mondiale per la Sanità a Ginevra, organizzazioni per le quali ha compiuto diverse missioni in Africa e in Asia; è autore, tra l'altro, di cinque romanzi in Esperanto sotto lo pseudonimo di Johàn Valano e ha pubblicato in questa lingua, un saggio sulla formazione della personalità.

SOMMARIO: Documento sull'esperanto predisposto per il 36· Congresso del Partito radicale (Roma, Hotel Ergife, 30 aprile - 3 maggio)

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Strana società la nostra! Potrebbe dare al mondo una comunicazione linguistica efficace, gratuita e senza fatica, ma se ne guarda bene, preferendo dei sistemi di una pesantezza disperante e che costano una fortuna, per ottenere poi dei risultati di pessima qualità. Se, per risolvere un problema, un individuo sceglie una soluzione faticosa e costosa che non presenta alcun vantaggio, mentre davanti ai suoi occhi ne esiste una che è assolutamente adeguata e anche gradevole e priva di costi, si potrebbe desumere che qualcosa non va nella sua personalità, o no? Tuttavia questo è appunto quel che accade alla nostra società nel campo della comunicazione. La nostra società è dunque masochista, è nevrotica. Possiamo chiamare questa forma di nevrosi »Sindrome di Babele .

La disfunzione si presenta soprattutto in sei forme:

1) gli interessati non riescono a dirsi ciò che vorrebbero dirsi;

2) il messaggio passa, ma con difficoltà, al prezzo di una notevole frustrazione, di grossi sforzi o ripetuti chiarimenti;

3) lo scambio di idee è quasi perfetto, ma ha richiesto un investimento enorme da parte di molti dei partner (all'incirca 2000 ore di studio e di esercitazioni linguistiche);

4) regna l'ingiustizia: alcuni occupano una posizione comoda, altri invece sono posti in una situazione d'inferiorità oppure parzialmente privati della loro dignità: non comprendono bene i loro interlocutori e il loro modo di esprimersi è inefficace, privo di sfumature, spesso risibile (situazione frequente nei rapporti tra un autorità locale e un cittadino straniero);

5) il messaggio ricevuto si differenzia abbastanza da quello trasmesso, cosicché si verifica, di fatto, una distorsione, un inganno;

6) la comunicazione ha un costo eccessivo e le situazioni di multilinguismo sono tanto frequenti che finiscono con inghiottire delle somme enormi che, in una organizzazione mentalmente sana del mondo, sarebbero disponibili per attività concrete atte a migliorare il benessere delle popolazioni.

Non si osa affrontare la realtà

Un sintomo tipico di ogni nevrosi è il timore di guardare in faccia la verità, associato alla tendenza a confondere la realtà con le fantasie. La Sindrome di Babele non fa eccezione. Non si vuole vedere che la diversità delle lingue pone un problema: la società s'illude che ovunque sia possibile comunicare per mezzo dell'inglese. In effetti, »risulta da un inchiesta recente che la proporzione di persone capaci di comprendere correttamente l'inglese (in Europa Occidentale) si pone nettamente al di sotto delle nostre più pessimistiche previsioni: si limita infatti a un 6% della popolazione; la percentuale di persone capaci di usare attivamente la lingua è poi ancora minore (1). Non si vuole vedere che i popoli di lingua appartenente al gruppo germanico sono privilegiati nell'imparare l'inglese, lingua dello stesso gruppo: la conoscenza dell'inglese in Scandinavia, in Olanda, in Germania non riflette affatto la situazione generale nel mondo. Non si vuol vedere che le lingue sono troppo difficili perchè sia

possibile impadronirsene veramente mediante lo studio scolastico. Essere padroni di una lingua significa aver memorizzato e trasformato in riflessi centinaia di migliaia di piccoli dettagli sprovvisti di valore comunicativo o informativo, ma che siamo tenuti a rispettare se vogliamo formulare il nostro pensiero secondo le esigenze della lingua considerata. Questo lavoro di creazione di riflessi oltrepassa le forze di una persona normale, ma chi oserà mai farlo notare?

