di Marcello CrivelliniSOMMARIO: La Cassa integrazione, nata per fornire "interventi mirati, delimitati nel tempo, riservati alle realtà economiche che avessero in atto processi di trasformazione", svolge oggi funzioni addirittura opposte. Essa è uno degli strumenti con cui "l'apparato di mediazione partitico-sindacale" legittima la sua funzione. Nelle forme che essa ha assunto, è sconosciuta "nei paesi di democrazia classica", dove il mercato del lavoro è "molto più elastico e immediato"; in Italia, serve a foraggiare i gruppi industriali che hanno collegamenti "politici, ministeriali ed editoriali". Occorre dunque smantellarla a favore di "strumenti più trasparenti".
(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 22 novembre 1993)
La Cassa integrazione ha ormai, in Italia, funzioni e obiettivi completamente diversi da quelli che ne hanno determinato la nascita. Il significato originario era quello di interventi mirati, delimitati nel tempo, riservati alle realtà economiche che avessero in atto processi di trasformazione e ammodernamenti profondi.
Era uno strumento, dunque, per assecondare le trasformazioni imposte dal mercato e favorirne l'evoluzione. La situazione attuale è del tutto diversa e per alcuni aspetti opposta.
Nella definizione e gestione di questi anni, la Cassa Integrazione presenta caratteristiche di genericità di intervento, di assistenza non mirata ed è comunque ispirata a criteri per larga parte al di fuori se non contro l'evoluzione nazionale ed internazionale dei mercati.
Come mai un intervento nato da esigenze tutto sommato giuste è stato trasformato e stravolto? Le motivazioni di fondo si possono ricondurre alla particolare evoluzione dell'organizzazione politico-istituzionale italiana.
Come è noto la democrazia italiana presenta particolarità e differenze marcate rispetto alle democrazie classiche di tipo anglosassone. Una di queste è la mancanza di un rapporto diretto tra cittadino e Stato. Nel nostro paese si sono create e diffuse delle categorie che esercitano la funzione di "mediatori sociali e istituzionali" a tempo pieno e indefinito. Partiti, sindacati, organizzazioni di categoria si sono posti sempre più come mediatori ed interpreti (stabili e inamovibili) "necessari" tra cittadino e Stato, tra lavoratori e lavoro.
In questo quadro bene si inserisce la Cassa Integrazione, che va chiesta e ottenuta tramite l'apparato di "mediazione" partitico-sindacale che anche in questo modo trova e legittima la propria diffusione e stabilità. Nelle forme e diffusione attuali essa non è presente nei paesi a democrazia classica. In essi il mercato del lavoro è molto più elastico e immediato, senza le vischiosità e i vincoli tipici italiani che alterano le condizioni di mercato perché ad esempio, gruppi industriali che hanno forti collegamenti politici, ministeriali e magari anche editoriali possono facilmente godere di una utilizzazione estesa della Cassa Integrazione, e dunque di un surrettizio finanziamento, a scapito di altri, alterando così le condizioni di mercato e condizionandone l'evoluzione.
E' giusto chiedersi dunque se non sia meglio destinare le ingenti risorse finanziarie attualmente impiegate nella Cassa Integrazione ad altri strumenti più trasparenti, che non alterino il mercato e non alimentino una "mediazione pratica".
Trasformare e portare a livelli accettabili, ad esempio, l'indennità di disoccupazione può essere un'alternativa semplice ed efficace che quanto meno non provocherebbe le attuali distorsioni di mercato.