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Valentini Giovanni - 5 agosto 1992
(1) Il Proibizionismo aiuta la Mafia
di Giovanni Valentini

SOMMARIO: Nel corso dell'agosto 1992 si è aperto sulla stampa un dibattito sulla legalizzazione della droga [alla fine del testo l'elenco degli articoli]. Giovanni Valentini, intervenendo su La Repubblica, afferma che La legalizzazione della droga tende a sottrarre il consumo di stupefacenti all'attuale regime di clandestinità per sottoporlo a controllo sanitario. La lotta alla criminalità organizzata non è certo l'unico motivo per sostenere questa proposta, ma la legalizzazione è senz'altro l'arma principale per combattere la mafia.

(LA REPUBBLICA, 5 agosto 1992)

Non ha trovato il giusto risalto sui giornali, a parte il nostro e pochi altri, la notizia che s'è recentemente costituito in Parlamento un nuovo fronte trasversale contro la droga e contro la mafia. Sotto l'impatto drammatico degli ultimi eventi siciliani, 78 deputati e 31 senatori di vari partiti hanno formato un Intergruppo antiproibizionista, con l'obiettivo dichiarato di ribaltare l'impostazione dell'infausta legge Iervolino-Vassalli sulla tossicodipendenza. La novità maggiore consiste nel fatto che questo schieramento tende a identificare la lotta alla criminalità organizzata con la lotta al traffico di stupefacenti, fonte principale di finanziamento per le mafie di tutto il mondo, ricusando il proibizionismo e rilanciando perciò la prospettiva della legalizzazione.

Fino a qualche tempo fa, per effetto di una crociata tanto inopportuna quanto inefficace dilagata anche nel nostro paese, chi s'azzardava a sostenere le tesi antiproibizioniste rischiava di passare per un pericoloso sovversivo, un estremista radicale o ancora peggio un attentatore della pubblica moralità. Il fatto che ora 109 parlamentari, compresi alcuni esponenti democristiani e perfino un socialista, tutti rappresentati legittimi del popolo sovrano, si siano decisi a prendere in considerazione un'ipotesi del genere, non può che confortare retrospettivamente le avanguardie di una campagna che all'estero era stata avviata dal premio Nobel per l'economia Milton Friedman e dal settimanale inglese "The Economist". Ma proprio per evitare altri equivoci sarà opportuno riflettere più a fondo sul problema, cercando di superare per quanto possibile l'emotività contingente.

La legalizzazione della droga, ben distinta dall'ipotesi della liberalizzazione, tende a sottrarre il consumo di stupefacenti all'attuale regime di clandestinità per sottoporlo a controllo sanitario. La lotta alla criminalità organizzata non è certo l'unico motivo per sostenere questa proposta, ma la legalizzazione è senz'altro l'arma principale per combattere la mafia. Non si tratta di una resa, bensì di una scelta responsabile e consapevole. Come all'epoca del proibizionismo sull'alcool, nella Chicago di Al Capone, il divieto stesso è incentivo allo spaccio, alimento della criminalità grande e piccola, fonte di danni alla salute e purtroppo di morti. Sicché si può dire, senza troppe forzature, che le vittime della mafia sono vittime della droga, vanno comprese e computate cioè nel suo inventario di sangue.

Per la multinazionale del narcotraffico, la legalizzazione sarebbe verosimilmente fatale, perché eliminerebbe di colpo un gigantesco giro d'affari, un flusso continuo di entrate, un colossale cash-flow. Quando la compravendita di una merce, per effetto della sua stessa illiceità, consente di moltiplicare all'infinito l'investimento iniziale, non c'è guerra o apparato poliziesco che tenga. Il suo potere di penetrazione e corruzione diventa inarrestabile. Tant'è che lo Stato, in Italia come in tutto il mondo, non riesce a impedire lo spaccio e il consumo neppure nelle carceri, cioè nel luogo deputato alla reclusione, dove il cittadino-detenuto è sotto controllo ventiquattr'ore su ventiquattro, 365 giorni all'anno. Come si può pensare, allora, che la repressione funzioni nelle strade, nelle piazze, nei parchi pubblici, dove la vendita della droga di fatto è già libera?

Molto più efficacemente le risorse umane e finanziare impiegate oggi contro lo spaccio potrebbero essere utilizzate in una strategia più raffinata. E cioè in una grande offensiva d'informazione, educazione, dissuasione, come quelle che hanno già dato o stanno dando risultati confortanti nella lotta all'alcool e al fumo. Chissà quante capacità, quanti sacrifici e anche quante vite di agenti, poliziotti e magistrati, si potrebbero risparmiare e impiegare diversamente. Può anche accadere che la mafia si riorganizzi in altro modo, mutando traffici e commerci: i rifiuti tossici, le scorie nucleari, i chip e quant'altro. Ma nel frattempo gli apparati statali saranno riusciti a smantellare una rete impenetrabile di complicità, collusioni, connivenze, spostando e aggiornando la propria difesa sui nuovi fronti.

