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Rinaldi Claudio - 23 maggio 1993
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AMATO-COSSIGA-PANNELLA/IL PARTITO DELLA PRIMA REPUBBLICA

Partitismo, presidenzialismo, paleoriformismo: la nuova Cosa laico-socialista nasce vecchia. Ha tre possibili leader: abili, ma con uno stile da antica goliardia.E pesca consensi solo fra gli sbandati del ceto politico di ieri.

di Claudio Rinaldi

SOMMARIO: Secondo il direttore dell'Espresso le sintonie politiche fra Giuliano Amato, Francesco Cossiga e Marco Pannella porteranno questi personaggi a fare un lungo tratto di strada insieme »verso una seconda Repubblica costruita su misura per loro, i più astuti reduci della prima . Passa poi ad esaminare quali sarebbero questi punti in comune: l'amicizia di Pannella nei confronti di Cossiga sarebbe desunta, fra l'altro, dalla sua richiesta insistente di incriminazione dell'ex Presidente della Repubblica per alto tradimento al fine però di consentire a Cossiga un "estremo show" nell'aula del Senato; fra i tre ci sarebbe una pari ansia di creare un nuovo soggetto politico in quell'area di centrosinistra »che la disgregazione del Psi e dei partiti laici ha lasciato senza presidi autorevoli; »nella disponibilità a riciclare, grazie al nuovo soggetto, il grosso della classe politica ridotta allo stremo dalle inchieste sulla corruzione ; nel comune anticomunismo. »Ma l'aspetto più vecchio e semplicistico della

posizione di Amato, Cossiga e Pannella è, sempre sul piano ideologico, la difesa d'ufficio del primato della politica . Conclude prevedendo che questa "Cosa" non potrà fare molta strada poiché sarebbe »un impasto di vecchie idee, vecchi rancori, vecchi personaggi .

(L'ESPRESSO, 23 maggio 1993)

Magari alla fine litigano. Perchè ognuno dei tre si crede un padreterno, e non ha voglia di intrupparsi sotto la bandiera di un altro. Ma, prima che gelosie e narcisismo prevalgano, i tre hanno un lungo tratto di stradada fare insieme. Al ritmo delle torrenziali chiacchere di cui sono capaci. Verso una seconda Repubblica costruita su misura per loro, i più astuti reduci della prima.

Affiatati lo sono. Anzi, amici. Amicissimi. Marco Pannella ha lottato come un pazzo per far restare Giuliano Amato a palazzo Chigi: lo adora soprattutto da quando l'ex presidente del Consiglio ha proposto la depenalizzazione del consumo di droga; e da ultimo gli ha offerto - senza successo - la presidenza del supergruppo parlamentare che sogna di costruire. Ma Pannella s'intende anche con Francesco Cossiga, che definisce "il mio amico" nei discorsi alla Camera, e che aiuta quando può (per esempio appoggiando, martedì 11 maggio, la sua richiesta di far discutere anche in aula al Senato, per un estremo show, le vecchie accuse di alto tradimento). Cossiga e Amato, infine, avevano vissuto in simbiosi gli anni folli delle picconate; poi per qualche mese l'ex capo dello Stato ha messo in croce il Topo, rinfacciandogli - a proposito del sistema delle tangenti - di non essere "un innocente eccellente"; ora fra i due è tornata la pace.

Ma fra i tre non c'è solo una rete di rapporti personali. C'è anche, in questa inquieta primavera '93, un comune modo di interpretare la crisi italiana. Un sentimento. Un umore. Lo ritrovi nell'ansia di protagonismo che divora tutti e tre; nella voglia matta di creare un nuovo soggetto politico in quell'area di centrosinistra che la disgregazione del Psi e dei partiti laici ha lasciato senza presidi autorevoli; nella disponibilità a riciclare, grazie al nuovo soggetto, il grosso della classe politica ridotta allo stremo dalle inchieste sulla corruzione. Il più prudente nell'avventurarsi verso la Cosa Rosa è per ora Cossiga, che tuttavia - autodefinendosi "cattolico liberale" - ricorda a ogni piè sospinto di essere contrario all'unità politica dei cattolici. Invece Pannella da mesi scalpita offrendo il proprio rassemblement alle anime morte di Montecitorio. E sabato 8 maggio Amato ha lanciato il partito di Eta Beta, creatura disneyana "con un grande cervello, un corpo esile e una tasca da cui esce fuori

una riposta per ogni bisogno": già mercoledì 12 una trentina di deputati del Psi si sono riuniti per cazzeggiare sul tema.

