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Il quotidiano radicale - 11 novembre 1993
Per salvare la babele
La Lingua Internazionale tutela le diversità linguistiche

SOMMARIO: Potrà l'esperanto diventare, come lo furono il latino e il greco, o lo sono lo swahili e l'inglese, una "Lia", o "Lingua internazionale ausiliare"? Finora non è mai successo che una Lia nascesse per imposizione di un potere politico, osserva U. Eco, ma "di fronte al rischio che in una futura unione europea possa prevalere la lingua di una sola nazione", la cosa potrebbe accadere. E in una "assemblea mondiale"?

(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 11 novembre 1993)

Alla base dell'attuale diffusione dell'inglese è l'espansione coloniale ed economica della Gran Bretagna, nell'Ottocento, e la supremazia dell'American Way of Life, nel Novecento. Altre lingue sono diventate "veicolari": è successo con il greco nell'antichità classica, con il latino (grazie alla Chiesa cattolica), con lo swahili (nel continente africano).

Potrebbe l'Esperanto diventare la nuova lingua veicolare, cioè la "lingua internazionale ausiliare" (Lia), come la chiama il fondatore della scienza semiologica italiana, Umberto Eco?

"Fino ad ora le lingue veicolari si sono imposte per forza di tradizione, o per una serie di fattori difficilmente ponderabili, o per ragioni di egemonia politica", scrive Eco nel suo ultimo libro ("La ricerca della lingua perfetta", 1993); e poi si chiede: "Ma sarebbe possibile ad un'entità sovranazionale, come l'Onu o il Parlamento Europeo, imporre una Lia come lingua franca?".

Non esistono precedenti storici di una decisione del genere. Ma anche se non è finora mai successo che una lingua sia stata prescelta come "veicolare", per imposizione di una autorità, molte cose, proprio nel campo della comunicazione, sono profondamente cambiate in questi ultimi tempi. Scrive lo stesso Eco: "Quello scambio curioso e continuo fra popoli diversi, e non solo a livelli sociali elevati, che è rappresentato dal turismo di massa, era fenomeno sconosciuto nei secoli scorsi". E neppure esistevano, nei secoli passati, i moderni mezzi di comunicazione di massa capaci di omologare amplissime popolazioni differenti e di imporre loro comportamenti relativamente omogenei: "Proprio ai mass-media - sottolinea ancora Eco - è in gran parte dovuta l'accettazione dell'inglese come lingua veicolare". Quindi, egli argomenta, a maggior ragione genti diverse potrebbero familiarizzarsi con una Lia (come l'Esperanto) che diventasse l'idioma strumentale per le trasmissioni televisive a livello planetario, così come pe

r gli interventi delle autorità morali o religiose e delle istituzioni internazionali, ma soprattutto per il software elettronico.

Oggi si assiste all'indebolimento delle frontiere doganali e si parla di eserciti sovranazionali. Ma dall'altra parte il pluralismo linguistico a livello di micro-etnie non è più visto come una diversità da eliminare, quanto come strumento essenziale di identità collettiva.

In questa situazione l'adozione della lingua di un Paese o di un popolo specifico sarebbe vista come un'imposizione. Spiega il semiologo: "Di fronte al rischio che in una futura unione europea possa prevalere la lingua di una sola nazione, gli Stati che hanno poche possibilità di imporre la propria lingua, e che temono il predominio di quella altrui, potrebbero iniziare a sostenere l'adozione di una Lia".

Potrà mai un'assemblea mondiale prendere una decisione di questa rilevanza, l'adozione e la diffusione di una lingua internazionale ausiliaria?

 
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