In una nevrosi il concentrarsi sui dettagli impedisce di vedere correttamente il quadro d'insieme. Se la corrispondenza commerciale in inglese generalmente funziona in modo soddisfacente e se, in certi ambienti, delle persone di origine diversa s'intrattengono in inglese come nella loro propria lingua materna, questi fatti debbono essere collocati in una giusta prospettiva. Si tratta in effetti di situazioni eccezionali: nel primo caso, di un ambito di argomenti specifici molto ristretto per ogni tipo di azienda, e, nel secondo, di un èlite, per lo più nel mondo degli affari, che ha studiato a lungo in un paese anglosassone. La realtà complessiva è meno rosea: nella maggior parte dei casi, quando persone di lingue diverse debbono comunicare, l'intercomprensione è inesistente o mediocre o faticosa o estremamente onerosa.

Nel 1989, i servizi linguistici della Comunità Europea sono costati 1,4 miliardi di Ecu (2,52 miliardi di franchi svizzeri) (2); ogni parola battuta alla macchina da scrivere, tradotta in nove lingue, costa 36 centesimi di dollaro o 0,50 franchi svizzeri (il costo della traduzione si è alzato a 500.000 dollari al giorno) (3). Spesso, la comunicazione è nel contempo costosa e molto imperfetta: in particolare è questo il caso dell'interpretazione simultanea, nella quale si verifica perdita di parti del messaggio, mentre altre parti vengono tradotte male.

Se si vuole uscire dal mondo dei miti della nevrosi, bisogna osservare la realtà. Il fatto è che gli esseri umani ricorrono ai metodi più vari per tentare di superare le barriere linguistiche: gesti, biascicamento di una lingua appena padroneggiata, interpretazione simultanea, traduzione assistita o no da un computer, mistura improvvisata di lingue, uso dell'inglese, esperanto, ecc... Il confronto fra queste varie formule rivela che una sola assicura loro una comunicazione nel contempo gratuita, fluida e di qualità (4). Ma non si può dare a tale riguardo un giudizio oggettivo senza saperne di più sull'aspetto neuropsicologico dell'espressione linguistica.

Una tendenza fondamentale naturale della formulazione del pensiero

Per conoscere i processi cerebrali di verbalizzazione, bisogna studiare il linguaggio dei bambini piccoli, gli errori di coloro che si esprimono in una lingua per loro straniera e gli effetti sul linguaggio causati da un rilassamento dei controlli dovuto all'alcool, a farmaci o a una forte emozione. Tutte queste situazioni rivelano che la tendenza più potente e più naturale dell'essere umano che tenta di esprimersi consiste in una generalizzazione delle strutture o degli elementi linguistici precedentemente assimilati. Viene naturale dire, in modo errato, ununderstandable invece di incomprehensible: si è assimilato la struttura un---able e la si generalizza. Lo straniero che dice in italiano profondezza invece di profondità, o in francese vous disez invece di vous dites segue la stessa tendenza naturale. Perché, anche dopo sei o sette anni di studi, non si padroneggia ancora pienamente una lingua straniera? Perché, salvo alcune eccezioni (come l'indonesiano), le lingue sono in contrasto, in centinaia di m

igliaia di dettagli, con la nostra naturale maniera di esprimerci. Noi parliamo correttamente la nostra lingua materna solamente perché per impararla abbiamo avuto a disposizione un allenamento di ogni istante per anni e anni, nell'età più favorevole, con una forte motivazione (è essenziale farsi capire bene dai genitori e dai fratelli; bisogna imitare perfettamente per non essere ridicoli), e successivamente per tutta la vita non abbiamo mai cessato di esercitarci, sotto l'influenza dei modelli giusti. Condizioni analoghe, per un'altra lingua, non si ritrovano che in un ambiente bilingue (per esempio quando la famiglia parla una lingua diversa dall'idioma locale).