E visto che ora il tema torna all'ordine del giorno, conviene dire francamente che a questi fini sarebbe inutile distinguere - con un residuo di cautela o ipocrisia - tra droghe leggere e droghe pesanti. Mentre le prime offrono rendimenti modesti, l'eroina e la cocaina rappresentano le voci più consistenti nel bilancio criminale della Mafia Spa. In questo caso, il prezzo della materia prima può lievitare fino a cinquemila volte. Soltanto sul mercato italiano, le stime variano da 40mila a 150mila miliardi all'anno, per un giro d'affari che non ha nulla da invidiare alle stangate del governo né al deficit o al disavanzo statali. Per combattere la criminalità organizzata, insomma, non basta legalizzare le droghe leggere. E non basta neppure per ridimensionare e circoscrivere il consumo clandestino di stupefacenti, senza illudersi di riuscire un giorno a debellare questa terribile piaga della società.

Proprio in rapporto alla natura e alla dimensione del fenomeno, per essere risolutiva la legalizzazione va applicata evidentemente su scala internazionale. Se a introdurla fosse un solo paese o un solo Stato, questo rischierebbe di diventare un porto franco per i trafficanti, gli spacciatori e i tossicomani di tutto il mondo. Ma la mafia, quella italiana o americana, quella cinese o giapponese, è anch'essa una multinazionale che non conosce confini, valichi e frontiere. Perciò va combattuta sul suo stesso terreno, sotto ogni latitudine.

Considerato a torto o ragione la "casa madre" dell'organizzazione, il nostro paese ha interesse più di altri ad affrontare il problema in termini nuovi, ponendosi alla testa del movimento antiproibizionista. Si tratta di assumere con coraggio un'iniziativa, sul piano europeo prima e internazionale poi, per promuovere un salto di mentalità e di cultura, per sollecitare un confronto aperto, per stimolare una riflessione comune. E' una grande questione di costume civile. Contro la mafia e contro la droga, la lotta non può che essere unica, contestuale, simultanea. L'una e l'altra si possono sconfiggere, insieme, con una strategia d'attacco imperniata sulla legalizzazione, per togliere l'acqua dalla vasca in cui nuotano i pescecani della criminalità organizzata.

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ELENCO DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI NELL'AGOSTO 1992 SULLA LEGALIZZAZIONE DELLA DROGA:

(1) Il Proibizionismo aiuta la Mafia

di Giovanni Valentini, La Repubblica, 5 agosto 1992 [testo n. 4990];

(2) Legalizzare le droghe proibite serve a combattere la mafia

di Pino Bianco, Paese Sera, 6 agosto 1992 [testo n. 4991];

(3) Droga legalizzata? Sono più i sì che i no

di Giuliano Pisapia, L'Indipendente, 6 agosto 1992 [testo n. 4992];

(4) Muccioli replica a Martelli: "Bucarsi uccide la libertà"

di Vincenzo Muccioli, Il Giornale, 6 agosto 1992 [testo n. 4993];

(5) DROGA: sette provvedimenti si possono prendere subito

di Marco Taradash, Paese Sera, 7 agosto 1992 [testo n. 4994];

(6) Droga. Legalizzazione, ma non solo

Proposte, propositi e inganni. Come superare una legge che non va

di Don Luigi Ciotti, Paese Sera, 9/10 agosto 1992 [testo n. 4995];

(7) Legge anti-droga

di Luigi Cancrini, L'Unità, 11 agosto 1992 [testo n. 4996];

(8) Antiproibizionisti e non, uniamoci

di Luigi Manconi, L'Unità, 15 agosto 1992 [testo n. 4997];

(9) Liberalizzarla può costare molto meno

di Antonio Martino, Il Giornale, 18 agosto 1992 [testo n. 4998];

(10) Eroina proibita - Ma alcool e tabacco?

di Giorgio Stracquadanio, Il Giornale, 19 agosto 1992 [testo n. 4999];

(11) Quattro cose da fare, subito

di Mariella Orsi, Il Manifesto, 20 agosto 1992 [testo n. 5000];

(12) Droga: dalla padella alla brace

di Adriana Zarri, Avvenimenti, 26 agosto 1992 [testo n. 5001];

(13) Bisogna tentare di non proibire

di Filippo Gentiloni, Il Manifesto, 19 agosto 1992 [testo n. 5002];

(14) Liberalizzare la droga? Un quesito drammatico

di Mario Cicala, Il Messaggero, 23 agosto 1992 [testo n. 5003];

(15) Così perderebbe il denaro facile

di Gabriele Paci, Europeo, 14 agosto 1992 [testo n. 5004];

(16) Legalizzare la droga non significa liberalizzarla

di Giuliano Pisapia, Italia Oggi, 19 Agosto 1992 [testo n. 5005];

(17) La repressione non serve

di Tiziana Maiolo, Il Giornale, 23 agosto 1992 [testo n. 5006];

(18) Legalizzare la droga, soluzione ragionevole

di Luigi De Marchi, L'Indipendente, 23 agosto 1992 [testo n. 5007];

(19) Droghe, discutiamone per cambiare

di Vanna Barenghi, Il Manifesto, 26 agosto 1992 [testo n. 5008];

 
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