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Stanganelli Mario, Pannella Marco - 24 marzo 1994
Pannella: "Vi dico chi è il vero demonio"
Intervista a Marco Pannella di Mario Stanganelli

SOMMARIO. Intervista al leader radicale: "Criminalizzare Berlusconi è un segno di intolleranza. Arrivano a preferire Fini sia a me che al Cavaliere" ... "Fascisti e antifascisti non si distinguono più. Il Pds farà l'unità nazionale con Fini" ... "La colpa di Silvio? Non capisce ancora quanto è mafioso e assassino il potere" ..."Potrei non essere eletto. Se non ci saremo più dovranno inventarci.

(IL MESSAGGERO, 24 marzo 1994)

"Votatelo", ha detto con inaspettato proclama il cavalier Berlusconi ai fans di Forza Italia: "La presenza di Pannella in Parlamento non è un problema personale ma della democrazia italiana". Ma lui, Marco, è incavolato nero lo stesso. Con la stampa. "C'è stato questo appello singolare in cui Berlusconi invita a votare o Forza Italia o me, dando un esempio di tolleranza come solo i radicali sono abituati a fare. E' un fatto che può essere decisivo per il raggiungimento del 4 per cento, e la corporazione dei giornalisti fa di tutto perchè non si sappia".

La furia di Marco va placata. Cercheremo di rimediare. Ma il problema - osserviamo - non è solo quello di informare, c'è anche da capire com'è che Marco Pannella, da un lato, sta a braccetto di Berlusconi e, dall'altro, è il diretto avversario, nel collegio 24 di Roma, di quel Gianfranco Fini che del Cavaliere è il miglior alleato. E poi, come mai la scelta del collegio più difficile, dove nessun bookmaker scommetterebbe una lira su Pannella?

"Tutti sanno che i sondaggi davano Fini al 66 per cento in quel collegio. Io mi oppongo a lui con l'antifascismo liberale e di "Giustizia e libertà", perchè solo quello è contro lo statalismo e le dittature di qualsiasi segno. Gli altri gli "antifascisti" dei miei stivali, gli hanno invece contrapposto il nulla sulla base del patto tra leader di ogni, cosca per non disturbarsi reciprocamente. E così sono sceso in campo".

D.

Ma da solo?....

R.

"A Martinazzoli, Segni, Amato e Zanone avevo chiesto di costituire insieme a Roma un polo contro l'alleanza Berlusconi-Fini. Non mi hanno neppure risposto. A Pds, Verdi e Ad abbiamo offerto "gratuitamente" il sostegno "riformatore", in tutto il centro-sud, contro i candidati missini. Non ci hanno detto neppure no. Anzi, in realtà, e di gran lunga, preferiscono Fini che, per loro, non è solamente "meglio di Berlusconi", ma anche di Pannella. Abbiamo sentito tutti Achille Occhetto dire che Fini gli è simpatico. Nella nuova legislatura accadrà quanto è successo tra il '76 e il '79: allora solo la metà dei deputati missini entrò nell'"unità nazionale". Stavolta entreranno tutti a bandiere spiegate".

D.

Ma quello di Occhetto non era semplicemente un gesto di fair play elettorale?

R.

"Ma quale fair play! Nello scontro contro il "demonio" Berlusconi hanno mandato in campo un personaggio conosciuto stimato, indiscutibilmente laico, come Spaventa. Contro Fini, invece, hanno messo un simpatico "retino" del tutto innocuo. Anche questo è un consapevole segnale che nei confronti del leader missino si è ormai pronti ad atteggiamenti ufficiali da unità nazionale. Un'unità antropologica, culturale, per coloro che per tanti anni sono stati degli antifascisti indistinguibili dai fascisti".

D.

Ma lei oggi si allea con Berlusconi. Le sembra una scelta inscrivibile nella sinistra, cui lei ha sempre appartenuto?

R.

"Berlusconi e il Polo delle libertà hanno scelto di appoggiare in sei collegi uninominali su 475 della Camera e uno su 232 del Senato i nostri candidati "riformatori", Emma Bonino, Stanzani, Taradash, Vigevano, Calderisi, Vito, Strik Lievers. Con la Lega e Berlusconi abbiamo portato a casa i 13 referendum. Io so che se l'Italia ha potuto vedere le labbra secche di un digiuno della fame e della sete per i referendum è grazie alle Tv Fininvest e non della Rai. Gli altri, i progressisti hanno paura di vederci anche nel prossimo Parlamento, dopo l'esperienza del '76, quando - in quattro - denunciammo da soli le infamie dell'Unità nazionale e della P2.

Se questo è essere alleati con Berlusconi, benissimo. Ma i nostri programmi, i nostri obiettivi, la nostra storia sono i nostri e non altri e di altri. Più che mai".

