"Il governo cerchi sostegno tra i parlamentari, non nei partiti".Il leader radicale appoggia palazzo Chigi ed esclude crisi al buio. Ma la maggioranza va allungata.
"Bisogna partire dagli obiettivi per cercare nuovi sostegni all'esecutivo". Critiche a Craxi, Martinazzoli e alla Bicamerale.
Intervista a Marco Pannella di Alberto Gentili
SOMMARIO: Parlando del governo Amato afferma che "questo esecutivo dovrà dimettersi quando contemporaneamente ne sarà pronto uno nuovo". Contrario all'ipotesi di trattative con i partiti per l'estensione dell'area di governo, pensa che debbano essere coinvolti i parlamentari a partire dall'indicazione di nuovi obiettivi. Sono necessarie almeno tre nuove "manovre" economiche riducendo nel contempo il "quoziente strutturale di iniquità", colpendo l'evasione fiscale. Il giudizio sugli altri leader politici è legato alla loro onestà intellettuale e al coraggio "di dire anche ai propri militanti che occorre chiudere perfino il proprio partito". "Dalla Commissione per le riforme uscirà, nella migliore delle ipotesi, l'ultima incarnazione del vecchio regime".
(IL MESSAGGERO, 13 dicembre 1992)
D. Onorevole Pannella, dopo la Finanziaria e le leggi delega, anche sull'invio dei militari in Somalia ha dato un voto favorevole al governo. Prosegue il feeling con Amato?
R. "Feeling non ne esistono su un argomento così delicato e grave. Diciamo piuttosto che il governo è giunto alle stesse nostre posizioni. Meno limpido è invece l'atteggiamento dei Verdi, del Pds e di quanti si sono astenuti. Il punto è lo stesso della guerra del Golfo: in fondo che gli americani andassero e vadano, a questi signori va bene, non vogliono invece che sia l'Italia a "compromettersi". Questo del resto fa il paio con i voti contrari al governo sulla Finanziaria, ben sapendo che mai avrebbero espresso quei voti se fosse stato concreto il rischio delle dimissioni di Amato".
D. Insomma, accusa le altre opposizioni di ambiguità?
R. "Le accuso di vecchiaia politica, di fare un'antica politica di doppie verità e di doppio linguaggio. Fanno così la loro parte e il loro gioco di opposizione solo perché sanno che c'è un numero sufficiente di parlamentari che consente comunque al governo di non cadere".
D. Parliamo, invece di lei. Ha annunciato il sostegno all'esecutivo di fronte alla crisi finanziaria e politica. Fino a quando assicurerà questa solidarietà ad Amato?
R. "Dopo la nostra decisione unilaterale di opporci alla crisi, abbiamo avuto l'opportunità di influenzare altre scelte del governo e abbiamo trovato una seria capacità di ascolto da parte di Amato".
D. E allora?
R. "Abbiamo assicurato la riforma delle partecipazioni statali, delle nomine bancarie e degli interventi nel Mezzogiorno, che erano i temi dei referendum Giannini. Abbiamo ottenuto un ripensamento sulla legge contro la droga. E non è finita. Dopo che il ministro dell'Ambiente, Ripa di Meana, aveva minacciato le dimissioni se non fosse stata introdotta la clausola di salvaguardia ambientale per le opere pubbliche nel Mezzogiorno e se non avesse avuto garanzie sulle dismissioni del demanio pubblico e delle proprietà delle Ferrovie, giovedì ho potuto annunciare, autorizzato dal presidente del Consiglio, che le opinioni del ministro erano condivise dal governo. E questo è accaduto in 24 ore".
D. Se è tanto fruttuoso il rapporto con Amato non avrà certo intenzione di interromperlo.
R. "Occorre fare molto di più. Penso al dopo e indico un metodo: sono contrario all'ipotesi di trattative per l'estensione dell'area di governo se i soggetti protagonisti saranno le segreterie dei partiti. Le forze in gioco devono essere parlamentari, se nuove e indipendenti tanto meglio. Bisogna partire da obiettivi (attenzione, non solamente da programmi) e intorno a questi raccogliere chi è d'accordo senza un solo giorno di crisi di governo. Questo esecutivo dovrà dimettersi quando contemporaneamente ne sarà pronto uno nuovo".