Sul piano ideologico, i punti di contatto fra Amato, Cossiga e Pannella non sono pochi. E proprio essi danno l'impressione che i tre guardino all'indietro piuttosto che in avanti. Amato, per esempio, ammette di credere ancora nel socialismo come "liberazione dell'uomo". Nell'intervista-manifesto su Eta Beta ha indicato come valore chiave il "riformismo democratico": espressione ormai povera di contenuti, dopo l'uso e l'abuso che ne sono stati fatti dal Psi nell'ultimo decennio. Meno inquietante del "riformismo forte" invocato da Cossiga, meno arcaico dei miti liberl-radicali di Pannella, il riformismo di Amato è remake di quello di Bettino Craxi, depurato dalle incrostazioni delle mazzette. Un pragmatismo senza tangenti. Che si riconosce non per quello che è, ma per quello che non è e non vuole essere.

Illuminante è l'atteggiamento nei confronti dell'area ex comunista. Come Craxi subordinava ogni possibilità di alleanza col Pci al ridimensionamento elettorale di questo partito, così oggi Amato prevede per il Pds una lunga anticamera: "Meglio che i socialisti, i repubblicani e altri si alleino prima fra loro". Per il neonato partito di Eta Beta, così come per il polo laico-socialista vagheggiato dieci anni fa da Craxi, la chiusura a comunisti ed ex comunisti è un elemento costitutivo dell'identità. La sinistra ne esce divisa e battuta? Laici e socialisti restano prigionieri del moderatismo cattolico? Pazienza.

In Cossiga, l'anticomunismo - dietro lo schermo del rispetto umano per i grandi vecchi delle Botteghe Oscure - è una costante. Nelle grandi e nelle piccole cose: martedì 11 l'ex capo dello Stato se l'è presa, lui sedicente liberale, col "mondo post-azionista", cioè con una corrente di pensiero da molti - anche di recente - considerata troppo arrendevole verso la tradizione comunista. In Pannella l'anticomunismo è un'ossessione quotidiana, una fonte inesauribile di ispirazione della tattica: se tre ministri del Pds entrano nel governo Ciampi il veemente Marco va all'attacco, se i tre escono lui vota la fiducia, con infantile prevedibilità.

Ma l'aspetto più vecchio e semplicistico della posizione di Amato, Cossiga e Pannella è, sempre sul piano ideologico, la difesa d'ufficio del primato della politica. Che si traduce da un lato in una reiterata, non richiesta e perciò sospetta esaltazione del ruolo dei professionisti della politica; dall'altro nella denigrazione, a volte rozza a volte sottile, delle esperienze che superano i confini tradizionali del partitismo. Così, Amato - che pure dice di appoggiare il governo Ciampi - vede in esso non il prodotto di un modo nuovo di fare politica, ma una vera e propria "sospensione della politica"; si augura che "non diventi una condizione stabile", perchè "questa sarebbe la negazione della democrazia", e conclude che "la società civile non può mandare al governo se stessa, deve mandare la politica". Se poi, nonostante tutto, qualche tecnico riesce a sgattaiolare nella stanza dei bottoni, che sia assoggettato a rigidi controlli di moralità: "Coloro che vengono dalle professioni, prima di entrare nel g

overno, dovrebbero dichiarare di chi sono stati consulenti".

Lunedì 3, a Siena, è stato Cossiga a fare professione di partitismo: "Ritengo che non sia possibile lo sviluppo di una democrazia senza partiti". Mercoledì 12, altra perorazione per "partiti distinti, forti e trasparenti". Ancora poco rispetto alla foga di Pannella (Camera dei deputati, giovedì 6): "Appartengo a una razza che ha sempre ritenuto che l'indipendenza dai partiti è stare perfino sotto di loro... Sono sempre stato fiero della tessera". Per Pannella, che qui scimmiotta il peggior Craxi, "il governo degli onesti e dei tecnici è una pura e semplice imbecillità". Sottoprodotto di questa inclinazione al partitismo è l'ostilità verso le voci critiche della partitocrazia. Valga per tutti l'esempio di "Repubblica". Amato anni fa lasciò la collaborazione col quotidiano; Cossiga da tempo lo considera il suo maggior nemico; ora Pannella recita in Parlamento le stesse invettive di Ugo Intini ("Partito irresponsabile in senso formale", giovedì 6), e addirittura vede in Scalfari "una sorta di presidente de

l Consiglio-ombra" ("Il Giorno", stesso giovedì).

Sul piano strettamente politico, l'impostazione che accomuna Amato, Cossiga e Pannella porta a un'insofferenza istintiva verso le novità dell'ora. Sul governo di Carlo Azeglio Ciampi, per esempio, non pesano solo i distinguo di Amato. Pesano anche le accuse di Pannella, che ritiene l'ex governatore "psicologicamente subalterno verso il Pds" (martedì 4 maggio), che per certi aspetti lo paragona ai "peggiori fra i suoi predecessori" (mercoledì 5), che straparla di "rischi tecnocratici" e di "nuove caste" (domenica 9). Pesano soprattutto le bordate di Cossiga, secondo il quale spira intorno a Ciampi "una certa aria di ipoteca pseudoaristocraticista, tecnocratica e sostanzialmente antiparlamentare, antipolitica, antipartito" (mercoledì 12, giorno della grande rentrée da oratore al Senato).

