SOMMARIO: Terza lettera di Marco Pannella a tutti i parlamentari [le precedenti ai testi n. 5369 e 5446] per proporreun incontro fra quei parlamentari che sono d'accordo sulla difesa della legislatura, sull'immediata approvazione di una riforma elettorale "fotocopia" di quella per il Senato e sulla creazione di un »ristrettissimo comitato di coordinamento dei parlamentari che condividano i due precedenti obiettivi .
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Roma, 10 maggio 1993
Caro,
incalza un'altra aggressione contro il Parlamento, che è questo Parlamento. Un'altra trappola, un'altra beffa antiparlamentare, un altro errore politico che, se non scongiurato con determinazione e con immediata adeguatezza, basterà ormai al residuo e rinnovato potere di vecchi e di molti nuovi partitocrati, per ottenere crisi del Governo e scioglimento anticipato delle Camere entro la fine dell'estate.
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Prima di affrontare nel merito quel che mi preme esporti, consentimi di fare due brevi ma essenziali premesse per non abusare della tua attenzione, ove disponessi di poco tempo o di poca voglia di leggere questa mia terza missiva che ti invio in poco tempo:
A) L'iniziativa che avevo preso per costituire in tempi rapidi, prima della crisi, e poi della sua conclusione, un nuovo, grande Gruppo Democratico nelle due Camere, ha avuto una risposta negativa. Ringrazio i venticinque, fra deputati e senatori che avevano ad essa aderito; non più di dieci provenienti dalle opposizioni. La proposta, dunque, come preannunciato è ritirata.
B) Ti propongo di incontrarci con tutti i colleghi deputati ed i senatori che eventualmente concorderanno con le proposte di questa lettera, nell'Auletta dei Gruppi della Camera, alle ore 15.00 di mercoledì 12 Maggio. In caso di tuo accordo, ti prego di comunicarmelo per lettera o per fax a stretto giro di comunicazione. Te ne ringrazio.
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Perché scrivo: un'altra aggressione, una trappola antiparlamentare?
Conoscete - penso - la mia previsione della assoluta gravità dell'errore che ho tentato in ogni modo di scongiurare e che poi fu compiuto, cioè il mancato appoggio da parte della maggioranza parlamentare quadripartita della delibera relativa a Craxi della Giunta per le autorizzazioni a procedere. Avevo tentato, fino all'ultimo, di oppormici. E, per la verità, v'ero riuscito. E' oggi infatti chiarissimo a tutti che, se le autorizzazioni principali furono negate, questo lo si deve ad almeno ottanta/cento deputati di "opposizione", organizzati e obbedienti nei confronti degli stessi che avevano di già organizzato, simultaneamente, piazze, rivolte, richiesta di immediato scioglimento delle Camere, di crisi del Governo, criminalizzazione del Parlamento. La stampa, in questo caso, ha avuto una responsabilità di primissimo piano. Quasi nessun giornale, infatti, ha pubblicato un solo rigo sul dibattito parlamentare, sulle tesi difensive di Craxi, su quelle che gli abbiamo opposto, e, soprattutto, sul fatto
che, in buona parte, organizzatori della protesta e organizzatori del voto parlamentare, erano gli stessi.
Credo, che si sia trattato di un episodio gravissimo del quale portano responsabilità maggiore non tanto coloro che l'errore hanno ufficialmente e lealmente compiuto, quanto gli altri, cui mi sono riferito. Ma, soprattutto, dobbiamo renderci conto che chi ha così agito, al buio, di nascosto, con scoperta malafede, rappresenta la metastasi di un tumore antirepubblicano e sostanzialmente neo-fascista che occorre politicamente eliminare, denunciare al Paese. Mi auguro che i colleghi che così sono stati indotti a comportarsi per inesperienza e ingenuità vogliano dirlo, per quanto ciò possa costar loro nell'immediato: ma l'onestà comporta qualche costo, per chi ci creda davvero; e non ci speculi disonestamente.
Al Parlamento, dalle piazze, dalle televisioni, dalla stampa, dai vecchi e nuovi partitocrati, si sono gridate due esigenze: via l'immunità parlamentare, subito riforme elettorali coerenti con il risultato referendario.