D.

Lei ha parlato di un Berlusconi fatto passare come "il demonio". Un'operazione "perversa", una sorta di complotto...

R.

"Senta, ieri in treno tra Roma e Napoli, un controllore missino mi ha detto: "Peccato che Fini sia alleato con Berlusconi". La criminalizzazione, la demonizzazione ha funzionato ancora una volta. Bobbio - perfino - ha mostrato di accorgersene e di temerla. Una "sinistra" che ha oggi il convergente appoggio del grande capitalismo pubblico e privato, della grande industria, di quasi tutta la stampa, del sindacato, degli intellettuali, di gran parte del potere e dello strapotere giudiziario. Una sinistra "egemone" sotto tutti i punti di vista, invece di accontentarsi di vincere con tolleranza, s'è mobilitata come ai bei tempi in cui si accostavano i Pannunzio e gli Ernesto Rossi ai nazisti e ai fascisti".

D.

Lei ha accennato anche a pericoli fisici per Berlusconi. A cosa alludeva?

R.

"La colpa di Berlusconi è quella di non essere andato a "Cuccia", nel senso di Mediobanca. Ora lui non ha ancora capito la mafiosità assassina - o con il piombo dei giornali o con quello delle pallottole - del potere e del sistema partitocratico con il quale Berlusconi ha convissuto ed è stato alleato".

D.

Ha chiamato in causa Bobbio, ma il filosofo è uno di quelli che hanno di più condannato l'ingresso di Berlusconi in politica...

R.

"Bobbio politico è senatore a vita - a giusto titolo - nominato e voluto dalla partitocrazia, della quale ha rappresentato tutt'al più una fronda interna, di sinistra, come il carissimo Montanelli lo è stato a destra, Bobbio, a noi che denunciavamo un regime "criminale" sul piano tecnico-giuridico, opponeva gli stessi argomenti che gli intellettuali per bene opponevano nel ventennio agli antifascisti. Il suo disco su sinistra e destra è bellissimo, ma già da mezzo secolo è da archivio".

D.

Ma anche una sua vecchia creatura politica, come Francesco Rutelli, si mostra tiepido, prende le distanze dalla sua scelta attuale.

R.

"Creatura? E' stato, dai suoi 18 anni ai suoi 36, uno dei compagni con i quali ho più lavorato e lottato. E resta - come me - un iscritto radicale. I decenni passano per tutti, non solo per me. Rutelli non è affatto "tiepido". E' anzi più che mai scatenato. Ma, nella vita, importano a lui e a me valori spesso diversi. Trovo del tutto scontato che egli stia appoggiando ovunque candidati verde-progressisti e che finora non abbia detto una sola parola sullo scontro tra Fini e me. Rischierebbe di costargli più di quanto non sia disposto a pagare nella sua strategia".

D.

Si comincia già pensare al governo del dopo elezioni. A sinistra si parla di Ciampi, che lei ha, a suo tempo, appoggiato. E ora?

R.

"Ho appoggiato con lealtà le finanziarie di Amato e di Ciampi, ma quando il governo Ciampi è giunto al termine della sua opera, ed è divenuto una succursale progressista e scalfariana, mentre sgoverna a suon di decine di decreti, ne ho tratto le conseguenze. Dei governatori della Banca d'Italia dovrebbe poi essere ricordata la funzione di sostanziale copertura delle disfunzioni e del marcio del nostro sistema economico, finanziario e bancario. Il "buon" Ciampi è politicamente innocuo, disarmato, alla merce del potere esistente il quale lo vuole ancora a palazzo Chigi o al posto dello scomodo Scalfaro".

D.

Ecco, il suo amico Scalfaro, sono in parecchi a volerlo pensionare anzitempo.

R.

"Io ritengo che sia stato e sia l'unico argine costituzionale e di ragionevolezza, di capace onestà, contro politica e partiti e stampa sempre più imbarbariti. In tutti i modi hanno cercato e cercheranno di linciarlo, di abbatterlo: da Scalfari ai progressisti, dalle toghe rosse alla stampa moderata, da fascisti e sfascisti ai servizi segreti".

D.

Insomma, secondo lei, chi sarebbe più idoneo a governare l'Italia della seconda Repubblica?

R.

"Contrariamente a quel che Segni, e anche Berlusconi sembravano ritenere, chi sarà il presidente del Consiglio lo deciderà il nuovo Parlamento, cioè le elezioni di domenica. Cioè, prevedibilmente, ex Pci, ex Dc, ex Msi: gli attori che, se non ci saremo, manderanno, temo, in malora il Paese, peggio che ieri. Senza iattanza, la nostra eventuale assenza -probabile se non si usa la scheda grigia della proporzionale per assicurare la nostra presenza- rischierà di pesare molto. Senza di noi avremmo avuto, nel 92, al Quirinale Arnaldo Forlani o Giulio Andreotti".

