SOMMARIO: Negli anni '60, i radicali inventarono i "cartelli", i cartelli-sandwich indossati per la prima volta dai "fuorilegge del matrimonio" per la battaglia sul divorzio. Ma nessuno ricorda questa grande e fortunata innovazione nella comunicazione politica italiana.
(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 11 novembre 1993)
Scritto a mano, elementare, immediato, aveva una forza politica particolare, che derivava dal coinvolgimento fisico della persona che se lo appendeva al collo.
Si era negli anni '60: il regime dei partiti dell'"arco costituzionale", dalla DC al PCI, già aveva decretato l'ostracismo ad ogni novità o interferenza politica. In quel clima durissimo e terribile, Marco Pannella indicava la strategia dell'informazione da inventare: "occorre - diceva - strappare l'informazione dalle mani dell'avversario, costringerlo a confrontarsi con la nostra attualità politica".
In un Paese dove gran parte dei cittadini aveva paura o ritegno a manifestare opinioni o ad impegnarsi personalmente in manifestazioni politiche (si pensi alla novità delle lotte per i diritti civili, l'obiezione di coscienza, la legalizzazione dell'aborto, la pari dignità degli omosessuali), il Partito Radicale abituò così a non vergognarsi delle proprie convinzioni e del proprio vissuto e a prestare la propria persona, il proprio corpo, come affermazione di verità politica: col cartello, la marcia, il sit-in, la resistenza passiva, il digiuno... Lo shock fu enorme. Alle prime manifestazioni dei "cornuti" che scendevano in piazza indossando i cartelli divorzisti, scattavano le foto e i reportages: fu una battaglia vinta. Ma chi la ricorda?