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Cesaretti Laura - 23 novembre 1993
Quei messaggi al microfono radicale.
Radio anche loro

Brutti, sporchi e razzisti.

Che succede a dare agli italiani del 1993 un minuto per dire tutto ciò che vogliono? L'emittente di Pannella ci ha provato. Risultato: inaudito.

di Laura Cesaretti

SOMMARIO: Informa sulla iniziativa "Microfoni aperti" di Radio Radicale, con minuziosa registrazione delle statistiche relative al numero delle chiamate, ai contenuti, alla provenienza, ecc., nonché delle reazioni e denunce di enti, associazioni cattoliche, ecc.

(EPOCA, 23 novembre 1993)

"Milanesi bastardi". "Terroni peste d'Italia". "Viva il Duce, nordisti froci". "Bossi sei il nostro Dio, distruggi Napoli". "I romani sono tutti impotenti, per questo a noi bresciani ci tocca far contente le loro donne".

Lungo la Linea Gotica gli eserciti tornano a fare sentire il loro urlo: su 100 telefonate, almeno 60 raccontano l'odio irrefrenabile tra gli italiani del Sud e quelli del Nord. Nelle altre 40? Odio e basta. Un fiume in piena: insulti, parolacce, rutti, proclami razzisti, bestemmie. Un magma che dal 28 ottobre straripa nell'etere attraverso le frequenze di Radio Radicale. Straripa e un po' spaventa. Tanto che lo stesso Marco Pannella ha dovuto prendere il microfono in mano per lanciare un appello: "Volete lasciare questo biglietto da visita? Perché piuttosto non cerchiamo di utilizzare l'emittente in maniera diversa e più costruttiva?". Lo hanno ascoltato soltanto i militanti leghisti, che ne hanno approfittato per inondare l'Italia di spot elettorali gratuiti.

Fino a poche settimane fa Radio Radicale mandava in diretta dibattiti parlamentari, processi, congressi di partito. Poi, strangolata dai debiti e dalle difficoltà organizzative, prima di spirare ha giocato la carta della provocazione: una segreteria telefonica e un invito agli italiani a lasciare un messaggio. Qualsiasi messaggio: l'impegno era di trasmetterlo senza censura. Unico vincolo, la durata dell'intervento: un minuto, non un secondo in più. Poi, inesorabilmente, fortunatamente, cade la linea.

Morale: Radio Radicale si è trasformata in una specie di baraonda infernale. Una storia già vista, anzi già sentita. La trovata del microfono aperto, apertissimo, aveva già scandalizzato l'Italia nel 1986. Stavolta, di nuovo, c'è un più di clamoroso razzismo. Un successone, comunque.

Nel giro di due settimane si è passati dalle 1.100 alle 22 mila telefonate al giorno. A metà novembre sono già 200 mila gli italiani che hanno composto il numero telefonico della radio. Tanto che è stato necessario un intervento urgente della Sip per raddoppiare le linee. E le segreterie sono diventate trenta, tutte radunate in una stanza ribattezzata "Jurassic Park". Lavorano giorno e notte. Ascoltano rare voci di ascoltatori che vogliono esprimere un'opinione, fare una proposta, portare solidarietà o semplicemente lamentarsi di una ingiustizia subita. Il resto, e che resto, è rabbia.

Protetti dall'anonimato, eccitati dalla messa in onda senza censura dei loro messaggi, gli italiani sembrano avere fatto di Radio Radicale il gioco dell'autunno, un microfono dove sfogare il peggio di sé. L'identikit del "telefonista selvaggio"? In primo luogo è giovane: la maggioranza delle voci appartiene ad ascoltatori della fascia tra i 15 e i 25 anni. Poi maschio: circa l'80 per cento. E metropolitano: la gran parte delle chiamate viene da Roma e Milano (seguono Napoli, Palermo, Firenze, Venezia).

Quanto agli argomenti che guidano la hit parade, stravince il livore tra "terroni e polentoni", seguito a grande distanza dalla passione calcistica. Medaglia di bronzo, il sesso verbale spinto.

A Nord si inneggia a Bossi e si incita il Vesuvio a fare tabula rasa di Napoli. A Sud si grida "viva Benito" e ci si augura la morte dei "Longobardi". Lo scontro principale è tra romani e milanesi: un ping-pong fatto di "Milanesi der c..., annate a schiattà in fabbrica che ce servono li sordi p'annà in vacanza" e di "romani di me..., siete finocchi e avete la lebbra". Lo scontro "etnico" assume anche toni politici: "Sono un camerata della Capitale. Bossi ti spaccheremo il c... Viva Fini!", "Bossi ce l'ha duro e lo mette nel c...ai romani". Non mancano le piccole guerre di campanile: Massimo da Trieste si augura "un terremoto che inghiotta tutti i friulani", a Falconara "odiano quelli di Ancona", Fabio da Brindisi ce l'ha a morte coi baresi, Roberto da Ravenna coi forlivesi. Loretta da Padova farebbe l'amore con tutti "tranne che con quelli di Roma".

La politica ha una sola faccia a "Microfoni aperti": i parlamentari sono "tutti ladri" e i partiti "fanno tutti schifo". Duilio Poggiolini, ras della malasanità, è un gradino sotto lo schifo. Agli antipodi, ovvero sugli altari del gradimento popolare, le ragazzine di "Non è la Rai", Fiorello e Fabrizio Frizzi.

Molti i messaggi blasfemi. E molti i cattolici che invocano i fulmini del Padreterno su Radio Radicale. Irene Pivetti, responsabile della Consulta cattolica della Lega Nord, ha più modestamente chiesto l'intervento della magistratura contro i bestemmiatori radiofonici.

C'è poi chi tenta di vendere la vecchia "Uno diesel color azzurro", chi pubblicizza "grandi sconti al mobilificio di..." e il disoccupato di Napoli "laureato in psicologia, trentenne, offresi per qualsiasi lavoro". Molti anche gli annunci a "luci rosse", le denunce di infedeltà consumate alle spalle di mariti ignari (i "cornuti" sono migliaia) e gli insulti ai professori poco teneri con i propri studenti.

Intanto, oltre all'iniziativa legale di Irene Pivetti, sulle "hot-line" telefoniche di Radio Radicale piovono da tutta Italia denunce ed esposti alla magistratura: per turpiloquio, per offesa alla morale pubblica e alla pubblica decenza, per apologia di reato.

Persino l'Unione Monarchica è scesa in campo. Sorprendente la motivazione: fare cessare "l'indegno vilipendio delle istituzioni repubblicane".

 
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