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Il quotidiano radicale, Culicchia Vincenzino - 25 ottobre 1993
Storie del transpartito: Vincenzino Culicchia
Per fede laica nel diritto alla giustizia giusta

SOMMARIO: Testo-intervista, inserito nella rubrica "Storie del Transpartito", in cui nuovi iscritti per il 1994 motivano le ragioni dell'iscrizione. Per l'on. Vincenzino Culicchia si è trattato di una scelta maturata "nel dolore" di una vicenda che ha avuto per lui "il sapore dell'incubo", e cioè l'incriminazione per "essere il mandante dell'omicidio del vicesindaco di Partanna" nonché per "associazione mafiosa". Afferma di attendere i risultati dell'inchiesta giudiziaria con fiducia e fede: "anche fede laica".

(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 25 ottobre 1993)

''E'una scelta che ho maturato nel dolore di una vicenda che per me ha il sapore dell'incubo, una vicenda nella quale ho per più di un momento pensato al suicidio. Poi da quell'idea mi sono allontanato grazie alla fede, alla stima degli amici, all'affetto dei familiari".

La "scelta" di Vincenzino Culicchia, deputato della Sicilia occidentale, è l'iscrizione al Pr. Matura quando la magistratura lo accusa, in due distinte indagini, di essere il mandante dell'omicidio del vicesindaco di Partanna, cittadina di cui Culicchia è stato a lungo sindaco. E - questa la seconda accusa - di non aver concesso un finanziamento ad una cooperativa, un fatto che sarebbe avvenuto alcuni anni prima, quando era assessore alla presidenza presso la Regione Sicilia. In questa seconda indagine si ipotizza la violazione dell'articolo 416 bis, "associazione mafiosa".

"Può sembrare una scelta di comodo, ma la verità è che certe vicende restituiscono una visione diversa delle cose. Si ripensa al valore di temi come la dignità personale, il diritto alla giustizia giusta non come privilegio dei potenti ma come diritto di tutti. Del resto io con i contenuti della cultura radicale sulla giustizia e del diritto ero d'accordo da tempo".

Secondo alcuni cattolici sarebbero posizioni inconiugabili con la cultura cristiana.

"Io non ho sentito questa contraddizione. Anzi, la mia adesione mi ha aiutato sul piano interiore in quella che, da quasi due anni, per me è una battaglia quotidiana. Per fortuna tra poco la magistratura si dovrà pronunciare e allora, ne sono certo, apparirà come io sia stato bersagliato da accuse infamanti sulla base di riscontri esilissimi, inconsistenti: le dichiarazioni di due collaboratrici di giustizia, che all'epoca dei fatti erano delle bambine.

E, per la vicenda della cooperativa, su ancor più tenui elementi. Aspetto da un anno di poter produrre un verbale dal quale i magistrati potrebbero verificare con certezza assoluta l'inesistenza delle accuse, ma attendo ancora e la convocazione non viene".

Lei ha parlato di privilegi. Se accuse del genere fossero piovute sul capo di un cittadino comune e non su di un parlamentare...

"Ah, che dubbio c'è? Sarei rimasto in carcere, ma per la seconda vicenda, per la quale era previsto l'arresto. E tuttavia io ho chiesto, subito, per entrambi i casi, la concessione dell'autorizzazione a procedere. Ho detto subito: voglio che la magistratura vada fino in fondo, ho bisogno che si dica con chiarezza assoluta che su di me non vi sono ombre. In questo ho applicato un principio radicale: si indaghi, il magistrato proceda, la verità emerga. Ho bisogno di quella verità che per me è stata sempre certa ma che un clima assurdo rende invisibile alla gente".

Ha chiesto Lei alla Giunta l'autorizzazione? E come ha votato per le richieste a carico di altri deputati?

"Nessuno sa che, nonostante io volessi la concessione dell'autorizzazione, la Giunta aveva deciso di non ascoltarmi. Un fatto molto significativo del clima che viviamo. 'Tanto lo dice lui stesso'... sembrava il ragionamento. Fu Roberto Cicciomessere a richiamare tutti i membri alla necessità di sentirmi, di ascoltarmi".

"...Sulle richieste che riguardano altri deputati io ho sempre votato secondo le indicazioni della Giunta. Perché ho fiducia nel lavoro dei parlamentari e loro hanno tutti gli elementi a disposizione per valutare correttamente la situazione. Quindi ho votato a favore di molte autorizzazioni a procedere. Ma non mi associo a questo clima da processi sommari, tanto più incredibile quando per 40 anni le autorizzazioni sono rimaste un bene raro".

Lei ha citato un principio radicale: fiducia nella magistratura o nella giustizia?

"In entrambe. Non inveirò mai contro chi indaga su di me. Non l'ho fatto nemmeno quando un mio collaboratore, gravemente malato, è stato arrestato e interrogato in piena notte (e poi la Cassazione ha deciso che quell'arresto non doveva esser eseguito). Non l'ho fatto quando su di me è stata compiuta una indagine bancaria e patrimoniale che credo nemmeno Riina abbia subito. Non l'ho fatto quando mi si diceva mafioso, a me che, da moroteo, ho lottato contro i cugini Salvo, gli esattori mafiosi, quelli sì, e contro Salvo Lima. Aspetto con fiducia e fede. Anche fede laica..."

 
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