Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 22 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Bonino Emma - 20 gennaio 1993
I verdi e il blu del Danubio
di Emma Bonino

SOMMARIO: L'ecologia, come i fiumi, non ha confini. Ogni politica di rispetto dell'ambiente non può che essere transnazionale.

(IL PARTITO NUOVO, numero 1 del 20 gennaio 1993)

La Conferenza di Rio de Janeiro è stata forse l'ultima occasione possibile per avviare una effettiva politica di responsabilità ecologista ed ambientale a livello mondiale: si cominciava infatti ad intravvedere la nascita di una più ampia e responsabile politica di gestione sia dell'ambiente sia della qualità della vita e delle risorse, tale da valere per il Nord e per il Sud del Mondo; una politica capace di consolidare ed ampliare quel principio di »sussidiarietà che ad esempio nelle strutture comunitarie europee già era embrionalmente formato e si era affermato come normativo per le tematiche e i problemi sociali. Una politica dell'ambiente e delle risorse, dunque, che fosse, oltre che politica dello sviluppo compatibile - secondo una logica che vale soprattutto per il nord sviluppato - anche, ormai, una politica di intervento planetario sui temi della povertà e della fame, della crescita demografica regolata e, soprattutto, dello sviluppo delle istituzioni democratiche.

Una tale politica poteva essere garantita solo nell'ambito e sotto l'egida delle Nazioni Unite.

Temiamo fortemente che questa nuova politica dell'ecologia e dell'ambiente sia destinata a lungo a restare solo una speranza. Le Nazioni Unite non sono nemmeno riuscite a mettere in opera un minimo »sistema di monitoraggio delle situazioni ambientali e del loro evolversi negativo o positivo, nè a creare alcun meccanismo sanzionatorio delle infrazioni commesse, delle deliberazioni e disposizioni prese a livello sovranazionale.

Del modo insufficiente con cui i grandi problemi mondiali dell'ambiente vengono affrontati, una gran parte delle responsabilità ricade proprio sulla cultura, e quindi sulla politica inadeguata delle forze ambientaliste e verdi: in Italia, in Europa e forse nel mondo. Lo abbiamo denunciato da tempo, lo ripetiamo. E' un monito che vuole essere costruttivo, di dialogo e di ricerca di comuni obiettivi e di comuni battaglie ed iniziative: in molte delle sue forme ed espressioni, la politica dei verdi, europei ed italiani, ha mostrato inaccettabili punte, più o meno esplicite, di nazionalismo e di sostanziale neutralismo, che si nutrivano e si nutrono della falsa speranza, dell'illusione o della bugia, di poter curare i guasti dell'ambiente e di poter realizzare un'autentica, moderna, ecologia, guardando solo ed esclusivamente all'orticello di casa. Era, ed è, purtroppo, una cultura buona per i Paesi del nord, ma insensibile ed indifferente, se non a livello declamatorio, a ciò che avviene nel resto del mondo.

Senza nemmeno uscire dall'Europa, basta guardarsi intorno per scorgere la meschinità di quell'utopia negativa. In Europa vi sono, assieme a Chernobyl, esempi clamorosi di degrado ambientale e strutturale che richiederebbero un grandioso intervento trans e sovranazionale, di stampo apertamente federalista e fortemente democratico. Uno, e clamoroso, per tutti: dopo secoli di relativa libertà di utilizzazione, una delle grandi vie di commercio, di cultura e di civiltà dell'Europa, il Danubio, si trova ad essere contesa tra piccoli nazionalismi, egoismi, particolarismi, che rischiano di renderla inutilizzabile e persino di degradarne il complesso ecosistema: è un problema che non riguarda solo i Paesi rivieraschi, o i verdi austriaci e slovacchi, se ve ne sono; è un problema che, in termini culturali, ambientali ed economici, tocca e interessa l'intera Europa, se non il mondo. Sono infiniti i temi, i problemi ambientali che attendono grandi, complesse soluzioni possibili solo a livello trans e sovranazionale.

Invano, larghi settori dei verdi, europei ed italiani, pensano di potersi disinteressare di tali questioni per privilegiare i loro mediocri interessi localisti. Sbagliano. L'ambientalismo moderno, se vuol essere responsabile ed efficace, richiede riposte esattamente opposte. Richiede il rafforzamento, innanzitutto, dei »valori transnazionali e delle pratiche, delle politiche sovranazionali e federali, garantite da istituzioni profondamente democratriche. Queste politiche saranno rispettose dei valori del localismo proprio perchè capaci di inserirli, di armonizzarli e farli crescere all'interno di un discorso più ampio e generale. Solo una capacità progettuale fondata su strutture giuridiche e istituzionali ampiamente sovra e transnazionali, potrà essere valida ed efficace anche in termini di pura e semplice economicità.

I verdi dovrebbero convincersi che non può più essere lecito parlare dello »sviluppo sostenibile senza anche affrontare, subito, in termini operativi e politici, e non solo declamatori, tutti i temi e i problemi aperti nel mondo, nel Sud come nel Nord. Se non faranno questo, perderanno ben presto ogni credibilità. Purtroppo, allo stato, l'ambientalismo, la cultura cosidetta »verde riesce solo a produrre un movimentismo dai caratteri vistosamente nazionalisti e sostanzialmente neutralisti, che non vuole assumersi responsabilità trans e sovranazionali. Questo rifiuto relega i verdi ad essere, al più, dei »cosmopoliti , con una cultura e con comportamenti effettivi del tutto inadeguati ad affrontare la realtà del mondo odierno e tanto più i temi e le esigenze di una grande, vincente politica dell'ambiente. E' quanto sta accadendo in Italia, ma certo anche altrove, nei Paesi europei e non solo europei. E' grave vedere così mal utilizzato, se non addirittura messo in forse, un patrimonio di presenza e di lotte

al quale il PR ha dato e vuole ancora dare molto.

Per quanto potrà, il PR cercherà con tutte le sue forze di impedire questo degrado. Ma con la messa in mora dei valori transnazionali, federativi, del dialogo e della tolleranza, cioè - perchè no? - con la fine, la chiusura del PR transnazionale, come, in quale sede, con quali mezzi, sarà possibile che problemi di questa portata vengano affrontati e discussi nell'ottica che loro è propria e necessaria e non in un'ottica chiusa e fuorviante come quella che inevitabilmente prenderebbe corpo?

 
Argomenti correlati:
danubio
rio de janeiro
verdi
trasnazionale
stampa questo documento invia questa pagina per mail