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Bonino Emma - 7 maggio 1994
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di Emma Bonino

SOMMARIO: Emma Bonino replica alle proposte di Carlo Casini per una revisione della legge sull'aborto sostenendo che »non si tratta di essere antiabortisti o abortisti ma di essere proibizionisti o antiproibizionisti e cioè di capire attraverso le leggi che cosa sia consentito allo Stato nei confronti degli uomini e delle donne . Le autentiche frontiere dello scontro sul "diritto alla vita" sono altrove: sullo sterminio per guerra e per fame, sulla violazione dei diritti umani, sulla pena di morte...

(IL MANIFESTO, 7 maggio 1994)

Dunque nel dibattito politico di questi giorni tenta di inserirsi anche Carlo Casini e il Movimento per la vita. Leggo le sue dichiarazioni: mi sembrano un vecchio 75 giri, tanto è oramai abusato quello che dice. Qualche giorno fa mi è capitato di sfogliare una raccolta di giornali, da Liberazione a Notizie radicali della fine anni '70: "Aborto libero per non morire", il nostro slogan. Continuo e trovo un intero servizio. Maggio '71: a Piazza Navona le femministe dell'MLD raccolgono le prime firme per la depenalizzazione dell'aborto. Sfoglio e leggo: i primi tavoli di raccolta firme, l'aborto e la sinistra, il progetto di legge di Loris Fortuna, la richiesta di Marco Pannella di discutere subito il progetto di legge Fortuna a cui seguirà, poi, il digiuno, le autodenunce, il dibattito aperto dal Manifesto, gli arresti, e poi, giugno '75: il mio arresto... e nel frattempo Carlo Casini e il dibattito sulla vita. Da allora conviviamo. Più avanti, aprile '76: l'aborto sparisce dalla cronaca politica, la mina ref

erendum è innescata e come già per il divorzio, fa saltare gli equilibri di regime... No, non ho intenzione di ripercorrere tutta la campagna. Voglio dire che questa storia appartiene ad una battaglia vinta dalla maggiornaza delle cittadine e dei cittadini italiani: anche cattolici. C'è da preoccuparsi delle affermazioni di oggi di Casini? Francamente credo che non ci sia il pericolo di una revisione in senso antiabortista. Trovo perfino rassicuranti i suoi vecchi argomenti, tanto sconfitti che è impensabile che con loro ci sia un ritorno all'intolleranza. Ciò che trovo preoccupante, invece, è questo continuo richiamo a tornare "a casa", a mandare le donne "in famiglia", che potrebbe affermarsi come una nuova imposizione.

Oggi, nella nostra società, non si tratta di essere antiabortisti o abortisti ma di essere proibizionisti o antiproibizionisti e cioè di capire attraverso le leggi che cosa sia consentito allo Stato nei confronti degli uomini e delle donne.

Essere antiproibizionisti sull'aborto, significava e significa regolamentarlo, conferirgli valore di legge e di diritto. Essere contro l'aborto voleva e vuol dire essere per l'aborto libero purchè clandestino. E' come essere proibizionisti sulla droga: leggi repressive per un mercato che è libero, fuori da ogni regolamentazione. Un fallimento.

La legge sull'aborto, certo, è un testo non privo di contraddizioni, nato sulla base di volontà compromissorie. Si può rivederla, ma restando fedeli ad uno Stato laico, che non vuole frugare nelle coscienze. Si vuol tornare a parlare di diritto alla vita, per parlare anche di aborto? Allora discutiamo delle nuove, autentiche frontiere dello scontro sul "diritto alla vita". Queste sono altrove: sullo sterminio per guerra e per fame, sulla violazione dei diritti umani, sulla pena di morte...E' su queste che sono impegnata. Se anche Carlo Casini se ne accorgesse, la "riconciliazione" da lui evocata avrebbe un senso.

 
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