Il problema della comunicazione presenta numerosi aspetti. La lingua incarna il potere; colui che domina impone la propria lingua, con tutto quello che contiene di arbitrario. Ci si può stupire della mancanza di dignità con cui la maggior parte dei popoli accetta di obbedire, a tale riguardo, senza recalcitrare. Per dire »piedi in inglese, il funzionamento naturale del cervello conduce a foots. Però bisogna dire feet. Perché le persone di lingua diversa dall'inglese accettano di contrastare il proprio modo spontaneo di dire per inchinarsi davanti ad un capriccio arbitrario della lingua, visto che la prima forma sarebbe perfettamente sufficiente per capirsi a vicenda?

Attenzione! Non si tratta qui di proporre di deformare l'inglese! Attentare a una lingua sostenuta da una tradizione secolare per adattarla alle nostre tendenze profonde, anche se universali, sarebbe un crimine contro la cultura. Ma è questa una ragione per costringerci a reprimere le nostre spontanee maniere di esprimerci, a porci in una situazione d'inferiorità di fronte ai nostri interlocutori, a inchinarci servilmente davanti ai capricci di una tradizione che ci è estranea e che ci detta dall'alto come dobbiamo parlare?

Esiste un'altra soluzione: l'esperanto. Questa lingua rispetta completamente la tendenza naturale a generalizzare ogni struttura linguistica. Nell'esperanto, se avete appreso il plurale, siete assolutamente sicuri: non farete mai errori di plurale, perché le eccezioni non esistono e voi sapete che non possono esistere. Se avete imparato il futuro, potrete mettere al futuro qualsiasi verbo. Eccetera ecc. Questo tratto dell'esperanto ne fa la lingua psicologicamente più soddisfacente che ci sia, in uno scambio interculturale. Inoltre questa lingua è stata forgiata dall'uso mondiale; da un secolo viene usata da persone di ogni cultura, di ogni popolo, di ogni ambiente sociale. Così l'uso ha trasformato il progetto di Zamenhof in una lingua viva ed espressiva, che ha dato vita ad una letteratura originale interessante e che è persino la lingua familiare di un certo numero di coppie binazionali, e quindi la lingua materna di un certo numero di bambini.

Resistenza politica e psicologica

Se si studia nella pratica, sul terreno, come funziona l'esperanto in confronto coi sistemi rivali, si constata che questo è l'unico ad assicurare una comunicazione perfetta con un investimento minimo (5). Per trasmettere il contenuto di 25 pagine (14.000 parole) a tutti gli Stati membri, l'ONU spende circa 20.000 dollari e necessita almeno di 6 giorni (6). Nella stessa situazione, l'UEA (Associazione universale di esperanto) trasmette l'informazione senza ritardi e senza spendere un soldo. Certo, i due sistemi necessitano un apprendistato linguistico preliminare. Ma nel caso dell'ONU, il delegato etiope, giapponese o iraniano ha dovuto studiare l'inglese per ore e ore e per dieci anni per innalzarsi al livello necessario, mentre i suoi connazionali nell'UEA hanno dedicato all'acquisizione della lingua soltanto il decimo di questo tempo.

Spesso, prima di applicare su grande scala una soluzione a un qualche problema, si mette in opera un »esperimento pilota . L'uso dell'esperanto è paragonabile ad un esperimento pilota che si svolge da un secolo. L'esperienza è riuscita in pieno. E' assurdo e disonesto negarlo.

Tuttavia tale negazione è estrememente frequente. Perché? Per una combinazione di ragioni di ordine politico, sociale e psicologico. Quando nel 1922 la Segreteria della Società delle Nazioni, dopo aver studiato a fondo la situazione, raccomandò a tutti gli Stati di insegnare l'esperanto nelle scuole (per condurre l'alunno a padroneggiare la lingua è necessario non più di un anno scolastico, con il numero di ore settimanali solitamente dedicato all'insegnamento delle lingue) (7), le grandi potenze - soprattutto la Francia - intervennnero con la massima energia per fare dimenticare questa proposta rivoluzionaria. La disinformazione sull'esperanto, già iniziata alle soglie del secolo, ne ebbe un nuovo impulso.

