Il leader radicale propone una strategia basata sull' "antistatalismo" e apre le porte a "popolari e progressisti, ma anche badogliani e bottaiani del vecchio regime"Rifiuto della nuova legge elettorale, battaglia per un "rigoroso uninominale maggioritario" e ondata di referendum
di Paolo Franchi
SOMMARIO: Analisi anche in toni scherzosi del progetto per il "Partito democratico" lanciato da Pannella, ultima ripresa, nel tempo, di un progetto che Pannella "insegue" da sempre. Si danno informazioni sul seminario di Sabaudia dove è stato stilato l'appello e sulle iniziative successive, si fanno supposizioni sui possibili alleati (Segni, Amato, ecc.), si fa una analisi dei testi apparsi sul foglio "Radio radicale" che ha aperto la campagna.
(CORRIERE DELLA SERA, 1 ottobre 1993)
ROMA - Si lascia rappresentare così Marco Pannella, "il clandestino". Come un vecchio leone. Magari un po' ammaccato, come si conviene a chi ha combattuto mille battaglie, si è esibito nei più impari dei duelli, non si è negato nemmeno alle iniziative più impopolari, tipo quel club di parlamentari "autoconvocati delle sette del mattino" che avrebbe dovuto testimoniare il diritto a lunga vita della legislatura, e gli ha creato la nomea di padre di tutti gli inquisiti. Ma pronto ancora una volta ad avventurarsi nella traversata del deserto almeno all'apparenza più vasto ed ostile. Il deserto che separa l'Italia dalla sua "rivoluzione liberale". E "i democratici" dal loro "Partito democratico".
L'idea è antica, nel senso che Pannella la insegue grosso modo da quando è in politica, cioè da sempre. La penultima volta che la riprese fu a cavallo del fatidico Ottantanove: l'interlocutore principe era Achille Occhetto, il Partito comunista che si scioglieva per transustanziarsi in qualcosa di radicalmente nuovo e diverso.
L'ultima volta, trangugiata la delusione del Pds, è adesso. Adesso che la breve stagione di Alleanza democratica si sta esaurendo. Adesso che è stata varata una nuova legge elettorale: "una controriforma nè uninominale nè proporzionale - sostiene Pannella - fatta di scorpori e di mammozzi, di poliponi e di altri segmenti della tenia partitocratica riprodottisi per scissione". Adesso che si profila, per la prossima legislatura, il più frammentato e ingovernabile dei Parlamenti.
Un manifesto
Il percorso è stato messo a punto a fine agosto, in tre giorni di seminario a porte chiuse in un albergone di Sabaudia, "L'Oasi di Kufra". E si è tradotto, per cominciare, in un manifesto-appello redatto da Marcello Pera, filosofo della scienza e commentatore della "Stampa" (lo hanno sottoscritto, tra gli altri, Panebianco, Giorello, Vertone, Are, Roversi Monaco, Martino) che farà da base alla prima convenzione nazionale, in programma a Roma sabato 9 e domenica 10 ottobre.
No alla nuova legge elettorale, e via libera a una campagna referendaria per introdurre (è il passaggio chiave) "un rigoroso sistema uninominale maggioritario" di tipo anglosassone. Ma referendum, e leggi di iniziativa popolare, pure sul presidenzialismo, l'informazione, la giustizia, l' "antistatalismo".
Una strategia referendaria, insomma, come da modello Pannella. Stavolta, però, con l'intento dichiarato di farci crescere dentro un partito tutto nuovo. E con la speranza di poterla praticare avendo incamerato un successo già nelle amministrative del 21 novembre. Quando in tutte le città dove si vota saranno presentate le "Liste Pannella per il partito democratico". Per quel Partito democratico che dovrebbe essere messo in pista alle prossime elezioni politiche. E la cui identità politica e culturale dovrebbe essere testimoniata sin dai titoli dei due convegni messi in cantiere per questo mese di ottobre: "Karl Popper o della rivoluzione liberale". Per chi non avesse ancora capito di quale rivoluzione si parla, seguirà: "Milton Friedman il libertario". Già. Perchè il liberale-libertario Marco Pannella e i suoi compagni almeno un punto lo hanno chiaro: che a lasciare alla Lega il monopolio dell'antistatalismo le si fa un regalone.
Realismo
A chiedere adesso ai fautori del costituendo partito chi saranno i loro futuri compagni, non c'è da aspettarsi risposte troppo chiare. Non ci vuol troppo a capire che l'occhio è puntato anzitutto sui movimenti in corso e quelli prossimi venturi di Mario Segni e di Giuliano Amato, ma pure di Giorgio La Malfa, e di ciò che resta dei laici. Anche se, per sapere come la strategia dell'attenzione potrebbe tradursi in qualcosa di concreto, bisognerà aspettare i risultati delle elezioni amministrative.
Ma Pannella non mette limiti alla provvidenza. Gli piacerebbe essere "concorde, convergente, compagno", scrive sull'organo della sua lista, Radio Radicale, con Alleanza democratica, con "popolari" e con "progressisti", ma anche con i "badogliani" e i "bottaiani" del vecchio regime. In un partito-crogiuolo in cui nessuno debba annullare se stesso, ma ognuno debba in qualche modo superarsi. In ogni caso, "nessun soggetto" gli "appare d'obbligo e predestinato" a far parte integrante del Partito democratico.
E nessuno gli sembra predestinato ad esserne escluso. Non Mino Martinazzoli, alla cui sincerità ha sempre dato ampio e pubblico credito. E nemmeno Umberto Bossi, "incredibile miscuglio di grandi saggezze e intuizioni e pericolose volgarità non solamente espressive". A metterlo di fronte a "opzioni chiare", sostiene Pannella, il secondo tempo di cui parla il leader leghista, quello in cui la Lega si dovrà dividere, "verrebbe presto a maturazione: i democratici qui, i populisti e conservatori lì".
Troppa grazia? Chissà. Tra i compagni, diciamo così realisti, del vecchio leone c'è chi vede in queste parole un accenno alla possibile intesa, domani, con i Popolari post-democratici e una Lega capace di scremare le posizioni più estremiste. Ma anche se fosse così Pannella negherebbe che è questo il problema. Convinto com'è che il miglior modo di esser realisti è chiedere l'impossibile, e il miglior modo per azzardare utopie è percorrere le vie del realismo.