D.

Infine, onorevole Pannella, vista le difficoltà della sua lista, non pensa di correre il rischio di essere, dopo quasi vent'anni, espulso dal Parlamento? Come affronterà i suoi secondi sessant'anni di politico a tempo pieno, 24 ore su 24?

R.

"Se gli elettori -di destra, centro o sinistra che sia- non voteranno la lista Pannella sulla scheda grigia per farci superare il 4 per cento, non saremo più in questa Repubblica nè in questo Parlamento. Hanno detto per 30 anni che se non ci fossimo occorrerebbe inventarci. Che ci "inventino, se credono. Non siamo noi a dover temere. Abbiamo, ancora una volta, scelto la solitudine perchè occorre, come diceva Benedetto Croce, che nella storia di un paese esistano, a volte, uomini per i quali "Parigi non vale una messa". Ho scelto la testimonianza del collegio 24 di Roma e queste liste proporzionali perchè se non si sa rischiare non si possono raccogliere cose che valgano il rischio di essere tentate. Nè per me, nè per gli altri".

CINQUANT'ANNI DI BATTAGLIE CIVILI - I VIZI: SIGARETTE, TAVOLA, NARCISISMO.

Quasi 50 anni di battaglie politiche a perdifiato, su 64 di vita. Giacinto Pannella, detto Marco, da Teramo, comincia a 15 anni, da liberale. Poi l'università e la militanza nell'Ugi, da cui parte il braccio di ferro con il Pci e i suoi eredi che sarà la costante di un'intera vita. Nel 54 fonda il partito radicale. Quindi la laurea in Legge e l'inizio della professione giornalistica, interrotta nel 63 con il versamento dell'intera liquidazione al Pr. Protagonista delle battaglie del divorzio, l'obiezione di coscienza, l'aborto, la fame nel mondo e l'antiproibizionismo. Entra nel 76 in Parlamento e inizia la sua battaglia contro il Palazzo a raffiche di referendum e i scioperi della fame e della sete. Tra i successi recenti, l'elezione al Quirinale dell'outsider Oscar Luigi Scalfaro e, poco dopo, la vittoriosa scommessa dei 30 mila iscritti al partito.

Mai sposato, convive da vent'anni con Mirella Parachini, 38 anni, ginecologa, in un appartamento-soffitta senza ascensore nei pressi di Fontana di Trevi. Gran fumatore, ottima forchetta, sfoggia un'eleganza che la massiccia corporatura concorre a rendere talvolta un pò vistosa. Di fatto, vive solo per la politica, nella quale non ama personaggi che gli facciano ombra. Gli si attribuisce, oltre a quello per se stesso, un solo vero grande amore: per i genitori scomparsi.

L'ERRORE, LA COSA MIGLIORE? "TUTTO E' RELATIVO, ANCHE IL PIACERE DI NON VENIRE ELETTO".

Impossibile costringere Marco Pannella al gioco della pagella, della cosa migliore fatta e del maggior errore del quale continuare a pentirsi. Forse, per un leader libertario, ogni singolo episodio, anche della propria esistenza, può essere relativisticamente visto -come egli stesso scrive- sotto la luce del bene o nel cono d'ombra dell'errore. Quindi, ecco, affidata ai suoi ricordi la traccia, quasi in forma di poesia, di una singolare vita politica, o politica della vita.

"Non so, le cose più importanti, a seconda dei punti di vista, sono le migliori o le peggiori. Dono di Dio o opera del demonio. Allora...vediamo. I milioni di bambini affamati salvati e vaccinati in Africa, grazie ai nostri digiuni? I milioni di donne (e uomini) sottratti all'immondo flagello dell'aborto clandestino di massa? I milioni di famiglie, di amori salvati o resi possibili dal divorzio? I carcerati visitati, assistiti, difesi? Il lungo sciopero della fame con cui facemmo passare le pensioni sociali da 185 mila lire a 320 mila? O l'altro con cui facemmo adottare la prima legge sull'obiezione di coscienza? O, già nel 1970, la difesa di una sessualità responsabile, libera, diversa, di omo o eterosessuali, con quanti suicidi e disperazioni in meno? Il processo Braibanti o Tortora o 7 aprile? Le divise indossate nelle trincee croate a Osiek, disarmati tra i colpi dei serbi? La lunga trentennale lotta sul fronte della droga, della criminalità, della vita, del diritto? La difesa della vita del diri

tto per il diritto alla vita?

Una carezza riuscita, notti fa, a Genova?

O quando mi accade di avere amori e non di esserlo? O il piacere di ricevere un'ingiusta condanna? O il piacere di non essere finalmente eletto il 28 marzo?".

 
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