Il Paese si accorgerà ben presto che la prima esigenza è di fatto, e presto in diritto, soddisfatta. Senza tanto clamore, il voto palese alla Camera e la lezione presa, faranno sì che le autorizzazioni saranno concesse quasi burocraticamente (a meno di errori macroscopici) per spostare l'asse dello scontro dove è naturale che sia posto: nei processi.
La seconda esigenza può (e deve) esser soddisfatta in due o tre settimane, se il Parlamento lo vorrà e se il maggior numero di parlamentari si accorgerà che coloro che questo hanno chiesto, ora cercheranno di ritardarlo in ogni modo, cercando di farne oggetto di contrattazione partitica, e lobbistica, con e nel Governo, oltre che nei e fra i gruppi parlamentari. Sono gli stessi che non vogliono che il Governo governi e duri, che il Parlamento legiferi e duri, che la Riforma sia davvero immediata e netta e concerni anche se stessi, non solamente la propria sopravvivenza.
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Della esigenza, dell'opportunità e della possibilità che il Parlamento voti la Riforma elettorale subito sullo schema del referendum del Senato, si è fatto pubblicamente propositore il Segretario della DC, Mino Martinazzoli. Egli ha perfino adombrato, a questo fine, la possibilità di una deroga regolamentare che consentisse di usare la sede redigente per approvarla. Segni - teoricamente - sembra o sembrava sulla stessa posizione: tanto da invitare tutti i deputati a contro-firmare una "sua" proposta di legge in tal senso (subito riforma "fotocopia"), dimenticando, nella fretta, che essa già giace da quasi un anno alla Camera, suffragata da centinaia di migliaia di firme di elettori. Noi avevamo già sostenuto la stessa tesi durante la campagna referendaria.
Certo, si tratta di una Riforma ad un turno. Ma è l'unica che possa esser posta ai voti, come tale, subito, senza accettare emendamenti da parte di chi la sostiene in via eccezionale, per rispondere al "grido di democrazia e di referendum" che è stato lanciato o fatto lanciare contro di noi dal "paese".
Al Governo resterebbe così, e ben prima che scatti l'ultimatum del Presidente del Consiglio ("alcune settimane") da provvedere alla elaborazione delle leggi (altrove sarebbero regolamenti) di attuazione.
Questo Parlamento potrebbe poi passare a legiferare in tema di riforme istituzionali, oltre che - in dialettica con un Governo particolarmente qualificato a ciò - a legiferare in tema di ricostruzione economica, finanziaria, sociale della situazione italiana.
Il pericolo maggiore, ci viene non dalla mancata intelligenza di quanto accade e può accadere, ma dalla abitudine a non decidere anche individualmente, con il proprio impegno ed esempio, nei momenti di maggiore importanza; a non tradurre in impegno straordinario sul piano personale quel che ci viene imposto sul piano collettivo o che, dovendolo essere, non lo è.
So che siamo in molti ad avere stesse convinzioni; e stessi obiettivi se compiamo il passaggio dal pensare al fare.
Per questo torno a propormi di servire a qualcosa, lasciando ad altri la giusta ambizione di servire a tutto, o quasi tutto. Ed a proportelo. Ciascuno restando dov' è, o andando dove crede; con il "no" delle Estreme, con l'astensione di tanti, a cominciare da "Verso l'alleanza Democratica", con il "si" di Popolari per la Riforma, nostro e del quadripartito. Senza più disegni parlamentari o politici, che eventualmente manifesterò ad altri ed in altra occasione e sede, propongo che ci si incontri fra quanti, senatori e deputati, siano d'accordo:
1) sulla difesa della legislatura, in linea di principio, per il Parlamento; e per la continuità dell'opera dei (o del) Governi da esso investiti;
2) sull'immediata approvazione - salvi solamente i tempi tecnici di opposizione - della riforma elettorale, fotocopia di quella per il Senato, da parte del Parlamento;
3) sulla creazione di un ristrettissimo comitato di coordinamento dei parlamentari che condividano i due precedenti obiettivi, con eventuale rotazione quadrimestrale di questa responsabilità e di questo servizio.
Tutti i Gruppi Parlamentari potranno esser presenti con un loro osservatore, ove lo desiderino e ce lo comunichino.
Spero di non aver abusato del tuo tempo.
Ti ringrazio per l'attenzione e ti invio un cordiale saluto.
Marco Pannella