D. E chi candida a guidarlo?
R. "Il mio riferimento politico è "anglosassone": la "persona", il parlamentare, non una fazione di partito. Il rapporto personale, oltre che politico, di fiducia, è determinante. Sono dell'idea che Amato debba andare avanti, che debba arricchire i suoi obiettivi e sulla base di questi trovare in Parlamento una maggioranza più ampia. Se no saranno altri. Tenendo presente che nei prossimi diciotto mesi il Paese ha bisogno di almeno tre nuove, gravi manovre economiche della gravità di quella precedente. Tre manovre nelle quali il quoziente obbligato, strutturale, di iniquità diminuirà progressivamente, strutturalmente. Si deve estendere la capacità di colpire l'evasione fiscale e occorre una feroce opera di annientamento di tutte le situazioni di privilegio fiscale esistenti. Per questo credo che il governo, con questo Parlamento, non debba crescere troppo quantitativamente. I peggiori esecutivi che abbiamo avuto sono stati quelli di unità nazionale, o comunque di grandi ammucchiate politiche e parlamentari"
.
D. Parla come un esponente della maggioranza, o del governo.
R. "Se le cose andranno malissimo non escludo di dover assumere direttamente delle responsabilità. Ma non è questo che mi interessa: personalmente, non comincerò ora, a 70 o 80 anni, a fare il ministro! Ma fra i "radicali storici" e il movimento dei Club Pannella, da Bonino a Stanzani, da Cicciomessere a Taradash, da Teodori a Spadaccia, di ottimi ministri e persone di governo non mancano certo, oltre ai Verdi naturalmente. E posso fornire un elenco di almeno venti sottosegretari migliori di quelli tradizionali. Personalmente è il partito radicale la sola cosa che veramente m'importi, di valore storico e non solamente italiana. Se poi tutto precipitasse, nella tempesta non rifiuterei di governare la barca".
D. Passiamo ad altro. Dc e Psi vivono un periodo di aspri scontri. Craxi contro Martelli, Martinazzoli contro Segni. A chi vanno le sue simpatie?
R. "Amicizie a parte, politicamente sono dalla parte di chi ritiene, e poi si mostra coerente, che in Italia bisogna voltare pagina. Di chi ha l'onestà intellettuale e il coraggio di dire anche ai propri militanti che occorre chiudere perfino il proprio partito. E' evidente, quindi, che ritengo più vicini alla mia posizione Segni e Martelli. Craxi e Martinazzoli il cambiamento sembrano proporlo per il Tremila, neppure per il Duemila e cento".
D. Eppure, soprattutto con Segni non è stato molto tenero, ultimamente. Ha invece spezzato più di una lancia in favore di Bossi.
R. "No, non ho severità, ma diversità nei confronti di Segni: Ma, in queste settimane, l'unico che a livello metodologico sta parlando in modo molto serio è Bossi quando dice: "Sono per il sistema elettorale inglese e quindi rinuncio a una proiezione partitica nazionale, ma appena avrò ottenuto il sistema federale, la Lega si dividerà. I riformatori andranno da una parte, i conservatori dall'altra". Chi altro è così classico, onesto e coraggioso? Non certo La Malfa, e neppure, ahimé, per ora, Rutelli, che puntano a sistemi dove il regime cambi e la loro organizzazione resti".
D. Pannella, lei progetta il "Partito democratico" da anni. "Un partito all'americana", ha detto più volte. Ma una delle condizioni necessarie per realizzarlo è la riforma elettorale in senso uninominale, maggioritario, a un turno. Ha fiducia nella Bicamerale?
R. "Dalla Commissione per le riforme uscirà, nella migliore delle ipotesi, l'ultima incarnazione del vecchio regime. E' come se qualcuno, nel 1943, avesse chiesto al Gran consiglio del fascismo di varare la nuova Costituzione antifascista. E' altamente improbabile."
D. Lei non è però un tipo che si arrende
R. "Già, e faremo come per il divorzio se mi si aiuta, se comincio a riscuotere, oltre che fiducia, voti. Come allora convinceremo il Paese, formeremo un grande schieramento d'opinione per la riforma del sistema politico ed elettorale. Con tre volani delle nostre lotte: la non violenza (digiuni e disobbedienza civile), le battaglie in Parlamento e i referendum".