Questo fattore politico si è associato ad altri di ordine psicologico. Una lingua è legata, nell' intimo della psiche, a emozioni che risalgono alla prima infanzia. Questo livello primitivo, emotivo di noi stessi vede nella lingua un tesoro divino. Per esso, usare un mezzo di espressione giovane, basato non su una tradizione secolare, ma su una proposta di un singolo individuo, è sacrilego. La paura del sacrilegio crea il tabù, che blocca ogni idea di verificare come l'esperanto e rispettivamente le altre lingue si pongano per quanto riguarda la ricchezza e l'espressività. Ma non è tutto. Una lingua è intimamente legata ad una parte particolarmente vulnerabile della psiche: il sentimento di identità (la mia lingua rappresenta il mio popolo; la mia lingua rappresenta me stesso); da qui la paura, infondata se si giudica dai fatti, che una lingua senza popolo sia una lingua senza anima. Le reazioni provocate da forze psichiche così potenti agenti nel subcosciente impediscono di guardare all'esperanto con uno s

guardo sereno ed obbiettivo. Gli si attribuisce quindi ogni tipo di caratteristiche negative, che assolutamente non ha, ma la cui assenza è percettibile solo se ci si prende la pena di andare a guardare.

Gli Stati manifestano nell'ambito della comunicazione linguistica tutti i segni tipici della nevrosi. Invece di confrontare i diversi sistemi per scegliere il più adatto, lasciano che pregiudizi basati su fantasmi infantili li conducano a un funzionamento estremamente oneroso, faticoso e in gran parte di qualità mediocre, mentre potrebbero usare un sistema efficiente, gratuito, di rapida acquisizione, ricco per di più, di soddisfazioni culturali e psicologiche.

Che cosa fare in pratica?

Praticamente, si potrebbe procedere come segue per guarire il mondo dalla sindrome di Babele. L'ONU, oppure la CEE, dichiarerebbe ufficialmente che dopo x anni (10 o 15 anni, per esempio), le loro diverse istituzioni utilizzerebbero unicamente l'esperanto. Una tale dichiarazione avrebbe un effetto choc. Le reazioni negative che non mancherebbe di suscitare sarebbero salutari: costringerebbero a raffrontare nei fatti i vari sistemi di comunicazione usati sul nostro pianeta. Si constaterebbe quindi che una porzione dell'umanità - la collettività esperantofona - vive una vita internazionale che non è disturbata dalla sindrome di Babele: essa usufruisce di un mezzo di comunicazione più ricco e più duttile dei sistemi rivali, avendo fatto una fatica dieci volte minore per accedervi. Questa informazione si diffonderebbe e ciò sarebbe sufficiente perché ovunque molte persone cominciassero a imparare l'esperanto. Dato che questo può essere appreso in modo relativamente rapido, presto in tutti i paesi ci sarebbe una

considerevole parte della popolazione capace di comunicare in questa lingua.

»Chi vuole qualcosa trova un mezzo; chi non vuole trova una scusa , dice un proverbio arabo. Se gli Stati volessero veramente liberare gli uomini dalle barriere linguistiche, userebbero il mezzo costituito dall'esperanto, che è qui, subito disponibile. Ma lo vogliono veramente? Le loro solite argomentazioni sono fatte solo di pretesti e non si basano mai su un esame comparativo di situazioni reali. Mostrano un vizio classico dell'attività politica: la tendenza a parlare in un senso, ma ad agire in senso opposto. Quanta eloquenza si spreca sulla diversità culturale, sull'uso razionale delle risorse finanziarie e sulla qualità della vita! Ma, nella pratica, si costringe la gente a sottomettersi alla cultura di lingua inglese; si usa il denaro dei contribuenti in modo eticamente vergognoso e si organizza la comunicazione linguistica senza porsi minimamente la questione se gli interessati si sentiranno bene e a loro agio in tale sistema.

La comunicazione linguistica è simile, nel corpo sociale, alla comunicazione tramite il sistema nervoso nel corpo fisico. La società attuale è come un corpo nel quale l'informazione dagli occhi giungesse al cervello soltanto dopo un processo di traduzione lento e complicato, e nel quale un ordine del cervello alla mano non arrivasse mai direttamente a destinazione, ma fosse costretto a passare attraverso un servizio burocratico. L'esperanto consente di trasmettere le informazioni direttamente da un punto all'altro. Inoltre, consente di trattare ovunque con amorevole cura quei tesori culturali che sono le lingue nazionali. Se lo si adottererà, i giovani potranno studiare a scuola, dopo di esso, una lingua o un'altra, a scopo di arricchimento intellettuale. Si manifesterebbe un equilibrio tra le culture, in contrasto con la situazione attuale in cui l'80-90% dei giovani »scelgono l'inglese... per un risultato pietoso, se lo raffrontiamo alla capacità di comunicazione degli esperantisti.

