di Gian Antonio StellaSOMMARIO: L'autore si chiede se c'è il rischio che Marco Pannella, con il suo ipergarantismo, la sua disponibilità ad accogliere chiunque, anche gli inquisiti per "tangentopoli, rischi di servire cause non sue. Rispondono a questo quesito Paolo Cabras, Gianfranco Bettini, Gino Giugni, Emanuele Macaluso, Gianfranco Miglio, Lucio Libertini
(CORRIERE DELLA SERA, 8 febbraio 1993)
"Grazie, compagno e amico Culicchia! Grazie". E tutti in delirio: bravo! evviva! sììì! Ma come: Marco Pannella che esalta l'iscrizione al Partito radicale di Enzo Culicchia, quel deputato democristiano "sospettato dei peggiori delitti mafiosi"? Vuoi vedere che ha ragione l'"Espresso", che accusa il leader radicale di prestare la sua faccia presentabile al "complotto" degli impresentabili contro la magistratura?
Guai a dirglielo. Marco getta un'occhiata alla copertina del settimanale, si irrigidisce nel doppiopetto blu e domina la collera serrando l'ampia mascella: adesso facciamo i conti. E appena trova l'appiglio, nella sua pluviale relazione di due ore e venti ( un po' omelia, un po' requisitoria, con lussureggianti citazioni di Beckett, Platone, Isaia e perfino una strepitosa frase in francese con accento ungherese, da trapezista poliglotta) si scaraventa sull'argomento menando botte da orbi. Contro Scalfari, la "Repubblica", l'"Espresso" "che vorrebbe un mandato di cattura contro tutti noi". E poi Caracciolo, "che faceva gli accordi dal notaio con Tassan Din per spartirsi il mercato senza che alcun magistrato indagasse", De Benedetti e insomma tutti quelli che osano mettere in dubbio l'indubitabile: cioè la sua cristallina integrità radicale, libertaria e controcorrente.
Mica ha paura, lui, di attaccare i magistrati. Che gli importa se poi qualcuno cercherà di strumentalizzarlo? E' un rischio che è pronto a correre. E davanti alla platea congressuale va giù durissimo. Massimo rispetto per Antonio Di Pietro, "che fin dall'inizio dichiarò che non metteva sotto accusa i partiti ma le persone". Ma gli altri... "Dov'era la magistratura italiana quando noi denunciavamo la Repubblica fondata sul peculato? Questo sistema, diciamolo, è sempre stato al di sopra delle leggi e i giudici sono sempre stati dei complici". O se proprio non furono complici certo finsero di non vedere: "Tutti i procuratori capo della Repubblica di Roma dagli anni Cinquanta ad oggi dovrebbero essere incriminati per omissione di atti d'ufficio". E poi: com'è questa storia che le inchieste si fanno solo a Milano?
Ugo Intini, seduto nelle prime file, si distende in un sorriso fin quasi ad appisolarsi: musica, per le sue orecchie. Figurarsi quando il leader radicale cita "il mio amico Bettino Craxi" e se la prende "con la più infame di tutte le leggi, quella che abolì la responsabilità civile dei giudici". Altro che pericoli per la Repubblica: "Il vero pericolo viene da quelle 80 Procure della Repubblica italiane in cui ancora nulla si fa". Insomma, c'è quanto basta per sospettare "che ci sia qualcuno che amministra l'uso degli avvisi di garanzia nei confronti dei vertici economici e istituzionali".
E si torna alla domanda iniziale: da che parte sta Marco Pannella? Non c'è davvero il rischio che quel suo ipergarantismo, quella sua disponibilità ad abbracciare chiunque ( i "radicali" inquisiti per Tangentopoli sono parecchi e vanno da Paolo Pillitteri a Carmelo Conte, che si è iscritto ieri) quella sua abitudine di cantare fuori dal coro possano essere sfruttati da chi ha le mani troppo sporche per attaccare frontalmente i magistrati? "Beh, certo, il rischio c'è - risponde il senatore democristiano Paolo Cabras - Ad avere una dannata voglia di attaccare i giudici, senza possedere il coraggio che ha Craxi, sono in tanti. E Pannella può essere visto come uno strumento utilissimo". Come è già successo sulla P2, sul ruolo dei pentiti, sui servizi deviati, Marco ha spesso rischiato di servire cause non sue.
"Pannella è perfettamente consapevole del pericolo di essere strumentalizzato: è un vecchio capitano di lungo corso della politica e conosce benissimo questi giochetti - spiega il sociologo Gianfranco Bettin, deputato verde - Quindi, come sa di essere uno dei pochi che può permettersi il lusso di criticare Di Pietro, sa anche come evitare di lasciarsi coinvolgere in battaglie condotte in malafede". Il senatore socialista Gino Giugni è d'accordo: "Io troverei estremamente sgradevole e grave una campagna contro la magistratura, anche se non mi piace questa situazione in cui soltanto il giudice Michele Coiro ha avuto il coraggio di dissentire dall'uso della carcerazione preventiva. Ma penso che se Marco Pannella, in queste sue esplosioni, sente il bisogno di dire la verità, sia ineccepibile. Che poi porti acqua al mulino di chi ha dei conti da saldare, beh, è una cosa da mettere in conto".
"Pannella è sempre stato Pannella: ha sempre avuto una posizione sua, personale, coraggiosa e spesso controcorrente su tanti temi, ma questo cosa significa? - chiede il pidiessino Emanuele Macaluso - Anche in America le battaglie garantiste dei liberal sono sempre state appoggiate dagli avvocati di Al Capone o di John Gotti. Ma non vuol mica dire che quelle battaglie fossero mafiose. Quanto all'idea di un complotto...". "Macché complotto! - rincara il senatore leghista Gianfranco Miglio - Io non credo che il Pannella segua un disegno particolare, ma essendo un bastian contrario... Certo che una briciola di ragione ce l'ha. Soprattutto quando dice una cosa: che questa storia non può riguardare solo i socialisti".
Alè Marco, sono tutti con te. O no? "Ma per carità, non mi faccia parlare - sbotta il senatore Lucio Libertini, di Rifondazione comunista - Certo, che ci sia un vasto fronte internazionale a bloccare l'inchiesta e che un certo ceto politico sarebbe molto felice di fare di Craxi un capro espiatorio è vero. Ma se cercano un leader presentabile non può essere Pannella. Quello lì sembra presentabile solo perché ha tutta la stampa dalla parte sua". Ma se si lamenta sempre! "Si lamenta? Li avessimo noi, i titoloni suoi!".