I tre sono d'accordo anche quando si tratta di snobbare il vincitore del referendun del 18 aprile, secondo il tic della partitocrazia più becera. Per Pannella, Segni sarebbe stato inadeguato quale presidente del Consiglio: "Se mi sentivo non attrezzato io, figuriamoci Mariotto". Cossiga puntualizza: "Non partecipo all'ubriacatura referendaria". Il Topo dedica veloci, spocchiose battute ai "movimenti di Segni, tipici dei momenti di transizione: nascono per segnalare la necessità di una riforma e si esauriscono quando la riforma è compiuta". Mentre il nuovo viene liquidato con tanta ingenerosità, il fantasma del presidenzialismo viene richiamato sul palcoscenico. Torna a parlarne Cossiga, concitato come ai tempi del piccone; continua a pensarci Amato, che su "Mondoperaio" pubblicò il suo "Eleggere il presidente" all'inizio degli anni Ottanta. Pannella, profeta del parlamentarismo, per ora è più freddo. Ma chissà. Intanto in Parlamento i desperados dell'area laico-socialista, ma anche decine di democristia

ni, si muovono: presidenzialismo sarà.

Ma ciò che davvero fa di Amato, Cossiga, Pannella i tre capi di un movimento potenzialmente unico non è nè la base ideologica nè l'orientamento politico. E' lo stile. Mai come in questo caso "lo stile è la cosa" (Francesco De Sanctis), anzi la Cosa. Goliardia, innanzitutto. Per Pannella la goliardia è il dato biografico essenziale: studiò da leader nei parlamentini universitari, e lì imparò che la politica può essere un viluppo di intrighi e di proclami. Per Cossiga è una conquista recente: da tre anni ha deciso di fare il matto per farsi sentire. Per Amato è la tentazione delle ultime settimane, evidente nel disseppellimento di un personaggio dei fumetti come Eta Beta.

Goliardia vuol dire fuochi d'artificio continui, assordanti. Allegria violenta. Quanto di meglio per conquistare sui mass media una presenza martellante. Anche in questo il Topo sembra l'ultimo arrivato: per tutto il periodo in cui ha guidato il governo, si è attenuto a un costume meritoriamente sobrio; solo adesso comincia a concedersi senza riserve a stampa e tv. Cossiga i media li ha da tempo ai suoi piedi, con tanto di intervistatori personali. Pannella, che un tempo si spacciava per vittima di discriminazioni e si annodava intorno alle mascelle bavagli di protesta, adesso imperversa. Compare dappertutto. Firma articoli su "Panorama", sul "Giorno". Pervade di sè l'immensa ragnatela delle tv berlusconiane. Al punto che perfino su un giornale amico di Silvio Berlusconi, "L'Indipendente", Umberto Simonetta mercoledì 11 si è inalberato: "Chiedo che le apparizioni di Pannella in video vengano diradate... Questo mio accorato appello giunga anche alle reti Fininvest".

Ma, fra tante coincidenze di stile, la più impressionante è la vocazione tribunizia di Cossiga e Pannella nelle aule parlamentari. Entrambi sanno suscitare l'applauso dai settori più disparati. Al suo primo discorso al Senato dopo otto anni, mercoledì 12, Cossiga c'è riuscito più di una volta. Quando ha ammonito che la riforma istituzionale "non la fanno nè i confidenti nè gli spioni", anche Gianni Agnelli ha battuto le mani. Pannella nel discorso alla Camera sulla fiducia al governo Ciampi, giovedì 6, è stato interrotto otto volte da applausi o risate di approvazione, e alla fine ha avuto congratulazioni da almeno cinque partiti. Ormai il dominatore di Montecitorio è lui. Acclamato, ricambia: "Viva questo parlamento italiano!", ha urlato in aula venerdì 7.

Questa è la vera forza di Amato, Cossiga, Pannella: il consenso istintivo del personale politico della prima Repubblica, che scaturisce dalla percezione di una comune matrice culturale e antropologica. Parzialmente sradicato dal potere, questo ceto cerca nuove appartenenze che gli garantiscano un futuro. Ma se è solo questo, se è un impasto di vecchie idee, vecchi rancori, vecchi personaggi, la Cosa Rosa - o come diavolo si chiama - non può fare molta strada. Quale che sia l'abilità dei tre uomini che se ne disputano il comando.

 
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