Il solo modo di liberarsi di una nevrosi è prenderne coscienza. Ognuno può già contribuirvi in due modi: in primo luogo, esigendo dalle autorità che procedano ad uno studio onesto della soluzione »esperanto (per esempio facendo un'analisi del rapporto »efficacia/costo dei diversi sistemi di comunicazione linguistica); e, in secondo luogo, apprendendo egli stesso la lingua, il che renderà più forte la sua base sociale e sempre più evidenti le prove della sua validità.

NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1) Mark Fettes, "Europe's Babylon: Towards a single European language?" History of European Ideas, 1991, 13, 3, 201-202.

2) Mario von Baratta e Jan Ulrich Clauss, Internationale Organisationen (Frankfürt: Fischer, 1991), p.146.

3) Roman Rollnick, "Word mountains are costing us a fortune", The European, 20-22 Dicembre 1991, p.6.

4) Claude Piron, "Esperanto - L'image et la réalité", Cours et Etudes de Linguistique contrastive et appliquée", N·66, Paris: Université de Paris VII, 1986, vedere in particolare pp.3-7.

5) Se si valutano gli inconvenienti dei quattro sistemi principali attualmente applicati nella comunicazione internazionale, attribuendo loro una voto da 0 (nessun inconveniente) a 10 (giganteschi inconvenienti) passando da 5 (valore medio), si ottiene la seguente tabella:

NU = Nazioni Unite

MN = Compagnie multinazionali

CE = Comunità Europea

Es = Organizioni esperantofone

NU MN CE Es

a) durata dello studio (per i partecipanti) 8 8 0 3

b) investimenti preliminari (Stati, Enti) 9 9 5 3

c) disugualianza o discriminazione 6 5 0 0

d) costi di interpretariato 7 0 10 0

e) costo della produzione di documenti 6 0 10 0

f) perdita d'informazione 5 4 6 0

g) dispendio di energia nervosa per esprimersi 5 6 0 1

h) difficoltà di comprensione alla lettura 3 4 0 1

i) fastidio durante le sedute 8 3 8 0

______________

Livello totale degli inconvenienti 57 39 39 5

I sistemi di comunicazione sono i seguenti:

- Nazioni Unite: si utilizzano sei o sette lingue, con interpretazione simultanea e traduzione dei documenti.

- Compagnie multinazionali: tutto si svolge in inglese.

- Comunità Europea: si possono usare le lingue di tutti gli Stati membri; l'interpretazione simultanea e la traduzione dei documenti sono assicurate per tutte le combinazioni di lingue.

- Organizzazioni esperantofone: tutto si svolge in esperanto.

Le cifre sopraindicate sono soltanto delle valutazioni. Quando una rubrica ricopre delle situazioni diverse, il voto conferito esprime una media. Per esempio in a): all'ONU, alcuni non hanno dovuto apprendere nessuna lingua, mentre altri hanno dovuto dedicare allo studio e al perfezionamento linguistico un minimo di quattro ore alla settimana durante una decina di anni; oppure in g): all'ONU, il dispendio di energia nervosa sarà molto elevato per un Coreano, costretto ad usare una lingua che gli è del tutto estranea, ma nullo per un Francese, che può esprimersi nella sua lingua materna. Alla rubrica b) negli investimenti degli Stati sono considerati i costi dell'insegnamento scolastico delle lingue.

6) Joint Inspection Unit, Evaluation of the Translation Process in the United Nations System, (Ginevra: ONU, 1980, documento JIU/REP/80/7), Tabella 7.

7) Pierre Bovet, L'esperanto à l'école (Paris: Hatier, 1922), p.5.

 
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