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Quaranta Guido - 22 novembre 1992
Da grande voglio fare il presidente
Trasformazioni/il Pannella governativo

Appoggia Amato. Lo difende. Lo consiglia. Ha smesso per sempre il ruolo di grande oppositore. E aspetta. Che cosa? Progetti e strategie di Marco II il ministeriale

di Guido Quaranta

SOMMARIO: Una feroce stroncatura delle "trasformazioni" di Marco Pannella, dopo gli accordi con il presidente del consiglio Giuliano Amato su droga e referendum. Ufficialmente dice che al governo ci andrebbe solo a due condizioni ma "si accontenterebbe anche di una poltrona da ministro". "Con questo patetico feeling da seconda giovinezza (ormai ha 62 anni) l'onorevole Pannella ha rotto definitivamente col personaggio che irruppe fragorosamente a Montecitorio"... "allora era diafano da digiuno"... "adesso è più pingue di Helmut Kohl". Vittorio Sbardella: "Ci sono tanti stronzi che fanno i ministri"... "Che male ci sarebbe se lo diventasse pure lui?".

(L'ESPRESSO, 22 novembre 1992)

Ufficialmente dice che al governo ci andrebbe, ma solo a due condizioni: "Anzitutto per guidarlo, e ne sarei certamente capace. E, poi, nel caso che la situazione politica diventasse molto più difficile; anzi, quasi disastrosa". Velleitarismo? Macché: in realtà l'onorevole Marco Pannella è un po' meno superbo e stupefacente di quel che vuole, come al solito, apparire: si accontenterebbe anche di una poltrona di ministro.

In passato, infatti, si era già offerto due volte. La prima fu nell'estate del 1987, quando l'incarico di costituire un Gabinetto toccò a Giovanni Goria: gli andò male e ne rimase fuori. La seconda è stata nella primavera dell'anno dopo, quando a palazzo Chigi è arrivato Ciriaco De Mita: e il risultato è stato identico ("Non lo presi per prudenza, chissà quali casini m'avrebbe combinato", spiega l'ex presidente dc). Ora, in vista della crisi prossima ventura, Pannella si prepara a tornare alla carica.

Una prova? Il suo nuovo, imprevisto, recentissimo flirt: questa volta con il presidente socialista del Consiglio Giuliano Amato.

L'ha avviato, inaspettatamente, domenica 27 settembre durante un comizio a Giulianova, nel Teramano, difendendo, tra la perplessità dei presenti, la manovra economica del governo, osteggiata soprattutto dai sindacati: "Sarà pure una manovra iniqua", ha commentato, "ma, se incolpassimo chi l'ha decisa, saremmo dei demagoghi; peggio, degli sfasciacarrozze".

L'indomani è comparso nello studio di Amato a palazzo Chigi avvisandolo che, se si fosse venuto a trovare in difficoltà con la maggioranza in Parlamento, non doveva assolutamente preoccuparsi: gli avrebbe messo a disposizione il suo voto e quello degli ubbidienti deputati del gruppo federalista europeo che, adesso, capeggia. E, infatti, a metà ottobre - quando Amato ha chiesto la fiducia della Camera su un progetto di legge per il risanamento della finanza pubblica - si è alzato tra i primi nell'aula di Montecitorio annunciando, col suo empito da Saint-Just, che "onestà intellettuale e convinzione politica" gli suggerivano di dire di "si". E' stato il primo "si" dato a un governo, nella sua lunga carriera di oppositore in servizio permanente effettivo; e, al suo "si", salutato dall'applauso scrosciante dei colleghi democristiani e socialisti, si sono poi disciplinatamente aggiunti quelli degli altri suoi cinque compagni di ventura.

Da allora Pannella ha preso a frequentare palazzo Chigi con la dimestichezza di un ministro. Al suo seguito: due scudieri fedeli, Emma Bonino e Marco Taradash. Argomenti in discussione: la politica estera del governo, la difesa militare del Paese, i provvedimenti da prendere nelle aule parlamentari dopo il prossimo varo della legge finanziaria.

Naturalmente, in questi incontri, ha parlato soprattutto lui. Si è pronunciato sull'integrazione europea, sull'acquisto di nuovi carri armati per l'esercito, sulla smilitarizzazione della Guardia di finanza, sui referendum in programma l'anno venturo, su un decreto che abolisca il carcere per i tossicodipendenti. E chi ha assistito ai colloqui racconta che ha anche malignato, divertendo il suo interlocutore, su vari esponenti della coalizione.

Ma non è tutto. Pochi giorni fa si è esibito al fianco del presidente Amato, chiamato familiarmente Giuliano, durante una trasmissione del Tg5 ed è riapparso, compiaciuto, accanto a lui anche in una conferenza-stampa indetta per chiarire le correzioni da apportare alla legge antidroga. Chi se lo ricordava insieme a Cicciolina ha stentato a riconoscerlo.

Con questo patetico feeling da seconda giovinezza (ormai ha 62 anni), l'onorevole Pannella ha rotto definitivamente col personaggio che irruppe fragorosamente, a Montecitorio, a metà degli anni Settanta, glorificato dai divorzisti e dagli obiettori di coscienza.

Allora era diafano da digiuno, entrava nell'aula della Camera con un maglione girocollo bianco e si batteva contro la proliferazione dei sottosegretariati o per sfamare gli abitanti dello Zaire. Adesso è più pingue di Helmut Kohl, sfoggia il doppiopetto blu e si batte per far diventare viceministro la Bonino. A quel tempo si dichiarava il profeta dell'alternativa di sinistra e demonizzava il Palazzo, adesso ripudia la prima e puntella il secondo. A quel tempo, proclamava commosso: "Abbiamo davanti a noi le fabbriche e i marciapiedi"; adesso dichiara infastidito che gli scioperi degli operai o le manifestazioni dei pensionati sono "rivolte plebee".

Alla Dc si augurano che questa sconcertante metamorfosi sia il preludio di un "apprezzabile ripensamento politico", anzi "un segnale di rigenerazione" del maturo santone radicale. Gli ex compagni di Pannella la considerano, invece, una delle sue ultime trovate goliardiche, escogitata per restare ancora sul proscenio visto che ormai la platea considera primattori il capo dei leghisti Umberto Bossi o il leader dei referendari Mario Segni.

Ma, a parte queste analisi, ce la farà a diventare ministro nel prossimo governo? Per i pochi parlamentari superstiti che lo seguono non ci sono dubbi: qualcuno, anzi, lo vede, come minimo, al dicastero degli Affari Europei o a quello dell'Immigrazione. Ma diversi colleghi degli altri partiti ne parlano come di un'ipotesi infausta. Il repubblicano Giuseppe Galasso sospira: "Con Marco al governo saremmo proprio alla frutta. Anzi, ai bignè". E il presidente dei deputati socialisti Giusi La Ganga è altrettanto preoccupato: secondo lui Pannella sembra in preda a "delirio di potere". Uno dei pochi che non si scompone è il democristiano Vittorio Sbardella. "Ci sono tanti stronzi che fanno i ministri", dice. "Che male ci sarebbe se lo diventasse pure lui?".

 
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